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L’emozione è un episodio complesso che induce prontezza ad agire. Un’emozione
intensa prevede almeno 6 componenti. Tipicamente l’emozione comincia con la
valutazione cognitiva ossia la valutazione del soggetto sul significato personale
delle circostanze attuali. Si ritiene che questo processo di valutazione sia la
prima componente dell’emozione. La valutazioni cognitiva a sua volta sollecita
una cascata di risposte (esperienza soggettiva dell’emozione, stato affettivo, tono
sentimentale). La terza componente strettamente correlata include le tendenze
al pensiero e all’azione. La quarta componente include le reazioni corporee
interne specie quelle del sistema nervoso autonomo. La quinta componente
dell’emozione consiste nelle espressioni facciali. L’ultima componente è quella
delle risposte alle emozioni che si riferisce a come le persone affrontano le
emozioni. Nessuna delle 6 componenti è di per sé un’emozione. Considerare le
emozioni come sistemi complessi può aiutare a distinguerle dagli stati
strettamente correlati come gli umori. Le emozioni si differenziano dagli umori
in molti modi. In primo luogo, le emozioni tipicamente hanno una causa chiara.
Gli umori d’altro canto sono spesso stati affettivi diffusi e liberamente fluttuanti.
Ciò evidenzia una seconda differenza: le emozioni sono tipicamente brevi –
durano solo secondi o minuti – mentre gli umori possono persistere a lungo, per
ore o persino giorni. Una terza differenza è che le emozioni implicano il sistema a
componenti multiple descritto in precedenza, mentre gli umori possono essere
salienti solo a livello dell’esperienza soggettiva. Infine, le emozioni sono spesso
concepite all’interno di una categoria discreta, come la paura, la rabbia, la gioia e
l’interesse. Al contrario, gli umori sono frequentemente concepiti come variabili
lungo le dimensioni di piacevolezza e livello di arousal.
La teoria bifattoriale delle emozioni predice che quando le persone sono
indotte in uno stato di arousal indifferenziato, la qualità dell’esperienza emotiva
sarà influenzata dalla valutazione cognitiva della situazione. Questa teoria,
sebbene popolare non è ben sostenuta dai dati empirici. Un effetto correlato
conosciuto come attribuzione erronea dell’arousal ha ricevuto un migliore
sostegno empirico. Secondo questo effetto l’arousal fisiologico persistente può
essere erroneamente attribuito a circostanze successive e intensificare le nostre
reazioni emotive. Le valutazioni cognitive possono verificarsi al di fuori della
consapevolezza conscia; le ricerche neurologiche hanno identificato il
coinvolgimento dell’amigdala nelle valutazioni cognitive automatiche.
La maggior parte dei cambiamenti fisiologici che hanno luogo durante l’arousal
emozionale deriva dall’attivazione della divisione simpatica del sistema nervoso
autonomo. Il sistema nervoso simpatico prepara il corpo ad agire in casi di
emergenza ed è responsabile dei seguenti cambiamenti: 1) la pressione
sanguigna e il battito cardiaco aumentano, 2) la respirazione diviene più rapida,
3) le pupille si dilatano, 4) la sudorazione aumenta mentre la secrezione di saliva
e muco diminuisce, 5) il livello di zuccheri nel sangue aumenta per fornire più
energia, 6) il sangue si coagula più velocemente in caso di ferite, 7) il sangue è
deviato dallo stomaco e dall’intestino al cervello e ai muscoli scheletrici, 8) i peli
sulla pelle si rizzano (pelle d’oca). Il sistema nervoso simpatico stimola
l’organismo a produrre energia. Man mano che l’emozione decresce, il sistema
nervoso parasimpatico – deputato alla conservazione dell’energia – prende il
sopravvento e riporta l’organismo al suo stato normale.
La teoria di James-Lange afferma che, l’arousal autonomico serve anche a
differenziare le emozioni. Recenti prove empiriche indicano che lo schema di
attivazione differenzia le diverse emozioni.
Le espressioni facciali che accompagnano un sottogruppo di emozioni hanno un
significato universale. Il potere comunicativo delle espressioni facciali è evidente
nelle interazioni tra genitore e figlio piccolo. È stato dimostrato che le
espressioni facciali materne di paura o di gioia influenzano in modo sostanziale il
comportamento dei bambini piccoli. Le culture possono differire nei fattori che
elicitano certe emozioni e nelle regole di esibizione. Oltre alle funzioni
comunicative le espressioni emotive potrebbero contribuire all’esperienza
soggettiva dell’emozione (ipotesi del feedback facciale).
