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CAPITOLO 4 LA PERSONALITÀ DEMONIACA
L'odore della morte
Secondo Fromm l'esasperazione massiva della chiusura narcisistica, accompagnata dalla
tendenza alla distruzione di tutto ciò che è vitale, caratterizzò la personalità di Hitler. Egli non
si è limitato ad un accurato studio della biografia del Fuhrer ma ha effettuato un esame
dettagliato delle sue fotografie, nelle quali innanzitutto è riuscito a individuare le espressioni
del volto dei necrofili: l'apparenza di annusatori. Si tratta dell'impressione di annusare
continuamente i cattivi odori. Un altro elemento importante è la difficoltà nel lasciarsi andare
al riso. La tendenza incontrollabile alla distruzione delle razze inferiori e l'espressione della
necessità interna di trasformare la vita in morte. Il nemico da distruggere in ultima analisi è la
vita stessa. Dal nostro punto di vista il cattivo odore sarebbe espressione sintomatica
dell'atmosfera mortifera del mondo infero “respirata” dalla personalità psicopatica del capo
del nazismo.
Hitler era sostanzialmente vegetariano, ma ai suoi ospiti faceva elargire la carne. Una volta
Speer, l’architetto del Terzo Reich, organizzatore e coreografo delle adunate di massa,
riferisce che quando venivano serviti prodotti di carne, Hitler lo chiamava “té di cadavere”.
Il suo meccanismo di difesa tipico era la formazione reattiva e cioè lo sviluppare degli
atteggiamenti opposti ai suoi desideri inconsci. Si schifava della carne poiché inconsciamente
amava i cadaveri. Secondo Speer il Fuhrer non aveva mai mostrato sentimenti di amore e
tenerezza mentre continuava ad apparire tranquillo, cortese e apparentemente dotato di un
certo self control.
Con le donne era distruttivo come dimostra nei confronti della moglie cadavere Eva, e della
figlia della sorella. Eva adorava il suo Fuhrer tanto da decidere di essere la sua compagna di
morte. Ella soffriva durante il tempo trascorso con Hitler, per le offese a lei riservate dal suo
uomo che la lasciava spesso sola senza spiegazioni, che la faceva entrare nella sua stanza
attraverso ingressi secondari; ma nessuna offesa per lei era più crudele dell'ossessione di
essere abbandonata da Hitler. Forse per paura di correre questo rischio tentò più volte di
suicidarsi. La risposta di Hitler non fu certo comprensione o preoccupazione ma solo rabbia e
irritazione per quella donna che egli considerava così vacua e priva di intelligenza.
Hitler era solito trascorrere periodi nel rifugio di montagna, in questo posto meraviglioso,
accanto alla sua amatissima femmina di pastore tedesco, Hitler si fece spesso riprendere dai
più creativi fotografi tedeschi. La vicinanza di Eva e la sua rituale passeggiata quotidiana
vennero immortalare dalle prime riprese cinematografiche stampate a colori.
La nipote confessò ad un suo amico che lo zio era un vero e proprio mostro e pretendeva da
lei delle cose inimmaginabili. Schwartz era il tesoriere del partito nazionalsocialista, raccontò
che Hitler aveva subito un ricatto da un uomo il quale era riuscito ad impadronirsi dei disegni
pornografici, nei quali il Fuhrer aveva rappresentato la nipote in posizioni estremamente
particolari.
I disegni compromettenti costituiscono una prova delle tendenze perverse di Hitler che
probabilmente era incapace di avere rapporti sessuali normali. Le donne di Hitler erano
destinate o al suicidio o al tentato suicidio.
Incesto, perversione, antisocialità e paranoia sono tutte caratteristiche della sua personalità
demoniaca.
Il Fuhrer aveva una fissazione continua: il terrore della sifilide vissuta come minaccia
incombente sulla Germania. Dietro questa fissazione si nasconde quel legame profondo per il
lerciume, la peste, è come se la natura fosse intrinsecamente sporca e velenosa. L'identità
negativa di Hitler è osservabile nel suo masochismo che non poteva essere semplicemente il
Doppio del Fuhrer.
L'identità negativa e il tema del male
La figura dello Schemihls rappresenta l'eterna identità negativa dell'ebreo emarginato nei suoi
ghetti. L'antisemitismo era già presente in Germania negli ultimi due secoli, nonostante i
tentativi politici effettuati per circoscriverlo. Il nazismo riuscì a mutare l'ideologia antisemita,
trasformando le sue metafore nel paradigma essenziale di una nuova religione circondata
dalla dimensione misteriosa dell'occulto.
Secondo Goldhagen, non fu l'incantesimo prodotto sui tedeschi dal carisma di Hitler, né le
imposizioni di un regime totalitario a spingere il popolo tedesco, non solo a odiare gli ebrei e a
torturarli, deportarli, sterminarli in massa, ma una profonda fede interiore. La dimensione
religiosa dell'antisemitismo, venne a coniugarsi con le costruzioni di una presunta identità
negativa ebrea.
Egli giunge nel suo libro a confutare ogni interpretazione psicologica del nazismo fondata sugli
studi relativi alla personalità autoritaria. Si tratta del modello interpretativo inerente la
mentalità totalitaria, attualmente rivisitato dal concetto di mentalità dogmatica che
caratterizza psicologicamente ogni manifestazione di pensiero ideologico, pseudoreligioso e
pseudoscientifico.
