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Riassunto esame Psicologia dello sviluppo e dell intersoggettività, prof. Airenti, libro consigliato La teoria della mente. Origini, sviluppo e patologia, a cura di Luigia Camaioni Pag. 1 Riassunto esame Psicologia dello sviluppo e dell intersoggettività, prof. Airenti, libro consigliato La teoria della mente. Origini, sviluppo e patologia, a cura di Luigia Camaioni Pag. 2
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IMPLICAZIONI DI ESISTENZA.

La presenza di questo isomorfismo lascia pensare ad un parallelismo tra il gioco di finzione ed il

resoconto di stati mentali per quel che riguarda il sistema rappresentazionale coinvolto.

Stando alla teoria meta-rappresentazionale di Leslie, una mate rappresentazione ha la seguente

struttura: “Agente-Relazione Informazionale-espressione” (le virgolette stanno ad indicare la

temporanea sospensione dei nessi di riferimento, verità ed esistenza, motivo per cui si parla di

“espressioni distaccate”), laddove:

- agente è, tendenzialmente, una persona;

- espressione è una rappresentazione primaria;

- Relazione Informazionale funzioni computazionali che mettono in relazione l’agente con

l’espressione distaccata e la rappresentazione primaria (ex. FINGE e PENSA).

La finzione e la percezione di una situazione, quindi, condividono un medesimo codice

rappresentazionale e l’abilità di fingere consiste nella creazione di una funzione a tre termini di tipo

fingo(a, “e ”, e ), in cui:

i j

- a agente;

- “e ” espressione distaccata;

i

- e rappresentazione primaria.

j

La nozione di distaccamento (e quindi l’uso delle virgolette) è necessaria, contrariamente a quanto

si potrebbe pensare aderendo al modello con marcamento della falsità, secondo cui la proposizione

inclusa è per forza falsa: mamma FINGE che (la tazza vuota contenga acqua) , ad ex., equivale in

falsa

linea teorica a mamma FINGE che (la tazza vuota non contenga acqua) e quest’ultima asserzione

vera

non può essere considerata corretta. C’è bisogno, quindi, di altri meccanismi per giustificare il

venire meno delle implicazioni delle rappresentazioni primarie. Un altro punto critico della teoria

riguarda il fatto che, come sostenuto da Vygotskij, non vi è ragione di pensare che non si possa

fingere che P sia P: il bambino che finga di rovesciare dell’acqua da una tazza e di tenerla poi in

mano mentre è vuota, ad ex., ha effettivamente tra le dita una tazza senza contenuto. L’abilità di

fingere, riassumendo, dipende da un meccanismo di meta-rappresentazione, laddove queste

equivalgono a resoconti di stati mentali. Tale meccanismo di distaccamento, però, presenta due

limiti quando si parla di finzione precoce e cioè:

- può essere utilizzato solo in determinate condizioni, come dimostrato dal fatto che il

bambino viene incoraggiato a fingere, non con esortazioni dirette, ma attraverso una

metacomunicazione fatta di specifici manierismi (sorrisi, occhiate e simili). Ci sono, poi,

altri elementi del contesto sociale che possono agevolare o meno la messa in atto della

finzione, come la familiarità con il partner di gioco;

- le meta-rappresentazioni che derivano dal distaccamento hanno dei limiti dal pdv espressivo,

nella misura in cui non rendono giustizia alla differenza esistente tra penso a X, il pensiero

di X e pensare ad X.

Uno studio interessante è stato condotto da Perner e collaboratori ed ha permesso di capire come la

comprensione delle proprie FC possa essere indipendente da quella delle FC altrui: a bambini di 3

anni è stata mostrata una scatola di Smarties e si è chiesto loro di indovinare che cosa ci fosse

dentro, mettendoli di fronte ad un evento imprevisto, ovvero poi mostrando che il contenuto era una

matita. E’ stato domandato, quindi, che cosa avrebbe pensato un altro bambino fuori dalla stanza: la

maggior parte dei piccoli, pur essendo consapevole dei propri errori di previsione, ha attribuito una

credenza reale e non falsa a quello all’oscuro dei fatti ed anche altri Autori hanno trovato evidenze

simili. Nel bambino di 3 anni, quindi, non manca la comprensione della FC (che può, infatti, essere

anche verbalizzata), bensì la capacità di cogliere il nesso causale tra le credenze ed il mondo reale.

Può capitare che il bambino di 3 anni consideri gli stati mentali come l’effetto di eventi concreti e,

allo stesso tempo, causa di altre cose altrettanto concrete, come il comportamento: questa

distinzione tra il reale (osservabile) ed il mentale (presente “solo nella testa”) rende difficile, in un

primo momento, capire quanto gli stati mentali possano effettivamente impattare sul mondo reale,

che a sua volta vi esercita un’influenza notevole; una volta che raggiunge questo genere di

comprensione, il piccolo comincia ad interrogarsi sul nesso tra gli eventi concreti e quelli mentali.

Partendo dal presupposto che già a 3-4 anni il bambino disponga di buone conoscenze inerenti la

meccanica e la fisica, si può ipotizzare che la ToM si sviluppi come risultato dell’unione tra la

visione causale del mondo concreto da esse derivata ed una comprensione di natura più astratta ed

inerente la dimensione del mentale. Questa associazione potrebbe essere resa possibile proprio dalla

percezione: 

- 2-3 anni le relazioni esistenti tra oggetti ed eventi del mondo fisico sono comprese grazie

alla visione causale ed anche il comportamento delle persone viene sempre ascritto ad

elementi concreti o, eventualmente, a stati interni (bisogni fisiologici). Esiste una primitiva

“teoria della mente”, ma viene utilizzata per lo più al fine di creare rappresentazioni di stati

mentali in situazioni particolari, come il gioco di finzione;

- 4 anni i due sistemi intuitivi di comprensione (visione causale e “teoria della mente”)

confluiscono andando a strutturare una vera ToM, che vede gli stati mentali come possibili

cause ed effetti dei comportamenti.

