Anteprima
Vedrai una selezione di 6 pagine su 22
Psicologia del lavoro e delle organizzazioni - Appunti Pag. 1 Psicologia del lavoro e delle organizzazioni - Appunti Pag. 2
Anteprima di 6 pagg. su 22.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Psicologia del lavoro e delle organizzazioni - Appunti Pag. 6
Anteprima di 6 pagg. su 22.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Psicologia del lavoro e delle organizzazioni - Appunti Pag. 11
Anteprima di 6 pagg. su 22.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Psicologia del lavoro e delle organizzazioni - Appunti Pag. 16
Anteprima di 6 pagg. su 22.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Psicologia del lavoro e delle organizzazioni - Appunti Pag. 21
1 su 22
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

-ORGANIZING:

-OTTIMO:

-PARTE:

-PARTECIPAZIONE:

-PATH DEPENDENCE:

-PERSISTENZA:

-POSITIONING:

-POTERE: non risiede negli attori sociali, ma all'interno della loro relazione. E' proprio nella

dimensione relazionale che si giocano i diversi rapporti di potere caratteristici, secondo Etzioni, di

differenti tipologie di organizzazioni: vi sono le organizzazioni coercitive (prigioni, istituti

psichiatrici), remunerative (fabbriche), normative (chiese, associazioni di volontariato),

postindustriali (networks, joint ventures). Le fonti di potere sono molteplici, tuttavia l'autorità,

richiamando la gerarchia organizzativa, rappresenta la più ricca risorsa per chi vuole esercitare

potere. Le altre fonti di potere sono: il carisma e tutte quelle disposizioni personali che hanno a

che fare con l'efficienza sul lavoro, una forte socialità e una buona dose di creatività; le

conoscenza tecniche che riguardano la competenza specifica e riconosciuta socialmente; infine

l'opportunità di accedere e controllare risorse rare, utili per l'organizzazione. la capacità di gestire e

controllare quelle aree di incertezza di cui tutte le organizzazioni fanno esperienza. Secondo

Pfeffer, per esempio, il potere deriva dalla capacità di offrire un qualcosa che l'organizzazione

tiene in gran conto e che può essere ottenuto solo da un particolare attore sociale e la gestione

dell'incertezza è un compito cruciale nelle organizzazioni. Si può sviluppare potere: creando

dipendenze negli altri: lavorando in aree dove c'è una forte incertezza, coltivando la propria

centralita in aree importanti, diventando insostituibili per certi compiti gestendo l'incertezza al posto

di altri cercando di prevedere e contenere gli elementi incerti sviluppando contatti personali

aggiornandosi. Si può utilizzare il potere per: gestire il flusso di informazioni gestire il da farsi

controllare i criteri decisionali cooptare e gestire coalizioni informali, come nelle relazioni tra

fornitori e clienti portare esperti esterni per rafforzare la propria posizione

-PRESUNZIONE: Un aspetto del carattere che connota un’eccessiva sicurezza delle proprie

convinzioni senza verificarne la veridicità. Sui dizionari etimologici della lingua italiana, questo

termine deriva dal latino "presumptus", che significa, giudizio fondato su indizi o principi di prova:

che si suppone vero fino a prova contraria. Possono essere diversi i fattori che portano alla

presunzione ma riconducibili tutti, in fondo, ad apprendimenti scorretti. Una persona è

presuntuosa, riguardo ad esempio, alla condizione di poter essere eccessivamente bravi, perché è

superficiale e non è in grado di osservare la realtà in una maniera corretta. Con la presunzione

positiva, ad esempio, un essere umano si sente preparato in un settore e lo dimostra con i fatti,

anche se viene criticato dagli altri. Invece, la presunzione negativa è più diffusa, perché nella

