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Il Pedagogical Caring

Allo scopo di analizzare in un campione di studenti di scuola media il rapporto tra la percezione del pedagogical caring - il "prendersi cura" dell'allievo, un costrutto nel quale, come vedremo tra poco, aspetti prettamente didattici e fattori affettivo-relazionali si intrecciano, traendo gli uni forza dagli altri - dei loro insegnanti e la motivazione a conseguire obiettivi relativi sia al successo scolastico, sia alla prosocialità, Kathryn R. Wentzel (1997) ha stimolato i soggetti a distinguere, elencandone le qualità, i docenti che è lecito ritenere caring (e, di conseguenza, motivanti) da coloro i quali si configurano come uncaring. I risultati dello studio - che rappresenta la volontà di contribuire alla definizione di ciò che, dal punto di vista dell'adolescente, costituisce l'efficacia motivante dell'insegnante: "From the perspective of students [...] little is known."

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about what constitutes effective caregiving in the classroom» (p. 412) - mostrano l’emergere di quattro categorie/dimensioni, che sarà utile, dopo averle elencate, esaminare dettagliatamente:

  • il modeling;
  • la democraticità delle interazioni;
  • le aspettative basate sull’individualità;
  • la nurturance.

Per quanto riguarda il modeling, tale dimensione attiene all’interesse che il docente dimostra nei confronti della propria disciplina d’insegnamento e, più in generale, al coinvolgimento positivo nell’esercizio della propria professione: per essere ritenuto caring, un insegnante dovrà palesemente impegnarsi a rendere interessanti le sue lezioni, a porre in essere, con una determinazione ed uno sforzo avvertibili dai discenti, un modo “speciale” di trasmettere i contenuti disciplinari, contrapponendosi perciò al professionista che non si rende conto di quanto le sue lezioni siano noiose, o che, pur essendone consapevole,

Non modifica la sua didattica, o ancora che non bada al feedback attentivo del gruppo-classe ed imperterrito, ma non ascoltato, prosegue nelle sue spiegazioni accolte da una diffusa indifferenza.

La democraticità delle interazioni si situa a due livelli distinti benché complementari: quello dello stile comunicativo del docente – è caring se si rivela disposto a sollecitare (rivolgendo la parola, ponendo domande ed attuando un ascolto attento) una comunicazione autenticamente reciproca, non lo è se si sottrae allo scambio comunicativo, sia ignorando i messaggi, sia interrompendoli, magari con strilli – e quello dell’equità/rispetto, con l’enfasi posta sul mantenere le promesse, dire la verità, dare fiducia, qualità alle quali si contrappongono gli insulti, il mettere in imbarazzo, l’ironia cattiva.

Vi è inoltre la dimensione del docente caring che rispetta l’individualità dello studente.

comediscente e come persona tout court, interessandosi quindi al suo «nonacademic functioning»(Wentzel, 1997, p. 416); di conseguenza, terrà in considerazione, del ragazzo, le peculiarità cognitive (doti, limiti e possibilità di apportare contributi originali alla vita della classe) e lo dimostrerà, ad esempio, accertandosi che lo studente abbia compreso un determinato contenuto ed offrendosi di aiutarlo in caso contrario, ma altresì avrà cura di interrogarsi sul benessere generale dell’allievo, stimolandolo amichevolmente a parlare di “ciò che non va”. La nurturance è una dimensione incentrata sull’attività del docente quale valutatore: verifiche accurate di quanto lo studente produce, unite all’incoraggiamento o alla lode per un lavoro ben fatto, contraddistinguono il docente efficace; l’insegnante uncaring, invece, non dimostra puntualità ed interesse nella correzione degli elaborati.

oppure sembra “infierire” sull’allievo enfatizzandone i fallimenti con brutti voti, non preoccupandosi di valorizzare l’errore come occasione di apprendimento, generando, insomma, un feedback negativo.

E’ ancora Kathryn R. Wentzel (2002) a farci notare come le già descritte dimensioni del caregiving efficace esercitato dagli insegnanti - dimensioni che riflettono, secondo la studiosa, quelle che contraddistinguono un altrettanto efficace caregiving genitoriale: «[P]arenting that [is] the most supportive of adolescent adjustement [is] characterized by the consistent enforcement of fair standards for behavior, encouragement of bidirectional communication and valuing of adolescents’ opinions, expectations for self-reliant and mature behavior, and concern or emotional and physical well-being» (p. 287) – rappresentino forti predittori di una serena e fruttuosa partecipazione alla vita scolastica da parte dell’adolescente: in particolare,

aspettative di livello elevato nutrite dal docente correlano positivamente con l'interesse dell'allievo nei confronti dell'attività didattica (mentre, per citare un risultato disegno opposto, l'assenza di feedback positivo presenta forte correlazione negativa con laperformance accademica); occorre però ricordare che, in uno studio precedente (Wentzel,1998), la stessa studiosa aveva evidenziato come le caratteristiche del docente caring non fossero del tutto sovrapponibili a quelle del buon parenting: analizzando l'influenza sullamotivazione scolastica adolescenziale delle relazioni con i genitori, il gruppo dei pari e gliinsegnanti è emerso, fra l'altro, che se la percezione di sostegno da parte dei pari correla con laprosocialità ed il perseguimento di obiettivi di padronanza (contrapposti ai meno funzionaliobiettivi di prestazione) è associato ad un parenting adeguato, soltanto il percepire sostegno daparte dei genitori è risultato significativamente correlato con l'interesse per l'attività didattica.

