Psicologia dell'Apprendimento - Appunti lezioni
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4. INTERVENTO: Potenziare il comportamento pro sociale al fine di ridurre
l’aggressività. Per far ciò abbiamo necessità di un prompt che deve essere tanto più
grande quanto più bassa è la frequenza del comportamento pro sociale. Quando dare un
prompt? Se la bambina non esibisce nessun comportamento pro sociale nel giro di un
minuto dobbiamo dare un prompt. Attraverso gli effetti positivi del comportamento pro
sociale e l’esercizio di quell’esperienza mi aspetto che la bambina possa apprendere
dal prompt e quindi successivamente esibire un comportamento pro sociale.
Condizione necessaria: il prompt deve essere capace di promuovere la risposta che
vogliamo. Devo inoltre trovare forme di stimolo come effetto positivo
contingentemente alle risposte pro sociali (screening preferenze). Queste forme di
stimoli pratici devono poter rientrare nella sessione (non possiamo utilizzare ad
esempio lo stimolo di andare sull’altalena ad un bambino a cui piace.
I comportamenti aggressivi però possono essere involontariamente rinforzati da altri
(es. la bambina mette in atto comportamenti aggressivi perché così facendo attira
l’attenzione della maestra verso di se). Dobbiamo quindi tener conto dell’ambiente in
cui operiamo al fine di evitare che il comportamento aggressivo abbia un rinforzo
positivo. Un metodo per far ciò è l’ESTINZIONE con l’eliminazione delle conseguenze
positive che quel comportamento di solito comporta.
ABC: Antecedent Behaviour Consequence
Si effettuano osservazioni in classe e in ogni circostanza che si verifica il
comportamento si registra ciò che è successo dopo il comportamento.
Ad esempio Carmen aggredisce Giovanna ma prima di questo giocava da sola e dopo
l’insegnante l’ha rimproverata. Più tardi si verifica un altro atto aggressivo e prima
Carmen giocava da sola e dopo il bambino colpito piangeva.
Queste osservazioni vengono effettuate in diversi giorni e ci accorgiamo che nella
maggior parte dei casi prima del comportamento aggressivo la bambina è sola e dopo
riceve delle attenzioni positive.
Thorndike afferma che l’apprendimento è in funzione di una situazione e in relazione
ad una conseguenza (in questo caso la rottura dell’isolamento).
L’insegnante quindi deve porre il comportamento aggressivo in estinzione. Per far ciò
deve dare attenzione alla bambina in altri momenti diversi da quelli aggressivi. Prima
l’attenzione rivolta alla bambina era contingente al comportamento aggressivo, mentre
ora il rinforzo (l’attenzione dell’insegnante rivolta alla bambina) non è più contingente
al comportamento aggressivo. Così facendo il comportamento aggressivo non viene
rinforzato e quindi decresce.
ANALISI FUNZIONALE DEL COMPORTAMENTO
E’ una procedura attraverso cui simuliamo il comportamento del bambino in diverse
condizioni ambientali. Solitamente se ne simulano quattro (es. l’attenzione prestata
dopo un comportamento aggressivo, l’aggressività in un compito collettivo,
l’aggressività in un compito da solo e l’aggressività durante un compito difficile).
Supponiamo di avere a che fare con un bambino aggressivo che per attrarre
l’attenzione degli altri per avere un rinforzo positivo diventa causa di aggressività e
quest’ultima diventa un comportamento mantenuto da rinforzi esterni e quindi può
essere manipolato tramite estinzione. Per arrivare a questa conclusione è stato
necessario osservare il bambino durante tali attività in situazioni ambientali differenti.
CASO DI IPERATTIVITA’
1. Definire comportamenti target attraverso il metodo ON TASK (comportamenti di
tranquillità) – OFF TASK (comportamenti iperattivi).
Se vogliamo registrare il comportamento ON TASK dobbiamo utilizzare il
sistema ad intervalli totali (se il bambino è stato concentrato sul compito durante
tutto il periodo dichiariamo quell’intervallo on task).
Se vogliamo registrare il comportamento OFF TASK dobbiamo utilizzare il
sistema ad intervalli parziali (se il bambino ha mostrato anche per un secondo un
comportamento iperattivo dichiariamo quell’intervallo off task).
E’ preferibile registrare i comportamenti on task.
2. Definiamo il numero di sessioni e il periodo di intervalli ed effettuiamo la
registrazione della baseline. Possiamo iniziare l’intervento solo se il trend è opposto
a quello che ci aspettiamo (in questo caso per procedere dobbiamo riscontrare una
predominanza di comportamenti on task).
3. Iniziamo l’intervento con l’ABC
L’obbiettivo è quello di rendere il suo comportamento quanto più adeguato possibile
migliorando il suo rendimento. Anche in questo caso si prevede l‘uso di prompt per
facilitare la risposta.
Possiamo avere due tipi di prompt:
- diretto (es. un altro bambino rimane seduto insieme al primo allo stesso tavolo)
- ambientale (manipolare l’ambiente affinché esso faciliti l’effetto desiderato)
In un contesto classe è difficile gestire tutti i bambini perché ci sono effetti positivi
relativi al comportamento deviante del bambino (per esempio risa dei coetanei).
Utilizziamo una condizione ambientale diversa della classe che renda più facile il
nostro intervento in modo che l’ambiente sia meno incline al bambino (es. riducendo il
numero dei bambini presenti nella stessa stanza del bambino iperattivo)
La situazione di apprendimento quindi prevede:
- la presenza del tavolo materiale/compito
- un altro bambino che assicura che il nostro soggetto rimanga seduto al tavolo con il
compito
- rinforzo per comportamento on task (a riguardo si prevede il consueto screening
delle preferenze) ed estinzione del comportamento off task.
Il rinforzo dovrebbe avvenire in relazione a risposte specifiche ovvero quando il
bambino completa il compito assegnato. Il rinforzo quindi avviene alla fine e questo
potrebbe rinforzare anche la distrazione che può essere intervenuta durante
l’esecuzione del compito. Al fine di evitare ciò il rinforzo può avvenire ad intervalli,
ovvero quando il bambino rimane attento per un periodo costante (la somministrazione
del rinforzo potrebbe avvenire dopo ogni minuto che il bambino rimane seduto a
lavorare).
