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Abbozzo di una teoria della mente del senso comune
Per la comprensione degli stati mentali propri e altrui esistono due aspetti intuitivi:
aspetto ipotetico e aspetto causale. L’essenza dell’aspetto ipotetico è la
comprensione della differenza esistente tra pensieri/idee e oggetti/comportamenti
manifesti. L’aspetto causale della mente, invece, raffigura le azioni umane
manifeste come il prodotto dei due principali tipi di stati mentali, credenze e desideri.
Questi due aspetti della mente sono strettamente connessi.
Al centro della comune psicologia desiderio-credenza vi è una triade fondamentale:
credenze, desideri, azioni. Oltre a questi 3 elementi fondamentali, la psicologia
desiderio-credenza incorpora una rete di costrutti connessi come gli stati fisiologici e le
percezioni. Gli stati fisiologici e le emozioni fondamentali forniscono la base per i
desideri, le esperienze percettive quella per le credenze. Le azioni, portate da desideri
e credenze, conducono a risultati che a loro volta portano a delle reazioni; le reazioni
possono essere derivate dalle credenze o derivate dai desideri. Gli stati mentali degli
altri, dal momento che non possono essere osservati direttamente, possono essere
inferiti dalle esperienze percettive, dalla storia fisiologica e dalle espressioni/reazioni
emotive.
La psicologia credenza-desiderio dei bambini di 3 anni
Wellman e collaboratori hanno condotto uno studio in cui raccontavano a dei bambini
di 3 anni i desideri di un personaggio. Successivamente ai bambini veniva raccontato
qualcosa sulle credenze dello stesso personaggio e infine gli veniva posta una
domanda. Questo compito richiedeva al bambino di usare le informazioni sui desideri e
sulle credenze del personaggio per anticiparne il comportamento. Questo compito di
“credenza standard” ha l’obiettivo di valutare se i bambini capiscono che per
predire l’azione dell’agente è necessario tenere conto delle sue credenze oltre che dei
suoi desideri. Il problema è che i bambini potrebbero rispondere a tale compito senza
realmente comprendere le credenze e, quindi, utilizzando delle strategie alternative;
per controllare la presenza di tali strategie Wellman ha elaborato diverse varianti di
tale compito (es. “credenza non”, “credenza diversa dalla propria”, “credenza
discrepante”.) Da questo studio ed altri emerge come i bambini piccoli falliscano i
compiti di falsa credenza, pur comprendendo la credenza in sé.
Successivamente Wellman sottopone tre gruppi, formati da bambini di 3 anni, di 4
anni e adulti, ad un compito di spiegazione in cui viene raccontata una semplice
storia e viene chiesto di dare delle spiegazioni a riguardo. Coloro che si basano su una
psicologia desiderio-credenza dovrebbero costruire queste spiegazioni basandosi sui
desideri e sulle credenze del personaggio. In seguito vengono presentate agli stessi
gruppi tre storie in cui vi sono item neutrali, item con desiderio anomalo e item con
credenza anomala. Né i bambini né gli adulti hanno mai fornito spiegazioni
comportamentiste o fisicaliste. Essi infatti hanno fornito spiegazioni psicologiche
riferendosi esplicitamente alle percezioni, credenze, ai desideri e alle emozioni
dell’agente come spiegazione dei suoi atti. Questi dati indicano che la maggior parte
dei bambini di 3 anni rappresentano le azioni umane come il prodotto di desideri e
credenze e possono ragionare sia sugli uni che sulle altre.
La psicologia del semplice desiderio nei bambini di 2 anni
3 anni è il limite inferiore di età a cui i bambini sanno elaborare ragionamenti su
desideri e credenze. I bambini di 3 anni non sono né comportamentisti né psicologi
degli stati interni, ma sono cognitivisti. Più precisamente la loro è una psicologia
intuitiva mentalistica che incorpora una concezione molto semplice della credenza. I
bambini di 2 anni, invece, possiedono una psicologia degli stati interni di tipo
particolare, cioè una psicologia del semplice desiderio che non include alcuna
concezione della credenza. E’ importante sottolineare che i semplici desideri non
richiedono di attribuire una rappresentazione all’altra persona, come accade invece
per le credenze. La psicologia del semplice desiderio, che si basa su una concezione di
stati interni diretti verso il raggiungimento di un oggetto esterno, è dunque
estremamente diversa da quella desiderio-credenza che si basa completamente su
una concezione di stati cognitivi interni che rappresentano verità nel mondo esterno. Il
ragionamento che troviamo in tale teoria è il seguente: i semplici desideri sono la
causa per la quale gli agenti si impegnano in delle azioni rivolte verso una meta e, una
volta che questa viene raggiunta o meno, hanno una certa reazione emotiva.
Credenze su credenze: rappresentazione e funzione di vincolo delle false
credenze nella comprensione dell’inganno da parte dei bambini
Wimmer e Perner hanno condotto 4 esperimenti in cui hanno preso in esame la
competenza dei bambini nel rappresentare la particolare credenza di un’altra persona
che differisce da ciò che il soggetto sa essere vero. Il soggetto dunque è cosciente che
un’altra persona osserva uno stato di cose X;il soggetto poi, in assenza dell’altra
persona, assiste al cambiamento della situazione dallo stato X allo stato Y. Alla fine il
soggetto sa che è vero Y e che l’altra persona crede che sia vero X (paradigma formale
delineato da Bennett, Dennett e Harman nei loro commenti agli studi di Premack e
Woodruff). Con tali esperimenti Wimmer e Perner vogliono valutare se i soggetti
esaminati possiedono o meno una rappresentazione esplicita e determinata in merito
alla falsa credenza dell’altro.
