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L’istruzione corre il pericolo di scadere a
fatto esclusivamente tecnico e strumentale,
privo di una vera efficacia formativa e
liberatrice.
Il tempo libero diviene spesso tempo vuoto
che non si sa come riempire e viene consumato
in massa fuori della famiglia, alimentando quella
riduzione della convivenza familiare, che è una
dolorosa conseguenza della stessa struttura dei
processi produttivi e dei ritmi di lavoro.
L’aumento crescente dell’occupazione
femminile fuori casa ha avuto ripercussioni di
struttura nell’organizzazione della vita familiare,
specie là dove la donna occupata in un lavoro
extra-domestico è moglie e madre con figli in
tenera età. In queste condizioni, la famiglia
scarica sulla società, nelle istituzione
parascolastiche o prescolastiche, nell’azienda,
la funzione di allevare ed educare i figli,
mansione, un tempo, esclusivamente materna.
L’individuo si perde nella massa anonima ed
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è minacciato nelle sue personali energie.
“L’uomo di oggi è quanto si può pensare di più
lontano dall’uomo com’è raffigurato nell’idea
leibniziana della monade, cioè dell’idea di una
coscienza chiusa nella propria individuale
energia di pensiero e volontà, anima “ senza
porte e senza finestre” che trae dalla propria
interiorità la perfezione che le è stata assegnata
da Dio.
Heidegger, commentando un giorno con un
certo humour la celebre espressione
leibniziana, osservava che l’uomo è davvero
una monade senza porte né finestre, perché
non ne ha bisogno, perché fin dall’inizio della
sua avventura nel mondo è già nella strada,
subisce già l’influenza delle cose e delle
persone che lo circondano…Non sono più io che
penso, gusto o decido, ma gli altri per
me. Gli altri: cioè i grandi trusts ideologici della
politica e dell’economia, i manipolatori delle
mode, i persuasori occulti delle idee e delle
emozioni collettive”
La scuola deve prendere atto del peso
crescente dei mezzi di comunicazione di massa.
Questo discorso vale soprattutto per la scuola di
base, il cui ruolo educativo è sempre più
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condizionato dalla televisione.
Sul piano politico, la minaccia di un nuovo
totalitarismo scaturisce dal seno stesso della
società tecnologica, non solo perché lo sviluppo
tecnico ha dotato il potere di strumenti
potentissimi di dominazione, ma soprattutto
perché instaura un potere vigilante ed
invadente.
Dagli aspetti finora evidenziati discende la
convinzione che promuovere lo sviluppo
tecnologico e scientifico non significa accettarlo
ed assecondarlo acriticamente; bisogna avere
consapevolezza dei rischi che esso comporta.
Quel che ci preme sottolineare è la
situazione di radicale ambivalenza propria della
società tecnologica, nella quale si possono
individuare tendenze e possibilità di
risanamento e di progresso, come di
involuzione, di squilibri e di contraddizioni
profonde.
La società tecnologica può assumere un
valore positivo nella misura in cui non diventi
causa di alienazione e di compressione della
libertà e della dignità dell’uomo. Solo in questa
ipotesi, essa riuscirà a darsi strutture
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istituzionali a misura umana e a sottrarsi
all’insidia totalitaria che la minaccia. In questa
visione deontologica, l’educazione si configura
come una delle forze capaci di guidare lo
sviluppo tecnologico e scientifico verso un
effettivo progresso sociale che assicuri a tutti e
a ciascuno il passaggio da “condizioni meno
umane a condizioni più umane”.
1.3.L’educazione dell’uomo in rapporto
allo sviluppo economico e sociale
L’espansione economica e lo sviluppo sociale,
strettamente connessi al progresso tecnologico,
pongono all’educazione nuovi problemi.
Esamineremo inizialmente l’aspetto
economico che più da vicino interessa la
formazione dell’uomo; delineeremo, poi, le
tematiche educative di fondo, collegate allo
sviluppo sociale.
L’uomo oggi ha a sua disposizione mezzi,
strumenti, organismi che gli permettono di
produrre ricchezza e di moltiplicare in modo
indefinito le sue possibilità e le sue energie.
Questa condizione porta le masse verso una
specie di sudditanza verso tali strumenti i quali
vengono riguardati come valori supremi, come
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fini e non come mezzi.
Si tratta di una falsa valutazione, di in errore
di giudizio nel quale le masse non
incorrerebbero, se ogni individuo avesse
ricevuto una sufficiente educazione al senso
critico, al vaglio, al giudizio.
Occorre, dunque, educare l’uomo a
interpretare gli strumenti che egli crea, a sapere
a che cosa servono, a valutarli nella giusta
misura, a considerarli, cioè, qualunque sia la
loro dimensione, la loro utilità, sempre
strumenti al servizio dell’uomo.