Quando il bambino è in grado di rimanere seduto a lavorare per un tempo di 10-12
minuti si può iniziare il fading out del prompt. Tale fading out consiste:
- nella riduzione dei prompt diretti (si potrebbe iniziare con la presenza di un
secondo tavolo attaccato a quello del nostro soggetto con l’altro bambino che
rimane seduto a lavorare)
- nel fading out di elementi ambientali aumentando gradualmente il numero di
individui presenti nell’ambiente. Quando il bambino riesce a lavorare con un
numero gradualmente più ampio di bambini intorno, abbiamo ricreato il contesto
classe e quindi abbiamo appurato che l’apprendimento è avvenuto.
CASO DI RITARDO NELLO SVILUPPO MOTORIO: Supponiamo di avere un bambino con
cecità o ridotta acuità visiva che mostra ritardo nello sviluppo motorio.
Non cerca oggetti quando questi non sono a contatto con lui e non risponde ad indizi
acustici prodotti dagli oggetti stessi.
L’obiettivo è quello di portare il bambino a rispondere ad indizi acustici con la risposta
di avvicinamento e presa.
1. Inizialmente si deve stabilire il tipo di prompt da usare per garantire la risposta.
Probabilmente il prompt potrebbe essere duplice: guida fisica e distanza ridotta.
2. La situazione di apprendimento quindi prevede:
la presentazione di un indizio acustico
la presentazione di un aiuto fisico per promuovere un piccolo movimento atto
a trovare la sorgente del suono (indizio)
rinforzo (si prevede sempre lo screening delle preferenze)
3. Quando il bambino risponde in maniera consistente, la prima forma di prompt
(guida fisica) viene sottoposta a fading out
4. Quando il bambino risponde adeguatamente senza guida fisica, il fading out viene
esteso alla seconda forma di prompt (aumento della distanza dalla sorgente)
5. Si procede poi con GENERALIZZAZIONE e ESTENSIONE DELLA RISPOSTA
Con generalizzazione si intendono piccole variazioni spaziali che richiedono
adattamento della risposta (spostare l’oggetto in modo da suscitare nel bambino un
interesse nel cercare l’oggetto). Per estensione della risposta si prospetta la
possibilità di coinvolgere un’altra parte del corpo. Il ritardo motorio è dovuto alla
mancanza di esercizio di una determinata parte del corpo.
CLARK L.HULL (1884 - 1952)
E’ il grande teorico nella psicologia dell’apprendimento.
Sottoscrive il concetto di legge dell’effetto di Thorndike: parla direttamente di
rinforzo primario. Il concetto lo porta ad affermare che quando una risposta è seguita
da una diminuzione di un bisogno o di una pulsione (desiderio) si avrà un incremento
del nesso associativo per la risposta agli stimoli presenti.
Non ci sarà apprendimento a patto che non ci sia una riduzione del bisogno o
desiderio
Perché ci possa essere una riduzione di bisogno o desiderio questi devono essere
presenti. Se un individuo non ha bisogni non è un individuo attivo e quindi non può
essere attuato alcun problem solving.
Il desiderio o bisogno non devono essere del tutto eliminati (è sufficiente che siano
ridotti). Dobbiamo, quindi, dare un rinforzo che non soddisfa completamente il
bisogno dell’individuo
L’apprendimento procederà per gradi. Inizialmente ci sarà una qualche
accentuazione nel nesso fra risposta e stimoli che seguono. Questo nesso crescerà
gradualmente sebbene non in maniera regolare. In altri termini Hull parla di CURVE
DI APPRENDIMENTO.
Quanto sopra viene anche riferito come IPOTESI DI CONTINUITA’.
Secondo questa ipotesi l’apprendimento è un processo continuo e cumulativo.
Ogni rinforzo aggiunge qualcosa alla forza del nesso associativo.
Lo stabilirsi di tale nesso associativo (apprendimento) non è sempre apertamente
visibile dall’esterno. In altre parole, il progresso in termini di apprendimento non è
sempre sovrapponibile alla performance esibita dal soggetto.
Hull quindi fa distinzione tra apprendimento e performance.
Una piccola formula per riassumere la probabilità di una risposta secondo Hull può
essere la seguente: D x H x K x V – I
D = Drive (Bisogno - Pulsione)
Si può affermare che più grande è il bisogno - pulsione, più grande sarà la tendenza
del soggetto ad agire. Prima di ogni sessione quindi lo stimolo che soddisfa il desiderio
non va mai somministrato.
H = Habit (abitudine) o più specificamente numero di risposte già rinforzate.
Tanto maggiore è il numero di risposte rinforzate, tanto maggiore sarà l’abitudine e
quindi la possibilità che la risposta venga ripetuta.
Es.: se un bambino ha aperto il frigorifero un certo numero di volte e ha ottenuto
rinforzo per questa sua azione la probabilità che ripeta questa risposta in caso di
bisogno sarà elevata.
K = Incentive motivation (motivazione incentivante)
La motivazione è interpretata in termini di quantità dell’obiettivo rinforzante.
Es.: quanto maggiore sarà la quantità di cioccolata e/o quanta più cioccolata sarà del
tipo preferito dal soggetto, tanto più grande sarà la motivazione a rispondere.
V = Stimulus Intensity Dynamism (chiarezza della situazione stimolo)
La chiarezza della situazione stimolo verso cui indirizzare la risposta è un’altra
variabile fondamentale. La risposta è resa più facile dalle condizioni ambientali
favorevoli.
Es.: tanto più grande sarà la leva di risposta per un animale, tanto maggiore sarà la
possibilità che questo la usi.
Es.: tanto più visibile e facile da aprire sarà il frigorifero, tanto maggiore è la
probabilità che il bambino lo apra.
I = Inhibition (inibizione)
In termini molto generali l’inibizione potrebbe essere raffigurata come il fattore fatica.