Società di oggi ci sono tante persone che, nel porgersi al mondo esterno hanno un

comportamento arrogante, presuntuoso, sono convinti di sapere tutto e cercano di porsi sempre al

centro dell’attenzione. Forse tutto questo accade perché l’essere umano si sente insicuro, ha

paura di affrontare la realtà, di mettersi in discussione e ascoltare gli altri. La presunzione positiva

si evidenzia quando si presume qualcosa e poi si dimostra di aver ragione. Negli altri casi si offre

la prova di essere, quantomeno, poco accorti. C’è da aggiungere che, anche il presuntuoso

positivo, comunque, è un individuo che fa pesare le proprie opinioni: non è che sia molto

conciliante perché, altrimenti, farebbe accettare la propria tesi senza scontrarsi e senza portare

avanti le proprie idee a qualunque costo. Tranne qualche caso in cui si portano delle innovazioni a

cui gli altri si oppongono, possiamo dire che il presuntuoso positivo non è una persona matura

perché, altrimenti, cercherebbe una strada per farsi accettare anche dalla Società.

Metaprocesso: insieme di processi coordinati e coerenti

PROCESSI PSICODINAMICI: l'insieme di meccanismi e processi psichici sottesi al

comportamento e più in generale alla personalità di un individuo, preso singolarmente o in

relazione ad altri. È ormai impossibile parlare di psicodinamica senza riferirsi all'inconscio, dal

momento che, dalla rivoluzione psicoanalitica in poi, i processi mentali legati al comportamento

manifesto sono considerati attraverso un'ottica inconscia, vale a dire agenti "sotto" il livello di

consapevolezza. La branca della psicologia che studia, analizza e descrive gli aspetti della

psicodinamica è la psicologia dinamica, sviluppatasi ampiamente grazie al contributo di Sigmund

Freud, tanto che ormai è quasi usata come sinonimo di psicoanalisi e della stessa psicodinamica

di cui studia i meccanismi. L'accezione "dinamica" sta ad indicare prevalentemente l'esistenza di

forze o attività psichiche che possono interagire o entrare in conflitto, dando origine a

caratteristiche di personalità e comportamenti che, se pervasivi e disadattivi, sono considerati

come sintomi di un disturbo psichico.Il concetto di conflitto psichico è centrale nella psicologia

dinamica, e si riferisce primariamente all'idea freudiana del costante conflitto fra desiderio e difesa,

vale a dire fra un movimento verso un oggetto, un obiettivo ed una serie di "impedimenti" dettati

dalla morale o da altre regole comportamentali apprese. Questa definizione sembrerebbe

circoscrivere l'interesse della Psicologia Dinamica al ramo delle nevrosi, benché si siano

sviluppate, nel corso del tempo, delle teorie psicodinamiche relative a disturbi diversi, come le

psicosi ed i disturbi di personalità, relative al rapporto con la realtà ed alle relazioni. Gli stessi

modelli psicodinamici, intesi nell'accezione storica originaria "pulsionalista" di inizio novecento (ed

attualmente in buona parte superati e revisionati), sono accomunati dalla concezione del

funzionamento mentale come il risultato di un conflitto. Il conflitto è dato dalla opposizione tra

potenti forze inconsce che richiedono l’espressione e la soddisfazione immediata, e forze opposte

che impongono un controllo, e limitano l’espressione reprimendola o permettendone la

soddisfazione in modalità socialmente accettabili. Il conflitto, in altri termini, può essere

concettualizzato come la contrapposizione tra un desiderio ed una difesa contro il desiderio

stesso.

-PROTEZIONE:

-PSICOLOGIA CLINICA DELLE ORGANIZZAZIONI: La psicologia delle organizzazioni si occupa

dell'analisi psicologica del comportamento di individui e gruppi in relazione al funzionamento delle

organizzazioni. In questo campo l'individuo è visto come un soggetto membro di un gruppo definito

organizzazione. Vengono analizzati i sistemi di interdipendenza tra individui ed organizzazione che

portano al raggiungimento di uno scopo comune e le relazioni che possono portare miglioramenti

all'interno del gruppo. Tutto ciò si attiva facendo delle analisi in ambito clinico e si possono mettere

in atto progetti.

