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Psicologia delle disabilità - i disturbi dello sviluppo Pag. 1
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I DISTURBI DELLO SVILUPPO

Fin dagli anni '70 la neuropsicologia dello sviluppo è stata influenzata dalla neuropsicologia cognitiva adulta. Il presupposto alla base di questo approccio era che, mentre nel caso di un adulto ci si trovava di fronte ad un sistema cognitivo che ha subito un danno, nel caso dei bambini il sistema cognitivo non si sviluppava adeguatamente. Tuttavia la neuropsicologia adulta, oggi, alla luce delle più recenti scoperte, non può più essere applicata tout court allo studio di soggetti in via di sviluppo.

Tra i motivi più noti di questo cambio di rotta troviamo la consapevolezza, ormai consolidata, da parte del clinico, che il soggetto in via di sviluppo non presenta sempre e solo un sistema cognitivo che si sviluppa in maniera non adeguata, in numerosi casi il disturbo può essere anche la conseguenza di un danno postnatale, oppure potrebbe essere un disturbo sia acquisito che evolutivo.

Inoltre, nel caso di soggetti in via di sviluppo,

difficilmente ci troviamo di fronte ad un disturbo di tipo selettivo, molto più spesso le aree coinvolte dal disturbo sono più di una; per cui diventa complicato trovare quale sia il deficit sottostante primario, a maggior ragione che i rapporti tra le aree coinvolte mutano col tempo. La mutevolezza dei rapporti tra le aree coinvolte, se da un lato rappresenta un problema nella fase diagnostica, dall'altro rappresenta un vantaggio nel corso dello sviluppo. Questo vantaggio è definito in ambito clinico con il termine di plasticità, cioè la capacità di alcune aree cerebrali di assumere le funzioni che normalmente sarebbero assunte da altre aree, permettendo così una riallocazione delle funzioni e dei compensi. Tuttavia la potenza della plasticità non è assoluta, anche se essa opera sia in fase di sviluppo che in epoca adulta, nel caso di malattie ad origine genetica, ad esempio, essa ha una capacità limitata. Un'altra

La caratteristica fondamentale dei disturbi dello sviluppo è l'estrema variabilità individuale, la quale sta alla base di una diagnosi pensata come "funzionale". L'idea che ogni soggetto con disturbo dello sviluppo abbia un quadro clinico molto diversificato e quasi mai uguale ad un altro, ha permesso di pensare alla valutazione come ad un momento di estrema importanza, durante il quale è d'obbligo tenere conto non solo delle abilità compromesse, ma anche e soprattutto di quelle preservate, così da poter progettare un intervento riabilitativo fortemente individualizzato che promuova il massimo potenziale di autonomia del soggetto, a partire dalle abilità preservate ed esercitando nel contempo quelle più compromesse. Affinché la valutazione sia funzionale è bene che il valutatore instauri con il soggetto un buon rapporto di fiducia, solo dopo aver creato il giusto clima il valutatore potrà procedere con l'osservazione.

Come prima accennato è bene che si inizi la valutazione dalle abilità che nel soggetto potrebbero essere ancora utilizzate senza difficoltà, al fine di evitare un eccessivo scoraggiamento che potrebbe inficiare i risultati delle successive analisi. È altresì importante in fase di accertamento, quando possibile, prendere nota non solo dei dati più specificamente clinici, ma anche dello stile emotivo-affettivo presentato dal soggetto, del suo grado di autonomia dai genitori, dei livelli di autostima, autoefficacia, ecc. La famiglia, sia durante la fase di accertamento che durante quella di riabilitazione, deve necessariamente essere informata al riguardo; sarebbe auspicabile creare una sorta di alleanza tra clinico e famiglia, sì da garantire una certa continuità tra il lavoro svolto in fase di riabilitazione e normale vita quotidiana. Estendere poi questa alleanza anche al sistema scolastico nel quale il soggetto è inserito sarebbe

ancor più funzionale. Per finire, allo scopo di garantire il massimo grado di collaborazione del soggetto in trattamento, il valutatore ed il riabilitatore dovrebbero essere sempre la stessa persona.

I DISTURBI DELL'ACQUISIZIONE DEL LINGUAGGIO

Per molti anni gli studiosi che si sono occupati di età evolutiva hanno cercato di comprendere se il linguaggio si sviluppa isolatamente da altre abilità o se fa parte dello sviluppo di un sistema complesso. Nonostante numerose ricerche abbiano ormai ampiamente dimostrato come per linguaggio non si debba intendere solo la capacità di parlare, ancora oggi, sia gli addetti ai lavori che i meno esperti, operano in questo ambito secondo vecchie convinzioni ormai superate.

