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La neuropsicologia dello sviluppo
Fin dagli anni '70 la neuropsicologia dello sviluppo è stata fortemente influenzata dalla neuropsicologia cognitiva adulta. Gli studiosi hanno iniziato ad osservare i bambini con disturbi e difficoltà cognitive di varia natura ed eziologia più o meno nota, utilizzando la prospettiva teorica e i metodi già adottati nel campo dello studio degli adulti. Il presupposto alla base di tale approccio era che, nel caso degli adulti, ci si trova di fronte ad un sistema cognitivo che ha subito un danno ad una delle sue componenti e che, nel caso dei bambini, ci si trova davanti ad una componente del sistema cognitivo che non si sviluppa adeguatamente. I ricercatori interessati allo studio dei disturbi evolutivi hanno riscontrato una serie di fatti empirici, per la spiegazione dei quali i modelli adulti non apparivano appropriati. Esistono infatti delle difficoltà nell'applicare l'approccio della
La neuropsicologia cognitiva si occupa dello studio delle difficoltà cognitive che si manifestano in un sistema in via di sviluppo. In questo articolo, cercherò di individuare e descrivere brevemente alcune di queste difficoltà, facendo riferimento al dibattito degli ultimi anni e agli apporti di Dorothy Bishop (1997), Annette Karmiloff-Smith (1997), Christine Temple (1997), Elizabeth Bates (1997) e Helen Tager-Flusberg (2000), integrati con esempi tratti dalla mia personale esperienza di ricerca.
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Associazione tra deficit
Mentre la neuropsicologia cognitiva degli adulti si basa sui modelli di disordini che si osservano in seguito a lesioni funzionali in un sistema preesistente, la neuropsicologia cognitiva dello sviluppo costruisce modelli basati su disturbi che si manifestano all'interno di un sistema in via di sviluppo e che non sempre riflettono lesioni funzionali e disturbi "selettivi".
Ci troviamo di fronte a disturbi acquisiti mentre nel caso dei bambini a disturbi evolutivi. Ma in realtà la situazione è molto più complessa. Anche nei bambini i disturbi possono dividersi in acquisiti ed evolutivi (Temple, 1997). Si parla di disturbi acquisiti quando, dopo un periodo di sviluppo normale, in seguito a lesione neurologica o malattia, si determina un danno e la perdita di un'abilità precedentemente esistente. Spesso è difficile riacquistare l'abilità perduta o altre abilità a questa collegate. Una situazione di questo tipo si può determinare in seguito ad un trauma improvviso o, ad esempio, in seguito ad attacchi epilettici. Si considerano disturbi evolutivi quei casi in cui non vi sia evidenza della perdita di una capacità precedentemente acquisita, e il disturbo si evidenzia nel corso dello sviluppo. I bambini con disturbi evolutivi mostrano, in confronto ai coetanei, particolari difficoltà.
Nell'acquisire determinate capacità o abilità, e spesso non si conoscono le cause della patologia. È il caso ad esempio del disturbo specifico di linguaggio (DSL) o di alcune forme di dislessia (cfr. capp. 5, 7 e 8). Questa distinzione però non sempre è facilmente applicabile. In alcuni casi lo stesso disturbo può essere sia acquisito che evolutivo; è il caso ad esempio dell'epilessia, che può svilupparsi dopo un danno cerebrale o una malattia, ma che in altri casi si manifesta senza che ci sia apparentemente una causa scatenante, come accade nella sindrome di Landau-Kleffner. In alcuni casi che sono stati descritti il deterioramento cognitivo avviene dopo gli episodi epilettici, ma talvolta il deterioramento linguistico può precedere gli episodi epilettici, lasciando intravedere la possibilità che siano entrambi sintomi di una anomalia e permettendo di ipotizzare, in questi casi, una vulnerabilità genetica.
che può esprimersi o non esprimersi, in seguito, in uno o più domini (Temple 1997). Una differenza fondamentale è infatti che nei disturbi evolutivi abitualmente ci troviamo di fronte non ad un unico deficit selettivo come avviene nei disturbi acquisiti degli adulti, ma ad un complesso pattern di deficit associati. Questo è il caso ad esempio di sindromi genetiche quali la sindrome di Down e la sindrome di Williams, dove il disturbo nello sviluppo sembra colpire più aree anche se in maniera differenziata, un tema ripreso in molti contributi di questo volume. D'altra parte non è certo semplice determinare una relazione diretta tra genotipo e fenotipo. I geni non operano in maniera isolata e non hanno rapporti diretti con determinati comportamenti. La spiegazione di un'anomalia nello sviluppo può dipendere da molteplici livelli di interazione tra eventi genetici all'interno dell'organismo e dall'interazione con.L'ambiente esterno. Uno scenario possibile potrebbe essere che la delezione di un gene, ad esempio del gene dell'elastina nel caso della sindrome di Williams, causi un malfunzionamento di altri geni non meleti perché codifica una proteina che a sua volta incide sull'espressione di questi geni. Questo a sua volta può mutare il corso di altri eventi genetici causando alterazioni nei neurotrasmettitori. Possiamo ipotizzare che un organismo si sviluppi in maniera atipica fin dall'embriogenesi e nei successivi stadi di crescita (Karmiloff-Smith 1997).