E’ misurata come la quantità di lavoro/sforzo richiesta per emettere la risposta ed il
numero di volte che la risposta è già stata emessa.
Es.: quanto più difficile/faticoso è per il bambino aprire lo sportello del frigorifero (e
quante più volte l’ha già fatto di seguito), tanto minore sarà la probabilità della risposta.
Per poter ottimizzare le situazioni di apprendimento dovremo fare in modo che la D sia
la più grande possibile, che l’H, K e V siano le migliori possibili e la I la minore
possibile. Inoltre procedere con sessioni molto lunghe è poco costruttivo in quanto D,
H e K ne risentono e quindi le risposte saranno minori.
Abbiamo parlato di bisogni – pulsioni – desideri come base del comportamento
(risposta) il cui rinforzo attiva un processo di apprendimento.
Dobbiamo anche tener in considerazione che le situazioni in cui tali bisogni – pulsioni –
desideri si espletano e vengono seguiti da rinforzo tendono ad essere associati a
questi ultimi. Un individuo risente dell’ambiente in cui ha avuto un effetto positivo e se
rimesso nello stesso ambiente tenderà a rimettere in pratica i comportamenti fini a
riavere quell’effetto positivo ottenuto in precedenza. Quindi queste situazioni possono
diventare a loro volta motore di risposte.
Similmente eventi ambientali che occorrono concomitanti al rinforzo o hanno qualche
contiguità con esso tendono ad essere associati ad esso.
Quindi questi stimoli possono diventare importanti conseguenze delle risposte e
rinforzarle in maniera diretta.
Inizialmente si è parlato di rinforzo primario, questo perché Hull distingue il rinforzo in
primario e secondario.
Per definire il rinforzo secondario Hull dice che: qualsiasi stimolo che è presente
quando un rinforzo primario è presentato acquisterà a sua volta caratteristiche di
rinforzo e quindi diventerà un rinforzo secondario.
Es.: se nel rinforzare un bambino con del cibo o altre forme di stimoli diciamo “bravo”
o “battiamo le mani” o “annuiamo il capo” questi comportamenti che di per sé non sono
rinforzanti potrebbero acquisire valore di rinforzo (secondario).
I rinforzi secondari possono essere grandemente efficaci ma hanno bisogno di essere
accompagnati da rinforzi primari occasionalmente per mantenere il loro pieno
potenziale. Il rinforzo secondario previene inoltre la saturazione del rinforzo primario.
Spesso ci troviamo a dover insegnare delle risposte complesse (o per meglio dire dei
compiti). Risposte complesse o compiti sono un agglomerato di risposte semplici.
Il risultato finale dipende dalla correttezza delle risposte semplici.
L’insegnamento attraverso il rinforzo finale solamente potrebbe creare difficoltà:
rinforzare anche se la sequenza comprende risposte errate non porta a
correggere tali risposte;
rinforzare anche se la sequenza è in accurata nell’ordine di esecuzione delle
rispose non porta a correggere l’ordine;
non rinforzare perché la sequenza comprende risposte erre porta la persona ad
indebolire anche le risposte corrette;
similmente non rinforzare perché l’ordine è errato porta ad indebolire le risposte
corrette.
Per dare una risoluzione a quanto sopra possono aiutare due tecniche:
TASK ANALYSIS
BACWARD CHAINING
TASK ANALYSIS è la tecnica attraverso cui siamo capaci di dividere un compito
complesso nelle sue componenti semplici. Ci mette nella condizione di definire tutte le
risposte semplici incluse nel compito. Perché una risposta possa essere isolata come
componente (step/passaggio) del compito essa deve essere indipendente. Deve avere
un inizio e una fine che la fanno apparire un atto compiuto e la isolano dalle altre
componenti.
Non c’è solo un modo per fare la Task Analysis; l’importante è che perché una risposta
possa essere isolata come componente “passaggio del compito” deve essere
indipendente.
La nozione del gradiente di meta si riferisce al fatto che le componenti di una lunga
sequenza di risposte più lontane dal rinforzo verranno rinforzate e consolidate molto di
meno delle componenti vicine al rinforzo.
Ne consegue che l’apprendimento di una sequenza comportamentale è probabilmente
compiuto a ritroso; si inizia con l’apprendere le ultime impressioni e poi eventualmente
quelle più lontane dal rinforzo. Seguendo questo apparente paradosso gli anelli iniziali
della sequenza comportamentale sarebbero gli ultimi ad essere appresi.
Da qui nasce la procedura BACKWARD CHAINING.
ESEMPIO 1: supponiamo di applicare il Backward Chaining per insegnare il compito del
lavarsi il viso dopo aver fatto la Task Analysis come riportato prima.
- all’inizio daremo l’aiuto necessario per assicurare i vari passaggi e quindi
rinforzare il passaggio finale;
- continueremo nella stessa maniera eccetto per l’eliminazione graduale (fading out)
di qualsiasi aiuto per l’ultimo passaggio;
- a questo punto si inizierà a fare il fading out dell’aiuto per il penultimo passaggio
cosi che eventualmente il bambino sarà rinforzato per aver eseguito gli ultimi due
passaggi autonomamente;
- la procedura viene ora ripetuta per il terzultimo passaggio cosi che si arriverà a
rinforzare il bambino per aver eseguito la sequenza degli ultimi tre passaggi
correttamente e autonomamente;
- ora si procede a rimuovere gradualmente l’aiuto per sciacquare le mani cosi che
arrivi all’esecuzione corretta e autonoma degli ultimi 4 passaggi del compito;
- si fa la stessa cosa con “sciacquare il viso” cosi che arrivi all’esecuzione corretta
ed autonoma degli ultimi 5 passaggi;
- si procede conm “insaponare il viso” cosi che arrivi all’esecuzione corretta ed
autonoma degli ultimi 6 passaggi;
- si procede con “mettere via il sapone”;
- si procede con “insaponare le mani”;
- si procede con “prendere il sapone”;
- si procede con “bagnare le mani”;
- si procede con “aprire il rubinetto”.
