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ONCETTI DI BASE ETODI DI INDAGINE
E IMPLICAZIONI CLINICHE
Modello pulsionale Sviluppo per stadi. Origine corporea Resoconto infantile a partire dall’in-
di istinti e pulsioni diretti alla ridu- contro clinico con l’adulto. La psico-
zione dello stato di tensione avver- patologia è letta come fissazione e
tito. regressione a fasi evolutive prece-
denti.
Modello delle relazioni oggettuali Il mondo interno riveste un’impor- Uso del gioco e psicoanalisi infantile.
tanza centrale. Lo sviluppo è un pro- Osservazione del bambino e dell’am-
cesso di oscillazioni continue deter- biente primario di cure.
minate dalla relazione con l’oggetto
e dai conflitti che ne derivano.
Modello sistemico-diadico Lo sviluppo del Sé è una competenza Indagine microanalitica tesa alla
sistemica. comprensione delle abilità comuni-
I processi di autoregolazione favori- cative ed emotive del neonato nei
scono lo sviluppo del Sé del bambino momenti interattivi precoci. Il tratta-
all’interno di un contesto di regola- mento è orientato all’interno della
zione interattiva. Il processo di svi- relazione.
luppo è sempre bipersonale.
Tabella 1. I principali modelli teorici dello sviluppo
Con Sander [1964; 1987a] i modelli dello sviluppo si sono aperti alla visione di un ponte tra interno
ed esterno a partire dal concetto di stato affettivo, con cui si intende la temporanea attivazione di
un affetto che implica in sé un processo di organizzazione coerente. L’esperienza interna si struttura
dal riconoscimento di sé come capaci di risperimentare quella dimensione emotiva vissuta in pre-
cedenza. Le conclusioni di Sander ci incitano a considerare in modo nuovo l’”organizzazione” del
bambino e dell’adulto, non più come una proprietà dell’individuo, secondo la visione tradizionale,
ma come una proprietà sistemica, costruita reciprocamente dal bambino e da chi si prende cura di
lui [Sander 2002; 2007].
La dimensione affettiva, connotando le interazioni in cui il piccolo è coinvolto sembra svolgere
un’importante funzione sociale nel corso del suo sviluppo: per il tramite degli affetti, infatti, egli è
in grado di rivolgersi all’esterno e di comunicare bisogni e stati emotivi. L’apporto degli studi effet-
tuati nell’ambito della psicologia evolutiva, insieme ad altri appartenenti alla teoria psicodinamica
ha promosso lo spostamento della teoria psicoanalitica nella direzione di un modello organizzativo
degli affetti [Alvarez 2012]. In particolare questi studi hanno dimostrato come il bambino sia preco-
cemente dotato della capacità di differenziare tra sé e l’altro, creando delle aspettative che antici-
pano e direzionano la sua attenzione rispetto alle informazioni provenienti dall’ambiente. L’atten-
zione rivolta verso l’esterno è guidata dalla curiosità, piuttosto che dal bisogno di ridurre la tensione,
e all’iniziale stato di indifferenziazione ipotizzato nel modello classico si sostituisce ora l’idea di un
confine esistente fin dalla nascita tra la madre e il proprio figlio.
L’organizzazione dello sviluppo fa dunque ora riferimento alla natura dei processi evolutivi e al
modo in cui i comportamenti si organizzano all’interno di pattern più complessi. Il contesto di cure
viene dunque inteso in senso circolare e apre la strada a un modello dello sviluppo al crocevia tra
psicoanalisi e psicologia evolutiva che risponde appunto all’area dell’”infant research”.
Secondo questa prospettiva lo sviluppo del bambino non può più essere inteso come una serie di
tappe prestabilite, ma piuttosto viene proposto un modello di costruzione continua [Zeanah 2000]
– basato sulla naturale predisposizione della diade – che dà luogo a un’organizzazione più sofisticata
e che contribuirà alla comprensione del processo di costruzione di sé e dell’altro, anche in termini
qualitativi [Stern 1985; 1995]. Questa nuova visione pone la diade, fin dall’inizio, all’interno di un
dialogo continuo dove la madre rivestirà il ruolo fondamentale di modulare gli stati affettivi del
170 Appunti di Psicologia Dinamica • A.A. 2015/2016
bambino, mentre quest’ultimo sarà fin da subito in grado di sostenere l’emergere di una precoce
organizzazione del Sé. Il sistema diadico, così come lo definisce Stern, è una sorta di contenitore al
cui interno madre e bambino si troveranno impegnati in processi di negoziazione e riorganizzazione
dai quali emergeranno competenze più mature.
Eventuali punti di rottura all’interno dei processi di negoziazione rappresentano dei momenti cru-
ciali in cui il bambino ha la chance di giungere a una nuova regolazione interattiva. Ogni livello ri-
chiede alla diade un grado più elevato di regolazione che consente progressivamente al bambino di
passare da un’organizzazione biologica e diadica a un livello di organizzazione psicologica individuale
[Sander 1987a].
All’interno di queste interazione, la regolazione diadica, rappresenta l’elemento cruciale attraverso
cui è possibile una coordinazione armoniosa che attiva al contempo sia la madre sia il bambino. Il
modello dello sviluppo, in questo senso è interattivo.