La relazione tra i docenti e gli studenti correla con l'interesse verso ciò che avviene in classe e l'adesione alle regole vigenti in essa. Torniamo ora alle quattro dimensioni sopra citate per approfondirne alcuni aspetti. Un riferimento alle aspettative del docente, ad esempio, compare, in associazione al clima-classe, nel volume di Fischer (2003) allorché l'autore afferma esplicitamente: "Si individua come elemento cruciale del clima di classe positivo il livello di aspettative elevato che gli insegnanti hanno nei confronti degli allievi e di se stessi" (p. 265).

Assai interessante è, poi, l'enfasi posta sulla valorizzazione dell'individualità dell'allievo, tanto quale (co)protagonista dell'apprendimento, quanto come essere umano la cui identità va definendosi, dotato di un'esistenza che esula dai confini dell'istituzione scolastica. Circa gli ostacoli che a tale valorizzazione si oppongono, Maggiolini (2002)

prendendo in considerazione le opportunità di dialogo fra docente e discente intesi come individui interagenti ad un livello diverso da quello (sistemico) del gruppo-classe, rileva che "soprattutto nella scuola italiana, la classe mantiene una grande centralità nell'insegnamento, come organismo compatto, perno della vita scolastica." Avvicinando individualmente lo studente, gli insegnanti temono forse di essere accusati di parzialità, di una sorta di ingiustizia distributiva, come se non facessero le parti uguali per tutti. Oltre a ciò temono anche il contatto individuale, in cui il dialogo potrebbe essere diverso, più personale, meno condizionato dal ruolo. Questa resistenza specifica al dialogo li porta, quando si parla della necessità di conoscere gli allievi, a pensare a strumenti più oggettivi e meno personali, come i questionari, il cui uso utile per altri scopi, dà tuttavia scarsi risultati per la conoscenza.dell'autorità o di diventare troppo materno. Al contrario, diventa consapevole delle dinamiche emotive presenti nelle relazioni di lavoro e può gestirle in modo più efficace. L'autore sottolinea anche l'importanza di ascoltare attentamente gli studenti e di dare loro spazio per esprimere le proprie opinioni e sentimenti. Questo non solo favorisce un clima di fiducia e rispetto reciproco, ma permette anche di comprendere meglio le esigenze e le difficoltà individuali degli studenti. In conclusione, l'apertura al dialogo e all'ascolto nella relazione educativa non è una minaccia per il ruolo dell'insegnante, ma è un modo per creare un ambiente di apprendimento più inclusivo e significativo.

L'autorevolezza connessa al ruolo, anzi, secondo Freddi (2005) è rischioso il contrario: se alla base di detta interrelazione deve porsi un'imprescindibile asimmetria - "[n]on si tratta di stabilire se il rapporto tra insegnante e alunno debba essere paritario, poiché istituzionalmente non lo è e non può esserlo" (pp. 111-2) - essa non deve confondersi con un esercizio della disparità di potere che escluda gli affetti, e ciò proprio in vista di un positivo svolgersi del processo di apprendimento: "[L'adolescente] si aspetta che, come persona, [l'insegnante] abbia dei valori e principi morali in cui crede, che sia in grado di stabilire con lui una buona relazione affettiva e che lo sappia guardare con occhi benevoli [...] Una buona relazione affettiva è per l'adolescente la condizione essenziale, il tramite indispensabile attraverso il quale egli può accostarsi con interesse e

appassionarsi a unamateria di insegnamento; infatti non ci può essere apprendimento senza una gratificazioneemotiva” (Freddi, 2005, p. 106).

Quindi, pensando ad un ipotetico continuum ai cui estremi troviamo uno stile di insegnamentoper così dire “formale”, che pone il docente «al centro in posizione attiva di distributore dinozioni e di controllore dell’apprendimento delle stesse da parte degli allievi che nella classehanno solo un ruolo passivo di ascoltatori e ripetitori delle parole dell’insegnante» (Genovese9e Kanizsa, 2002 , p. 106) e lo prevede caratterizzato da disinteresse verso ciò che esula da taleposizione (ossia, verso tutto ciò che non attiene alla sua materia d’insegnamento o alla scuolain generale), ed uno stile “informale” contraddistinto, fra l’altro, da un interesse per aspettiextrascolastici della vita degli studenti – il già citato nonacademic functioning -,

Pare di poter affermare che saranno i docenti maggiormente orientati verso questo secondo polo (se caratterizzati contemporaneamente dalle altre peculiarità ev)

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
63 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dello sviluppo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Baldini Luciano.