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I
- n alcuni casi anche una codifica strutturale poteva dare buoni risultati di memorizzazione
- È stato dimostrato che non sempre l’elaborazione segue un percorso lineare, ma a volte
le due tipologie di codifica operano in parallelo
I modelli associativi di memoria
Si tratta di una teoria secondo cui la memoria è costituita da rappresentazioni mentali di
informazioni interconnesse. la figura mostra alcune associazioni
nella memoria in relazione al mare.
Un nucleo riguarda il colore: tinte di
azzurro e blu. L’azzurro può
evocare la contrapposizione con il
rosa, in quanto sono i colori
rispettivamente associati al
maschile e al femminile.
Il mare evoca però anche i suoi
elementi costitutivi quindi le onde, l’acqua, il sale che contiene.
Un altro nucleo tematico che può essere evocato è quello relativo alle esperienze della persona
al mare: i tramonti osservati, le vacanze, gli affetti, che non si legano direttamente al concetto di
mare, ma che risultano ad esso connessi tramite il nodo “vacanze”.
L’attivazione di una memoria provoca quindi l’attivazione di memorie correlate attraverso il
processo di diffusione dell’attivazione.
Questo modello spiega il concetto di priming, fenomeno per cui l’esposizione a una parola o
concetto (prime), facilita in seguito la rievocazione di informazioni correlate, anche se non c’è
una memoria consapevole della parola o del concetto
Questo punto richiama una distinzione importante fra:
- Memorie esplicite: riguardano il ricordo intenzionale o conscio delle informazioni
- Memorie implicite: fanno riferimento ai ricordi di cui le persone non hanno
consapevolezza, ma che possono influenzare successivi comportamenti e prestazioni
La rievocazione dei ricordi a lungo termine
Il fenomeno che si verifica quando si ha una parola “sulla punta della lingua”, ma non la si riesce
a ricordare, fa riferimento all’incapacità di rievocare informazioni che si è convinti di conoscere.
Deriva dalla difficoltà di reperire informazioni che sono immagazzinate nella memoria a lungo
termine.
Per contrastare questo fenomeno, è possibile ricorrere ai cue di recupero, degli stimoli che
permettono di recuperare più facilmente informazioni che sono immagazzinate nella memoria a
lungo termine. Non sono necessariamente parole, possono essere anche emozioni o suoni.
I cue di recupero sono particolarmente utili quando si provano a rievocare informazioni, rispetto a
quando si tenta semplicemente di riconoscere materiale immagazzinato in memoria.
Occorre infatti porre una distinzione precisa tra:
- Rievocazione: richiede il recupero di un’informazione specifica che deve essere ricordata;
- Riconoscimento: chiede alla persona di identificare materiale precedentemente
immagazzinato in memoria fra una lista di alternative.
Il primo processo è più complesso in quanto richiede una ricerca nella memoria, il recupero delle
informazioni potenzialmente pertinenti e infine un processo decisionale circa l’accuratezza delle
informazioni individuate.
Le memorie fotografiche
Quando si verificano eventi spaventosi (catastrofi naturali) o eventi personali importanti
(matrimonio), la persona può avere delle memorie fotografiche di questi avvenimenti.
Esse sono anche dette flash bulb memories e sono così vivide da rappresentare un’istantanea
del momento. Si tratta quindi di memorie molto vive ma, nonostante questo, non contengono
ogni particolare dell’evento: i dettagli minori vengono in genere scordati; inoltre non sempre essi
sono accurati.
Ne deriva quindi che le memorie relative a fatti eccezionali sono più facili da recuperare (anche
se non tutti i dettagli sono accurati) rispetto a quelle legate ad eventi ordinari quotidiani.
Tuttavia, anche nel caso di memorie relative a fatti straordinari, in alcuni casi si può verificare il
fenomeno dell’amnesia della fonte, non si riesce quindi a ricordare la fonte dell’informazione.
Processi costruttivi della memoria
Le memorie sono sempre soggette a processi costruttivi: non si ricorda l’evento così come si è
verificato, ma le memorie sono influenzate dal significato che viene attribuito all’evento stesso.
Il primo a proporre questa ipotesi fu bartlett: a suo parere le persone tendono a ricordare le
informazioni sulla base di schemi, intesi come corpi organizzati di informazioni immagazzinati
nella memoria che distorcono il modo in cui le nuove informazioni vengono interpretate,
immagazzinate e rievocate. Gli schemi sono influenzati dalla comprensione della situazione,
dalle aspettative e dalle motivazioni.
Una dimostrazione sperimentale di questo punto è stata proposta da allport e postman, nel 1948.
Essi hanno mostrato a un partecipante un disegno che raffigurava delle persone, di differente
etnia, in metropolitana. Il partecipante doveva descrivere il disegno ad un altro, senza più
guardarlo. Il secondo partecipante doveva descrivere quanto sentito ad una terza persona e il
processo si ripeteva con un ultimo partecipante.
Gli sperimentatori si accorsero che si verificavano sempre delle distorsioni nei resoconti che
seguivano uno schema comune. Questo avveniva perché entravano in gioco i pregiudizi (neri).
La testimonianza oculare
Il fatto che le memorie siano soggette a processi costruttivi e a rielaborazioni da parte
dell’individuo ha delle influenze importanti nel campo legale; spesso il giudizio di colpevolezza di
un individuo si basa infatti sulla testimonianza di una o più persone.
