Psicologia - Codice etico
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• fare il possibile perché sia evitato un cattivo uso delle ricerche, delle teorie su cui si basano e delle tecniche
che utilizzano. Ciò comprende il fornire strumenti e insegnare tecniche in sedi non appropriate o a persone
non sufficientemente preparate ad applicarle (si veda anche il punto 9);
• preoccuparsi dell'immagine che si dà della psicologia, sia in sedi scientifiche che attraverso i media (si
veda anche il punto 8);
• preoccuparsi del benessere psicologico di tutte le persone con cui si lavora, e con cui a vario titolo si entri
in contatto nelle diverse fasi della ricerca (ad esempio collaboratori/trici, studenti/esse e ogni tipo di
personale in formazione).
NORME ETICHE
1. Consenso informato e libertà della persona di ritirarsi dalla ricerca
In tutti i casi in cui si vogliano utilizzare dati ottenuti in una ricerca (per esempio video o audioregistrazioni,
risposte a questionari o a interviste, e così via), è necessario ottenere il consenso delle persone chi vi hanno
partecipato, che devono, inoltre, essere informate in modo corretto e per loro comprensibile su tutti gli
aspetti della ricerca che potrebbero indurle a ritirare il consenso. Deve anche essere chiaro il nome,
l'eventuale istituzione di appartenenza e lo status scientifico e professionale di chi effettua la ricerca.
Chi partecipa alla ricerca deve essere esplicitamente informato della libertà di ritirarsi in ogni momento. La
libertà di partecipare alla ricerca deve essere accertata con particolare cura nel caso di persone
istituzionalizzate, ospedalizzate o detenute. Nel caso in cui vi sia una relazione esplicitamente asimmetrica
fra chi partecipa e chi effettua l'indagine (ne è un caso la relazione docentestudente), è necessario evitare che
il rifiuto di partecipare comporti esiti negativi (anche se si trattasse della semplice privazione dei vantaggi
credit
connessi all'accettazione come le diverse forme di che devono poter essere ottenuti anche con altre
modalità).
A queste regole sono ammesse solo le seguenti tre eccezioni:
a) Quando una persona non sia in grado di esprimere il consenso, esso va richiesto a chi ne ha la
responsabilità (per neonati/e e per bambini/e ai genitori; per scolari/e e studenti/esse, nel caso in cui la ricerca
si svolga in ambiente scolastico, alle autorità scolastiche; per i soggetti con handicap psichico e in generale
per i/le pazienti non in grado di dare il consenso, esso va chiesto a chi ne ha la responsabilità legale, e alle
figure professionali che li abbiano in cura, siano esse di ambito medico o psicologico). Nel caso di minori in
grado di comprendere la richiesta di collaborazione, occorre un doppio consenso: del/la minore e di chi ne
ha la responsabilità.
b) Nel caso di ricerche svolte con metodi osservativi non intrusivi, in luoghi pubblici e senza la possibilità
preventiva o successiva di contattare le persone, dunque in assenza di un loro consenso, ne va comunque
tutelata la riservatezza, ad esempio rendendo non riconoscibili i volti e le voci al momento della diffusione
dei risultati.
c) Per quanto riguarda le ricerche che prevedono l'uso dell'inganno, e quindi l'impossibilità di ottenere un
consenso informato preventivo, si veda il punto successivo (2). Il consenso di chi partecipa deve essere
ottenuto per iscritto nei casi in cui non sia tutelato l'anonimato e in tutti i casi che implichino l'uso di
procedure dolorose (si veda il punto 3) o potenzialmente disturbanti e di possibili violazioni della privacy.
2. Uso dell'inganno nella ricerca 2
Quando l'obiettivo scientifico lo richieda e non sia possibile usare metodi alternativi, chi partecipa ad una
ricerca può essere tenuto all'oscuro o ingannato su alcuni aspetti della ricerca.
Chi conduce la ricerca deve comunque informare esaurientemente i/le partecipanti alla fine della prova o, in
casi particolari, alla fine della raccolta dei dati, e ottenere il consenso informato all'utilizzazione dei dati
stessi. Quando non sia possibile, per ragioni tecniche, fornire le informazioni immediatamente dopo la
prova, occorre contattare la persona alla fine della ricerca per fornire, eventualmente anche per iscritto, una
adeguata informazione.
Il colloquio di chiarimento e di rassicurazione alla fine della prova (o della ricerca) non deve riguardare solo
la descrizione degli aspetti della ricerca su cui la persona è stata ingannata, ma deve anche proporsi i
seguenti scopi:
a) ripristinare il suo stato di umore e di autostima precedente;
b) dare informazioni aggiuntive (anche estranee al progetto della ricerca) su aspetti di interesse del/della
partecipante;
c) eliminare eventuali idee scorrette che la persona si sia fatta sulla ricerca o su se stessa, indipendentemente
dalle richieste reali della ricerca.
