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Di particolare importanza è quest’ultimo tipo, quello della conoscenza indiretta verbale. Com’è possibile
che delle parole (per lo più arbitrarie) possano influenzare in modo efficace il comportamento umano?
Per capire ciò sono state fatte molte ricerche che sono sfociate nella teoria dell’ACT, Acceptance and
Commitment Therapy, di Hayes, Strosahl e Wilson. L’ACT cerca di spiegare come il linguaggio crei una
rete di regole e convenzioni a cui i pazienti cercano di costringersi, creando problemi nel proprio rapporto
con il sé e gli altri. Secondo l’ACT la sofferenza psicologica deriva dall’interferenza che il linguaggio ha
sull’esperienza diretta: per risolvere il problema, bisognerebbe ricorrere ad altri approcci quali
l’accettazione, la mindfulness e la defusione cognitiva.
L’ACT è affiancata da un’altra teoria relativa al rapporto tra linguaggio e cognizione, la RFT, Relational
Frame Theory. Secondo la RFT, l’uomo è capace di ricavare delle conoscenze da eventi di cui non ha
avuto esperienza diretta, ma che vengono dedotti dalle relazioni con altri eventi e concetti di cui invece
ha avuto esperienza diretta. In poche parole, l’uomo può dedurre conoscenze mai viste partendo dalle
conoscenze che possiede. L’uomo è quindi dotato della capacità di relazionare tra loro eventi diversi. In
ambito clinico, questo significa che quando un paziente deve risolvere un problema connesso a un evento,
non bisognerebbe intervenire sul contenuto dell’evento, ma sulle relazioni connesse a questo evento.
→ La comunicazione scientifica.
Anche il modo in cui i concetti scientifici vengono comunicati è importante in ambito terapeutico. La
comunicazione scientifica può essere strettamente tecnica ma anche metaforica e divulgativa, adatta a
tutti. In questo caso si parla di comunicazione funzionale. Infatti, come già citato in precedenza, l’uomo
può apprendere o attraverso l’esperienza diretta o attraverso quello che gli viene trasmesso da altri, e
questo è esattamente lo scopo della scienza. La scienza genera regole verbali basate sull’esperienza
ripetuta. Tali regole, per essere scientifiche, devono rispondere ai criteri di precisione, ampiezza,
profondità, utilità analitica e organizzazione, in quanto lo scopo delle regole scientifiche non è solo
descrivere ma spiegare un evento.
In ambito psicologico, tuttavia, la comunicazione scientifica non è l’unica usata; spesso i terapeuti fanno
ricorso a alla comunicazione per fare la differenza (talk to make a difference), per fare in modo che i
pazienti raggiungano più in fretta ed efficacemente i loro obiettivi. In questo tipo di comunicazione
vengono molto spesso utilizzate le metafore, perché non sono troppo specifiche, non sono vincolanti, in
quanto sono semplicemente storie, e sono più comprensibili perché attingono dall’esperienza diretta di
ciascuno.
Altra tecnica usata è quella del paradosso, che mette in luce errori e contraddizioni. All’interno della teoria
dell’ACT vi è un grande paradosso, che è quello dei contenuti: se un contenuto causa malessere
psicologico, la prima cosa che si tenta di fare è di cambiare o eliminare tale contenuto. Ma più si tenta di
agire sul contenuto, più questo diventa forte: il trucco quindi è cercare di non agire sul contenuto.
Capitolo 3. La comunicazione nella costruzione dell’alleanza terapeutica.
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Il rapporto che si instaura tra medico e paziente è molto importante, perché influisci sul modo in cui il
paziente aderisce alla propria terapia. Per aderenza s’intende il modo in cui il paziente accetta e segue la
terapia. Gli errori in cui purtroppo si incorre al giorno d’oggi sono i seguenti:
- Mancanza della centralità del paziente
- Comunicazione limitata tra medico e paziente
- Medico e paziente non condividono le stesse conoscenze
- Il medico non ha un comportamento non verbale aperto, ma pone delle barriere tra sé e il paziente
(la scrivania, la cartella medica davanti a sé…)
Al contrario, bisognerebbe attuare i seguenti punti:
- Essere più disponibili nei confronti del paziente
- Lasciare parlare il paziente senza interromperlo quasi subito
- Assicurarsi che il paziente abbia capito cosa gli è stato detto
- Avere modi aperti e disponibili
- Mantenere il contatto visivo
Dugger individua quattro tipi di ascolto che possono essere attuati:
1. Ascolto passivo = chi ascolta lo fa senza prestare attenzione perché ha già una propria idea in
mente
2. Ascolto selettivo = si sente solo quello che conferma la propria ipotesi precostituita
3. Ascolto riflessivo = si fa molta attenzione al messaggio
4. Ascolto attivo = si fa attenzione sia al messaggio sia all’interlocutore. Questo è il tipo di ascolto
che dovrebbe essere attuato da tutti i medici, soprattutto per l’elaborazione di una corretta
diagnosi dei problemi del paziente.
Capitolo 4. Comunicazioni e organizzazioni.