In un recente lavoro abbiamo indagato se si potessero riscontrare differenze importanti nei livelli di nerve growth factor (NGF) tra bambini con sindrome di Williams, bambini con sindrome di Down e bambini con sviluppo normale in tre diverse fasi evolutive (Calamandrei et al. 2000). Abbiamo riscontrato livelli più alti di tale fattore nei bambini con sindrome di Williams in confronto agli altri due gruppi.
È possibile che questa diversità possa determinare a sua volta una serie di eventi successivi e possa aiutare a spiegare anche importanti differenze in alcune capacità sensoriali come il tatto, il gusto o l'udito. Ad esempio i bambini con sindrome di Williams soffrono di una forma di iperacusia evidente soprattutto nei primi stadi dello sviluppo, mentre i bambini con sindrome di Down hanno spesso iniziali difficoltà a livello uditivo nei primissimi anni (otiti ricorrenti). Questa diversità nelle capacità percettive potrebbero spiegare alcune differenze importanti tra le due sindromi nel successivo sviluppo linguistico. Ad esempio due gruppi di bambini con sindrome di Williams e con sindrome di Down, con la stessa età cronologica (3-6 anni), la stessa età mentale (2-3 anni) e soprattutto lo stesso livello di vocabolario in produzione mostrano già differenze interessanti nelle capacità morfosintattiche in un compito diripetizione di frasi (Volterra et al. Instampa). Quindi un disturbo che potrebbe apparire specifico nei bambini con sindrome di Down e far pensare ad un danno selettivo a livello dell'organizzazione cognitiva potrebbe essere più semplicemente la conseguenza di un difetto percettivo iniziale (cfr. cap.16). È abbastanza ovvio che un disturbo selettivo nei primi anni ha quasi sempre importanti conseguenze negli stadi di sviluppo successivi, creando facilmente effetti che potremmo chiamare "a cascata". Ad esempio, nel caso dei bambini sordi, un deficit selettivo iniziale nella percezione uditiva può avere serie ripercussioni in tutto il sistema linguistico e può portare più tardi a deficit selettivi soprattutto nelle componenti grammaticali del linguaggio sia nella forma parlata che scritta. Infatti i sordi hanno difficoltà specifiche, sia a livello uditivo che nella lettura labiale, a cogliere quelle parti del discorso più brevi e.meno accentate quali ad esempio ifuntori (articoli, pronomi clitici, preposizioni, ecc.), elementi cruciali sul piano morfologico e sintattico che in alcuni casi non possono venire recuperati semanticamente. Quindi una perdita uditiva iniziale non solo disturba l'input per alcune parti specifiche della lingua cui si è esposti, ma può alterare l'intero corso dello sviluppo linguistico (Caselli et al. 1994; Volterra, Capirci e Caselli, 2001). Nei primissimi stadi evolutivi troviamo esempi frequenti di interazioni tra livelli diversi e in varie direzioni. La conoscenza lessicale può influenzare la sintassi, ma avviene anche l'inverso: molte parole vengono capite e apprese attraverso il contesto sintattico in cui compaiono. I bambini con sindrome di Down, ad esempio, in uno stadio iniziale mostrano abilità morfosintattiche più compromesse rispetto a quelle lessicali, mentre ad età più avanzate anche le abilità lessicali.appaionocompromesse quanto quelle morfosintattiche (Miller 1998; Chapman 1995). In ambito evolutivo è molto difficile trovarsi di fronte ad un disturbo altamente selettivo e questo sembra valere anche nel disturbo specifico di linguaggio, che è solo apparentemente un disturbo di questo tipo ma che in realtà presenta alcune caratteristiche che fanno pensare ad una "specificità" ben diversa da quella riscontrabile negli adulti. In primo luogo nel caso dei bambini con DSL non è ancora chiaro quale sia il deficit sottostante primario ed esistono diverse teorie in proposito (cfr. cap.3). Un gruppo di ricercatori propone che le difficoltà linguistiche possano essere causate da un disturbo a livello della discriminazione rapida di stimoli uditivi brevi (Tallal e Katz 1989). Un'altra teoria attribuisce le difficoltà a delle limitazioni nella memoria fonologica a breve termine (Gathercole e Baddeley 1990b). Infine altri< p >ricercatori ritengono che siano deficitari i meccanismi selettivi dell'acquisizione grammaticale (Crago e Gopnik 1994). Come illustra molto chiaramente la Bishop (1997), la logica tradizionale utilizzata dalla neuropsicologia che si occupa degli adulti non ci aiuta a discriminare tra queste diverse spiegazioni teoriche, che nei primi due casi rimanderebbero ad un deficit di processamento (accesso lento alle rappresentazioni o rapido decadimento della memoria), e nel terzo caso ad un deficit di rappresentazione (rappresentazione grammaticale deficitaria). La neuropsicologia cognitiva tradizionale pone infatti un'enfasi eccessiva sui deficit di rappresentazione (competenza) e tende a trascurare i deficit nei processi (esecuzione). Potremmo anche ipotizzare che nel caso del DSL un disturbo iniziale nel processamento dell'informazione presente anche in altri domini possa determinare un diverso disturbo linguistico nel corso dello sviluppo. Ad esempio la Bishop riporta il caso di < /p >bambini con DSL seguiti nel tempo che presentavano in un primo stadio un disturbo nel processamento uditivo che però scompariva in