Si tratta di smagare l’uomo da una
sudditanza psicologica, da una sudditanza verso
lo strumento, per cui lo strumento diventa il
fine. Si tratta di una liberazione da una
condizione magica che può essere realizzata
solo attraverso una lunga formazione
intellettuale, morale e spirituale.
Al problema educativo esaminato consegue
quello relativo allo sviluppo sociale.
La socialità è diventata l’esigenza di fondo della
nostra vita, collegata con lo sviluppo economico
richiedente una continua convivenza degli
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uomini tra loro.
Ma se la socialità non diventa una virtù,
rischia di diventare un postulato buono per
sollecitare qualche volta, gli istinti meno nobili
dell’uomo.
La socialità diventa virtù quando diventa
solidarietà, cioè quando diventa capacità per
ogni uomo di sentire le esigenze di tutti gli altri.
La solidarietà, come virtù della vita sociale, se
non è promossa in sede educativa, non è più
proponibile in nessun’altra sede.
L’adulto che non abbia ricevuto un’educazione
fin dall’infanzia ad operare con gli altri non è
mai adattabile a questo tipo di società; rifiuta
sempre il collegamento, lo subisce, ne è
frustrato.
Occorre, dunque, formare nell’uomo la
capacità di vivere con gli altri, di lavorare con gli
altri.
La scuola non può ignorare questi problemi e
le tensioni che animano la società
contemporanea. Bisogna rendersi conto del
fatto che questo nostro mondo,
apparentemente così pericoloso e tanto più
pericoloso quanto più noi siamo impreparati ad
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esso, offre all’educazione nuove prospettive.
Questo tipo di mondo, proprio per le sue
caratteristiche ci chiama e ci spinge a liberarci
da ogni decoro inutile, per arrivare, per ragioni
di sopravvivenza dell’umanità e della civiltà, a
educare l’uomo all’autonomia di giudizio, alla
responsabile collaborazione, alla solidarietà
planetaria.
1.4. Educazione al cambiamento e al
dialogo
Il progresso scientifico e tecnico, la
meccanizzazione, l’automazione e
l’informatizzazione dei processi produttivi
richiedono lavoratori altamente qualificati, che
possiedano, oltre che abilità tecniche,
un’intelligenza duttile, capace di adattarsi allo
sviluppo tecnologico e una formazione etica in
grado di dominare, con sufficiente sicurezza,
tale sviluppo.
Orbene, oggi non è possibile circoscrivere
l’educazione e la formazione ad un determinato
ambito della vita umana; si afferma la
necessità dell’educazione permanente di una
educazione ininterrotta che duri per tutta la
vita, mediante la quale ogni uomo possa dare il
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proprio contributo non solo al progresso tecnico
e scientifico, ma sappia trovare la via per
affermare il suo dominio sulle forze che
tendono al suo asservimento. C’è di più.
Le trasformazioni della società, il progresso
tecnologico e quello economico esigono dalla
scuola una educazione al mutamento e al
dialogo.
Bisogna apprestare tutte le opportunità che
promuovano atteggiamenti sempre più concreti
di “partecipazione” in modo che ogni individuo
possa divenire fattore di animazione della vita
comunitaria.
La scuola non può rimanere a rimorchio del
progresso. Deve viverlo, deve prepararlo. Deve
aiutare a viverlo e a prepararlo disponendo
ogni persona a educarsi incessantemente e,
quindi, a considerare la conoscenza e il sapere
non solo in funzione fruizionistica, cioè come
qualcosa da “consumare” nel lavoro e nella vita
sociale, ma anche e soprattutto come forze
produttive di umanità.
Di qui la necessità che l’educazione al
mutamento si configuri non come generica
disponibilità alla trasformazione, ma come
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opportunità offerta a ciascuno di divenire
agente di un mutamento sociale che ogni uomo
deve contribuire a governare per imprimervi un
corso integralmente “umano”.
La capacità di critica è sostanzialmente la
componente fondamentale di una educazione
al mutamento e al progresso, nella
consapevolezza che autentico progresso è
quello che non condanna la persona alla
passività, bensì quello che riesce a fare della
persona stessa un fattore determinante del
progresso che si sostanzia di “sapere” e di
“sapere fare”.
Come è stato detto “la presenza della
persona nella società significherà il momento
critico interno alla società stessa, la possibilità
e il dovere dell’anticonformismo, quando il
conformarsi agli interessi o alle idee del gruppo
importa una chiusura ed una opposizione alla
coesistenza degli altri gruppi, cioè all’esserci di
una reale solidarietà umana o planetaria, come
direbbe Teilhard de Chardin”.
Educare al dialogo significa formare
personalità aperte, tolleranti, disposte
all’incontro e al colloquio.
Un’educazione alla pace e alla fratellanza è
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oggi particolarmente avvertita anche per la
tendenza della società umana ad allargarsi e a
comprendere organismi più vasti in cui le
nazioni si articolano più intimamente e tendono
ad integrarsi. Questa caratteristica del nostro
tempo è una necessità economica, ma è a