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JOHN BOWLBY:
È una delle figure più criticate. Non ha una vita semplicissima.
Secondo Bowlby bisogna muoversi dalle idee tradizionali, conservatrici che erano attive negli anni in cui
operavano ancora Anna Freud, Melanie Klein e altre personalità molto importanti.
VITA E FORMAZIONE:
INFANZIA:
Bowlby è un borghese cresciuto nella società inglese all’inizio del ‘900.
Nella logica di quella società, nelle famiglie alto – borghesi europee di inizio ‘900, i bambini stavano
prevalentemente con le loro tate, non vedevano quasi mai i loro genitori. Non è un caso quindi che molti
autori nati in quegli anni si siano poi occupati di teorie sull’attaccamento. La tata preferita di Bowlby viene
allontanata quando lui ha solo 4 anni e questa fu per lui un’esperienza analoga alla “morte di una madre”.
INTERESSE PER LA PSICOLOGIA:
Bowlby inizialmente lavora con ragazzi orfani e cerca di individuare quali erano delle variabili ricorrenti, delle
costanti nelle loro storie che permettessero di spiegare come mai avevano degli esiti spesso così infausti a
livello adulto in termini di personalità. Il suo pensiero era che la deprivazione materna, cioè il fatto di essere
sottoposti in età molto precoce a una separazione dalla mamma, fosse una delle cause che più ricorreva in
quei ragazzi.
Dopo questo periodo Bowlby decide di iniziare a studiare psichiatria e psicologia, perché ritiene che la salute
mentale e le patologie possano essere comprese se si studiano i primi anni di vita.
In altre parole, la possibilità di dare un senso a ciò che fa soffrire ognuno di noi in età adulta, nasce dalla
possibilità di comprendere come sono andati i primi anni della nostra vita, partendo dall’idea che i primi anni
segnano la formazione del nostro carattere. Secondo Bowlby tutti noi nei primi anni abbiamo bisogno di
qualcuno che sia disponibile, una figura di riferimento che sia stabile. Bowlby parte con queste osservazioni
perché negli orfanotrofi questi ragazzi non avevano mai la possibilità di sviluppare una relazione di
accudimento con una figura di riferimento stabile e sviluppavano comportamenti “disordinati”.
Il concetto di fondo è che un rapporto caldo, intimo e ininterrotto è la base per una crescita equilibrata.
LA FORMAZIONE ANALITICA:
All’epoca, durante la formazione, uno psicoanalista doveva entrare in analisi con qualcuno e quindi ogni
aspirante psicoanalista aveva un analista, che lavorava sulla ricostruzione della sua storia, e un supervisore,
che lo aiutava a comprendere i casi che stava vedendo nel training.
In questo periodo di formazione psicologica, Bowlby inizia l’analisi con Riviere e poi è supervisionato dalla
Klein.
Bowlby entra in conflitto da subito con entrambe sull’idea che, secondo Bowlby, veniva data troppa
importanza sulla realtà interna piuttosto che sulla realtà esterna.
Bowlby pensa che sia importante spostare il focus di interesse dalla realtà interna alla realtà esterna, ma
questo veniva vissuto da molti altri autori come uno sminuire la teoria psicoanalitica.
Bowlby divenne determinato a dimostrare che le esperienze reali del bambino hanno effetti molto importanti
su diversi aspetti dello sviluppo. Allo stesso modo, si interessò allo studio dei comportamenti, del bambino e
della madre, che potevano essere osservati direttamente e con procedure affidabili.
LO STUDIO SU 44 LADRI MINORENNI:
Nel 1944 pubblica uno studio su ragazzi minorenni autori di reati e li confronta con dei ragazzini della stessa
età che non hanno invece perpetuato nessun reato. La differenza significativa che emerge è il tema della
separazione.
Bowlby introduce una metodologia di riflessione che non è per niente gradita all’ambiente e modernizza
l’appalto introducendo diversi tipi di argomenti che non sono graditi alla comunità psicoanalitica del tempo.
Bowlby spinge sul fatto che i bambini non si possono comprendere se non si guardano le loro mamme: non
si può guardare il bambino da solo ma bisogna lavorare sul concetto di famiglia.
LA COLLABORAZIONE CON ROBERTSON:
Bowlby crea un gruppo intorno a sé, tra cui Robertson, che insegna a Bowlby a osservare i bambini e gli
insegna l’importanza di osservarli in un contesto anche di separazione dai genitori. Bowlby scrive che ciò
che è centrale per la salute mentale è un rapporto caldo con una figura di riferimento e dice che la
psicopatologia si associa alla perdita delle figure di riferimento. Inoltre sostiene che è sì importante che la
psicoanalisi costruisca le sue conoscenze attraverso la ricostruzione clinica, ma la sua vera teoria nasce
attraverso la lettura dei casi clinici e, sulla base del racconto sull’infanzia del paziente, procedeva con una
ricostruzione delle fasi dello sviluppo.
Dalle sue prime osservazioni, Bowlby nota che un bambino piccolo separato dalla mamma può manifestare
tre diverse reazioni:
1) il bambino protesta: il bambino piange, si dispera, si lamenta.
2) il bambino si dispera.
3) il bambino si distacca in maniera eccessiva, fredda, non ricerca più la vicinanza dell’adulto.
Il concetto di essere separati precocemente dalla propria madre si traduce in quella che lui chiamerà ipotesi
della deprivazione materna. Bowlby associa la psicopatologia alla perdita della figura materna.