La comunicazione è molto importante anche in ambito aziendale e all’interno di una qualsiasi
organizzazione. Per organizzazione si intende un gruppo di persone che lavorano insieme per raggiungere
uno scopo comune. La comunicazione all’interno di un’organizzazione è ciò che contribuisce a formare
l’identità della stessa e il suo valore in quanto soggetto autonomo; un’organizzazione spende infatti molto
tempo e denaro per creare un’immagine di sé da comunicare sia all’interno che all’esterno. Alvesson
distingue appunto tra immagine comunicata= quello che l’azienda vorrebbe che gli altri pensassero di
lei, e immagine rivelata= l’azienda viene vista così com’è in base alle azioni compiute. Questa
distinzione ricalca quella tra:
- Corporate identity = fa riferimento all’immagine aziendale costruita attraverso la comunicazione
e il marketing; è essenzialmente rivolta verso l’esterno
- Organizational identity = il modo in cui i dipendenti percepiscono l’organizzazione aziendale;
eè quindi rivolta verso l’interno.
Che cos’è quindi un’organizzazione?
Un’organizzazione è un sistema che dura nel tempo, si basa sulle diverse relazioni tra le parti e opera in
un ambiente. In particolare, è un sistema aperto caratterizzato da totalità, retroazione ed equifinalità.
In tutto questo, il concetto di identità è essenziale per affermare l’azienda quale soggetto distinto da tutti
gli altri soggetti. Ecco che quindi tutte le comunicazioni (sia interne che esterne) volte a creare
un’immagine/identità devono essere coerenti e congrue, in modo che la reputazione aziendale continui
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a rimanere alta. L’identità è perciò un fenomeno complesso, che secondo Balmer e Greyser può essere
di cinque tipi:
- Identità attuale = le caratteristiche reali dell’azienda
- Identità comunicata = l’immagine che viene convogliata all’esterno attraverso il marketing e la
pubblicità
- Identità ideale = quello che l’azienda vorrebbe essere
- Identità percepita = l’identità che i clienti e il mercato percepiscono
- Identità desiderata = l’obiettivo finale che l’azienda si pone
→ La comunicazione interna
È molto importante per creare coerenza e adesione all’interno dell’organizzazione, soprattutto
considerato come la società sia sempre più slegata da ideologie e valori fissi. Avere una buona
comunicazione interna significa instaurare anche una buona comunicazione esterna, perché tutti coloro
che lavorano all’interno dell’azienda sono a loro volta consumatori ed emanano messaggi verso l’esterno.
Al contrario, dove c’è poca o debole comunicazione interna c’è un’immagine esterna frammentata e
incoerente. Un trucco per aumentare il livello di partecipazione dei dipendenti alla vita aziendale si chiama
storytelling = dialogo e condivisione di valori e obiettivi tra manager e dipendenti.
→ La comunicazione esterna
L’immagine che l’azienda comunica verso l’esterno è fondamentale per creare valore e indurre i
consumatori a scegliere tale azienda piuttosto che un’altra. Nella società moderna non ci sono più valori
saldi o verità universali, perciò i consumatori si creano i propri valori, attraverso le proprie esperi enze e
le proprie scelte di acquisto. L’azienda deve essere dinamica e flessibile, capace di adattarsi all’ambiente
in continuo mutamento attraverso delle adeguate comunicazioni esterne. I prodotti offerti devono essere
portatori di un valore in più che li rende speciali e li differenzia da tutti gli altri: di questo si occupano la
pubblicità, il marketing, le relazioni pubbliche e la sponsorizzazione.
Capitolo 5. Comunicazione, pubblicità e decisioni.
Comunicare per persuadere, soprattutto nel settore pubblicitario, è sempre più difficile, anche perché le
persone tendono a percepire più facilmente quello che già concorda con i loro schemi e non sempre
quello che viene comunicato viene giustamente interpretato.
Una comunicazione pubblicitaria ha diversi scopi:
- Determinare un cambiamento cognitivo = semplice trasmissione di informazioni
- Determinare un cambiamento dell’azione = voglio indurre le persone a compiere una
determinata azione
- Determinare un cambiamento comportamentale = indurre nelle persone un cambiamento più
o meno permanente.
Come fare per raggiungere questi obiettivi? Innanzitutto bisogna capire il modo in cui gli esseri umani
prendono le decisioni.
→ secondo la teoria dell’azione ragionata di Fishbein e Ajzen il comportamento di una persona
dipende sia dall’atteggiamento sia da tutta una serie di altri fattori, come le proprie aspettative, i valori
attribuiti all’azione, la pressione sociale. Perciò, se si vuole persuadere una persona, bisogna capire che
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valore (sia personale che sociale) ha per lei quell’azione a cui la vogliamo indurre. Tuttavia, questa teoria
ha il difetto di considerare l’uomo come un essere completamente razionale, che prende decisioni sempre
ragionate e consapevoli. Non è però così, in quanto l’uomo agisce anche in maniera irrazionale e
inconsapevole. Allora Ajzen tentò di correggere la teoria aggiungendo un altro fattore, la percezione del
controllo = prima di intraprendere un’azione l’uomo cerca di calcolare quanto controllo può avere sui
fattori esterni e sulla propria capacità d’azione.
→ la comunicazione pubblicitaria, oltre a promuovere un prodotto, contribuisce a