Bisogna notare che le persone – uomini o donne che siano – hanno forti credenze
su come le emozioni differiscono in base al genere di appartenenza. Secondo lo
stereotipo femminile le donne sono più emotive. Eccezioni sono la rabbia e
l’orgoglio, che rientrano tra le poche emozioni ritenute più frequentemente
sperimentate ed espresse dagli uomini. Gli psicologi che studiano le differenze
culturali nelle emozioni si sono interessati principalmente a come il
collettivismo e l’individualismo modellano le esperienze emotive. Il
collettivismo si riferisce a culture che enfatizzano la fondamentale connessione e
interdipendenza tra le persone mentre l’individualismo si riferisce a culture che
enfatizzano la fondamentale separazione e indipendenza degli individui. Molti
paesi dell’est asiatico, latino-americani e africani si identificano come culture
collettiviste, mentre gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia e molti paesi europei
occidentali si identificano come culture individualiste. Nei contesti collettivisti il
senso di sé delle persone è intrecciato alle relazioni e molti degli obiettivi
personali riflettono proprio questo inclusi i desideri di appartenenza e
promozione dell’armonia interpersonale. Nei contesti individualisti al contrario,
il senso di sé delle persone è delimitato o visto come separato dagli altri con
molti obiettivi personali che riflettono desideri di indipendenza e unicità.
L’ipotesi psicoanalitica che l’aggressività sia una pulsione di base è
parzialmente sostenuta dagli studi che dimostrano l’effettiva esistenza di una
base biologica. In alcuni animali l’aggressività è controllata da meccanismi
neurologici ipotalamici. Negli uomini e in certi altri mammiferi il comportamento
aggressivo è largamente sotto il controllo corticale e quindi è influenzato dalle
esperienze passate e dai fattori sociali. In base alla teoria dell’apprendimento
sociale (Bandura), le risposte aggressive possono essere apprese attraverso
l’imitazione e la loro frequenza aumenta se positivamente rinforzate. I bambini
hanno maggiori probabilità di esprimere risposte aggressive se sono rinforzati
per tali azioni piuttosto che quando sono puniti. Prove empiriche indicano che in
conseguenza di un comportamento aggressivo, l’aggressività aumenta o si
mantiene allo stesso livello il che disconferma l’ipotesi di catarsi. Anche
l’espressione indiretta o vicaria dell’aggressività non mostra evidenze di catarsi.
Esiste una relazione positiva tra la durata dell’esposizione dei bambini alla
violenza mediatica e il livello di aggressività delle loro azioni.
Intelligenza
Esistono molte definizioni di intelligenza. Alcuni teorici la considerano come
l’abilità misurata dai test di intelligenza. Altri ritengono si tratti di un insieme di
abilità generali che includono la capacità di apprendere dall’esperienza, pensare
in termini astratti e relazionarsi in modo efficace. I primi test intellettivi di
successo sono stati sviluppati dallo psicologo francese Alfred Binet, il quale ha
proposto il concetto di età mentale. Sia Binet sia Wechsler, colui che ha messo a
punto la Wechsler Adult Intelligence Scale (WAIS), sostenevano che l’intelligenza
consiste nella capacità generale di ragionamento.
La teoria di Gardner delle intelligenze multiple ipotizza l’esistenza di 7 tipi di
intelligenza, indipendenti l’uno dall’altro e ciascuno operante come un sistema
separato (o modulo) nel cervello.
La teoria di intelligenza di Anderson suggerisce che le differenze
nell’intelligenza sono dovute a diversità nel “meccanismo di elaborazione di
base” che implementa il pensiero, il quale a sua volta produce conoscenza. Gli
individui variano nella velocità in cui avviene l’elaborazione di base. Una persona
con un meccanismo di elaborazione di base più lento è probabile che abbia più
difficoltà ad acquisire conoscenza di un’altra con un meccanismo di elaborazione
più veloce. Ciò equivale a dire che un meccanismo di elaborazione a bassa
velocità produce una scarsa intelligenza generale. Anderson nota tuttavia che
alcuni meccanismi cognitivi non mostrano differenze individuali. Per esempio, le
persone con sindrome di Down possono non essere in grado di sommare 2 più 2,
eppure riconoscono che le altre persone hanno delle credenze e possono agire in
base ad esse. I meccanismi che forniscono queste capacità universali sono
“moduli”. Ciascun modulo funziona in modo indipendente, eseguendo
computazioni complesse. I moduli non sono influenzati dal meccanismo di
elaborazione di base; sono virtualmente automatici. Secondo Anderson è la
maturazione di nuovi moduli che spiega l’aumento delle capacità cognitive nel
corso dello sviluppo. Per esempio la maturazione di un modulo deputato al
linguaggio spiegherebbe lo sviluppo della capacità di parlare utilizzando frasi
complete. Oltre ai moduli, secondo Anderson l’intelligenza include 2 “capacità
specifiche”. Una di queste è il pensiero proposizionale (l’espressione linguistica
matematica) e l’altra è il funzionamento visuo-spaziale. Anderson suggerisce che
i compiti che richiedono queste abilità sono svolti da “specifici processori”.
Diversamente dalla teoria di Anderson, la teoria triarchica di Sternberg tiene
conto dell’esperienza e del contesto oltre che dei meccanismi di base di
elaborazione delle informazioni. La teoria di Sternberg consta di 3 parti o
sottoteorie: la sottoteoria delle componenti, relativa ai processi di pensiero; la
sottoteoria dell’esperienza, che si occupa degli effetti dell’esperienza
sull’intelligenza; e la sottoteoria contestuale, che considera gli effetti
dell’ambiente individuale e della cultura. La più sviluppata di queste sottoteorie
è quella delle componenti che considera le diverse parti del pensiero.
La teoria bioecologica di Ceci propone l’esistenza di “potenziali cognitivi
multipli”, piuttosto che u