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1. COMPORTAMENTI PATOLOGICI INDIVIDUALI FRA LE VITTIME:

(feriti, traumatizzati, ustionati e anche i sopravvissuti che hanno visto perdere le

persone care). Questi comportamenti possono aumentare il pericolo della 4

disorganizzazione sociale, accentuare lo scoraggiamento, impegnare inutilmente

il tempo e le energie dei soccorritori fino a disorientare il medico non

sufficientemente preparato alla diagnosi. Il problema principale è saper

distinguere una reazione emozionale effimera: in balia dell’emozione, della

sorpresa e del pericolo un individuo normale, può adottare un comportamento

immediato indotto, come la fuga precipitosa, l’agitazione psicomotoria,

l’aggressione, correre senza una meta gesticolando e gridando, o addirittura gesti

estremi come gettarsi da una finestra pure se disponibili altre vie di fuga, o

ancora bloccarsi sul posto immobili e sconvolti, senza iniziativa. Di fronte a

comportamenti di questo tipo l’intervento si limiterà alle parole energiche e

rassicuranti, calmandone l’agitazione, dando perché no, la possibilità

all’interessato di partecipare all’attività di soccorso, utile alla

decolpevolizzazione e al non sentirsi inetto. Esistono anche reazioni effimere

tardive, che si manifestano in soggetti che si sono comportati sicuri durante la

catastrofe, mantenendo il controllo, aiutando nei soccorsi, ma che si sono spinti

oltre le loro forze umorali, fino a manifestare reazioni brutali quando il pericolo

è passato (crisi di pianto, tremore, collera, aggressività verbale e gestuale, crisi

di agitamento motorio isterico). Queste reazioni implicano sempre la

conservazione della coscienza e il mantenimento dell’istituto di sopravvivenza.

Riferendosi alle affezioni neurotiche, si possono identificare la nevrosi

traumatica, che si manifesta dopo una latenza, spesso molto breve e

caratterizzata dalla sindrome di ripetizione, cioè dall’incubo di rivivere la

situazione, con un atteggiamento di dipendenza. Gli stati ansiosi che si

manifestano con un senso di soffocamento, spasmi, inquietudine permanente,

fino ad arrivare agli eccessi che possono portare addirittura al suicidio. Gli stati

ansio-fobici, presentano una situazione simile agli stati d’ansia, ma con la

particolarità di essere scatenate dalla presenza o dall’evocazione di una

situazione o ancora da un oggetto che gli ricorda la tragedia, come ad esempio il

rumore delle sirene o la vista del sangue. Gli stati isterici, caratterizzate dalle

cosiddette compressioni, le false paralisi, simulazioni di suicidi, fuga, teatralità,

necessità di esercitare una seduzione in grado di attirare l’attenzione. Dal punto

di vista clinico, le vittime provano un forte senso di morte imminente, un

angoscia esistenziale, che mina profondamente la loro integrità fisica e psichica.

Come detto prima, i soccorritori devono distinguere le vere vittime da quelle che 5

mostrano questo tipo di manifestazioni. Molto importante è infatti imparare a

distinguere tra lagnanze e le vere richieste d’aiuto. Nel primo caso occorrerà fare

in modo che la vittima, prenda coscienza del fatto che i sintomi perdureranno

fino a quando non avrà dato ad essi un senso. Ricollocare l’evento nella storia

del soggetto, tra altre esperienze vissute, è necessario per consentire

l’elaborazione e l’accettazione da parte della vittima, a costo di risvegliare un

atteggiamento di violenza, che potrà essere contenuto in seguito. Queste persone

non devono mai essere lasciate sole, ma neanche inserirli nel gruppo dei

superstiti normali, perché possono seminare turbamento, ma pretrattato con dei

sedativi per poi intraprendere un trattamento adeguato. Queste reazioni

implicano la pericolosità del comportamento per se stesso e per chi gli sta

accanto, ma soprattutto della mancata coscienza di ciò. Al contrario del

nevrotico che è cosciente del suo turbamento, lo psicotico non si rende conto di

essere malato. I sintomi sono: perdita dei gesti elementari di sopravvivenza,

perdita dell’autonomia sociale, disorientamento spazio-temporale, inibizione

motoria, incubi vissuti con una forte intensità emotiva e agitazione. Si possono

verificare anche deliri (allucinazioni, ecc..), fino alla psicosi cronica

(schizofrenia, psicosi maniaco-depressiva). Questi soggetti devono stare sotto

stretta sorveglianza. Non molto diversi sono i disturbi presentati da chi ha

vissuto il trauma di un esplosione (crisi di pianto, perdita di conoscenza,

irascibilità, eloquio immediato per quanto riguarda le reazioni immediate);

(sudorazione, pallore, tremiti, tachicardia, incontinenza urinaria, atteggiamenti di

prostrazione, agitazione confusa con iperattività, per i comportamenti non

coordinati, marcata aggressività), dissociazione peritraumatica: sindrome che

raggruppa disturbi dissociativi (sensazione di irrealtà con disturbi di flusso del

pensiero), sintomi di spersonalizzazione (sensazione di non essere la stessa

persona di prima o di non sapere più chi si è, fino ad arrivare alle trasformazioni

corporee), associati ad un agire automatico (tornare alle proprie abitudini, come

se nulla fosse accaduto). In questi stati di dissociazione, l’individuo ha

l’impressione di osservarsi, mentre agisce, come se si trattasse di un’altra

persona. Per quanto riguarda i disturbi neurovegetativi (anche qui la sindrome

di ripetizione, condotte di esitamento di tutto ciò che riporta al trauma vissuto e

iperattività neurovegetativa). 6

2. COMPORTAMENTI INADATTI COLLETTIVI. Sul piano psicosociale sono

caratterizzati dalla destrutturazione del gruppo, con la scomparsa della gerarchia

e della differenziazione dei ruoli e dall’inosservanza dei valori. La reazione più

frequente è quella del freezing (blocco), ma quella più temuta è il panico, il

quale nasce al sopraggiungere, spesso brutale, di un pericolo reale o

immaginario. Il panico è pericoloso nel momento in cui si propaga, perché

moltiplica il numero delle vittime, quando si verificano atti di furore cieco,

queste vengono calpestate durante la fuga o schiacciate contro un ostacolo.

