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MEMORIA
La memoria si divide in:
4. modifica
5. immagazzinamento
6. recupero
La memoria, al contrario delle immagini mentali o dei sogni, è quantificabile tramite i ricordi attivi.
Habbinghouse studiò per primo la memoria, nel 1876. Applicò regole rigide, usandosi come oggetto
di studio: dormiva regolarmente (determinando quando doveva andare a letto e quando doveva
alzarsi). Ricreava situazioni quotidiane simili, in modo da poter studiare la propria memoria.
Tenendo una vita regolata, testava il suo ricordo dopo diversi periodi: doveva tenere a mente sillabe
fra loro senza senso.
Apprese il funzionamento preliminare e generale della memoria.
Non parliamo di memoria quotidiana, perché si prendono in esame sillabe senza senso.
Barklett, nel 1932, ipotizza che la memoria non è un registratore fedele della realtà, bensì un mezzo
che ricostruisce la realtà.
L’aspetto ricostruttivo, fisiologico nella memoria, è contro intuitivo.
Barklett confermò le proprie intuizioni con un esperimento. Narrò ai soggetti una storia con
elementi poco reali.
Dopo un quarto d’ora, 15 giorni, un mese la storia veniva ricordata in modo modificato, e veniva
accorciata dai soggetti. Bene venivano ricordati solo i dettagli salienti, che avevano colpito
l’individuo: la conclusione e le frecce nella fattispecie.
Il primo modello elaborato di memoria fu quello multicomponenziale, o multiprocesso, di
Atchinson e Schifring (1968). La memoria si divide in: memoria sensoriale, memoria a breve
termine, memoria a lungo termine.
Questi tre processi si mettono in moto in modo consequenziale: ciò che entra nella memoria
sensoriale, non è sempre detto che arrivi nell’ultimo magazzino della memoria a lungo termine;
mentre ciò che entra nella memoria a lungo termine, è per forza entrato già nella memoria
sensoriale e in quella a breve termine.
Quando un’informazione non passa attraverso i tre processi, è perché subisce o un decadimento, o
un’interferenza.
La memoria sensoriale, dove i dati restano fisici, è definita ecoica od iconica.
La memoria iconica entra come informazione fisica e sensoriale, quella ecoica entra come eco.
Sperling dimostrò l’esistenza di un magazzino di memoria a breve termine, usando la tecnica del
resoconto parziale. Mostrò a dei soggetti una matrice con 9 lettere, per poi toglierla allo sguardo.
Infine fece sentire un suono (acuto, medio o basso). A seconda del tono, i soggetti dovevano dire
cosa si ricordavano della riga corrispondente al suono: ad es. un suono acuto, indicava le lettere più
in alto. Risultato: se il suono veniva sentito immediatamente dopo alla visualizzazione delle lettere,
il ricordo era immediato.
I soggetti, anche se non ricordavano in maniera ordinata e non tutte le lettere, avevano impresse
nella memoria un’immagine iconica.
Esisteva dunque un magazzino di memoria che manteneva l’immagine di ciò che si vedeva.
La memoria sensoriale permette di sentire solo il suono della voce, non l’elaborazione e il
significato delle parole. Fa sentire, non riconoscere.
Sono io a decidere quali informazioni far avanzare nelle memorie successive.
La memoria sensoriale ricorda brevemente. E’ un sistema con capacità elevata, ma decadimento
veloce. Il visivo si mantiene fino ad un secondo, l’acustico fino a 2 secondi.
Interruzioni momentanee o interferenze producono il déjà vu. Esso, insieme al sonnambulismo, è
uno degli effetti più misteriosi della psicologia.
Il déjà vu è dato da quelle informazioni che non sono passate nella memoria a breve termine, in
quanto interrotte da un’interferenza.
La memoria a breve termine mantiene ed elabora le informazioni durante i compiti cognitivi, e ci
permette di parlare.
Essa ha una capacità limitata, lavora costantemente, e può mantenere l’informazione solo per un
breve periodo di tempo. La memoria a breve termine di tipo viso-spaziale ha una traccia che dura 2
secondi e quella uditivo-vermale ha una traccia che dura dai 2 ai 20 secondi.
Gli effetti primacy e recency ci permettono, nella memoria a breve termine, di ricordare le prime e
le ultime parole di un discorso.
Il termine memoria a breve termine è stato ridefinito “memoria di lavoro” da Badley.
Per Badley la memoria di lavoro ha 3 componenti: un circuito articolatorio fonologico, che ci
permette di articolare, mantenere le strutture verbali e fare calcoli dopo la comprensione linguistica;
un taccuino viso-spaziale, che ci aiuta nelle immagini mentali, nei piani motori e nella
visualizzazione; ed un esecutore centrale, che coordina i 2 sistemi precedenti.
Pianifica le operazioni da svolgere e monitora quelle svolte. Coordina attentamente i due
sottosistemi. La componente fonologica cura il nostro parlare, ci fa capire il linguaggio, e ci fa
andare a prendere nella memoria a lungo termine gli elementi del discorso. Quella viso-spaziale è
utile per la rappresentazione dello spazio che mentalmente faccio in funzione dei miei movimenti.
Lo spazio dedicato alle immagini mentali è limitato. Lo schermo visualizzato dalla nostra mente, si
presume essere la proiezione di un angolo di 20°. La riproduzione immaginativa è fedele ai
movimenti della realtà, come una fotografia.
Quando comunemente parliamo di memoria, intendiamo la memoria a lungo termine.
