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LA NEGOZIAZIONE
La negoziazione rappresenta la strategia relazionale volta a trasformare una situazione
conflittuale in una opportunità di crescita e sviluppo.
Da una negoziazione si può uscire in tre modi:
Come coloro che hanno perso
Come coloro che hanno vinto
Come coloro che hanno generato valore (materiale e relazionale)
Due soggetti posso incontrarsi per negoziare la soluzione di un conflitto entrando in trattativa
con rappresentazioni totalmente diverse delle caratteristiche del conflitto in cui sono coinvolti.
È questa la prima forma di ambiguità che un buon negoziatore deve saper fronteggiare. Tale
presa di prospettiva è prioritaria.
Lo schema del conflitto di un negoziatore è la risultante dinamica di un insieme di fattori
quali la sua personalità, le sue esperienze pregresse, i sentimenti verso la controparte e la
percezione dei “veri” interessi di questa, il suo orientamento sociale…
Ecco una serie di categorie volte a classificare gli scenari con cui si rappresentano i potenziali
conflitti:
Relazionale o materiale
Vittoria o vittorie (un vincitore soltanto oppure accordi win-win)
Principio o fine (gli individui si aggrappano a questioni di principio quando vedono a
rischio la propria identità, integrità, dignità)
Cruciale o marginale (più la posta in gioco è elevata, più è difficile elaborare pensieri
equilibrati e sereni)
Lungimiranza o miopia (vedere la trattativa in più tappe oppure individuare un solo
punto d’arrivo)
Uniti o divisi (le stime di affidabilità sulla controparte dipendono dal livello di
omogeneità piuttosto che di divergenza con la controparte)
Parziale o imparziale (in situazione delicate può essere richiesto l’intervento di un
consulente esterno come mediatore)
escalation
Attacco o difesa (alla base di ogni vi è una discrepanza tra le percezioni
delle parti: ciascuno ritiene che l’aggressione da lui attuata sia una giusta reazione
difensiva per pareggiare i conti)
Analogia o distinzione (un conflitto spesso si complica quando le parti sono portatrici
di analogie tra loro incompatibili)
Necessità o opportunità (in alcuni le parti sono obbligate a giungere ad un
compromesso, in altri casi, invece, può essere vantaggioso il mancato accordo ed il
mantenimento dello status quo)
Serrato o dilatato (I migliori accordi richiedono fiducia, comunicazione, creatività. Tali
fattori si esprimono al meglio in condizioni di bassa pressione temporale)
Pubblico o privato (Il ritenere che ciò che avviene all’interno dell’arena negoziale sia
tutelato da riservatezza piuttosto che soggetto a divenire pubblico può avere
importanti influenze sulla strategia)
Un’importante distinzione si opera tra le negoziazioni caratterizzate da un’unica dimensione
di valore, cioè centrate su un’unica questione oggetto di discussione definite “trattative
mono-issue”, e le negoziazioni caratterizzate dalla compresenza sul tavolo di molteplici
questioni definite “trattative multi-issue”.
In tutti e due i casi è possibile identificare tre valori chiave per ogni questione negoziale:
La richiesta d’apertura è la proposta con cui il negoziatore entra nella trattativa, e si situa
al polo positivo della questione negoziale.
Il valore-obiettivo è più moderato rispetto alla richiesta d’apertura ed è influenzato da
fattori quali: il livello di aspirazione del negoziatore, la percezione dell’interesse della
endowment,
controparte a concludere, l’effetto dotazione ( cioè la tendenza a sovrastimare il
valore di un bene per il solo fatto di possederlo).
Il limite e cioè il valore sotto il quale è preferibile abbandonare il tavolo negoziale piuttosto
che conlcudere un accordo.
Ci sono diversi modi per definire il proprio limite:
- Stimare la propria Batna (best alternative to the negotiation agreement), ovvero il
rendimento migliore che si potrebbe ottenere negoziando con una controparte alternative
all’attuale.
- Calcolare il proprio punto di break-even, ovvero il livello in cui i guadagni prodotti
dall’accordo sono sufficienti solo per coprirne i costi.
- Definire il proprio limite è renderlo pubblico: può costituire un limite operativo o una
strategia per scoraggiare la controparte
Spazio di trattativa: consiste nella distanza positiva tra i punti di indifferenza dei
negoziatori. Sussiste solo nei casi in cui il massimo che una parte è disposta a concedere sia
superiore al minimo che l’altra è disposta ad accettare.
Pruitt e Carnevale distinguono quattro principali tattiche per indebolire la controparte e
strapparle concessioni.