Per avere un'idea più chiara di come venga ormai inteso il sistema del linguaggio, basta pensare ad esso come un grande insieme costituito da 4 insiemi più piccoli in interazione sinergica che potremmo chiamare:

  • sistema fonologico;
- - . L'aspetto pragmatico del linguaggio è quello che è stato maggiormente studiato in ambito evolutivo perché lo sviluppo del linguaggio sin dai primi mesi di vita si avvale della comunicazione non verbale, ovvero sia del sistema dei gesti. Il primo gesto compare tra i 9 e i 13 mesi, e si tratta del gesto deittico, il quale può avere sia funzione protodichiarativa che protorichiestiva. Tra i 12 e i 18 mesi compaiono i primi gesti rappresentativi, i quali mostrano come già il piccolo sia capace di mettere in relazione la produzione verbale con quella gestuale. Dai 18 mesi in poi compaiono i gesti simbolici e referenziali, i quali rappresentano la capacità di astrazione e simbolizzazione acquisita dal bambino. In questo periodo dunque i gesti fungono da supporto alle ancor poco sviluppate capacità verbali, tuttavia, anche quando il soggetto avrà appreso ogni sfumatura della

lingua parlata, egli continuerà ad avvalersi dei gesti. Questo rappresenta un'ulteriore prova del fatto che il linguaggio non è un'abilità isolata, ma si sviluppa insieme ad altri sistemi, in questo caso quello gestuale.

LA DIAGNOSI

Fare una diagnosi di disturbo dell'acquisizione del linguaggio purtroppo non è cosa semplice. Causa principale di questa difficoltà sono le numerose controversie sui criteri diagnostici da utilizzare. Oggi il criterio più utilizzato è l'ampiezza del vocabolario (PVB - Il primo vocabolario del bambino - Caselli e Casadio), tuttavia sarebbe auspicabile tener conto almeno di altri due criteri per la diagnosi, ovvero la comprensione linguistica e la produzione verbale. La motivazione principale che spinge gli esperti ad adottare più criteri diagnostici è la possibilità di fare una diagnosi il più accurata possibile, al fine di distinguere prima possibile un semplice

ritardo nello sviluppo del linguaggio da un disturbo specifico del linguaggio. È il caso dei "late talkers" o parlatori tardivi, cioè bambini nei quali la comparsa del linguaggio è ritardata e che presentano un vocabolario espressivo inferiore o uguale al decimo percentile a 24 mesi e/o assenza di linguaggio combinatorio a 30 mesi. Questi soggetti, come è stato dimostrato da una ricerca compiuta recentemente presso il dipartimento di neuropsichiatria infantile dell'Università di Pisa, possono evolversi in bambini con ritardo transitorio del linguaggio, in bambini con recupero tardivo del linguaggio e in soggetti con disturbo specifico del linguaggio. Il fatto che non tutti i parlatori tardivi avranno in epoche successive un disturbo del linguaggio, fa pensare a quanto importante sia accurata diagnosi in epoca precoce. Un esempio molto eloquente di quanto sia estremamente importante tener conto di tutte le componenti del linguaggio, sia in

La fase di diagnosi che in fase di riabilitazione, proviene da quegli studi compiuti su bambini con sindromi conclamate, come i Down, i Williams, gli Autistici. Da questi studi è emerso come i Down, i quali presentano un evidente deficit nella produzione del linguaggio, compensino molto bene con un ampio repertorio gestuale ed un'adeguata capacità di comprensione. Al contrario, bambini con sindrome di Williams, i quali non presentano gravi deficit nella produzione verbale e sembrano essere relativamente eloquenti, mostrano uno scarso repertorio gestuale associato ad una capacità di comprensione scarsamente correlata a quella di produzione. Infine bambini con sindrome autistica presentano carenze in tutto il sistema del linguaggio, d'altronde la sindrome autistica si caratterizza principalmente per il deficit nella comunicazione sia verbale che non. In linea generale i disturbi del linguaggio si suddividono in disturbi primari o specifici, per i quali non esistono

fattori causali noti, e disturbi secondari, per i quali i fattori causaliconsistono in patologie ben conosciute.

Per quanto riguarda i disturbi specifici del linguaggio, questi si presentano come una serie diquadri clinici molto eterogenei , caratterizzati da un disordine in uno o più ambiti dello sviluppolinguistico, in assenza di deficit cognitivi, sensoriali, motori, affettivi e di importanti carenzesocioambientali.

I bambini con disturbi specifici del linguaggio presentano difficoltà di variogrado nella comprensione, produzione ed uso del linguaggio, in una o in tutte le componentilinguistiche, fonologia, semantica, sintassi e pragmatica.

Tuttavia, nonostante la prevalenza di una certa eterogeneità nei quadri sindromici, è statorivelato che tutti questi soggetti presentano quasi senza eccezione un problema con lafonologia; questo significa che la valutazione di questa componente del linguaggio si rivela difondamentale importanza.

Una valutazione fonologica

Il testo che si può definire esaustiva si avvale di due tipi di analisi: un'analisi indipendente o fonetica ed un'analisi relazionale. Con la prima si persegue l'obiettivo di enumerare tutti i suoni che il soggetto in causa emette, indipendentemente dal fatto che li produca correttamente. Il secondo tipo di analisi è leggermente più complesso e consta di due momenti: l'analisi contrastiva, che esamina le semplificazioni che il bambino opera a livello segmentale, e l'analisi in processi, che esamina le semplificazioni che il bambino opera a livello delle parole e dei fonemi. Un tipo di valutazione fonologica così strutturata permette di evidenziare le strategie che il bambino segue per semplificare il target adulto. Una corretta interpretazione dei dati che tale analisi può raccogliere permette di programmare un tipo di intervento individualizzato e mirato al recupero delle componenti più compromesse ed al potenziamento di quelle preservate.

Da non dimenticare che la sola somministrazione degli strumenti non basta per una buona valutazione.
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
5 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia delle disabilità e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Soresi Salvatore.