Qui, le informazioni si mantengono stabilmente. Quando un contenuto arriva alla memoria a lungo
termine, avviene una rielaborazione: i nuovi concetti si integrano a quelli vecchi. Le cose sono
ricordate in memoria solo quando capite.
Eventi, sillabe che non hanno senso, non si ricordano.
La memoria a lungo termine si divide in: dichiarativa e procedurale.
La prima è la memoria di eventi, fatti. La memoria dichiarativa è tutto ciò che ricordiamo e
sappiamo. E’ il nostro patrimonio mnestico. Da un punto di vista dell’autopercezione, quando si
dice ho poca memoria si intende questa memoria. La memoria procedurale, invece, è relativa al
come si fanno le cose.
La memoria dichiarativa si divide in episodica e semantica. L’episodica riguarda la nostra storia
personale. Ciò che ricordiamo esserci accaduto in determinati luoghi e tempi.
La semantica riguarda le nostre conoscenze sui fatti del mondo, sugli eventi che non ci
appartengono: una sorta di memoria enciclopedica non legata al momento in cui è stata appresa
l’informazione.
La memoria semantica si organizza in nodi associativi di ordine gerarchico, da quelli a carattere più
generale (in alto) a quelli più specifici (in basso).
La memoria procedurale si divide in script, o copioni (ad es. ristorante).
MEMORIA E PSICOLOGIA DELLA TESTIMONIANZA
Si studiò che pazienti neurolesi possedevano due aree adibite alla memoria a lungo termine: i
pazienti non erano in grado di apprendere nuove informazioni, ma sapevano agire su azioni
imparate. Esistevano dunque 2 aree cerebrali, una sola delle quali era danneggiata.
Tulving differenzia i gradi di consapevolezza della memoria: la memoria procedurale non è
consapevole; quella semantica è in parte consapevole; quella episodica è consapevole.
Con il non avere consapevolezza, non intendiamo dire che la memoria procedurale sia inconscia.
La memoria procedurale è, inoltre, implicita o tacita, al contrario di quella semantica e di quella
episodica, che sono esplicite.
Per Hatchingson e Shiffring, passare da un magazzino di memoria all’altro implica la reiterazione
(la ripetizione) o la focalizzazione dell’attenzione.
Per Craic e Lockhart è valido invece il modello di profondità di elaborazione, secondo cui,
maggiore è la profondità di elaborazione di un’informazione, più nitido è il ricordo
dell’informazione stessa.
La codifica di un’informazione, quando è sia verbale che figurale, è più profonda e più facile da
ricordare.
Esistono tre tipi di elaborazione verbale: quella strutturale o ortografica, più semplice (ad es. la
forma maiuscola o minuscola); quella fonetica (ad es. la rima); e quella semantica (comprende un
significato di un termine).
Una memoria a lungo termine studiata di recente è quella prospettica o del futuro: quando devo
ricordarmi di fare qualcosa.
Si ricorda, quanto si dimentica.
L’oblio, giudicato negativamente, in realtà è necessario per il funzionamento della memoria stessa:
aiuta a non accumulare troppe informazioni e, per questo, finire in uno stato disorganizzato e
confuso.
La prima causa dell’oblio riguarda la dissoluzione della traccia: quando non usiamo per lungo
tempo delle informazioni apprese, esse sbiadiscono nella nostra memoria.
Questa teoria è di tipo organico e prevede che il soggetto non sia intenzionato a dimenticare.
Il secondo modello, psicoanalitico, è quello della rimozione.
Dimentichiamo cose, persone ed eventi perché sono motivo di ansia per noi: è necessario
dimenticare. Bisogna eliminare dalla memoria alcune informazioni che provocano sofferenza.
Questa volta la motivazione è psicologica, non biologica.
La rimozione è attiva, ma non consapevole.
La terza teoria è quella dell’interferenza: quando apprendiamo una nuova informazione, la
sostituiamo ad una meno recente, ma simile alla nuova.
L’ultima teoria riguarda cause organiche: malattie come l’alzhaimer o l’assunzione di troppo alcol,
provocano l’oblio.
Tutti abbiamo la stessa potenzialità di memoria. Alcuni individui però categorizzano meglio,
avendo più capacità di organizzarsi mentalmente.
L’amnesia retrograda provoca il dimenticare informazioni assunte prima di un trauma, quella
anterograda, invece, provoca l’oblio di cose che accadono dopo il trauma.
PSICOLOGIA DELLA TESTIMONIANZA
Si analizza la memoria episodica, direttamente collegata all’esperienza del soggetto. La memoria
episodica è ricostruttiva. Nel ricostruire gli eventi però ogni individuo fa riferimento a schemi che
ha già in mente.
Esperimento: 30 soggetti vengono lasciati 35 secondi in uno studio. Lo sperimentatore dice loro che
devono aspettare lì per poi fare il test vero e proprio. Successivamente i soggetti vengono portati in
un’altra stanza e viene chiesto loro quali elementi avevano notato nello studio. Venne dimostrato
che 29 soggetti ricordavano una scrivania e una sedia, 8 ricordavano un teschio o un tabellone e,
infine, 9 ricordavano di aver visto dei libri. I libri non c’erano.
Non ci sono cattive intenzioni nei soggetti. Per economizzare l’energia cognitiva però facciamo
riferimento a categorizzazioni e schemi mentali.
I soggetti erano influenzati dalla categorizzazione di ciò che in