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AMPIEZZA DEGLI EFFETTI

Come già detto i trattamenti sono efficaci nel ridurre gli attacchi di panico, l’agorafobia e i sintomi

associati come l’ansia generalizzata e la depressione, resta da vedere se la CBT2 offre qualche vantaggio

in termini di ampiezza rispetto agli altri trattamenti. Distinguendo, abbiamo:

 Altri disturbi dell’asse I: sono stati studiati da due ricerche in particolare, effettuate da Brown e

da Tsao. Brown ha rilevato cambiamenti nella comorbidità dopo un ciclo di CBT, e in particolare

sarebbero diminuiti il DAG, la fobia sociale e i dist dell’umore. Anche Tsao ha esaminato

cambiamenti nella comorbilità dopo il trattamento in pazienti che presentavano in comorbilità

DAG, fobia sociale e dist dell’umore. Post trattamento tali disturbi sarebbero diminuiti. (Non

esistono dati di follow-up)

 Fobia del sangue e fobia sociale. Queste fobie sono generalmente considerate insieme perché

entrambe vengono misurate con il FEAR QUESTIONNAIRE (1976) che misura la gravità

dell’evitamento più che la fobia in sé stessa. È stato dimostrato che la CBT riduce la fobia del

sangue e la fobia sociale ma in quei pazienti in cui il problema primario e il dist di p.

 Ossessioni e compulsioni, qualora il dist di p e quello Ossessivo compulsivo siano compresenti

alcuni farmaci li curano entrambi ma può risultare sorprendente come anche il trattamento

cognitivo comportale per il panico sia efficace anche per ridurre i sintomi OC. Questo è stato

dimostrato dallo studio di Fava.

 Abuso di alcol, in alcuni pazienti l’uso di alcol è utilizzato come trattamentoo contro l’ansia o il

panico in una sorta di automedicazione, per cui riducendo il dist di p, dovrebbe diminuire anche

la motivazione a consumare alcol o ansiolitici.

 Cambiamento di personalità: per quanto riguarda il nevroticismo, fattore non specifico che

contribuisce a molti disturbi compresi quelli di panico, i risultati sono contraddittori. Saranno

necessari ulteriori studi per poter valutare se la CBT2 è efficace. Per quanto riguarda altri dist di

personalità sono stati fatti diversi studi ma la maggior parte di essi metodologicamente non

appaiono del tutto corretti per cui i risultati vanno presi con cautela. Ci si chiede infatti come

possa il trattamento per il panico influenzare il dist di personalità e gli studiosi non sono

concordi sull’interpretazione anche dei punteggi ottenuti con varie scale, prima, durante e dopo

il trattamento del panico. Si potrebbe pensare che anche la CBT2 migliori il dist di personalità

ma questo non basta, anche perché in tutti i casi la terapia cognitiva era abbinata a trattamenti

specifici per il dist di personalità.

 Assertività. La mancanza di assertività è considerata una caratteristica sia del dist dell’asse I

(fobia sociale) sia come tratto di personalità (evitante o dipendente), data questa sua natura

duale non possiamo ancora definire gli effetti della CBT2 su di essa.

 La soddisfazione coniugale. Molti studi hanno trovato che né l’esposizione situazionale né la CBT

per il panico indurrebbero cambiamenti per quanto riguarda la soddisfazione coniugale. Qualche

minimo miglioramento è stato scoperto nel caso in cui il matrimonio fosse considerato mediocre

da entrambi e che anche l’altro coniuge fosse coinvolto nel trattamento. Ma in genere non si

avvertono cambiamenti.

EFFICACIA NEI SERVIZI CLINICI

Nei servizi di salute mentale dove possono essere accettati pazienti con panico la CBT2 risulta

abbastanza efficace, come hanno dimostrato gli studi di Vade e Andrevs, ma probabilmente non tanto

quanto ci si potrebbe aspettare. In un’ultima ricerca di Taylor (1996) è risultato che psicologi laureati

possono essere istruiti ad applicare la CBT raggiungendo buoni esisti ma sarebbe necessaria una

formazione più approfondita e mirata.

CAP.8 FATTORI PROGNOSTICI DI ESITO DEL TRATTAMENTO

Sebbene le terapie comportamentali siano tra gli interventi più efficaci per il dist di p alcuni pazienti non

riescono o non vogliono completare questo tipo di trattamento oppure lo completano ma non

rispondono e poi hanno delle ricadute. È quindi necessario che il clinico conosca già prima le difficoltà a

cui andrà incontro anche per essere pronto a modificare opportunamente il protocollo. Esamineremo

quindi prima di tutto i fattori predittivi di rifiuto di drop-out e di esito negativo o scarso.

FATTORI PREDITTIVI NEGATIVI

Tra questi abbiamo:

1. Rifiuto del trattamento. Secondo studi effettuati, i pazienti che rifiutano un trattamento non

differiscono da quelli che lo accettano in termini di dati demografici di durata e gravità del

disturbo. Questo suggerisce di trovare altre motivazione che potrebbero essere: incapacità di

organizzarsi per avere tempo libero, contrarietà del coniuge, ostacoli vari che sono diversi

rispetto a quelli per cui ad es si rifiuta la terapia farmacologica (si teme che la propria mente

venga controllata dai farmaci).

