K=∆I/I
Dove ∆I è la soglia differenziale, K e la costante e I è l’intensità dello stimolo standard
(Canestrari – Godino, 1997, 101).
La legge dell’energia nervosa specifica
Questa legge stabilisce che il tipo di sensazione non dipende dal tipo di energia
(calore, pressione, luce) in arrivo, ma dal tipo di recettore che viene stimolato. Ogni
segnale che arriva al recettore provoca in esso una variazione localizzata di polarità
bio-elettrica. Tale risposta del recettore, che si chiama “potenziale di azione”, viene
trasmessa lungo l’assone e raggiunge in una frazione di secondo le aree di proiezione
sensoriale della corteccia cerebrale.
La trasmissione dell’onda bio-elettrica è molto veloce perché procede per salti
attraverso i cosiddetti nodi di Ranvier. Questi sono punti nei quali lo strato isolante di
mielina che riveste gli assoni neuronali è più sottile (Canestrari – Godino, 1997, 103).
L’architettura generale del sistema è quindi basata su determinate vie nervose che
partono dai recettori specializzati (tattile, uditivo, visivo) e che raggiungono,
attraverso una o più stazioni o “nodi” intermedi, certe aree specializzate della
corteccia. Il segnale tuttavia non arriva solo in quelle tre aree corticali ma, grazie alle
connessioni intermedie poste lungo il suo percorso, riesce contemporaneamente a
percorrere anche altre strade. Attraverso questi percorsi paralleli associati, il segnale
può essere memorizzato, confrontato con altre esperienze già memorizzate in
precedenza.
La stessa corteccia cerebrale, essendo composta da una decina di strati di cellule
collegate fra loro sia verticalmente sia orizzontalmente, si comporta come una rete
attraverso la quale i segnali possono essere diffusi nelle più diverse regioni ed
associati fra di loro.
Dato che il recettore sensoriale agisce come un meccanismo del tipo “tutto o nulla”
nasce il problema di capire come possiamo cogliere le sfumature e gli attributi degli
stimoli (Canestrari – Godino, 1997, 104).
I meccanismi della visione
Per arrivare ai recettori retinici che tappezzano il fondo del globo oculare l’immagine è
passata attraverso il foro dell’iride (simile al diaframma di una macchina fotografica)
ed è stata proiettata e messa a fuoco dalla lente. Sulla retina l’immagine è rovescita.
L’iride agisce come un diaframma automatico (Canestrari – Godino, 1997, 107).
La lente dell’occhio ha il difetto di fornire un’immagine ben incisa solo in una piccola
zona centrale. Non abbiamo l’impressione di scarsa nitidezza solo perché, senza che
c’è ne rendiamo conto, l’occhio si sposta continuamente in modo che tutta la scena
può passare attraverso la zona centrale “buona” della lente (Canestrari – Godino,
1997, 108).
Nell’uomo gli occhi sono paralleli e rivolti in avanti e quindi, avendo un campo visivo di
tipo grandangolare, i due emicampi nasali si sovrappongono.
Se guardiamo con un occhio per volta un oggetto posto vicino a noi ci possiamo
accorgere immediatamente che il profilo del nostro naso compare ad ingombrare parte
del campo (la destra per l’occhio sinistro e viceversa) e che gli oggetti vicini si
spostano in modo evidente a seconda dell’occhio usato. Questo fenomeno si chiama
effetto di parallasse (Canestrari – Godino, 1997, 109).
L’organizzazione percettiva che si opera a livello corticale trasforma una immagine
doppia e sovrapposta in modo sfalsato in un indice percettivo di tridimensionalità e di
distanza. Con la visione binoculare noi riusciamo difatti a valutare con notevole
precisione la distanza relativa degli oggetti. Questo è un indice fisiologico di
profondità.
Questo indice fisiologico ci permette di distinguere la distanza relativa degli oggetti
fermi.
Altri due importanti fenomeni sensoriali sono la costanza di brillantezza e di colore. Se
guardiamo una pista innevata circondata da foreste nelle diverse ore del giorno, ci
sembra che il colore candido della neve e il verde cupo delle abetaie siano sempre gli
stessi, cosi come appare costante il contrasto fra la parte chiara e quella scura della
scena visiva.
Se osserviamo delle foto notiamo, con stupore, che la neve nelle parti in ombra e alla
luce meridiana ha dei toni violacei e bluastri, mentre vicino all’alba e al tramonto è
marcatamente arancio-rossiccia (Canestrari – Godino, 1997, 110).
La rètina smorza e quasi annulla queste variazioni di colore e di luminosità, con un
“meccanismo di compensazione automatica” che stabilizza il segnale in arrivo alla
corteccia e ne semplifica l’organizzazione percettiva.
Un ultimo meccanismo sensoriale di rilievo è l’adattamento. Se l’intensità cala
improvvisamente per qualche tempo ci sembra di essere completamente al buio
(Canestrari – Godino, 1997, 111).
Dopo 20-25 minuti il processo di adattamento si conclude e non cambia e non si
verifica più alcun cambiamento in ciò che riusciamo a scorgere (Canestrari – Godino,
1997, 111-112).
In questo caso, quale è il meccanismo fisiologico?
Quando la luce è intensa la rètina attiva dei recettori, chiamati coni, che sono sensibili
al colore e concentrati in gran parte nella zona centrale del campo visivo.
