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La concezione della psicoanalisi come aspetto del Kulturarbeit
La Zaltzman concepiva la pratica della psicoanalisi come un aspetto del Kulturarbeit (l'opera di civiltà), concetto freudiano che ella sviluppa e su cui basa gran parte del suo interesse teorico e clinico. La sua ricerca è palesemente di impostazione freudiana, poiché mette in risalto l'interconnessione tra la patologia individuale, collettiva e il processo di civilizzazione, riprendendo in più punti le teorie espresse da Freud nel Disagio della civiltà. L'autrice mette in risalto il fatto che la pratica della cura psicoanalitica ha una sola natura e sostanza, ma riformula nella sua opera il concetto stesso di guarigione psicoanalitica. Secondo la Zaltzman, infatti, l'ascolto analitico va orientato dalla prospettiva di tenere saldamente insieme il soggetto come individuo e come soggetto della condizione umana relativa alla storia e costruita nella storia collettiva, che elemento centrale e costitutivo del processo di.
"ma allo stesso tempo questo insieme, che non vive se non attraverso gli Io che lo costituiscono, si trova trasformato da essi". Questo processo psichico è al contempo individualizzazione e socializzazione, frutto dell'evoluzione umana e all'opera sin dai primordi della vita psichica individuale e collettiva. Il Kulturarbeit rappresenta il garante narcisistico minimale di esistenza, in quanto è rappresentante del sé immortale e del suo legame relazionale con l'altro. Il Kulturarbeit è inoltre strettamente legato, secondo la Zaltzman, ai concetti di realtà umana e di identificazione superstite. Mentre Freud, nel Disagio della civiltà, afferma che il progresso del Kulturarbeit, e quindi del processo di civiltà, si costruisce sul decadimento degli interessi pulsionali individuali e su una loro rimozione potenzialmente patogena, per la Zaltzman esso rappresenta un'indispensabile fonte libidica a disposizione."
Dell'autoconservazione e della conservazione della specie al contempo, un bene prezioso di cui l'uomo dispone tanto a livello individuale quanto collettivo e che funge da mezzo per preservare nell'uomo le sue caratteristiche umane, fornendogli una valida alternativa alla pulsione di morte senza richiederne necessariamente la negazione o la repressione. Per la Zaltzman, questo bene è la realtà umana, che non è intesa come una struttura sociale, né come cultura pura, ma più che altro come la realtà libidica da cui trae nutrimento ogni vita psichica individuale, comune a tutti gli esseri umani e organizzata dall'identificazione primordiale e inconscia dell'appartenenza alla specie umana. La condizione psichica da cui deriva quest'identificazione inconscia deriva dall'evento mitico fondatore, ossia dal mito di un'origine comune di tutto il genere umano che permette a ognuno di identificarsi con tutto l'insieme.
E, in questo, la Zaltzman dà senso a quanto affermato da Freud circa "una nuova alleanza tra gli uomini, un patto che lega l'integrità narcisistica di ciascuno all'evoluzione narcisistica impersonale dell'insieme". Da qui nasce, inoltre, secondo gli autori, la necessità di un riferimento ad un'istanza altra da sé, che essi identificano con il Kulturarbeit. Proprio seguendo il filo di questo discorso, si giunge alla definizione di identificazione superstite, ossia la capacità dell'uomo di resistere in condizioni estreme, anche quando l'opera di civiltà venga meno (è il caso dei genocidi e dei campi di concentramento). Il crollo dell'opera di civiltà, il cui maggior esempio è da ricercarsi nella Shoah, è un vero e proprio attentato al legame inconscio con cui si preserva la realtà umana, mina l'ancoraggio originario che preserva l'appartenenza di tutti i.membri alla specie umana, garantendo a ciascun essere umano di non poter essere espulso dalla propria specie., di non poter cadere fuori dal mondo, per dirla con le parole usate da Freud. Condizioni estreme che portino al decadimento dell'opera di civiltà, portano inevitabilmente l'uomo che le vive a sentirsi escluso dalla propria specie, a cadere fuori dal proprio mondo (è questo il caso degli ebrei perseguitati durante il periodo del nazismo) e dunque ne mina la realtà umana. Questa negazione della realtà umana e dunque delle qualità di uomo, provoca nell'individuo un impulso di lotta per la rivendicazione della propria appartenenza alla specie, che consente all'individuo di continuare a mantenere la propria identificazione con il genere umano, che sopravvive nel suo inconscio anche in tali condizioni estreme. In questo impulso non eliminabile, che emerge dall'oscurità dell'inconscio, consiste