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LEGGERE E GESTIRE IL CONFLITTO NELLE ORGANIZZAZIONI
Per poter diagnosticare il mobbing, guardiamo il conflitto organizzativo che interessa la massa, il gruppo.
Ci sono due approcci prevalenti: i modelli strutturali e i modelli processuali che si sono interessati sul
perché vi sia conflitto all’interno dell’organizzazione.
Mentre i modelli strutturali si interrogano sulle caratteristiche del conflitto, quelli processuali si interrogano
sui processi che intervengono nel conflitto, ovvero il conflitto è un processo che si sviluppa secondo
specifiche fasi.
➢ I modelli strutturali tengono conto di quelle condizioni organizzative che danno vita al processo o a
dinamiche di conflitto: predisposizioni comportamentali, pressioni sociali, livello di partecipazione,
ruoli e procedure organizzative ecc;
➢ I modelli processuali danno importanza alla sequenza temporale degli eventi che avvengono
durante lo sviluppo del conflitto:
Latenza;
Riconoscimento: non sempre il conflitto latente viene riconosciuto e quindi percepito;
Percezione emozionale;
Manifestazione aperta: fase comportamentale;
Conseguenze: gestione o esitamento e condizioni per l’emergere di nuovi conflitti.
Dunque i modelli strutturali studiano cosa ha generato il conflitto, quelli processuali come si evolve e come
è possibile gestirlo.
Una prima classificazione delle tipologie e dei livelli in cui il conflitto può presentarsi è quello di Rahim che
propone una classificazione:
1) LIVELLO INTRAPERSONALE: conflitto si origina dal contrasto tra le richieste dell’organizzazione e le
caratteristiche personali e professionali del soggetto;
2) LIVELLO INTRAGRUPPO: conflitto si origina tra membri che appartengono allo stesso gruppo di
lavoro;
3) LIVELLO INTERGRUPPI: conflitto si origina tra diversi gruppi di lavoro entro una stessa
organizzazione;
A seconda del livello, le modalità di gestione del conflitto cambiano.
Una seconda classificazione è quella di Ferrari che si sofferma soprattutto sul conflitto inconsapevole
rispetto invece la classificazione di Rahim.
Il conflitto, secondo l’autore, è anche una modalità di sopravvivenza dell’organizzazione. Un po’ di conflitto,
di divergenza fra le opinioni, stimola la sopravvivenza dell’organizzazione. Dunque non è detto che sia
sempre disfunzionale, non è necessariamente negativo, ma dipende dal tipo di conflitto:
- Intrapsichico: il conflitto riguarda in questo caso il concetto di sé, e può essere generato dalle
reciproche aspettative in riferimento all’attività di ruolo attesa;
- Interpersonale: conflitto che coinvolge più persone e che può generare soluzioni creative ed essere
produttivo, ma può anche creare grave disagio, stress e infelicità;
- Nei gruppi di lavoro: conflitto strutturale e permanente tra le esigenze dei membri e del gruppo,
- Intergruppi: si manifesta tra gruppi appartenenti alla stessa organizzazione in cui le istanze
individuali passano in secondo piano e prevalgono le identità sociali.
Una categorizzazione recente distingue in:
➢ Task conflict (positivo): i conflitti relativi al compito riguardano dispute circa la distribuzione delle
risorse, punti di vista opposti circa le procedure e le politiche da usare, o giudizi e interpretazioni
discordanti di eventi e situazioni;
➢ Relationship conflict (negativo): discordanze connesse a gusti, stili personali, preferenze politiche e
valori di riferimento.
ESITI E RICADUTE DEL CONFLITTO
Il conflitto è strettamente connesso con un insieme di variabili con cui si trova in un rapporto
correlazionale:
1) Ad esempio il conflitto potrebbe ridurre la soddisfazione lavorativa e il benessere (soprattutto se
riguarda questioni connesse alla relazione) ma si può controllare se però introduciamo delle
strategie di problem solving per gestire il conflitto.
2) Una serie di variabili personali e situazionali moderano la relazione tra conflitto e salute, in modo
da avere livelli più bassi di malessere.
3) Una quota di conflitto non troppo elevata è funzionale per le percezioni di efficacia personale e
collettiva, stimola la competizione, la performance e la sensazione di sentirsi capace di svolgere
determinati compiti. Dunque una quota di conflitto né troppo bassa né troppo alta risulta
funzionale per il benessere organizzativo. Al contrario, invece, il conflitto relazionale incide
negativamente sulla prestazione e sulle percezioni di efficacia.
L’organizzazione è fatta di gruppi, di persone. Il gruppo è uno strumento molto difficile da gestire perché i
soggetti si muovono continuamente tra conflitto e cooperazione. Si gestisce un conflitto organizzativo
attraverso la gestione del gruppo, cercando di smorzare gli elementi emozionali del conflitto: ad esempio
ricordando che in cooperazione si possono provare emozioni positive e trovare un compromesso; che se
una parte del gruppo domina sull’altra si ha un andamento altalenante (emozioni positive e negative);
gruppi che non prendono posizione, che per evitare il confronto, non sono mai in conflitto (evitamento)
associato a emozioni negative.