Con la luce crepuscolare i coni non reagiscono e si attivano i bastoncelli molto più
sensibili alla luce rispetto ai coni, ma ciechi al colore. Se usciamo dal cinema o dalla
galleria buia succede il fenomeno inverso, perché i bastoncelli sono “accecati” dalla
luce intensa ed i coni non si attivano che lentamente.
L’adattamento alla luce alta è però ben più celere e si completa in meno di 10 minuti.
La sensazione uditiva-l’orecchio
L’orecchio è divisibile automaticamente e funzionalmente in tre parti, denomiate
orecchio esterno, medio ed interno.
L’orecchio esterno è costituito dal padiglione auricolare, visibile ai lati del cranio, e dal
condotto uditivo.
L’orecchio medio è costituito da una piccola cavità scavata nell’osso temporale, che
presenta sulla parete laterale l’ampia ed estroflessa membrana del timpano e sulla
parete mediale, due piccole finestre ossee chiuse da due menbranelle piatte
(Canestrari – Godino, 1997, 112).
Una catena articolare di ossicini collega meccanicamente il timpano alla membrana
della finestra ovale e trasferisce su quest’ultima tutte le oscillazioni del timpano.
La tuba di Eustachio collega la cavità dell’orecchio medio alla gola, consentendo
l’ingresso dell’area e quindi l’eguagliamento della pressione atmosferica ai due lati del
timpano.
La tuba di Eustachio si trova chiusa e con pareti collabite, e la sua apertura avviene
con la deglutizione (Canestrari – Godino, 1997, 113).
Se la funzione delle strutture dell’orecchio medio è quella di trasmettere le vibrazioni
sonore alla finestra ovale, è solo dietro quest’ultima che si trovano le strutture
sensoriali vere e proprie ed i neuroni sensitivi che tradurranno in impulsi a precise aree
della corteccia (e quindi in percezione uditiva), gli stimoli meccanici di partenza.
Questa terza parte dell’orecchio-orecchio interno o labirinto- si trova al di là della
finestra ovale e della finestra rotonda, inserita nella profondità dell’osso temporale
all’interno del labirinto osseo.
L’organo dell’udito si trova all’interno della parte di labirinto osseo detta coclea o
chiocciola.
Essa è divisa al suo interno da due membrane elastiche in tre parti longitudinali che
sono la scala vestibolare in alto, il dotto cocleare al centro e la scala timpanica in
basso.
La scala vestibolare e quella timpanica entrano in comunicazione fra loro in
coincidenza con l’apice della coclea tramite un piccolo foro.
Sopra la membrana basilare sono impiantate le cellule recettoriali uditive.
Da queste cellule recettoriali partono le circa trentamile fibre del nervo uditivo in
direzione del corpo centrale della coclea ossea al cui interno è collocato in ganglio
spirale del nervo uditivo (Canestrari – Godino, 1997, 114).
VEDERE FIGURA PAG. 113
La sensazione uditiva neurofisiologica
Lo stimolo adeguato per l’orecchio è un’oscillazione, rientrante entro certi limiti di
frequenza, propagata attraverso un mezzo (aria, acqua o altro), grazie al quale anche
la membrana timpanica prende ad oscillare e trasmette un’onda sonora del tipo a
cosiddetto a tono puro.
La frequenza si traduce nella percezione della qualità tonale (altezza) e si mantiene
stabile, indipendentemente dalla distanza dell’orecchio dalla fonte del suono;
l’ampiezza si traduce nella percezione dell’intensità sonora ed è soggetta ad un calo
progressivo con la distanza, decremento che è più o meno rapido a seconda delle
caratteristiche fisiche del mezzo attraverso il quale si propaga l’onda.
La presenza contemporanea di onde sonore di tutte le frequenze udibili è percepita
come rumore senza qualità tonale (Canestrari – Godino, 1997, 115).
Le sensazioni olfattiva, gustativa e tattile
Olfatto
I recettori dell’olfatto sono costituiti da cellule pluriciliate impiantate insieme a delle
cellule di sostegno in un epitelio.
L’annusamento porta ad un movimento dell’aria a contatto con tale regione, è a
contatto con dell’area in quiete, dato che il flusso d’aria respiratorio sposta l’aria
attraverso la cavità nasale inferiore e media e non interessa quella superiore.
Si è comunque notato che, mentre è sufficiente una concentrazione bassissima di
sostanza dell’area per provocare una sensazione generica di odore, una
concentrazione assai maggiore è indispensabile per poter riconoscere la sostanza
odorosa. Quest’ultima più elevata concentrazione è la “soglia specifica dell’odore”
mentre la precedente è la “soglia di sensibilità”. Come sappiamo l’uomo privilegia, per
l’eplorazione e per la comunicazione, la vista e l’udito, non l’olfatto, differenziandosi
nettamente in questo dalla maggior parte dei mammiferi.
Le poche ed approssimative etichette verbali che noi possediamo rendono allora
difficile “riconoscere” gli odori che possiamo percepire ma non sappiamo qualificare.
L’odore confusamente identificato può allora essere scambiato per un altro che gli si
avvicini, oppure può bastare apporvi un’etichetta nota perché la sensazione si adegui
all’etichetta.
La sottovalutazione della componente cognitiva h
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