Il rinforzo viene dato sempre alla fine dell’ultimo passaggio.
ESEMPIO 2: Supponiamo di applicare la Task analysis con il compito di vestirsi per un
bambino di pochi anni. E supponiamo di individuare i seguenti passaggi:
mettere le mutande;
- mettere la maglietta
- mettere i calzini
- mettere la felpa
- mettere i pantaloni
- mettere il giubbino
- mettere le scarpe.
-
L’utilizzo del Backward Chaining dovrebbe portarci a dare l’aiuto necessario
all’esecuzione corretta di tutti i passaggi e al rinforzo dopo l’ultimo passaggio.
a questo punto si inizia con il fading out dell’aiuto relativamente all’ultimo
- passaggio cosi che questo diventi autonomo
si procede con il fading out dell’aiuto del penultimo passaggio (mettere il giubbino)
- cosi che il bambino verrà rinforzato per avere eseguito una sequenza di due
passaggi autonomamente;
si passa quindi al fading out dell’aiuto del mettere i pantaloni cosi che alla fine il
- rinforzo seguirà una sequenza di 3 risposte autonome;
facciamo lo stesso processo di fading out dell’aiuto per mettere la felpa così da
- rinforzare una sequenza di quattro risposte autonome
il fading out viene poi applicato per mettere i calzini;
- il fading out viene poi applicato per mettere la maglietta;
- il fading out riguarda poi il mettere le mutande.
-
Quindi il bambino dovrebbe essere in grado di eseguire tutti i passaggi con il solo
rinforzo finale.
ESEMPIO 3: Supponiamo di utilizzare la Task analysis per un compito domestico quale
il preparare la tavola. Supponiamo di individuare i seguenti passaggi:
mettere tovaglia
- mettere piatti
- mettere tovaglioli
- mettere bicchieri
- mettere forchette
- mettere acqua e vino
- mettere spezie
- mettere pane
-
Anche in questo caso si comincia con l’aiuto necessario ad assicurare l’esecuzione di
tutti i passaggi ed il rinforzo finale. In questi casi i passaggi non hanno una sequenza
obbligatoria.
ESEMPIO 4: Supponiamo di applicare la Task analysis per un compito di pulizia (un
lavoro proposto per l’integrazione di un giovane con disabilità intellettive).
Supponiamo di individuare i seguenti passaggi:
prendere un secchio con l’acqua;
- mettere il detersivo nell’acqua
- prendere delle spugne e bagnarle
- passare con le spugne su di un tavolo
- passare con le spugne su delle sedie
- battere il tappeto
- raccogliere la polvere da uno scaffale
- mettere del materiale sullo scaffale
- rimuovere le spugne
- mettere via il secchio
-
Anche in questo caso si procede con il Backward Chaining come in precedenza.
Alcuni problemi con il Backward Chaining per l’insegnamento di compiti complessi si
hanno:
quando le sequenze di risposta sono molto lunghe
- quando le persone esposte all’insegnamento hanno disabilità intellettive
- una delle modalità messe in atto per superare il problema con persone con
- disabilità è quello di utilizzare rappresentazioni visive delle risposte del compito
organizzato in sequenza
in questo caso si insegna alla persona a:
- 1) prendere visione della prima rappresentazione ed eseguire la risposta relativa
2) prendere visione della seconda rappresentazione ed eseguire al seconda
risposta
3) prendere visione delle terza rappresentazione e eseguire la terza risposta
4) prendere visione delle “n” rappresentazione ed eseguire la risposta relativa
5) ricevere il rinforzo finale
Problemi con le singole rappresentazioni e singole risposte possono essere superate
nel contesto della sequenza o al di fuori della sequenza con prompt e prompt fading.
Il procedimento esposto precedentemente può presentare almeno 3 rischi:
1) la persona ha problemi con l’uso corretto delle rappresentazioni
2) la persona ha problemi di motivazione con il solo rinforzo finale
3) la persona ha interruzioni comportamentali (una persona è totalmente distratta da
altre cose che avvengono nell’ambiente le quali producono un effetto positivo
maggiore di quello prodotto dal compito)
L’unica opzione che l’operatore ha è di inserire forme aggiuntive di rinforzo nel
contesto della sequenza. Ciò può essere fatto inserendo rappresentazioni di eventi
piacevoli che la persona può ottenere o in maniera diretta o attraverso la mediazione
dell’operatore.
Queste forme aggiuntive di rinforzo potrebbero aumentare la motivazione (e quindi
diminuire le interruzioni comportamentali) ma non possono prevenire possibili errori
nel gestire la sequenza delle rappresentazioni. Questi potrebbero anche aumentare con
la persona alla ricerca delle rappresentazioni degli eventi piacevoli.
Una strategia per ridurre i rischi di cui sopra è costituita dall’uso di sistemi
computerizzati che:
eliminino problemi con la gestione delle rappresentazioni
garantiscano l’uso appropriato di rappresentazioni intermedie di eventi piacevoli
che prevedono l’uso di prompt specifici in caso di interruzioni comportamentali.
sono utilizzati in casi dove il soggetto è scarsamente motivato oppure con pazienti
con gravi disabilità o con malattie degenerative come l’alzheimer
In casi con soggetti con malattie degenerative parliamo di apprendimento quando il
paziente riesce ad eseguire un compito autonomamente seppur con l’ausilio di
rappresentazioni pittoriali o verbali.
Rappresentazione schematica di un sistema computerizzato:
premere il tasto porta alla comparsa di una rappresentazione sullo schermo
premere ripetutamente il tasto entro un breve tempo non causa una reazione
premere dopo un tempo più lungo causa la comparsa di una seconda
rappresentazione “nuova risposta o evento piacevole”
la possibilità di questi eventi piacevoli motiva la persona a ritornare a premere il
tasto ed informarsi
se la persona non preme il tasto per un tempo max prefissato dall’operatore il
sistema assume che ci sia un’interruzione comportamentale (es. il soggetto sogna
ad occhi aperti e si dimentica del compito assegnato) e presenta un prompt verbale
e/o vibrotattile.