Il passaggio teorico che caratterizza la linea degli studi sul bambino a cavallo del secolo consiste
nell’idea che la mente del bambino sia precocemente dotata di abilità che promuovono le sue inte-
razioni sociali e affettive.
La maturazione dipende dalla qualità degli scambi e dalla capacità di negoziare questi cambiamenti
all’interno della diade, così come eventuali discontinuità evolutive saranno leggibili alla luce del mo-
dello relazionale.
La predisposizione all’integrazione sociale che caratterizza lo sviluppo precoce del neonato e la pos-
sibilità di sperimentare l’emergere di un Sé dotato di coesione, porta Stern [1987] ad affermare che
non esiste uno stato di indifferenziazione o di confusione tra sé e l’altro neanche nei primi mesi di
vita. Egli ritiene fin da subito possibile una partecipazione attiva all’interazione reciproca cosicché,
grazie al bagaglio comportamentale che madre e bambino condividono per costruire la loro rela-
zione, il bambino entra in un campo di relazione intersoggettiva e sperimenta un nuovo senso del
Sé, il senso del Sé soggettivo, che viene costruito a partire dalle nuove capacità di condividere l’at-
tenzione, le intenzioni e gli stati affettivi con un altro.
Tutto ciò che da forma alla relazione, e si reitera nel tempo, rappresenta una modalità stabile che il
bambino impara a riconoscere e su cui fonderà il suo modello di relazione del Sé con l’altro.
3. Intersoggettività e regolazione: la regolazione dell’adattamento
Bruner [1995a; 1995b], psicologo cognitivista attento alle interazioni primarie ma anche ai processi
di costruzione e narrazione dei significati, sottolinea come l’incontro intersoggettivo costituisca
l’espressione della normale predisposizione sociale che caratterizza ciascuno di no a partire dai
primi mesi di vita. Il bambino nasce con la motivazione a capire e a coinvolgere gli altri in conversa-
zioni e scambi basati sulle emozioni, sulle esperienze e sui significati; è cioè naturalmente predispo-
sto alla ricerca e allo scambio relaziona con un interlocutore.
A partire dagli anni ’70 gli studi in quest’area si sono occupati di dimostrare questa precoce tendenza
all’”essere con l’altro” del bambino. La constatazione di questa precoce reciprocità ha indotto Tre-
varthen a parlare di “una psicologia menti reciprocamente sensibili” per indicare, nel neonato, la
presenza di un’intersoggettività innata.
Sulla base dei dati empirci raccolti con questi studi, Trevarthen delinea le caratteristiche di questa
precoce competenza comunicativa, vale a dire degli scambi protoconversazionali che si manifestano
con tanto anticipo rispetto all’acquisizione della parola e del linguaggio e rinforza l’ipotesi che alla
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A.A. 2015/2016 • Appunti di Psicologia Dinamica
base dello scambio intersoggettivo non ci sia un processo cognitivo specifico, ma una competenza
immediata e intuitiva del bambino.
La teoria di Trevarthen secondo cui “la mente umana […] riesce a riconoscere intuitivamente, gli
impulsi dell’altro, con o senza elaborazioni cognitive o simboliche” [Trevarthen 1998] lo induce a
individuare le caratteristiche di questa precoce capacità di coordinazione interpersonale, che sinte-
tizza con alcuni assunti di base (vedi tabella 2).
Ciascun essere umano possiede una mente conversazio- Il cervello umano è predisposto alla regolazione diadica
nale intrinsecamente diadica. dell’azione congiunta.
La coordinazione intersoggettiva avviene per la capacità La capacità di coordinazione organizza e regola gli stati
del neonato di registrare il ritmo, il tono e la qualità delle interiori del bambino e gli scambi interpersonali, si ap-
sollecitazioni materne e di accordarsi ad esse. poggia a schemi ritmici temporalmente coordinati e co-
stituisce la base della rappresentazione cerebrale di sé e
dell’altro.
Tabella 2. Caratteristiche della coordinazione interpersonale
L’uso delle espressioni emotive e la loro comprensione dentro il contesto interpersonale costituisce
una caratteristica specifica del sistema diadico: bambini differenti sviluppano strategie di risposta
diverse in funzione del timing comunicativo impostato dalle madri, ciascuna delle quali propone
modalità peculiare di relazione con il proprio figlio.
3.1. Le competenze precoci
Nagy e Molnar [1994; Nagy et al. 2013] hanno mostrato come già poche ore dopo la nascita il neo-
nato tenti di riprodurre lo stesso pattern dopo averlo visto nell’adulti. Secondo Trevarthen questi
processi imitativi non sono solo la replica di un’azione, ma esprimono intenzionalità. L’ipotesi avan-
zata a partire da queste osservazioni è che il neonato sia capace di un’intenzionalità emotiva pre-
coce [Trevarthen 1998] la quale costituisce una capacità primaria che consente la condivisione e la
compartecipazione di scopi, significati, motivazioni e conoscenze. Questo stato determina un con-
testo in continua evoluzione, ma anche costituito da elementi di prevedibilità e stabilità. L’idea di
fondo è che sia precocemente organizzata, nella mente del bambino, una rappresentazione conte-
nente tutte le caratteristiche del comportamento dell’altro, anche di tipo motorio e temporale, che
consente uno scambio “partecipato” nella diade, ossia una forma di coordinazione intersog