1. Minacciare la controparte, prospettandole la possibilità di subire una perdita
2. Esercitare una pressione sulla controparte attraverso una costante e continua azione di
logoramento
3. Dichiarare una posizione irremovibile che prospetti il fallimento della trattativa
4. Impiego di argomentazioni persuasive finalizzate a influenzare i comportamenti della
controparte
Tra le strategie distributive possiamo elencare:
Il contrasto: consiste nel sovrastimare le proprie richieste iniziali debuttando in
Massima Posizione Plausibile
trattativa con la propria (Mpp)
La reciprocità: consiste nel dimostrarsi per primi disponibili a fare piccole concessioni
La riprova sociale: nell’esprimere le loro valutazioni, gli individui tendono a prendere
in considerazione le opinioni e i comportamenti degli altri, specialmente se questi sono
percepiti come somiglianti a sé. Lo stratagemma consiste nel convincere la controparte
che molti altri individui ritengono interessanti le nostre proposte
Coerenza: coinvolgere la controparte mediante l’investimento temporale
L’attrazione: un negoziatore che ambisce ad essere persuasivo deve conquistare la
benevolenza della controparte: familiarità, gradevolezza del proprio aspetto fisico,
apparire simile alla controparte, tendenza a provare sentimenti positivi verso le
persone che sentiamo alleate nel raggiungimento di un obiettivo comune
Sempre secondo Pruitt e Carnevale sono tre le fasi principali di una trattativa:
I. Avvio: caratterizzata da prese di posizione e “prove di forza”
II. Sviluppo: attività di comunicazione e problem solving
III. Definizione: caratterizzata dalla pianificazione della distribuzione delle risorse
generate dalla fase precedente
Svantaggi dell’impiego di strategie distributive sono:
Provocare sospetto e chiusura nella controparte
Instaurare un clima di sfiducia e di competizione
Spingere la controparte a ingegnarsi per manipolarci a sua volta
Rendere i ragionamenti più ottusi e fallaci
Axelrod propone un insieme di quattro strategie fondamentali per uscire da queste spirali.
La prima strategia consiste nell’avere il coraggio di dare l’esempio astenendosi
dichiaratamente e fattivamente dall’impiego di stratagemmi o nell’avere la trasparenza di
ammetterlo.
La seconda strategia è quella di evitare sia di conoscere i rendimenti che un accordo potrebbe
generare per la controparte, sia di confrontarli con i propri.
La terza strategia consiste nell’essere pronti a elevare il proprio stile negoziale verso un
approccio cooperativo, qualora la controparte ci stia dimostrando di negoziare in modo più
maturo e onesto.
La quarta strategia consiste nel tit for tat (occhio per occhio): rispondere ad ogni tattica
distributiva con un’altra, a ogni apertura integrativa con un gesto di collaborazione.
In una negoziazione integrativa, l’obiettivo dei negoziatori diviene quello di raggiungere un
accordo Pareto-ottimale che consenta a entrambe le parti di uscire vincitrici.
In questa situazione le parti possono immaginarsi come due comparti, impegnate a sostenersi
reciprocamente.
Tra le trappole cognitive quella più pervasiva è la distorsione della torta fissa, ovvero la
convinzione che la propria controparte voglia le stesse cose che vogliamo noi e con la stessa
intensità.
Le trappole di tipo emotivo, invece, si possono suddividere in quelle di tipo relazionale e
quelle di tipo motivazionale. Tra le prime vi è fondamentalmente la mancanza di fiducia
verso la controparte.
Pruitt e Rubin hanno proposto un modello delle motivazioni del negoziatore definito dalle due
dimensioni tipiche dei contesti a motivazione mista: l’orientamento verso la
massimizzazione dei propri interessi e l’orientamento verso la massimizzazione
degli interessi della controparte.
Quando prevale la prima dimensione sarà caratterizzata da comportamenti di contesa
(contending).
Quando prevale la seconda predomineranno gli atti di concessione (yelding).
Quando entrambe sono deboli prevarranno l’inazione e la propensione a ritirarsi dalla
trattativa (withdrawing).
Quando entrmbe sono forti si avrà la configurazione motivazionale ideale per sostenere la
negoziazione integrativa (problem solving).
PSICOLOGIA DEI CONSUMI E MARKETING
La psicologia dei consumi nasce tra le due guerre mondiali, quando il sistema di produzione
arricchisce l’offerta al di là dei generi di prima necessità.
Quando la varietà non era ancora così alta, la questione della previsione delle scelte dei beni
e dei servizi veniva agevolmente risolta classificando i consumatori. Questi venivano cioè
attribuiti a categorie.
Sulla base di queste aggregazioni si potevano prevedere in larga misura i tipi di consumo.
Alla fine del secolo scorso, però, questo quadro aveva cambiato cornice.
Sul piano teorico assistiamo a una rivoluzione strisciante, con l’affievolirsi della scuola
psicologica chiamata comportamentismo e l’affermarsi della psicologia cognitiva.
Prevaleva, soprattutto negli Stati Uniti, un’impostazione metodologica di ispirazione
comportamentistica, e di conseguenza la possibilità di costruire una “teoria dei gusti” dei
consumatori si riduceva di fatto alla proposta di modelli basati sulle cosiddette “preferenze
rivelate”.
Il semplicismo di una “teoria dei gusti” dei consumatori ricondotta a un ordinamento di
preferenze verrà in seguito ridicolizzato dagli stessi economisti.
Alla fine del 1940 potremmo definire i capisaldi della psicologia ingenua degli economisti, cioè
gli assunti psicologici che, più o meno consapevolmente, venivano presupposti nella
costruzione di un modello dei consumi:
- Il comportamento di consumo di ciascun individuo è indipendente da quello di tutti gli altri
individui.
- Le decisioni di consumo non dipendono dai contesti di scelta ma dalle preferenze deg