TASTO
SKINNER continua il lavoro di Thorndike e Hull ed in particolare continua la tradizione
del rinforzo espandendola.
Riprende la nozione di rinforzo positivo e di rinforzo negativo (l’effetto positivo
determinato dalla cessazione di un evento negativo).
Esempio di rinforzo negativo:
prendiamo un bambino con disturbi comportamentali. Ha sei anni e il suo insegnante di
sostegno vuole far si che acquisisca in maniera funzionale delle rappresentazioni
pittoriali. Il bambino comincia a picchiarsi e l’insegnate ferma il compito, rimandandolo.
Questo succede per vari giorni consecutivi.
Il comportamento di picchiarsi in questo caso ha la funzione di far interrompere il
compito. Ma se quel comportamento si ripete desumiamo che esso si è consolidato a
causa dell’effetto positivo dato dalla cessazione del compito.
Questo effetto positivo è un rinforzo negativo perché la cessazione del compito elimina
uno stato di difficoltà e disagio.
Riprende ed espande anche il concetto di rinforzo secondario introdotto da Hull.
Uno dei settori di massimo impatto di Skinner è l’elaborazione delle “Schedules of
reinforcements” (delle condizioni di somministrazione del rinforzo). Il punto di partenza
di Skinner era che contrariamente a quanto succede nei laboratori di ricerca nella vita
reale le conseguenze (rinforzi) non sono costanti.
Malgrado ciò gli apprendimenti avvengono e si consolidano. Ciò sembra indicare che il
rinforzo di tipo continuo non è sempre una necessità.
Il rinforzo non continuo normalmente viene definito rinforzo intermittente.
Esso può essere programmato in molti modi diversi.
Questi possono essere fatti rientrare in due categorie:
1. rapporto numerico: un esempio di rinforzo intermittente a rapporto numerico
potrebbe essere quello di somministrare il rinforzo dopo ogni 2 o 3 risposte
piuttosto che dopo l’emissione di ogni singola risposta.
2. intervallo temporale: un esempio di rinforzo intermittente ad intervallo temporale
potrebbe essere quello di somministrare il rinforzo a intervalli di 2 o 3 minuti, cioè
contingentemente alla prima risposta che avviene dopo dell’intervallo.
Per essere più precisi riguardo al rinforzo intermittente a rapporto numerico possiamo
parlare di:
1. rapporto fisso
rapporto variabile
2. (può avere vantaggi in quanto il soggetto non si aspetta il
momento in cui avverrà il rinforzo e quindi sarà più motivato a rispondere)
1. Nel primo caso si richiede che lo stesso (fisso) numero di risposte sia eseguito
prima di somministrare il rinforzo. Per esempio se si parla di FR:3 (fixed
ratio:3rapporto fisso:3) si intende che il rinforzo verrà somministrato
consistentemente ogni 3 risposte corrette.
Se si parla di FR:10 si intende che il rinforzo verrà somministrato consistentemente
dopo 10 risposte corrette.
Se si parla di FR:6 il rinforzo sarà somministrato dopo ogni 6 risposte corrette.
2. Nel secondo caso (rapporto variabile) il rinforzo viene somministrato dopo un
numero di risposte che varia di volta in volta in maniera imprevedibile per i soggetto.
Per esempio se si parla di VR:5 (variable ratio:5rapporto variabile:5) si intende che il
rinforzo verrà somministrato di media ogni 5 risposte corrette. La media prevede un
range (es.: da 3 a 7).
Se si parla di VR:8 si intende che il rinforzo verrà somministrato di media ogni 8
risposte corrette con un range probabile da 4 a 12.
Se si parla di VR:3 rinforzo di media ogni 3 risposte con range probabile da 2 a 4.
Per essere più precisi riguardo al rinforzo intermittente a intervallo temporale
possiamo parlare di:
1. intervallo fisso
2. intervallo variabile
1. Nel primo caso si richiede che lo stesso (fisso) intervallo di tempo trascorra prima
di somministrare il rinforzo. Per esempio se si parla di FI:1MIN (Fixed Interval:
1MINintervallo variabile: 1minuto) si intende che il rinforzo sarà somministrato dopo
ogni minuto.
Se si parla di FI:2MIN rinforzo dopo ogni 2 minuti.
ATTENZIONE: il rinforzo non viene somministrato a fine intervallo indipendentemente
dalla presenza di una risposta (in altre parole il rinforzo rimane contingente).
2. Nel caso dell’intervallo variabile il rinforzo viene somministrato dopo un periodo di
tempo che varia di volta in volta in maniera imprevedibile pere il soggetto.
Per esempio se si parla di V.I.:1,5 MIN (Variable Interval:1,5MIN intervallo
variabile:1,5minuti) si intende che il rinforzo verrà somministrato di media dopo ogni
1,5 minuti.
La media, come in precedenza, prevede un range che può essere da 1 a 2 minuti.
Se si parla di VI: 5MIN il rinforzo verrà somministrato di media ogni 5 minuti con range
probabilmente da 2,5 a 7,5 minuti.
Anche in questo caso il rinforzo segue la risposta che avviene a scadenza (dopo la
fine) dell’intervallo.
CASO: John, bambino di 7 anni bianco
Problemi comportamentali:
- autolesionismo
- aggressività
- pianto
Problemi di sviluppo non specifici
- Paura dell’acqua
- Paura dell’altezza
L’intervento iniziava con la presentazione dell’obiettivo da raggiungere e le cose da
fare e includeva:
presenza del terapista (deve essere una persona che il bambino conosce)
inibizione reciproca
modellamento (è una forma di prompt visivo, fa vedere al bambini cosa ci si aspetta
da lui)
prompt/incoraggiamenti (prompt fisico)
rinforzi (servono a motivare il bambino)
gradualità (passaggi) – desensibilizzazione graduale (es. progressivo avvicinamento
alla vasca)
Si prevedeva un’unica sessione di trattamento di 3 ore.
L’intervento per superare la paura dell’acqua (vasca) era eseguito a casa.