3. REAZIONI INADEGUATE TRA I SOCCORRITORI. Queste persone non sono

esseri umani infallibili, e in quanto tali possono anch’essi colpiti dalla sorpresa,

dall’emozione e dall’indecisione, con scompensi caratteriali dopo un lungo

periodo di tensione emotiva o di sfinimento fisico. Per esempio: per i medici e i

dirigenti è difficile l’abbandono momentaneo della routine, soprattutto se il

clima è molto teso e con informazioni insufficenti. Ai soccorritori può capitare

che vengano presi dall’impulso emotivo, che invece devono saper controllare nel

momento in cui si vengono a trovare nell’atmosfera della catastrofe, davanti alle

rovine all’accumularsi dei cadaveri, dalla sofferenza dei feriti alla vista del

sangue. Diventa pericoloso quindi, quando lo stato emozionale altera la lucidità

e rischia di ritardare o alterare la presa di decisione, e diminuire o mancare del

tutto l’autorità.

Una buona prevenzione dunque, evita l’esplosione di comportamenti individuali e

collettivi inadeguati.

TRAUMA

Se infatti è vero che, ogni evento catastrofico presenta caratteristiche che ne definiscono

la specificità e condizionano la reazione delle vittime (perché gli effetti di una catastrofe

non sono mai gli stessi, in quanto gli individui non dispongono delle stesse risorse), è

pur vero che da esso, in qualche modo dipende dal tipo di intervento da attuare, e le

conseguenti difficoltà nell’elaborarlo.

La resilienza di una persona si rivela quindi, a partire da un trauma esistente, fisico o

psicologico, più o meno durevole, più o meno serio, a volte ripetitivo.

Secondo Levine, il trauma colpisce tutti, nel senso che ognuno di noi ha avuto

un’esperienza traumatica a un certo punto della vita, indipendentemente dal fatto che

esso abbia lasciato un evidente stress post-traumatico o no. 7

Se i sintomi del trauma, non vengono trattati immediatamente dopo l’evento, si rischia

di creare un accumulo di progressivo di questi, di conseguenza si viene a creare uno

scompenso che verrà “pagato” in futuro, dopo mesi o addirittura anni, quando ormai i

processi disadattivi a livello fisiologico, psicologico e sociale si saranno rigidamente

strutturati e il recupero sarà più difficile e costoso.

Riprendendo la definizione di Levine è importante dire che tutte queste persone sono a

rischio di trauma ma non necessariamente tutte restano traumatizzate. Può capitare di

non avere la consapevolezza di essere traumatizzati, anche perché il più delle volte ciò

che non si conosce può creare sofferenza. Maggiormente la colpa è della cultura

occidentale, perché nei confronti della vulnerabilità emotiva prova diniego, e quindi

cerca di evitarla, di allontanarla in tutti i modi possibili. La negazione, purtroppo è un

costume comune della nostra società, il suggerimento più diffuso per guarire è quello di

prendere una medicina (spesso antidepressivi), per aggiustare tutto. Invece il pensiero di

parlarne con qualcuno genera estraniazione e paura, oltre allo stress di dover iniziare un

lungo percorso terapeutico.

Gli effetti traumatici non si manifestano sempre immediatamente dopo gli incidenti che

li hanno provocati, anzi molto spesso avviene il contrario, come detto prima, avvengono

dopo un po’ di tempo. I sintomi possono restare latenti, accumulati per anni e fare la

loro comparsa all’improvviso.

Due sono i principali studi riguardo al trauma:

uno PSICODINAMICO, con una posizione che guarda alla natura dell’essere umano;

l’altro relativo a uno STRUMENTO DI LAVORO: DMS (Manuale diagnostico-

statistico dei Disturbi Mentali) basato appunto sulla raccolta statistica delle diagnosi, nel

quale rientra il PTSD, ovvero la sindrome post-traumatica o stress post-traumatico,

collegata allo stress traumatico.

I sintomi successivi all’evento sono:

per quanto riguarda l’interno dell’individuo: la ripetizione in forma di ricordi

 intrusivi, sogni, allucinazioni, flashback, alienazione, insoddisfazione,

demotivazione, ansia, depressione, assenteismo, bassa autostima e

considerazione di sé, tensione somatica;

per quanto riguarda l’esterno dell’individuo: esitamento, iperattività

 neurovegetativa, diminuizione del controllo delle emozioni e il bournout,

collegata allo stress cronico. Il bournout è un termine inglese che significa

scoppiato e si riferisce ad un logoramento psicofisico del soggetto che sottoposto 8

a forti condizioni di stress (causato dallo squilibrio tra le richieste, le aspirazioni

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Publisher
A.A. 2014-2015
27 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elenaaaa83 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia delle emergenze e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Gatto Francesco.