Secondo Adorno ogni antisemita percepisce come altamente minacciosa la presenza ebraica e
quindi reagisce trasformando questa percezione in distruttività agita all'esterno. Goldhagen
ritiene che l'odio verso gli ebrei sia invece da interpretarsi come un tema moralista del popolo
tedesco durante il nazismo.
L'Olocausto costò la vita a 6 milioni di ebrei e rispetto a questo sterminio il popolo tedesco
non fu soggetto passivo: una tale visione è troppo agghiacciante e inverosimile da accettarsi
poiché tutti immaginiamo che furono le SS o comunque i nazisti a perseguitare gli ebrei, non il
popolo tedesco, che nella stragrande maggioranza era ignaro della personalità demoniaca di
Hitler.
Lo zelo nel portare a termine atti, che avrebbero suscitato orrore in qualsiasi persona non
invasa da una follia religiosa, dimostra che queste azioni nacquero da motivazioni molto più
profonde che da un'ottusa disciplina. L'antisemitismo era a livello inconscio, radicato nel
popolo tedesco ben prima che Hitler lo traducesse in un dogma di fede della sua nuova
religione. Hitler permise all’antisemitismo di trovare un tema religioso nel quale esprimersi: gli
ebrei erano ritenuti responsabili di ogni cosa per il semplice fatto che essi erano male.
Nell'immaginario medievale gli ebrei erano agenti del male e successivamente le metafore
intorno alla razza inferiore ebraica diverranno di ordine morale, economico, occulto, politico,
diabolico. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la realtà degli ebrei; si tratta di un falso
immaginario dominato dalla metafora biologica che verrà ad appoggiarsi sulle teorie di
derivazione darwiniana dove, come scritto nel Mein Krampf, “nella lotta per la sopravvivenza
forza e debolezza si contrappongono a livello di razza.”
Ma non solo in Germania era presente l'antisemitismo, in Inghilterra dal 1290 e 1296 viene
effettuata la “ripulita degli ebrei.”
In Germania i temi dell'antisemitismo si unirono a quelli del nazionalismo sotto l'egida della
metafora della razza, fondata sull'identificazione della razza ariana con il bene assoluto e la
razza ebraica con il mal assoluto. Già nel 13º secolo l'ebraismo era una metafora del diavolo e
Martin Lutero era uno dei fautori dell'antisemitismo. La Chiesa cattolica non aveva mai
pensato di ucciderli o di proporre oppressioni specifiche nei loro confronti, in quanto si
trattava pur sempre di una religione monoteista dalla quale aveva avuto origine il
cristianesimo. Essi furono additati come colpevoli di aver rifiutato Gesù e si pensava che
potessero essere convertiti al cristianesimo.
Il nazionalismo era esploso in Europa in concomitanza della Prima Guerra Mondiale quando
persone di provenienza laica e socialista, si scoprirono accesi nazionalisti, esempio eclatante
fu Benito Mussolini, il modello di Duce preferito da Hitler. Il tema culturale tedesco di base
dell'ebreo era costituito da tre concetti: l'ebreo è diverso dal tedesco, che non è un diverso
innocuo, ma bensì maligno e pernicioso.
Nei film di Woody Allen il reale diviene paradossale, incoerente, dove il relativismo dei valori si
trasforma nella cinica assurdità di chi prende sul serio la società e la sua cultura; solo lo
Schlemihl sembra accorgersi della buffonesca mostruosità collettiva ma non ha alcun potere
effettivo per rifondare il sociale. Lo Schlemihl ebreo è l'erede del triste destino della comunità
ebraiche della Russia, della Polonia, della Lituania, dell'Italia dell'Inghilterra.
Hitler sviluppò i suoi temi apocalittici dall'attenta lettura della rivista Ostara. Il delirio
paranoide nazista era dunque caratterizzato dall'opposizione uomo-bestia, Dioo
superiore-creatura inferiore, nato-abortito, ariano-ebreo; queste antinomie non possedevano
alcun mediatore culturale per cui si prolungavano all'infinito senza soluzione di continuità.
L'ultima opposizione nato ariano- non nato ebreo, nel pensiero delirante nazista, ha però
provocato un tentativo di distruzione che verrà denominato soluzione finale; la Seconda
Guerra Mondiale rappresentò l'apoteosi dello sforzo psicopatico di uscire finalmente dalla
catena dell'antinomia bene-male. L'impossibilità di trovare una soluzione all’antinomia
ariano-ebreo aveva altresì inquinato la stessa perfezione della Madre Germania e Hitler, ad un
certo punto, pensò di farla rinascere del tutto, radendo al suolo in parte la città di Berlino per
rifondarla con il nome di Germania.
L'immaginario di massa è costituito da un insieme di rappresentazioni psichiche collettive di
natura emozionale semplice. È una dimensione suggestiva che predispone il soggetto ad
accettare delle rappresentazioni quali personificazione di una realtà vissuta in quanto tale. Si
può giungere al paradosso della neutralità emotiva evidenziato da Arendt, secondo la quale i
tedeschi, implicati nell'orrore dell'Olocausto, erano emotivamente neutrali; ciò significa che le
loro azioni erano prettamente pragmatiche in quanto guidate dal vissuto di oggettività della
situazione esterna.
Negli anni 40 e 50 alcune analisi psicologiche sul nazismo erano orientate a studiare il
fenomeno come frutto di criminali depravati che messi insieme da Hitler erano riusciti ad
occupare i punti nevralgici dello Stato, obbligando il popolo tedesco a seguire le loro direttive.
Accanto a questa impostazione si sviluppò quella della personalità autoritaria