I testimoni tendono a commettere errori quando devono ricordare i particolari di un delitto.
L’attendibilità del ricordo è data da un insieme di fattori di ricostruzione che si utilizzano in un
determinato contesto e dagli elementi fisiologici che possono avere influenzato la percezione del
soggetto (visuale, attenzione rivolta al criminale).
- Se è coinvolto l’utilizzo di un’arma da fuoco o da taglio, essa catalizza tutta l’attenzione
del testimone e non restano risorse sufficienti a disposizione per gli altri particolari del
delitto. Da ciò deriva un ricordo meno accurato: questo fenomeno prende il nome di
effetto arma.
Per dimostrarlo, loftus ha condotto un esperimento in cui ha presentato a due gruppi di volontari,
due scene ambientate in un fast-food. Nella prima, un cliente si avvicinava al cassiere con una
pistola tra le mani, nel secondo brandendo un assegno.
I movimenti oculari rilevarono tempi di fissazione molto più lunghi sulla pistola rispetto che
sull’assegno; nel primo caso i partecipanti ricordavano pochissimi altri particolari della scena.
- Anche la formulazione specifica delle domande da parte di poliziotti o procuratori può
influenzare il ricordo delle informazioni (suggestione post-evento).
- Inoltre in situazioni come queste entrano in gioco stress ed emozioni forti che possono
influenzare negativamente il ricordo.
- È anche possibile che si verifichino errori di congiunzione mnestica che uniscono due
ricordi, tipicamente uno semantico e uno episodico, che originano un terzo ricordo non
veritiero.
- Un altro errore riguarda la correzione del passato, in funzione della necessità di coerenza
e semplificazione.
- Infine, bambini e anziani hanno poca fiducia nelle capacità della loro memoria e tendono
a basarsi molto su quello che dicono gli altri.
- Occorre poi distinguere tra testimonianza oculare diretta, in cui la persona assiste
direttamente all’accaduto, e indiretta, dove il testimone viene a conoscenza di quanto
successo tramite il racconto di altri, ed è possibile che si verifichi una re-interpretazione
dei fatti.
- Inoltre le lacune mnestiche tendono ad essere compensate.
In un esperimento brewer e treyens lasciarono i soggetti per alcuni minuti in una stanza simile
all’ufficio di un accademico e chiesero poi loro di descrivere l’arredamento e gli oggetti presenti
nella stanza. Molti dissero di avere visto una scrivania e dei libri, che in realtà non erano
presenti. In pochi notarono la presenza di oggetti insoliti come un teschio e un cestino da pic-nic.
Di fronte a una richiesta di rievocazione inattesa, le persone utilizzano quindi i propri schemi di
conoscenza per riempire le lacune della propria memoria.
Come estrema conseguenza di tutti questi aspetti, è possibile che si generino delle false
memorie, prive di qualsiasi base di realtà. Alla base di tale processo vi è il meccanismo
psicologico della suggestionabilità, collegato a caratteristiche di personalità e a eventi specifici
che possono influenzare il modo in cui viene ricostruito un ricordo.
Le memorie autobiografiche
È una tipologia di memoria a lungo termine che riguarda i ricordi di circostanze ed episodi della
nostra vita. Comprendono le memorie episodiche che ci riguardano e hanno il compito di aiutare
le persone a rielaborare le conoscenze di se stessi.
Queste memorie richiedono una certa coerenza, per questo motivo si tendono a dimenticare le
informazioni sul nostro passato che sono incompatibili con il modo in cui ci vediamo attualmente.
Inoltre si ricordano meglio alcuni periodi di vita rispetto ad altri.
I ricordi autobiografici tendono a strutturarsi secondo un ordine gerarchico:
- Periodi di vita: ricordi di eventi estesi temporalmente e riferiti a un tema specifico della
conoscenza di sé (il lavoro);
- Eventi generali: ricordo di eventi ripetitivi sintetizzati in un’unica conoscenza semantica
generale (ricordo che, nel primo lavoro, si faceva sempre tardi la sera);
- Eventi specifici: ricordo di eventi dettagliati dal punto di vista percettivo e sensoriale
(ricordo del primo giorno del primo lavoro fisso).
Il livello maggiormente informativo è quello intermedio, degli eventi generali, perché è
abbastanza specifico, ma nello stesso tempo permette la generalizzazione del contenuto del
ricordo.
Bruner individua una tecnica importante per lo studio della memoria, che prende il nome di
narrazione autobiografica e si basa sulle modalità di organizzazione dei contenuti.
Secondo l’autore la narrazione ha, nello specifico, tre funzioni:
- Permette una testimonianza di sé;
- Consente di interpretare ciò che è accaduto;
- Evidenzia la propria posizione nel contesto sociale e culturale (dare un senso alla propria
esistenza)
L’oblio
L’oblio è una parte costitutiva essenziale della memoria. Il primo psicologo che provò ad
indagarlo sperimentalmente fu ebbinghaus. Utilizzando una metodologia primitiva e se stesso
come unico paziente, si somministrò delle stringhe di lettere senza senso, composte da due
consonanti intervallate da una vocale. Misurò poi i tempi di riapprendimento del materiale, a
intervalli temporali differenti.
Vide che l’oblio più