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DIVISIONE DEL LAVORO NEL CERVELLO
Nella comprensione delle basi neurali dell'attenzione (specie visiva) la ricerca ha riguardato
principalmente quali strutture del cervello mediano l'azione psicologica di selezionare un oggetto a
cui prestare attenzione e come differisce la successiva elaborazione neurale, per gli stimoli a cui si
fa attenzione e per quelli a cui non si fa attenzione. Ci sono evidenze sperimentali a favore
dell'esistenza di tre sistemi attenzionali, separati l'uno dall'altro ma in continua interazione. Uno di
questi sistemi ha il compito di tenerci in allerta. Nello svolgere mansioni che richiedono di
mantenere l'attenzione su un particolare compito, fanno aumentare l'attivazione delle regioni
parietali e frontali dell'emisfero cerebrale destro. Queste regioni sono associate all'attività della
norepinefrina, un neurotrasmettitore associato all'arousal. Altri due sistemi cerebrali sembrano
responsabili dell'attenzione selettiva: il primo è responsabile dell'orientamento dell'attenzione verso
uno stimolo, denominato sistema posteriore poiché le strutture cerebrali coinvolte (corteccia
parietale e temporale, insieme ad alcune strutture sottocorticali) sono principalmente localizzate
nella parte posteriore del cervello. Il secondo sistema, designato a controllare quando e come queste
caratteristiche saranno utilizzate per la selezione è denominato sistema anteriore, perchè le
strutture coinvolte (corteccia frontale e una struttura sottocorticale) sono localizzate nella parte
anteriore del cervello. Il sistema anteriore è anche denominato “l'ufficiale esecutivo in comando”
dell'attenzione selettiva. Esistono prove empiriche a sostegno dell'inibizione delle regioni cerebrali
attinenti alle caratteristiche a cui non si presta attenzione. L'attenzione amplifica ciò che è pertinente
non solo a livello psicologico ma anche biologico. La corteccia visiva, la porzione del cervello
interessata alla visione, opera secondo un principio di divisione del lavoro. Differenti regioni della
corteccia visiva sono specializzate ad espletare funzioni percettive diverse. La regione cerebrale più
importante per l'elaborazione visiva è la corteccia visiva primaria o V1. La sua localizzazione è
nella parte posteriore del cervello ed è la prima localizzazione corticale a cui sono connessi i
neuroni che trasportano i segnali dall'occhio. Tutte le altre regioni visivamente sensibili della
corteccia sono connesse agli occhi attraverso l'area V1. Il danno tessutale di una porzione specifica
dell'area V1 si associa a cecità localizzata in zone molto specifiche del campo visivo (scotoma).
Questo forma di cecità non è causata dal danneggiamento degli occhi o del nervo ottico. Una delle
caratteristiche di questi neuroni è che ciascuno è responsabile dell'analisi di una porzione
estremamente ristretta dell'immagine. Questi neuroni comunicano l'uno con l'altro solo in regioni
molto limitate. Il beneficio di questa disposizione è che l'intero campo visivo può essere analizzato
simultaneamente, in modo dettagliato. I neuroni dell'area V1 inviano le informazioni a molte altre
regioni del cervello ciascuna specializzata in un compito particolare, che analizzano gli input visivi.
La comunicazione neurale è una conversazione, non un comando. Localizzazione e riconoscimento
sono due compiti qualitativamente differenti e sono espletati da regioni diverse della corteccia
visiva. Il riconoscimento dipende da un ramo del sistema visivo che include la corteccia visiva
primaria e un'area presso la base della corteccia cerebrale. La localizzazione dipende da un rao del
sistema visivo che include la corteccia visiva primaria e una regione corticale presso la sommità del
cervello. La suddivisione del lavoro non finisce con la separazione, ma i differenti tipi di
informazione usati nella localizzazione sono elaborati da diverse sottoregioni del ramo corticale di
localizzazione, e anche vari tipi di informazione utilizzati per il riconoscimento si associano a
sottoregioni specializzate nella loro analisi. Il risultato è che la corteccia visiva presenta numerosi
“moduli di elaborazione”, ciascuno dei quali specializzato in un compito particolare.
SVILUPPO PERCETTIVO
Gli psicologi contemporanei nel dibattito nature-nurture credono che sia una questione di entrambi,
e l'obiettivo è evidenziare il contributo di ciascuna componente e delineare le reciproche interazioni.
Per individuare le abilità percettive innate si studiano le capacità dei bambini piccoli. Alcune
capacità innate possono comparire solo dopo che si sono sviluppate altre capacità basilari, come
quella di registrare i dettagli. Altre capacità innate possono richiedere un certo genere di input
ambientale, per un determinato periodo di tempo, al fine di maturare. Per studiare la percezione nei
bambini piccoli, i ricercatori devono individuare forme di comportamento attraverso cui i bambini
riescano ad indicare cosa sono in grado di distinguere. Uno di questi è la tendenza a guardare alcuni
oggetti più di altri; gli psicologi si servono di questo comportamento in una tecnica nota come
metodo dell'orientamento preferenziale dello sguardo (due stimoli misurando quanto tempo
guarda ciascuno di loro). Una tecnica correlata è il metodo di abituazione; i bambini piccoli
guardano subito gli oggetti nuovi ma si stancano presto di farlo (si abituano), e questo permette di
determinare se due oggetti sembrano uguali o no. Per essere capaci di percepire un oggetto si deve
essere in grado di distinguere una parte dall'altra, un'abilità detta acuità visiva, spesso valutata
variando sia il contrasto che la frequenza spaziale. A un mese d'età l'acuità visiva dei bambini è
molto bassa e aumenta rapidamente fino al sesto mese; poi più lentamente raggiungendo i livelli
degli adulti tra 1 e 2 anni. La percezione della profondità comincia ad apparire a circa 3 mesi, ma
non si completa fino a 6 (una prova dello sviluppo della percezione monoculare della profondità
viene dagli studi sul “precipizio visivo”). Le costanze percettive cominciano a svilupparsi nei primi
mesi di vita.
