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PSICOLOGIA GENERALE-PARTE QUARTA
PROBLEM SOLVING
Un problema è difficile da risolvere anche quando gli elementi contenuti nel
problema sono poco maneggevoli: rigidità o fissità funzionale (es. candela, il
quadrato dai 9 punti).
Meno sono le funzioni di un oggetto, più è difficile vedere nell’oggetto funzioni
diverse dal normale.
La psicologia della Gestalt è stata superata cronologicamente dalla scuola
dell’HIP.
L’approccio cognitivista propone una visione del mondo fondata su un continuo
feed back individuo-ambiente. C’è un circuito continuamente in funzione fra
uomo e ambiente.
Newel e Simon hanno ipotizzato che, quando risolviamo un problema, nella
nostra mente si crea uno spazio problemico, costituito da tutti quei processi
che ci portano a risolvere il problema stesso.
La struttura dello spazio problemico è così: lo stato di partenza, dove conosco il
problema; lo spazio intermedio, dove cerco di risolvere il problema; e lo stato
finale, dove sono giunto all’obbiettivo e dove ho una consapevolezza maggiore
di me.
Per passare ogni stato entrano in funzione degli operatori, i quali possono
essere legali o illegali.
Esistono problemi così complessi che la memoria di lavoro non è in grado di
contenere tutti i dati necessari a risolverlo. In questi casi, può capitare
l’esplosione combinatoriale (es. anelli e bastoni).
Le due procedure che posso usare per risolvere i problemi sono quella
algoritmica e quella euristica.
L’algoritmica porta di sicuro alla soluzione, ma è quasi sempre impraticabile.
L’euristica è una scorciatoia che semplifica il problema: può portare alla
soluzione, ma non è detto.
Le euristiche sono di quattro tipi: analisi mezzifini, dove il problema si affronta
passo per passo; l’esame a ritroso, dove dalla soluzione presunta si cercano le
soluzioni del problema; la semplificazione; e l’analogia, dove si adotta un simile
modo di risolvere a più problemi simili.
Normalmente, non siamo portati a risolvere per analogia.
Il pensiero analogico trasferisce la base sul bersaglio o target.
Sono stati costruiti dei software che simulano la risoluzione di un problema (ad
es. torre di annoi).
Dagli anni ‘80 si è studiata una soluzione che unisce i processi dell’insight e
dell’HIP.
Mosconi, invece, psicologo italiano, ha introdotto la teoria del doppio codice: un
problema diventa difficile quando si può codificare in due modi il messaggio
contenuto nell’enunciato del problema stesso. I due codici sono quello legale e
quello naturale.
Non risolviamo i problemi, perché ci sono enunciati in modo scorretto.
La formulazione linguistica del problema induce in errore.
Io utilizzo un codice legale sottovalutando il codice naturale.
Il problema, inoltre, diventa difficile quando lo rappresento mentalmente in una
determinata maniera (es. scacchiera).
Giovedì 26 novembre
Il pensiero controfattuale va contro i fatti.
Per definizione è un pensiero che induce a qualsiasi fantasia.
Tutti pensiamo che siano cambiabili solo i nostri comportamenti legali.
I mondi contro fattuali, che non sono razionali, sono comuni a tutti.
Il concetto di sistema esperto unisce il concetto di intelligenza artificiale con le
regole di ragionamento umano. Un sistema esperto è un software che ragiona
con le stesse regole del pensiero umano in un determinato campo.
La metacognizione è ciò che io so di come funziona la mia mente. È la
consapevolezza e la conoscenza circa il funzionamento della mente propria e
altrui, quindi controllo dei propri processi di pensiero.
Psicologia del pensiero
La psicologia del pensiero studia il processo cognitivo del pensare.
Attività mentale in grado di manipolare informazioni che noi abbiamo in
memoria.
Pensiamo con immagini, parole e concetti.
I numeri rientrano nell’area linguistica.
Il pensiero può essere deduttivo o induttivo.
Il pensiero deduttivo consente di stabilire se e quale conclusione consegue
necessariamente dalle premesse. La conclusione di un pensiero di questo
genere non aggiunge niente a ciò che è contenuto nelle premesse, ma ne è
una conseguenza logica.
Il pensiero induttivo parte da osservazioni particolari per arrivare ad un
principio generale o ad un altro principio particolare.
La conclusione di quest’ultimo ragionamento può essere un principio generale.
Il pensiero induttivo fornisce probabilità, mai certezza.
Nel ragionamento deduttivo si parte da affermazioni generali ritenute vere per
arrivare ad una conclusione obbligatoriamente vera.
Nel ragionamento deduttivo si ha certezza, ma non aumenta la mia
conoscenza.
Il ragionamento deduttivo opera indipendentemente dal contenuto, seguendo
regole astratte valide sempre.
Il pensiero deduttivo viene assunto con la maturazione dell’individuo.
Le forme tipiche del sistema deduttivo sono tre: sillogismo categoriale,
sillogismo condizionale, sillogismo lineare.
Il sillogismo categoriale è composto da tre proposizioni categoriali o enunciati:
due premesse e una conclusione.
Le premesse esprimono relazioni di appartenenza, la conclusione esplicita
queste relazioni.
Tutti i corvi sono neri, questo uccello è nero, questo uccello è un corvo.
In un sillogismo ci sono due premesse e una conclusione, una premessa è
maggiore, l’altra minore.