I passaggi inseriti nella procedura includevano
1. non ci prova
2. si ferma alla porta
3. si ferma a circa un metro dalla vasca
4. si ferma a pochi centimetri dalla vasca
5. tocca la vasca
6. sta in piedi con una gamba nella vasca con acqua
7. sta in piedi con entrambe le gambe nella vasca con acqua ma resta meno di 30 sec
8. sta in piedi con entrambe le gambe nella vasca con acqua più di 30 secondi
9. si siede nella vasca con acqua per meno di 30 secondi
10. si siede nella vasca per più di 30 secondi
L’intervento per superare la paura dell’altezza era eseguito al Kennedy Krieger
Institute. I passaggi inseriti nella procedura includevano:
1. non ci prova
2. chiama l’ascensore
3. sale con l’ascensore di un piano
4. sale con l’ascensore di due piani
5. sale con l’ascensore di tre piani
6. sale con l’ascensore di quattro piani
7. sta in piedi a circa 1,5 metri dal parapetto del pianerottolo del quinto piano
8. sta in piedi a meno di 1,5 metri dal parapetto del pianerottolo del quinto piano
9. sta in piedi sul parapetto del pianerottolo quinto piano ma per meno di 30 sec
10. sta in piedi sul parapetto del pianerottolo del quinto piano per più di 30 secondi
DISEGNI SPERIMENTALI A SOGGETTO SINGOLO
1) ABAB (Reversal – Withdrawal)
2) Multiple Baseline
Across behaviors
Across settings
Across partecipants
3) Multiple probe
4) Alternating treatments
5) Cross-over
ABAB
(A) = baseline in cui non vi è la variabile sperimentale
Baseline 1 -> definiamo il comportamento target e osservando il bambino e vediamo la
frequenza delle risposte date (es. quante volte il bambino con disabilità motorie alza le
mani fino a toccare un microswitch)
(B) = si introduce la variabile sperimentale
Intervento 1 -> registriamo solo le risposte che il bambino da senza l’aiuto del prompt
(che daremo solo nel caso il bambino non risponde per molto tempo). Se notiamo un
notevole incremento dobbiamo togliere la variabile indipendente per verificare la
motivazione di tale comportamento.
(A) = si toglie la variabile sperimentale
Baseline 2 -> togliendo la variabile indipendente, la frequenza delle risposte date
diminuisce di nuovo. Questo dimostra che il miglioramento è dovuto al nostro
intervento e non a variabili ambientali.
(B) = si reintroduce la variabile sperimentale
Intervento 2 -> introducendo di nuovo la variabile indipendente possiamo notare di
nuovo un incremento delle risposte date. Anche questo conferma il nostro intervento.
La verifica del metodo si scontra con esigenze pratiche dei soggetti che possono
essere coinvolti: nel momento in cui il bambino ha dei miglioramenti con l’introduzione
della variabile sperimentale, andando a togliere le condizioni che hanno posto in essere
questo miglioramento, potrei danneggiarlo. Inoltre i genitori potrebbero opporre
resistenza a questo tipo di trattamento proprio per i motivi prima citati.
MULTIPLE BASELINE (risolve il problema posto con il metodo ABAB)
Si fanno misurazioni pre-intervento in entrambe le situazioni (es. numero di bocconi
consumati a pranzo e a colazione per un bambino con problemi di alimentazione).
Intervengo solo in una situazione (es. solo a pranzo) e se ottengo il miglioramento in
questa circostanza, utilizzo la seconda situazione (es. a colazione) come situazione di
controllo, ovvero non faccio alcun intervento in questa seconda situazione. Se noto che
il miglioramento è solo nella prima circostanza e non nella seconda significa che il
nostro intervento è stato efficace. Solo successivamente applicherò l’intervento anche
alla seconda situazione.
Il punto critico di questo metodo è l’esposizione dell’individuo al fallimento tutti i
giorni: ogni giorno il soggetto farà compiti che non è in grado di fare (quando è in
baseline).
Multiple Baseline Tasks
1. Definire i compiti plausibili per un ragazzo con disabilità multiple che proviene
da un centro diurno e fattibili per l’ambiente in cui operiamo (es. apparecchiare
la tavola e preparare un tramezzino)
2. Task Analysis per i due compiti (decidiamo gli steps per i due compiti)
3. Screening preferenze (ammettiamo che vada bene anche un rinforzo sociale, ad
es. un abbraccio)
4. Baseline: misurare quanti passaggi il ragazzo riesce ad effettuare in autonomia
per entrambi i compiti
5. Definire la variabile d’intervento e il disegno sperimentale.
Ammettiamo che in questo caso la variabile sia un libro nel quale alterniamo i
passaggi che il ragazzo deve fare con immagini di rinforzo (quindi utilizzo di un
sistema pittoriale)
6. Iniziare l’intervento applicando la variabile solo ad un compito e rimanendo in
baseline nel secondo compito
7. Ci aspetteremo che nel primo compito il ragazzo si migliori, mentre nel secondo
compito non vi sarà alcun miglioramento
8. Solo in questo caso applicheremo la variabile d’intervento al secondo compito
Multiple Baseline across partecipant
Baseline: registriamo il comportamento on task nei confronti dell’attenzione durante le
lezioni di matematica
Self recordng: introduciamo il nostro intervento ad un partecipante per volta. In questo
caso possiamo notare che il miglioramento avviene solo per il soggetto sottoposto ad
intervento e non in contemporanea agli altri soggetti. Questo esclude che il
miglioramento sia dovuto a variabili ambientali.
MULTIPLE PROBE
Effettuiamo una baseline su entrambi i compiti. Cominciamo l’intervento sul primo
comportamento e sul secondo non facciamo nulla (non facciamo alcuna baseline) finché
non abbiamo un significativo miglioramento. A questo punto ripetiamo la baseline sul
secondo compito: se dopo qualche sessione notiamo che il secondo compito non è
migliorato allora possiamo affermare che il nostro intervento è stato efficace. Questo
metodo risolve il problema etico posto nella MULTIPLE BASELINE in quanto non
esponiamo ogni giorno il soggetto al fallimento non facendogli compiere cose che non
sarebbe in grado di fare.