Si è riscontrato che specifiche esperienze influenzano le capacità percettive. Assenza di
stimolazione: esperimenti sulla stimolazione controllata cercarono di determinare gli effetti
dell'allevamento di un animale in assenza totale di stimoli visivi tenendoli al buio per parecchi mesi
dopo la nascita. Si è riscontrato che erano incapaci di percepire quand'erano esposti alla luce per la
prima volta, e studi successivi dimostrarono che il prolungato allevamento al buio oltre a prevenire
l'apprendimento causa il deterioramento dei neuroni, in varie parti del sistema visivo (si
atrofizzano). Quando un animale è privato di stimolazione visiva dalla nascita, quanto più lunga è la
deprivazione, tanto maggiore è il deficit. Esiste quindi un periodo critico per lo sviluppo delle
capacità visive innate (fase di sviluppo durante la quale l'organismo è pronto in modo ottimale ad
acquisire determinate capacità). Stimolazione limitata: attualmente sono stati studiati gli effetti
dell'allevamento di animali con stimolazione a entrambi gli occhi, ma solo di un certo tipo. Per
esempio hanno allevato dei gattini in un ambiente nel quale vedevano strisce o solo verticali o solo
orizzontali. I gattini diventavano ciechi alle strisce orientate nella direzione che non avevano
sperimentato. Questa cecità sembra essere causata dalla degenerazione delle cellule della corteccia
visiva. Il periodo critico è molto più lungo nell'uomo che negli animali (può durare fino a 8 anni,
ma la massima vulnerabilità si ha nei primi anni di vita). Percezione attiva: quando bisogna
coordinare la percezione con le risposte motorie, l'apprendimento gioca un ruolo determinante. La
dimostrazione viene da studi nei quali i soggetti ricevono una stimolazione normale, ma è loro
impedito di dare risposte normali a questa stimolazione. In tali condizioni il coordinamento
percettivo-motorio non si sviluppa (gattini nella “giostra per gatti”). L'evidenza empirica indica che
siamo nati con notevoli capacità percettive. Lo sviluppo naturale di alcune di queste capacità può
richiedere anni di input normali dall'ambiente. Comunque esistono chiaramente effetti
dell'apprendimento sulla percezione, particolarmente evidenti quando la percezione deve essere
coordinata con il comportamento motorio.
COSCIENZA Capitolo 6
Molte esperienze si possono riferire a stati alterati di coscienza, che consistono nel cambiamento
del modello ordinario di funzionamento mentale in uno stato che appare diverso alla persona che lo
sta sperimentando. Gli stati di coscienza sono personali e quindi soggettivi e possono variare dalla
distrazione indotta da un vivido sogno ad occhi aperti alla confusione e distorsione percettiva
conseguenti a un'intossicazione da farmaci. Non esiste alcuna teoria universalmente condivisa della
coscienza. I primi psicologi la equiparavano alla “mente” e definivano la psicologia come lo “studio
della mente e della coscienza” e usavano il metodo introspettivo per analizzare quest'ultima. L'idea
ha perso di credibilità con il sorgere del comportamentismo (John Watson) che sosteneva che i dati
della psicologia dovevano essere oggettivi e misurabili. Ma questa preoccupazione per il
comportamento osservabile li ha portati a trascurare interessanti problemi psicologici, perchè la
qualità intrinsecamente soggettiva di questi fenomeni li rendeva argomenti irrilevanti. Dagli anni
'60, gli psicologi cominciarono a riconoscere che vari aspetti della coscienza sono troppo pervasivi
e importanti per essere trascurati. La coscienza è definita come la normale consapevolezza da parte
dell'individuo degli stimoli esterni e interni. Siamo consci non solo quando monitoriamo l'ambiente
(interno ed esterno), ma anche quando cerchiamo di controllare noi stessi e il nostro ambiente.
Quindi la coscienza comprende (1) il monitoraggio di noi stessi e del nostro ambiente, affinché i
percetti, i ricordi e i pensieri giungano alla consapevolezza; e (2) il controllo di noi stessi e del
nostro ambiente, per essere in grado di iniziare e portare a termine attività comportamentali e
cognitive. Monitoraggio: elaborare l'informazione ambientale è la principale funzione dei sistemi
sensoriali e conduce alla consapevolezza di ciò che accade sia intorno a noi sia dentro il nostro
corpo. Non possiamo però prestare attenzione a tutti gli stimoli e la nostra coscienza mette a fuoco
alcuni stimoli e ne ignora altri. L'informazione selezionata riguarda i