REGOLE E METAREGOLE: Oltre alle regole esistono poi le metaregole, cioè le regole circa il

porre le regole. È importante conoscere l’esistenza di queste regole perché quella sul diritto a

porre le regole è una lotta di potere che spiega molti futili litigi che altrimenti sarebbero

incomprensibili.

-RELAZIONE: i riferisce al rapporto che intercorre tra due o più individui. Queste relazioni si

possono basare su sentimenti (come amore, simpatia, amicizia) come anche in base a passioni

condivise e/o ad impegni sociali e/o professionali. le relazioni sociali hanno luogo in ogni contesto

umano: dai rapporti di amicizia, alla famiglia a qualsiasi forma di aggregazione umana. Parlando

di relazioni di coppia ci si riferisce spesso ad un rapporto sentimentale e/o intimo tra due persone

come ad esempio nella coppia di amanti, o nella coppia genitoriale o nel rapporto genitore-figlio.

Nessun essere umano può vivere completamente solo, noi siamo “animali sociali”: senza relazioni

interpersonali non esisterebbe la società in cui viviamo, queste ci permettono di scambiare opinioni

e di imparare l’uno dall’esperienza dell’altro. Le persone comunicano sia con le parole, il

linguaggio verbale, sia attraverso i comportamenti, il linguaggio non verbale: attraverso lo

sguardo, ad esempio, entriamo in contatto con l’altro che può o ricambiare lo sguardo oppure

abbassare lo sguardo sentendosi intimidito, avvertendo l’invadenza di chi lo sta guardando. Le

stesse cose, dette o fatte in ambienti diversi, nel proprio gruppo o fuori da esso, provocano negli

altri reazioni diverse. Le relazioni interpersonali soddisfano il nostro desiderio di avere amore,

affetto, rispetto, protezione, aiuto, consigli. Purtroppo, però, nulla è dovuto: non tutte le relazioni

hanno un buon risultato, ci sono relazioni interpersonali che fanno soffrire ma ciò non significa

che non si deve rischiare, perché da soli non si può vivere e perché le relazioni con gli altri ci

aiutano a crescere. Avere relazioni interpersonali significa, infatti, apprendere la capacità di

mediare tra diversi punti di vista, una capacità fondata sul rispetto reciproco che permette a tutti di

esprimere il proprio parere. La prima relazione umana è quella che stabiliamo con la nostra

famiglia nella quale siamo cresciuti: nei primi anni impariamo che noi e gli altri siamo persone

distinte, separate, ognuno ha i propri pensieri, pregi e difetti, diritti e doveri, e vengono stabilite, in

seguito, delle regole di comportamento che ci accompagneranno per tutta la vita. I figli crescono e

tra genitori e figli cominciano i litigi: quando la situazione si surriscalda ogni genitore ha un

bagaglio di frasi tipiche (“Ai miei tempi..”, “Questa casa non è un albergo..” ecc.). Sta di fatto che

ogni generazione si sente più sfortunata di quella che la segue e più furba di quella che la precede:

i genitori pensano che il figlio abbia più di quello che hanno avuto loro e il figlio pensa che loro

non capiscano ciò che lui prova. Lo stesso sarà successo ai nostri genitori con i loro genitori e via

all’indietro, all’infinito: ad una certa età, specie durante l’adolescenza, diventa importante litigare

con i propri genitori. Litigare è un modo per prendere le distanze e tracciare le differenze: “questo

sono io – questo sei tu, tu sei mio padre, tu sei mia madre, non siamo la stessa persona, la

pensiamo diversamente”. In questo senso, litigare è un modo per superare il dolore e il senso di

colpa do

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
22 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/06 Psicologia del lavoro e delle organizzazioni

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher walis1987 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bergamo o del prof Morelli Ugo.