ESPERIMENTO N.1
I soggetti che hanno partecipato a questo esperimento sono 36 bambini tutti
provenienti da asili/campi scuola di Salisburgo. Essi vengono suddivisi in sei gruppi di
età: 4-5 anni, 6-7 anni, 8-9 anni. Ad ogni bambino vengono raccontate due storie,
ognuna delle quali presenta due versioni (cooperativa e competitiva). Le storie erano
registrate e venivano fatte ascoltare ai soggetti mentre lo sperimentatore eseguiva le
azioni sulla scena e, dopo la fine del racconto, esponeva le domande (domanda sulla
credenza, domanda sulla realtà, domanda sull’enunciato, domanda sulla memoria).
In tale esperimento emerge come sia particolarmente importante il fattore età; la
maggior parte dei bambini appartenente alla fascia di età inferiore, infatti, rispondeva
scorrettamente non individuando la falsa credenza dell’altro. E’ stato inoltre notato
che non vi è alcun effetto dovuto alle due storie, quindi non sorgono problemi per
quanto riguarda la costruzione degli enunciati. I risultati, infine, indicano che tutti
coloro che attribuivano correttamente al protagonista una falsa credenza erano anche
in grado di costruire per il protagonista della storia un enunciato ingannevole o
veritiero in relazione alla sua credenza. Questa costruzione è un traguardo cognitivo
molto importante.
ESPERIMENTO N.2
In questo esperimento vengono analizzate due spiegazione del perché la maggior
parte dei bambini piccoli dell’esperimento 1 non sia stata in grado di individuare la
falsa credenza del protagonista. La prima motivazione riguarda l’impulsività e la
riflessività riscontrata già da studi precedenti nei bambini più piccoli. Per limitare
questo comportamento impulsivo è stata introdotta la nuova richiesta “Fermati a
pensare” prima della domanda relativa alla credenza. La seconda motivazione
riguarda la possibilie difficoltà incontrata dai bambini in merito ad una ipotetica
interferenza tra le rappresentazioni mentali. E’ stata dunque introdotta una nuova
condizione in cui l’oggetto non viene spostato da un luogo ad un altro, ma viene
proprio fatto sparire dalla scena.
A questo esperimento hanno partecipato 92 bambini; 20 tra i 3-4 anni, 42 di 4-5 anni e
30 di 5-6 anni. Vengono usate le stesse storie dell’esperimento 1 ma con delle
variazioni: spostamento fermati e pensa, sparizione. Anche in questo esperimento
emerge il fattore età (i bambini più piccoli hanno risultati inferiori); emerge anche c i
bambini 4-5 anni danno risposte migliori nelle nuove condizioni di spostamento
rispetto a quelle date nell’esperimento 1 (spostamento standard).
ESPERIMENTO N.3
In questo esperimento si tenta di verificare la capacità dei bambini piccoli di costruire
enunciati ingannevoli senza le complessità che derivano dal dover rappresentare false
credenze. Per ottenere questo vengono modificate entrambe le storie dell’esperimento
1 con una condizione di spostamento x-x e non di spostamento x-y (l’oggetto rimane
sempre nella stessa posizione). I soggetti sono due gruppi di bambini: 29 bambini di
4-5 anni e 24 di 5-6 anni.
Nella nuova condizione con spostamento x-x tutti i soggetti rispondevano indicando
correttamente la collocazione dell’oggetto ma solo una minima percentuale dava una
risposta corretta alla domanda sull’enunciato. Questo risultato dimostra che i bambini
tra i 4 e i 6 anni non sono in grado di costruire un enunciato ingannevole anche
quando non sono implicati assunti sulle false credenze di colui che inganna.
Il deficit della teoria della mente nell’autismo
Camaioni divide la sua trattazione sull’argomento in due parti. Nella prima parte viene
illustrata e discussa la “teoria della mente” come ipotesi esplicativa del funzionamento
cognitivo che permette agli esseri umani di capire gli stati mentali e, attraverso essi,
spiegare e prevedere i comportamenti. Si analizza in particolare come il bambino
arriva a possedere un concetto di “mente” e quali possono essere i precursori per la
comprensione degli stati mentali. Nella seconda parte si presentano e discutono le
evidenze empiriche a favore dell’impotesi che alla base della patologia autistica vi sia
una mancanza o un malfunzionamento della teoria della mente.
I parte
Una “teoria della mente” o psicologia del senso comune è la nostra capacità di
interpretare le azioni e i comportamenti sulla base degli stati psicologici interni
all’agente. In questa parte Camaioni riassume i principali studi in merito a tale
questione, cioè quelli di Wellman (ragionamento desiderio credenza) e quelli di Leslie
(rappresentazioni primarie e metarappresentazioni). Camaioni individua poi quali
sono i possibili precursori della teoria della mente, cioè l’attenzione condivisa
(Baron-Cohen), la comunicazione intenzionale di tipo dichiarativo (Camaioni) e la
capacità imitativa (Meltzoff e Gopnik). Fino ai 6 mesi il bambino intrattiene delle
relazioni diadiche (bambinio-persona/bambino-oggetto); successivamente
compaiono le relazioni triadiche che coinvolgono