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STRESSOR).

Questi derivano dal contesto ambientale (eccessi livelli di rumore, temperature elevate, scarsa

illuminazione), dal contesto organizzativo (partecipazione e controllo della situazione, ruolo sociale,

possibilità di carriera, rapporto colleghi ecc) e dal contenuto dell’attività lavorativa (mezzi di lavoro, carico

del compito, cattiva assegnazione del compito)

Stressor recenti sono:

o Tecnostress: uso delle nuove tecnologie, situazioni connesse con la flessibilità occupazionale

(essere sempre reperibili, disponibili)

o Sexual herassment: E’ anche un rischio psicosociale, e riguarda comportamenti di invadenza e

minaccia a sfondo sessuale le cui vittime sono soprattutto le donne

o Mobbing: E’ anche un rischio psicosociale, e riguarda violenze sistematiche su un lavoratore

perpetrate da superiori e colleghi)

Dunque queste teorie analizzano i fattori di stress, che se non regolati e gestiti bene, causano stress

occupazionale.

3) APPROCCI DI INTERAZIONE E TRANSAZIONALI

Queste teorie si interrogano sul perché lo stesso stressor non incide in modo uguale sugli individui. Le

persone infatti non reagiscono e rispondono tutti allo stesso modo di fronte agli stress. E’ importante

dunque considerare la soggettività dell’individuo e il rapporto individuo-contesto. Pongono attenzione

all’intero processo: stimoli, variabili intervenienti, persona e affermano che i fattori di stress potenziali non

operano in modo automatico ma sono necessarie condizioni di interazione con la persona.

Dunque lo stress è l’intero processo che porta il soggetto a vivere una situazione di malessere, lo stressor è

lo stimolo e lo strain è la risposta psicofisiologica e comportamentale che il soggetto mette in atto quando

viene sollecitato da stimoli ambientale, dagli stressor.

→ Come approccio interazionale abbiamo il modello di Karasek il quale considera la relazione ambiente-

individuo. Egli afferma che ogni lavoro ha delle caratteristiche specifiche che vengono filtrate e valutate

dalle percezioni del soggetto. Le percezioni si rifanno a due dimensioni:

1) Il controllo: Possibilità di prendere decisioni sul compito e sulle mansioni;

2) Domanda: Richieste poste al lavoratore (ritmi, impegno richiesto)

Il sostegno sociale è un fattore moderatore, interveniente che può influenzare le conseguenze indotte dalla

percezione della minaccia ambientale.

Secondo Karasek, un’alta domanda dall’ambiente lavorativo ma un basso controllo genera maggiore strain.

Dunque i lavori più stressanti sono quelli ad alta domanda e basso controllo che si manifestano con ansia,

depressione dovuto all’elevato carico di lavoro. I lavori attivi sono invece quelli ad alta domanda e alto

controllo in cui la persona può esprimere tutte le sue potenzialità.

I lavori a bassa domanda e alto controllo causano basso strain e non creano tensione psicologica. Si

possono definire rilassanti e i lavoratori sono soddisfatti.

I lavori passivi, a bassa domanda e basso controllo, creano tensione psicologica e malessere. La persona

infatti non ha la possibilità di esprimere le sue capacità per cui diminuiscono le abilità e le capacità di

apprendimento.

→ Come modelli transazionali abbiamo quello di Lazarus, quello più studiato e indagato. Secondo Lazarus,

e poi successivamente Folkman, lo stress è il risultato di un processo continuo e costante di scambio e

interazione tra individuo-ambiente. E’ dunque fortemente legato sia alle caratteristiche individuali che

regolano il processo di stress. Il soggetto, dato che vi è una transazione continua, mette in atto una

valutazione cognitiva. Ci sono due attivazioni complesse in due momenti separati nella valutazione del

processo di stress:

1) Appraisal primario: il soggetto valuta e attribuisce significato alla situazione;

2) Appraisal secondario: il soggetto percepisce di avere delle strategie per fronteggiare queste

situazione avversa. Se le ha, non si attiva il processo di stress ma in caso contrario, se il soggetto

non possiede strategie di coping adeguate, questo porterà all’attivazione di stress;

Tutto il processo è dunque influenzato dal possedere o meno strategie di coping, ovvero strategie cognitive

e comportamentali che il soggetto mette in atto per rispondere all’appraisal primario. Possono essere di

diverso tipo:

1) Centrate sul problema: Finalizzate ad affrontare richieste e difficoltà ambientali in maniera diretta.

Sono adattive e funzionali;

2) Centrate sulle emozioni: Finalizzate alla riduzione di conseguenze negative (possono essere

adattive e disadattive a seconda della situazione)

3) Strategie di evitamento: Sono fortemente disadattive e portano il soggetto ad evitare la situazione

avversa;

Il coping è legato al contesto piuttosto che a caratteristiche stabili della personalità. E’ un processo

dinamico che cambia nel tempo al variare delle situazioni.

CONSEGUENZE DELLO STRESS OCCUPAZIONALE PER L’INDIVIDUO:

Sul piano fisiologico: alterazioni del normale funzionamento del sistema cardiovascolare, diabete, obesità

ecc;

Sul piano psicologico: insoddisfazione, ansia, disturbi dell’umore;

Sul piano comportamentale: abuso di sostanze, incremento di azioni sociali negativi (aumento infortuni,

riduzione produttività)

CONSEGUENZE DELLO STRESS OCCUPAZIONALE PER L’ORGANIZZAZIONE: Conseguenze economiche,

compromissione del clima psicosociale, conflittualità latente, diminuzione della produttività e

conseguentemente dei profitti, costi della sostituzione di macchinari in seguito ad incidenti stress correlati;

Un argomento di particolare interesse nello studio dello stress occupazionale è rappresentato dalle variabili

in grado di moderare la relazione stressor-strain di natura disposizionale, situazionale oppure sociale. Per

quanto riguarda le variabili del primo tipo, emergono i modelli comportamentali di tipo A, ovvero

caratteristiche di personalità quali ambizione,aggressività, rabbia e ostilità che conducono a significativi

livelli di stress.