Chi svolge la ricerca deve essere disponibile a rispondere alle richieste o ai dubbi che insorgessero anche in
seguito. Questo si può ottenere permettendo ai/alle partecipanti di restare in contatto con chi ha condotto la
ricerca, o predisponendo una breve lista di responsabili, all'interno della struttura di ricerca, a cui potrà
rivolgersi anche in seguito.
3. Il rischio di danni permanenti o temporanei a chi partecipa alla ricerca
La ricerca non deve comportare alcun rischio di danni permanenti a chi vi partecipi, compresi effetti nocivi,
anche a lunga scadenza, di agenti fisici e chimici.
Quando in una ricerca non si possa fare a meno di utilizzare tecniche che rendano possibili danni
temporanei di carattere fisico o psicologico, per quanto minimi e differiti nel tempo, occorre fornire ampia
informazione e ottenere un consenso scritto. Per danni temporanei si intendono sia quelli conseguenti alla
somministrazione di stimoli anche minimamente dolorosi, sia quelli che procurano stati di disagio, sia
l'invasione della sfera privata. Chi fa ricerca deve tenere conto anche dell'esistenza di differenze culturali e
individuali.
Gli esperimenti in cui si prevede che i/le partecipanti siano sottoposti a stimoli dolorosi devono essere
preceduti da prove che stabiliscano i livelli individuali accettabili di percezione del dolore nell'esperimento
vero e proprio.
Anche nei casi in cui non siano normalmente prevedibili danni fisici o psicologici alla persona, chi fa ricerca
deve mettere in atto tutte quelle procedure (per esempio un'intervista postsperimentale) che permettano di
accertare l'eventuale presenza di effetti disturbanti e, di conseguenza, di mettere in atto le procedure
necessarie esplicitate nel punto precedente.
Particolare cura deve essere usata nei casi in cui la procedura di un esperimento implichi situazioni di
disagio (per esempio relative all'ambiente, alla durata delle prove, alla qualità degli stimoli, a particolari
posture) che possano essere disturbanti o addirittura pericolose per chi abbia problemi di salute. Nei casi
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dubbi, occorre preliminarmente intervistare la persona per accertarne lo stato di salute in riferimento ai
rischi specifici implicati nella prova.
4. La riservatezza
A chi partecipa alla ricerca deve essere sempre garantita la possibilità dell'anonimato. Quando i dati
vengano presentati in sedi scientifiche o in altri contesti, deve comunque essere garantita la non
riconoscibilità personale di chi partecipa alla ricerca. Nei casi particolari in cui questo non sia possibile, deve
essere ottenuto il consenso di chi abbia partecipato alla ricerca per quanto attiene ai prevedibili usi e alla
diffusione dei dati che lo/la riguardano.
Nei casi in cui si usino metodi osservativi in cui le persone non siano informate preventivamente della loro
partecipazione alla ricerca, occorre attenersi alle seguenti regole:
a) possono essere registrate (con sistemi audio, video, o semplicemente con appunti) solo le situazioni che si
svolgano in un luogo pubblico;
b) non devono essere riconoscibili, a meno di un esplicito consenso scritto, coloro che partecipano alla
ricerca.
Le possibili eccezioni alla tutela della riservatezza sono limitate ai seguenti casi:
a) la consultazione con altre figure professionali (ad esempio, in ambito medico o psicologico) tenute a loro
volta ad analoga riservatezza;
b) la tutela della persona stessa, nel caso in cui si riscontri la necessità di fornire informazioni a una struttura
sociale o sanitaria o all'autorità giudiziaria, nell'ambito dell'attuale legislazione in materia.
5. La protezione di coloro che partecipano alla ricerca
Chi svolge la ricerca è responsabile del trattamento ricevuto da coloro che vi partecipano (persone o animali
che siano) da parte delle persone che collaborano ad essa (ad esempio, studenti/esse, laureandi/e, tirocinanti,
tecnici di laboratorio o altre figure professionali). Occorre perciò accertarsi delle loro competenze relazionali
e scientifiche per quanto riguarda l'ambito di ricerca in cui hanno contatti diretti con coloro che vi
partecipano.
Qualora emergano dalla ricerca informazioni (anche estranee all'obiettivo proposto), su aspetti della salute
fisica e mentale di coloro che vi partecipano che meriterebbero approfondimenti (ad esempio, deficit
neurologici, problemi affettivi o cognitivi non diagnosticati in precedenza), occorre consigliare alla persona
(o a chi ne ha la responsabilità legale) di rivolgersi a strutture che possano effettuare ulteriori indagini o
possibili interventi.
6. Il trattamento del soggetto animale
Chi fa ricerca utilizzando animali è responsabile non solo del trattamento che essi ricevono durante gli
esperimenti, ma anche del loro benessere fisico e psicologico nell'intero corso della ricerca. In particolare
occorre tenere presenti i seguenti aspetti:
a) Il benessere dell'animale deve essere assicurato, anche al di fuori della sua prestazione sperimentale,
quanto agli aspetti alimentari, igienici, abitativi e anche sociali.
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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Exxodus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università La Sapienza - Uniroma1 o del prof Scienze Storiche Prof.
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