Disegni sperimentali per soggetti singoli non sono contemplati nell’ambito dei metodi
convenzionali/statistici; sono però contemplati nella letteratura sui processi di
apprendimento.
Soggetto affetto da “drooling”: incapace di controllare la salivazione
Riguardo alla procedura di intervento possiamo fare ricorso a:
1) rinforzi per essere liberi dalla saliva
2) pratica positiva per essere bagnati
I rinforzi e la pratica positiva potrebbero essere inizialmente applicati secondo un FI=1
minuto.
Il disegno sperimentale che usiamo va sotto il nome di MULTIPLE PROBE ACROSS
SITUATION (SETTINGS).
Supponiamo che la nostra raccolta dati avvenga in tre situazioni rappresentative per il
nostro soggetto:
- la classe
- uscita sociale
- lezione di cucina
Supponiamo che in ciascuna delle situazioni osserviamo per sessioni di 20 minuti.
A questo punto possiamo parlare di:
1) procedura di intervento
2) disegno sperimentale
Il disegno sperimentale è un accorgimento metodologico che ci consente di essere
ragionevolmente sicuri che il cambiamento a cui assistiamo durante l’intervento
dipende dall’intervento piuttosto che da altro.
- Si inizia raccogliendo sessioni di baseline in ciascuna situazione
- Si passa poi ad applicare l’intervento nella prima situazione (la classe)
- Quando c’è un miglioramento nell’ambito della classe si hanno nuove sessioni di
baseline nelle altre due situazioni (sociale e cucina)
- Se non c’è cambiamento in queste situazioni si passa ad applicare l’intervento nel
contesto sociale e si continua quello nella classe
- Quando c’è un miglioramento nel contesto sociale si eseguono nuove sessioni di
baseline nella terza situazione (cucina)
- Se non c’è cambiamento si inizia l’intervento anche in questa situazione
Eventualmente si passa ad allungare FI da 1 minuto a 2 o più minuti.
Se avessimo utilizzato il metodo MULTIPLE BASELIBE ACROSS SETTINGS avremmo
continuato le baseline nella seconda e terza situazione mentre attuiamo l’intervento
nella prima situazione. Stessa cosa avremmo fatto con la terza situazione durante
l’intervento nella seconda situazione.
ALTERNATING TREATMENTS
Ci permette di comparare l’efficacia di due metodi in contemporanea.
Ad esempio per insegnare ad un individuo con disabilità a preparare la tavola
utilizzeremo un libricino con immagini pittoriali, mentre per insegnare a preparare un
tramezzino utilizzeremo come metodo di insegnamento un sistema computerizzato.
Effettueremo 30 sessioni di insegnamento con entrambi i metodi e poi attueremo un
cross over, ovvero scambieremo i metodi di insegnamento per i compiti da apprendere.
RESPONSE COST
Questa procedura implica l’applicazione di un costo alla risposta negativa. Perché si
possa applicare un costo, il bambino deve avere un “credito”.
Supponiamo di lavorare con i “tokens” e che il bambino sia in grado di guadagnare
queste forme di rinforzo da spendere poi per ottenere dei benefici nel contesto
giornaliero. Il costo della risposta potrebbe essere inteso come la perdita di alcuni
tokens guadagnati ad ogni occasione in cui la risposta negativa si presenta. Dal
momento che il bambino non vorrà perdere i tokens si ingegnerà a limitare la sua
risposta negativa.
CASO:
Supponiamo di dover trattare un bambino con problemi di iperattività nella classe.
Utilizziamo dei tokens per il rinforzo e la response cost per limitare la risposta
negativa.
- Definizione del comportamento target
- ABC (il soggetto esibisce il comportamento iperattivo soprattutto nei compiti di
italiano e matematica e l’insegnante spesso interviene per bloccare tali atteggiamenti)
- Screening preferenze
- Sistema di registrazione dei dati (sistema ad intervalli per registrare il
comportamento on task)
- Pacchetto di intervento = prompt diretti + token economy + response cost
I prompt diretti lo aiutano a stare on task. Coinvolgiamo altri due bambini, creiamo un
trio e li mettiamo a lavorare insieme durante i compiti. Utilizziamo la token economy
durante la quale gli individui ricevono dei token (ossia si fa una lista di cose preferite
al soggetto e il soggetto deve avere un minimo numero di crediti per accedere a
queste cose preferite; per ottenere tali crediti deve compiere determinati compiti).
Possiamo dare un rinforzo ad intervalli variabili (ad ogni intervallo possono acquisire o
perdere un token) dove l’insegnante osserva ogni minuto se i comportamenti dei tre
soggetti sono on task e se tutti e tre sono on task distribuisce ad ognuno di loro un
token. Se l’insegnante vede che anche solo uno dei tre non è on task può prelevare un
token, ossia ne riprende uno da ogni soggetto al fine di intensificare l’intervento
(response cost = si basa su un rinforzo positivo).
- Disegno sperimentale: abbiamo due trii di soggetti (uno a cui viene assegnato il
compito di matematica e uno a cui viene assegnato il compito di italiano).
Procediamo con la baseline nelle due situazioni per vedere in quanti intervalli tutti i
soggetti sono on task e in quanti non lo sono. Facciamo l’intervento nel compito di
matematica, ma non facciamo niente nell’altro compito. Cerchiamo di vedere se il
comportamento on task cresce nel compito di matematica; se questo accade facciamo
la baseline anche per il compito di italiano e se non notiamo alcun cambiamento in
quest’ultima situazione possiamo introdurre l’intervento anche in tale circostanza.
GUIDA AI CASI
CASO 1:
Bambino di quarta elementare che è stato adottato a 4 anni e ha passato 3 anni in
orfanotrofio. Presenta tratti di autismo, forme di autolesionismo (spellarsi le dita,
picchiarsi in maniera non troppo aggressiva), verbalizzazioni inappropriate e gesti fisici
inappropriati.