2. Abbandono: la percentuale media di abbandono è circa 16% per l’esposizione in vivo, 12%

durante il training, 8% durante la CBT2. Talvolta perché sembra che i sintomi presentino una

remissione ma ciò è molto difficile. Per quanto riguarda l’abbandono vi influisce il gruppo etnico

di appartenenza e le variabili demografiche (stato civile e livello di scolarità).

Altri fattori che portano all’abbandono sono:

1. Caratteristiche del disturbo di panico, cioè i soggetti che tendono ad abbandonare la

terapia sono quelli che in genere hanno avuto un esordio più precoce del dist stesso. Per

cui l’età di esordio del dist potrebbe essere un fattore predittivo negativo sull’esito.

2. Gravità globale, i pazienti con dist più gravi tendono ad abbandonare la terapia CBT2

3. Frequenza e gravità degli attacchi di panico, si è riscontrato che con il trial farmacologico

di imipramina, alprazolam e propranolod associati con l’esposizione i drop-out

tendevano ad avere una frequenza e gravità maggiore di attacchi di panico rispetto ai

completers.

4. AGORAFOBIA, alcuni studi avrebbero dimostrato che le misure dell’agorafobia

inizialmente non distinguevano i drop-out dai completers.

5. Ansia, l’ansia pre-trattamento non discrimina.

6. Comorbidità asse I: è stato esaminato il significato prognostico della depressione pre-

trattamento, ma sembra che questa non predica in modo significativo l’abbandono nei

trattamenti psicologici e farmacologici. Nello stesso tempo però sembra che alcuni

pazienti diventino sempre più depressi durante il trattamento con il risultato di

abbandonare la terapia o il trattamento ma non è possibile predire chi.

7. Disturbi di personalità. Spesso i disturbi di personalità incidono nello stabilire e nel

mantenere una buona relazione terapeutica e in particolare il dist di personalità

paranoide predice una possibilità di abbandono.

8. Fattori cognitivi non sono predittori significativi

9. Variabili terapeutiche, non ci si deve sorprendere se molti studi hanno confermato che è

più probabile che i trattamenti vengano interrotti da quei pazienti che non credono in

essi o non hanno fiducia nel terapeuta, inoltre anche effetti collaterali spiacevoli,

soprattutto nelle terapie farmacologiche portano all’abbandono.

In sintesi i motivi più spesso riferiti circa l’interruzione prematura sono:

a) Motivi pratici (costi, poco tempo, difficoltà organizzative)

b) Rapida diminuzione dei sintomi

c) Eventi di vita stressanti e comorbidità mediche non psichiatriche.

d) Non collaborazione da parte del partner

PREDIRE L’ESITO NEI PAZIENTI CHE COMPLETANO IL TRATTAMENTO

Gli studi sugli esiti in genere prendono in considerazione misure tipiche degli attacchi di panico,

l’agorafobia o la gravità globale e vengono considerati indici a questo scopo: punteggi nel post-

trattamento e nei follow-up; livello di cambiamento dei sintomi, percentuale dei responders alla fine,

percentale di pazienti che hanno ricadute. In questo campo si considerano importanti i seguenti fattori:

1. Variabili demografiche. I numerosi studi effettuati hanno dimostrato che le variabili

demografiche non predicono l’esito del trattamento, e neppure lo status lavorativo, la scolarità,

l’etnia etc., però bisogna avvertire che questi studi in genere hanno coinvolto classi medio alte

escludendo le classi sociali più basse.

2. Aspetti clinici del dist di p., l’età di esordio e la durata del disturbo, soprattutto con agorafobia,

possono portare all’isolamento sociale o alla demoralizzazione, per cui è difficile dare una

risposta a questo problema, ma si può solo dire che di per sé l’età di esordio e la durata non

sono predittori riguardo all’esito. Alcuni studi hanno anche provato che la gravità totale del

disturbo predirebbe una maggior gravità globale anche al post trattamento. Quanto

all’agorafobia ben 21 studi avrebbero trovato che la gravità pre-trattamento dell’agorafobia è

anche un predittore di scarsa risposta al trattamento. L’ansia pre-trattamento non sembra

invece clinicamente utile a predire la risposta al trattamento.

3. Comorbilità asse I: la semplice presenza di un disturbo in comorbilità ha uno scarso valore

prognostico per il trattamento del panico. Disturbi specifici possono invece rivestire una

maggiore importanza come i dist d’ansia, la depressione in comorbilità, sebbene i sintomi

depressivi possono ridursi nel corso della terapia per il panico.

4. Morbidità medica non psichiatrica: patologie mediche concomitanti possono ostacolare in vari

modi l’efficacia dellla CBT2 o di altri trattamenti, anche perché possono provocare disturbi

collegati alla farmacologia specifica.

5. Variabili di personalità, non sono stati individuati predittori utili i disturbi di personalità

esaminati. Ad esempio si è trovato che il tratto di nevroticismo non predice l’esito, per cui ci

sono valide ragioni per ritenere che la presenza di un disturbo generico di personalità non

incide. In alcuni studi si è ipotizzato che il disturbo di personalità istrionico possa incidere ma poi

non è risultato collegato all’esito; stessa cosa per i tratti teatrali che non predicono nulla, e così

pure la sospettosità; solo la presenza di un disturbo di personalità evitante potrebbe predire un

esito scarso ma quando il trattamento è arrivato al termine.

6. Fattori cognitivi

a) Sensibilità all’ansia, i modelli cognitivi per il panico suggeriscono che la sensibilità

all’ansia pre-trattamento pred

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
32 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher serebianchi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia clinica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Sica Claudio.