Le modalità di cooperazione si mettono in atto mediante la cultura organizzativa, che ha un ruolo di
mediazione tra il conflitto e il benessere organizzativo. Sono state studiate due tipi di organizzazioni:
- Organizzazioni private con alta cultura “goal oriented”: l’alto orientamento al risultato attenua gli
effetti negativi del conflitto in merito al compito;
- Organizzazioni pubbliche con bassa cultura “goal oriented” e alta cultura “support oriented”: la
cultura orientata al supporto e al servizio influenza negativamente il conflitto relazionale. Il
conflitto nelle organizzazioni pubbliche è legato a fattori strutturali, sistemi che compromettono le
dinamiche relazionali fra gli individui (ordini che derivano dall’alto)
Bisogna dunque partire dall’aspetto valoriale, ovvero dalla cultura organizzativa, quell’insieme di valori,
norme di comportamento che governano il modo in cui le persone interagiscono nell’organizzazione e
investono energia nel proprio lavoro ed è utile per comprendere come i membri del gruppo siano tolleranti
nelle discussioni e opinioni diverse.
LA QUALITA’ NELLE ORGANIZZAZIONI
La qualità nelle organizzazione viene oggi riconosciuta attraverso il suo marchio di riconoscimento ufficiale
rappresentato dalla certificazione. Tuttavia, il significato di qualità va ben oltre rispetto a quello della
certificazione infatti è soltanto un aspetto di un processo in realtà molto ampio.
La qualità nasce con l’intento di fornire un elemento di garanzia del prodotto, del servizio e del processo di
produzione/erogazione. Nasce da un’esigenza di riduzione degli errori quindi di contenimento della non
qualità. La qualità si riferisce alle proprietà, alle caratteristiche, alla tipologia o alla natura di un oggetto,
prodotto, servizio come specifico modo di essere in relazione a particolari aspetti e condizioni, attività,
funzioni e utilizzo.
Dal punto di vista del cliente la qualità può assumere diverse sfumature:
➢ Qualità attesa: quelle caratteristiche che il cliente ritiene adeguate rispetto alle sue preferenze. E’
la prestazione minima del prodotto o servizio che il cliente si aspetta di ricevere (servizio conforme
a quello che io chiedo o mi aspetto di ricevere)
➢ Qualità progettata: è quella che l’organizzazione si propone di raggiungere mettendosi nei panni
del cliente, erogando un servizio che corrisponde a quello che il cliente si aspetta di ricevere.
➢ Qualità erogata: ciò che l’organizzazione realmente fornisce. È la qualità realmente raggiunta e che
può differire da quella progettata.
➢ Qualità percepita: è la qualità del prodotto o del servizio che il cliente riscontra.
➢ Qualità confrontata: è la qualità che il cliente confronta riferendosi ad esperienze passate.
Confronta la qualità erogata da un’organizzazione con quella di altre organizzazioni e con quelle
dell’organizzazione stessa in situazioni precedenti;
Tutti questi fattori portano alla soddisfazione da parte del cliente.
IL SISTEMA DI QUALITA’ → E’ un insieme di attività coordinate per dirigere e controllare l’organizzazione
con lo scopo di migliorare continuamente l’efficacia e l’efficienza delle sue prestazioni. Il sistema di qualità
cerca di soddisfare le esigenze dei clienti e dell’organizzazione per produrre prodotti e servizi di qualità.
Poiché l’organizzazione è fatta di persone, di soggettività, la dimensione soggettiva costituisce e gioca un
ruolo centrale in un processo di qualità. Si parla dunque di qualità totale, ovvero un tipo di qualità che si
vuol raggiungere nell’organizzazione e di cui si occupa anche lo psicologo del lavoro e delle organizzazioni.
Il sistema di qualità è dunque una modalità nuova che considera principi, pratiche e tecniche che possono
portare a una prestazione efficace:
➢ PRINCIPI → Vi è un’attenzione concentrata nel fornire prodotti e servizi che soddisfino i bisogni dei
clienti. Una reale soddisfazione del cliente può essere ottenuta solo attraverso il miglioramento
continuo dei processi che creano il prodotto e attraverso gruppi di lavoro per promuovere un
atteggiamento collaborativo e partecipativo;
➢ PRATICHE: Contatti diretti con i cliente e raccolta di informazioni sui loro bisogni. Le pratiche si
concentrano sull’analisi dei processi per affrontare i problemi e capire come risolverli. Le pratiche
comprendono la formazione e costituzione di gruppi di problem solving, affinché tutti possano dare
il loro contributo per il successo dell’organizzazione;
➢ TECNICHE: Indagini sui clienti e focus group, controllo statistico dei processi e sviluppo
organizzativo mediante gruppi di lavoro per trasformare le informazioni in prodotti/servizi (quanto
l’organizzazione può cambiare in positivo);
Il “TOTAL QUALITY MANAGEMENT” ha come obiettivo il perseguimento della qualità come processo agito,
ovvero prestando attenzione a tutto, attraverso il coinvolgimento di tutte le componenti
dell’organizzazione.
Gli elementi chiave sono i valori di base,comuni e diffusi tra i lavoratori; una strategia operativa orientata
alla qualità; un miglioramento continuo e dunque l’innovazione come processo costante.
La qualità produce benefici per il clima e la cultura organizzativa, comunicazione organizzativa, formazione,
leadership e valutazione.
Abbiamo visto come il cliente sia il primo attore della scena organizzativa. Nell’organizzazione orientata alla
qualit&