L’affettività negativa, invece, consiste nel sperimentare una basse autostima e stati emotivi negativi per cui

portano ad uuna percezione maggiore di strain. Alti livelli di self-efficacy, invece, riduce le conseguenze

dello stress mentre un’alta autostima porta ad una minore sensibilità all’azione negativa degli stressor.

Per quanto riguarda le variabili situazionali, noi abbassiamo lo stress se abbiamo un alto livello di controllo

sulle situazioni e dunque siamo in grado di gestire il nostro lavoro e le richieste che arrivano. Il commitment

abbassa i livelli di stress percepito ed è positivamente associato alla soddisfazione lavorativa. Anche il

supporto sociale influenza le cause dello stress svolgendo un effetto preventivo, svolgendo misure di

rimedio (effetto curativo) o moderando l’azione del fattore di stress (effetto cuscinetto).

Lo stress può essere valutato attraverso misure soggettive: strumenti self-seport, strumenti che

approfondiscono il significato soggettivo oppure mediante misure oggettive che si basano sulla misurazione

di parametri fisiologici quali cortisolo, adrenalina, frequenza cardiaca.

I segnali di stress organizzativo sono: decremento ingiustificato delle prestazioni, aumento di errori o difetti

di produzione, segnali di abbassamento motivazionale, variazione del clima psicosociale, relazioni

interpersonali difficili e assenteismo. Possono essere condotti tre tipologie di interventi:

1) Primari - di Livello Organizzativo: Sono finalizzati alla riprogettazione delle attività lavorative,

ristrutturazione dei ruoli, clima cooperativo allo scopo di ridurre i fattori che possono generare

stress allo scopo di promuovere benessere. Sono quelli più efficaci ma anche molto costosi;

2) Secondari- rivolti agli individui: Sono finalizzati a modificare le reazioni verso gli stressor

occupazionali attraverso colloquio di gruppo, tecniche di rilassamento. Sono piuttosto efficaci e

poco costosi;

3) Terziari – rivolti agli individui stressati: Sono finalizzati alla cura e alla riabilitazione del lavoratore

che manifesta effetti derivanti dallo stress. Sono efficaci ma mediamente costosi.

IL BURNOUT

Il burnout è un rischio psicosociale in ambito lavorativo, una delle principali sindromi di malessere dei

lavoratori, che ha attirato l’attenzione di molti studiosi e ricercatori. Non è sinonimo di stress, in quanto lo

stress può essere un antecedente del burnout anche se la relazione non è immediata. E’ una sindrome

tipica delle professioni di aiuto, anche se la si può ritrovare in quasi tutte le professioni anche se non si ha

direttamente contatto con l’utente.

Il burnout è una particolare forma di risposta a certe condizioni di stress, ma non è stress che si prolunga

nel tempo. Mentre lo stress è una reazione momentanea di adattamento che può rientrare facilmente, il

burnout è una sindrome che presuppone un processo a lungo termine: esso è spesso considerato un tipo di

stress lavorativo prolungato nel tempo e che difficilmente rientra spontaneamente. Può essere infatti

considerato come una sottocategoria dello stress con antecedenti correlati e conseguenze diverse, è un

possibile esito dello stress soprattutto in situazioni in cui non si hanno sistemi di supporto e sostegno per

superare lo stress. Esistono due approcci di studio che identificano il burnout in due modi diversi:

Come una situazione di stato: ci si focalizza sui sintomi del burnout considerato come la manifestazione di

un disagio.

Maslach definisce il burnout come una situazione di stato, la manifestazione di un disagio focalizzando su

tre sintomi del burnout:

1) Esaurimento emotivo: Esprime disagio riguardo la sensazione di essere continuamente in uno stato

di tensione e di essere emotivamente sovraccaricato;

2) Depersonalizzazione: E’ una risposta di distacco dell’operatore dagli utenti;

3) Mancanza di realizzazione professionale e personale: Riguarda la sensazione di essere incompetenti

nell’affrontare il proprio lavoro e di avere ridotte capacità e competenze.

Il burnout nasce dunque dalla depersonalizzazione, che nel momento in cui non facciamo riferimento a

professioni di aiuto prende il nome di cinismo ovvero prendere le distanze dal proprio lavoro.

Come una situazione di processo: si considera il burnout come un fenomeno che si manifesta in varie fasi:

1) Entusiasmo idealistico: aspettative di successo e miglioramento del proprio stato;

2) Stagnazione: risultati dell’impegno percepiti come incerti;

3) Frustrazione: sentimento di impotenza e basso controllo;

4) Apatia: caratterizzata da una totale chiusura in se stessi, perdita del desiderio di aiutare gli altri;

PRINCIPALI MODELLI TEORICI

Secondo i modelli dinamici le cause del fenomeno sono soprattutto a livello individu

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
35 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/06 Psicologia del lavoro e delle organizzazioni

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher deboraha.c2 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di psicologia del lavoro e delle organizzazioni e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Capone Vincenza.