Analisi funzionale su quattro situazioni e, contrariamente a quanto si potesse pensare,
tali problemi si presentano più frequentemente quando è da solo. Nel momento in cui il
comportamento aberrante è più frequente da solo l’ipotesi è che questi comportamenti
siano forme di stimolazioni di per sé rinforzanti (rinforzo automatico).
Al bambino veniva data la possibilità di ascoltare della musica a basso volume tramite
auricolari ma quando si osservava un comportamento inappropriato veniva applicata
una procedura di response cost (in questo caso il rinforzo viene dato continuamente)
nel quale gli venivano tolti gli auricolari per 15 secondi.
Durante la baseline veniva registrata una percentuale del 60% di comportamenti
problematici e durante l’intervento questa percentuale si riduceva al 11%.
ATTENZIONE! L’efficacia di tale metodo non è in dubbio ma tale procedura non è
costruttiva perché il bambino non impara comportamenti alternativi che migliorano le
performance ma riducono solo il comportamento aberrante nel bambino.
POSSIBILE CORREZIONE AL PROGRAMMA: aggiungere una risposta adattiva metterà
il ragazzo nelle condizioni di essere attivo perché quest’ultimo vorrà ascoltare sempre
più musica. Rinforzeremo tutte le risposte adattive a patto che siano lontane da
comportamenti aberranti (altrimenti interromperemo la musica). Tutto ciò favorirebbe
il sorgere di forme di autocontrollo.
CASO 2:
Ad un individuo di 26 anni sono riscontrati problemi psichiatrici, ritardo mentale e
comportamenti esplosivi occasionali. Nel tempo libero preferiva occupazioni sociali
nella comunità nel quale interagiva in maniera adeguata. La verbalizzazione era di tipo
perseverativo e ritualistico. E’ ossessionato da tutto quello che riguarda il bagno
(problemi di evacuazione, ecc…).
ABC preliminare senza riscontrare collegamenti tra il comportamento e l’ambiente.
BASELINE iniziale dove viene registrato il numero di comportamenti negativi.
INTERVENTO – FASE 1: Il ragazzo poteva avere nel pomeriggio il suo snack preferito
solo se le verbalizzazioni negative erano 12 o inferiori (DRL = Rinforzo dell’individuo
per basse frequenze di comportamento). E’ stato ovviamente utilizzato un sistema di
registrazione a frequenza.
INTERVENTO – FASE 2: All’inizio della giornata il ragazzo riceveva 15 tokens e ogni
volta che manifesta un evento di verbalizzazione perseverativa compulsiva gli veniva
ritirato un token. Gli si consentiva di poter consumare il suo snack preferito alla sera
solo se non aveva terminato tutti i token.
Ripetere INTERVENTO – FASE 1 e poi INTERVENTO – FASE 2.
Disegno sperimentale A-B1-B-B1.
Durante la fase di baseline in media la frequenza di situazioni perseverative era di
circa 15 al giorno.
Durante la fase A cala fino ad una media di circa 15.
Durante la fase B1 cala fino ad una media di circa 2-3 al giorno.
Si torna alla fase B e la frequenza del comportamento cresce fino a 4 eventi al giorno.
Si torna di nuovo alla fase B1 e la frequenza media del comportamento scende a meno
di un evento al giorno.
ATTENZIONE! Il problema consiste nella rinuncia alla costruzione di un
comportamento alternativo positivo in quanto i token non vengono dati
contingentemente allo stesso ma all’inizio della giornata di default in maniera gratuita.
Il ragazzo non presenta più il problema ma non ha appreso nulla di utile e alternativo al
comportamento negativo.
POSSIBILE CORREZIONE AL PROGRAMMA: applichiamo il DRA (Differential
Reinforcement Alternative Behaviour) e se entro 5 minuti il soggetto presenta una
frase alternativa al linguaggio perseverativo gli daremo un token (token ad intervalli
fissi ogni 5 minuti). Allo stesso tempo manteniamo la procedura di response cost che
continua a fargli perdere dei token se presenta un comportamento compulsivo, ma gli
da anche la possibilità di acquisire token.
CASO 3:
Un ragazzino di 8 anni ha una diagnosi di autismo e le sue abilità verbali sono limitate a
singole sillabe. Ha problemi comportamentali che prevedono autolesionismo e sputare
sulle superfici. Il comportamento è mantenuto da un rinforzo automatico (avviene in
maniera molto frequente quando è da solo) e che produce un’economia utile
all’individuo stesso.
Una sessione al giorno di 15 minuti
A = Baseline nella quale due persone presenti nella stanza ma ignorano il
comportamento dello sputare e ne prendono solo nota. Registrazione dati a frequenza
(quante volte sputa).
Frequenza media dei comportamenti = 4 per sessione
B = Presenza di oggetti interessanti per il ragazzo. Ci sono sette oggetti e si incoraggi
il ragazzo a giocare con questi oggetti. Si suppone che la stimolazione prodotta dal
giocare possa sostituire o compensare il comportamento aberrante dello sputare.
Frequenza media dei comportamenti = uno o meno per sessione
A = Baseline
Frequenza media dei comportamenti = superiore a 4 per sessione (riscontrato nella
prima baseline)
B = Presenza di oggetti interessanti
La frequenza dei comportamenti aberranti risale perché l’effetto novità dei giochi è
molto basso.
C = Il ragazzo ha continuo accesso ad una radio giocattolo (oggetto preferito) per la
durata di tutta la sessione. La musica emessa dalla radio può essere una componente
aggiuntiva per la stimolazione.
Calo del comportamento ma poi il comportamento risale perché il ragazzo ha libero
accesso al gioco.
D = La radio è a disposizione per tutto il tempo ma viene applicata una response cost,
ovvero quando l’individuo manifesta un comportamento aberrante, la radio gli viene
tolta per 10 secondi.
Calo drastico della frequenza del comportamento aberrante.
C = Accesso continuativo alla radio
La frequenza del comportamento aberrante risale.
D = Response Cost
Il comportamento aberrante è quasi nullo.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher andrew9313 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dell'apprendimento e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Bari - Uniba o del prof Lancioni Giulio.
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