Il termine minore è il soggetto della conclusione e il termine maggiore è il
predicato della conclusione.
Nel sillogismo esiste anche il termine medio. Quello che mette in collegamento
il termine maggiore con quello minore.
Nel sillogismo non è importante la verità fattuale delle premesse.
Le proposizioni categoriali che compongono il sillogismo, possono essere di 4
tipi: universale affermativa (tutti gli a sono b); universale negativa (nessuna a è
b, quindi anche nessun b è a); particolare affermativa (alcune a sono b);
particolare negativa (alcune a non sono b).
SILLOGISMO
Gli enunciati in forma affermativa sono denominati con la lettera a e i (da
adfirmo). Quelli negativi con e ed o (da nego).
Gli enunciati tutto e nessuno sono universali, gli altri sono particolari.
Le vocali a ed e sono riferite agli universali, i ed o ai particolari.
In logica qualche ha il significato di: almeno uno, forse tutti.
Il sillogismo ha 2 caratteristiche: modo e figura.
Il modo è il tipo di quantificatore usato. La figura è la posizione dei tre termini
all’interno delle premesse. I 3 termini sono il soggetto, il predicato e il termine
medio.
La premessa maggiore lega il termine medio al predicato, la premessa minore
lega il termine medio al soggetto. Il termine medio nella conclusione scompare.
Tutti gli uomini sono mortali. Socrate è un uomo. Socrate è mortale.
Il termine medio è uomo. Mortali è la premessa minore, Socrate è la premessa
maggiore.
Le figure del sillogismo sono 4: in queste figure si mescolano due termini medi,
un soggetto e un predicato.
Prima figura: Il termine medio è soggetto, il termine minore è predicato.
Seconda figura: il termine minore è soggetto, il termine medio è predicato.
Terza figura: il termine medio è soggetto, il termine maggiore è predicato.
Quarta figura: il termine maggiore è soggetto, il termine medio è predicato.
Quando ragioniamo col sillogismo, facciamo degli errori. Non siamo portati a
ragionare per sillogismi.
Quando il contenuto del sillogismo è realistico, diciamo che funziona, altrimenti
no.
In logica il contenuto delle frasi è irrilevante. Importante è la relazione fra le
proposizioni categoriali.
Sbagliamo i sillogismi anche per l’effetto atmosfera: se ho un sillogismo dove le
premesse hanno una certa forma (negativa o positiva), ripeto nelle conclusioni
la stessa qualità denunciata nelle premesse.
Le premesse creano un’atmosfera che induce la conclusione.
Il terzo e ultimo motivo per cui sbagliamo i sillogismi sono gli errori di
conversione: non tutte le frasi sono convertibili.
A ed o non si possono convertire, e ed i sì.
Tutti gli angoli retti sono di 90°, ma, a livello logico, non posso dire il contrario.
RAGIONAMENTO CONDIZIONALE
Il ragionamento condizionale, o sillogismo condizionale, ha la forma: se…allora.
Se si verifica la condizione a, allora si verifica la condizione b.
Dopo il se si verifica la proposizione precedente, dopo allora quella
conseguente.
Quando: a vera-b vera, a falsa-b vera, a falsa-b falsa, allora la conclusione è
vera.
Se a è vera, e b è falsa, la conclusione è falsa.
Le regole valide sono il modus pones e modus tollens.
Es.: se nella mano ho un re, allora ho un asso. Modus ponens: Ho un re, dunque
ho un asso.
Modus tollens: non ho un asso, dunque non ho un re.
Es.: Se non piove, allora esco. Modus ponens: non piove, dunque esco. Modus
tollens: Non esco, dunque piove.
Le due regole che non sono valide: fallacea della negazione dell’antecedente;
fallacea dell’affermazione del conseguente.
Es.: Se Pierino piange, ha fame. F. della n.: dell’A.: Se pierino non piange, non
ha fame.
F. Dell’a. del c.: Pierino ha fame, non posso dire che piange.
WEISON
Il suo esperimento si chiama compito di selezione: ogni soggetto aveva 4 carte
davanti. Ogni carta ha un numero da un lato e una lettera dall’altro. La regola
era: dove abbiamo vocali da un lato, abbiamo numeri pari dall’altro. Si
richiedeva di verificare questa regola girando il minor numero di carte
possibile.
Conclusione: I soggetti non dovevano girare le carte con numeri pari o con
consonanti, perché dall’altro lato andava bene qualsiasi cosa.
Dovevano voltare i numeri dispari e le vocali.
Questo esperimento dimostrò che noi abbiamo sempre bisogno di conferme.
Andiamo a ricercare tutti gli argomenti che ci confermano la regola. La maggior
parte dei soggetti, infatti, vuole confermare questa regola girando numeri pari
e vocali.
La conferma mantiene dei patrimoni di conoscenza stabili e aiuta
nell’evoluzione umana.
Weison verificò che, su atti sensati, i soggetti erano più portati a smentire
rispetto ai casi simbolici.
Il problema del tog è: su un pezzo di carta c’è scritto bianco o nero e losanga o
cerchio. Un disegno è un tog solo se presenta un colore e una forma prescelti:
losanga nera è un tog, l’altro tog è il cerchio bianco.
Bisogna usare la regola della disgiunzione esclusiva: una figura deve avere o
una caratteristica o un’altra, ma non tutte e 2.
Due soggetti su 15 sono in grado di capire un esempio concre