DAI DESIDERI ALLE CREDENZE: L’ACQUISIZIONE DI UNA TEORIA DELLA

MENTE

Per quel che concerne la comprensione degli stati mentali altrui, si fa riferimento a due aspetti della

mente, che sono i seguenti:

à

- ipotetico capacità di distinguere ciò che è mentale da ciò che è concreto;

à

- causale comprensione degli stati mentali come possibili cause di comportamento e loro

distinzione in credenze e desideri.

La psicologia del senso comune si erge sulla triade “credenze-desideri-azioni”, pur inglobando

anche elementi diversi, come la percezione e gli stati interni. In generale, mentre i bisogni

fisiologici e le emozioni di base portano ai desideri, le esperienze percettive conducono alle

credenze. Le azioni, invece, sortiscono degli effetti nel mondo con delle reazioni, che possono

essere dipendenti dai desideri (mi sento felice o triste per qualcosa che ho fatto) o dalle credenze

(qualcosa va ad avvallare o falsificare una mia idea pregressa, facendomi sentire o meno stupit*).

Bambini di 3 anni sono stati sottoposti ad un compito di credenza standard, in cui si è raccontata la

vicenda di un personaggio che, avendo perso il proprio cane e volendo ritrovarlo, decida di cercarlo

e pensi di trovarlo più probabilmente in un posto piuttosto che in un altro; la domanda posta dai

ricercatori riguardava in quale dei due luoghi il protagonista della storia avrebbe cercato l’animale.

Per superare la prova, i bambini dovevano unire la credenza con il desiderio e rispondere, quindi,

che il soggetto avrebbe cercato in entrambi i luoghi, pur essendo convinto di avere più probabilità di

successo in uno solo dei due: nella maggior parte dei casi, sono state ottenute risposte corrette. Un

altro studio si è avvalso di un compito di FC: “Il cagnolino di Sam è nel garage; Sam pensa che il

suo cagnolino sia sotto la veranda”; una minoranza di bambini ha risposto correttamente. I risultati

ottenuti mostrano come i piccoli di 3 anni siano in grado di comprendere le credenze ma non le FC.

Per quanto riguarda, invece, il trovare delle spiegazioni per il comportamento altrui, è stato condotta

una ricerca interessante coinvolgendo adulti e bambini di 3 e 4 anni ai quali sono state presentate tre

vicende: à

- item neutrale “Ecco Giovanna. Giovanna sta cercando il suo micio sotto il piano. Perché

pensi che lo faccia?”; à

- item con desiderio anomalo “Ecco Giovanna. Giovanna odia le rane. Ma Giovanna ora

cerca la rana sotto il piano. Perché pensi che lo faccia?”;

à

- item con credenza anomala “Ecco Giovanna. Giovanna ora cerca il suo micio. Il micio è

sotto la sedia, ma Giovanna lo cerca sotto il piano. Perché pensi che lo faccia?”.

La maggior parte del campione ha giustificato il comportamento di Giovanna sulla base del

desiderio. Sono state sottoposte, quindi, altre tre storie, tutte caratterizzate da credenza anomala: in

questo caso, gran parte dei bambini ha giustificato il comportamento del protagonista facendo

riferimento alla credenza. Da questi risultati appare evidente come i bambini di 3 anni siano in

grado di attribuire il comportamento di una persona tanto a desideri quanto a credenze: mentre i

primi lo motivano, le seconde lo strutturano.

Secondo Wellman, però, i 3 anni segnano il limite minimo per la comprensione delle credenze: al di

sotto di tale età, esiste solo una psicologia dei desideri. Il Comportamentismo attribuisce il

comportamento umano ad un paradigma di tipo S-R, mentre le psicologie degli stati interni lo fanno

risalire a delle forze interne all’organismo (come le pulsioni) ed il Cognitivismo a delle

rappresentazioni: in questo senso, i bambini di 3 anni sono cognitivisti, mentre quelli di 2 possono

essere considerati dotati di una psicologia degli stati interni. Mentre l’attribuzione di una credenza

ad una persona rende necessaria la presenza di una rappresentazione della stessa, l’attribuzione di

un desiderio è decisamente più semplice e si basa solo sulla visione dell’Altro come in preda ad un

proprio stato interno che spinge verso un oggetto esterno (ex. il desiderio di cibo): questo tipo di

psicologia del desiderio può tanto spiegare quanto prevedere alcuni tipi di comportamento. Il

ricorso dei bambini di 2 anni alla psicologia del desiderio è stato valutato con uno studio in cui si è

chiesto ad un campione di prevedere la reazione emotiva di un personaggio in tre situazioni:

1. cerca qualcosa che vuole e lo trova;

2. non trova quel che cerca;

3. cerca qualcosa che vuole, ma trova un’altra cosa.

Questo tipo di compito è stato risolto con grande facilità dagli stessi bambini che non sono stati in

grado di risolvere le prove inerenti le credenze, il che fa comprendere come, al secondo anno d’età,

sia presente solo una psicologia del desiderio. Risultati analoghi sono stati riscontrati, infine, grazie

ad uno studio longitudinale che ha coinvolto bambini dai 2 ai 5 anni e che è stato condotto da

Wellman attraverso la trascrizione di enunciati. L’obiettivo era valutare l’utilizzo con referenza

psicologica (ovvero per parlare di stati mentali propri od altru

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Publisher
A.A. 2015-2016
15 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher JennyJenny di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dello sviluppo e dell'intersoggettività e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Airenti Gabriella.