Secondo Bowlby, il concetto di deprivazione materna è importante nello sviluppo perché la madre è l’Io e il
Super – Io del bambino, quindi il bambino che non può aver fatto l’esperienza di stare a contatto con la
madre che regoli il suo comportamento, manifesterà piano piano dei segnali che vanno dalla deprivazione
parziale (bisogno di essere amato eccessivo o di punire, disprezzo di sé, depressione) alla deprivazione
totale (superficialità, indifferenza, scarsa concentrazione, tendenza alla menzogna e al furto compulsivo).
Da tutte queste prime riflessioni Bowlby crea il concetto di attaccamento e scrive la teoria dell’attaccamento.
ATTACCAMENTO:
L’attaccamento è un sistema motivazionale innato, biologicamente predisposto, che promuove alla ricerca
della vicinanza; si attiva in situazioni di pericolo e garantisce la sopravvivenza della specie.
Bowlby parte dall’idea che il comportamento è il risultato di sistemi di controllo , cioè che noi ci muoviamo
avendo attivi nella mente dei sistemi di controllo del nostro comportamento.
Noi abbiamo dei sistemi innati che ci permettono di cogliere delle regolarità nell’ambiente e ci permettono di
muoverci successivamente perché ci permettono di sviluppare delle aspettative, che sono utili alla
semplificazione delle nostre attività cognitive.
In questa logica, Bowlby individua due sistemi principali:
1) sistema di attaccamento: una serie di segnali comportamentali per richiamare la vicinanza della figura di
riferimento (sorridere, chiamare con dei suoni o dei gesti, ecc…).
2) sistema di esplorazione: il bambino esplora l’ambiente.
Il bambino con una figura di riferimento sviluppa questi due sistemi convergenti.
Quindi l’attaccamento non è pensato come un sistema sempre attivo, ma è un sistema che i bambini attivano
nel momento in cui hanno bisogno di qualche cosa perché sono in una situazione di difficoltà.
Il bambino e l’adulto cercano di mantenere l’omeostasi tra il comportamento di attaccamento, che si attiva
quando la sensazione di sicurezza viene minacciata, e il comportamento di esplorazione (gioco o
apprendimento) quando tale minaccia è di scarsa entità.
Se l’adulto è in grado di rincuorare il bambino, di fornire quella sicurezza che il bambino chiede nel momento
in cui si attiva il sistema di attaccamento, il bambino riprende velocemente il suo compito, la sua attività di
gioco.
Il comportamento è l’esito della tensione tra I sistemi di attaccamento e di esplorazione
L’attaccamento quindi è un sistema comportamentale , è l’insieme di una serie di comportamenti che i
bambini mettono in atto per superare delle difficoltà. Con questi comportamenti, che sono biologicamente
innati, si riesce a richiamare l’attenzione.
l’attaccamento del bambino alla madre può quindi essere inteso come l’esito della coordinazione corretta di
più sistemi comportamentali ambientalmente stabili.
Questi sistemi si attivano quando il bambino è a disagio e la loro funzione è la conquista della prossimità con
un adulto familiare che funge da garanzia per la sopravvivenza del bambino.
durante i primi 5 anni di vita i sistemi comportamentali connessi all’attaccamento si organizzano
gerarchicamente e si dirigono progressivamente verso un caregiver di riferimento (monotropismo).
la regolazione del comportamento istintivo è attribuita a una serie di sistemi di controllo, dotati di
sottostrutture interne organizzate secondo piani gerarchici.
da questa complessa organizzazione di struttura e funzionamento dipende dunque la flessibilità del
comportamento, e quindi la sua capacità di raggiungere lo scopo stabilito al variare delle condizioni e
caratteristiche dell’ambiente.
FASI NELLO SVILUPPO DEL SISTEMA DI ATTACCAMENTO:
Come si sviluppa e quali sono i segnali che i bambini emettono nel momento della difficoltà, che attivano il
sistema di attaccamento?:
- 2 – 3 mesi: il bambino fa delle cose (piangere) che suscitano l’attenzione e la preoccupazione ma ha una
scarsa capacità di orientare in maniera selettiva questi appelli alle figure di attaccamento.
- 3 – 6 mesi: Il bambino cresce e inizia a richiamare l’attenzione materna con dei segnali più specifici: i
bambini iniziano a capire come piangere, come richiamare la loro mamma.
- 6 – 12 mesi: Crescendo (quasi 1 anno) il modo in cui i bambini cercheranno l’attenzione, dipenderà anche
dalle esperienze che hanno immagazzinato. Quindi il modo in cui chiedono di essere rassicurati diventa
differenziato.
- 4 anni: Quando i bambini diventano grandi e iniziano a parlare, cominciano a richiedere attivamente una
serie di funzioni. Si sviluppa la capacità del bambino di riconoscere che lui e la figura di attaccamento hanno
prospettive diverse e anche le situazioni interne ed esterne possono essere diverse.
Il bambino diventa meno dipendente dalla vicinanza fisica reale.
SCOPO DEL SISTEMA DI ATTACCAMENTO:
Il sistema di attaccamento è un sistema che controlla il comportamento interagendo con il sistema di
esplorazione: i bambini si muovono nel mondo alternando e interagendo un sistema di attaccamento (che si
attiva in momenti di difficoltà e quindi cerca l’aiuto di un adulto) e un sistema di esplorazione.
Lo