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Il dibattito sull'attenzione e la selezione dell'informazione
Buona parte del dibattito sull'attenzione è stato impegnato nel determinare a che livello l'informazione in arrivo viene selezionata. Le teorie che affermano che l'informazione viene bloccata fin dall'inizio, prima che raggiunga lo stadio del riconoscimento, sono chiamate a collo di bottiglia. Broadbent (1958) riteneva che vi fosse un meccanismo selettivo intenzionale dell'attenzione, attraverso cui l'individuo era in grado di bloccare alcune informazioni e selezionarne altre. Egli propose il modello del filtro, secondo cui, coppie di numeri diversi, se inviate simultaneamente alle due orecchie, trovano una strozzatura immaginabile come una Y. Se ci raffiguriamo i numeri come delle biglie possiamo facilmente immaginare che se due biglie scorrono contemporaneamente sui due bracci opposti della Y, una volta arrivate nel centro troveranno una strozzatura che non le farà passare entrambe. Se al soggetto non vengono date istruzioni precise, quindi, avràpiù facilità a ripetere prima tutti i numeri inviati a un orecchio e poi gli altri. Se invece al soggetto viene chiesto di ripetere i numeri nell'ordine di presentazione si assisterà ad un passaggio alternato da un orecchio all'altro; è come se la Y avesse al centro una valvola che si apre o a destra o a sinistra per far passare la biglia che ci interessa e così alla fine permettesse a tutte le biglie, in modo alternato, di entrare. Il modello di Broadbent venne molto criticato sulla base dei risultati ottenuti con l'ascolto dicotico che consiste nella ricezione di due diversi messaggi inviati simultaneamente, ma separatamente, alle due orecchie. Con il metodo dello shadowing o ombreggiamento, viene chiesto al soggetto di ripetere solo un messaggio per volta (indicato dallo sperimentatore). Se il modello del filtro fosse stato giusto, il soggetto non avrebbe potuto ripetere uno dei due messaggi. Alcuni esperimenti di Treisman dimostrarono che a volte
il contenuto proveniente dal canale passivo. Tuttavia, alcune parole che sono particolarmente rilevanti per il soggetto o che potrebbero essere significative nel contesto, possono essere riconosciute anche se provengono dal canale passivo. Inoltre, l'attenzione ha anche a che fare con processi che avvengono al di fuori della consapevolezza. In poche parole, i soggetti di questi esperimenti non erano consapevoli di tutte le informazioni che venivano loro inviate e non producevano processi di elaborazione cosciente verso il contenuto proveniente dal canale passivo.Tutto il materiale somministrato, ma estraevano e riportavano contenuti che erano da loro giudicati salienti. Un'altra controversia nacque in relazione al riconoscimento delle informazioni in quanto le posizioni di Broadbent e Treisman vennero fortemente criticate da teorie che sostenevano che l'informazione venisse bloccata dopo aver raggiunto lo stadio del riconoscimento e non prima. Il soggetto sarebbe quindi in grado di riconoscere anche le informazioni inviate al canale passivo, ma queste sarebbero immediatamente dimenticate perché poco importanti per il compito richiesto. Il modello di Norman (1968) sostiene che con ogni probabilità l'informazione viene elaborata al di fuori dell'attenzione cosciente nella misura in cui questa informazione corrisponde ad una rappresentazione mentale già attiva e accessibile. L'accesso a tale materiale e alla sua rappresentazione mentale può essere dovuto a cause diverse:
scopi, motivazioni, attivazione recente ecc. Secondo Bargh (1994) i processi automatici per poter essere definiti tali, dovrebbero possedere alcuni requisiti: - essere non intenzionali, ovvero la persona non inizia il processo volutamente; - aver luogo al di fuori della consapevolezza; - essere incontrollabili, nel senso che l'individuo non può fermare il processo una volta che questo è iniziato; - essere efficienti, nel senso che i processi utilizzano una quantità minima di risorse attentive (un processo che non interferisce con altri processi consci e può avvenire in parallelo). I processi controllati sono caratterizzati dal fatto che l'attenzione della persona è rivolta selettivamente allo stimolo attivatore, richiedono sforzo, avvengono all'interno della coscienza e sono sotto il controllo attivo e flessibile dell'individuo. All'inizio si pensava che potessero avere luogo o i processi automatici o quelli controllati, ma secondo Bergh la distinzionetra questi due tipi non è sempre chiara ed evidente perché la maggior parte dei processi presenta delle caratteristiche di entrambi (es. senza sforzo, ma intenzionale). L'effetto Stroop (1935) avviene quando si legge per es. "rosso" scritto in rosso e "rosso" scritto in verde; nel secondo caso si impiega qualche secondo di più a pronunciare il nome a voce alta perché c'è una situazione di incongruenza tra parola e colore. Le radici della ricerca di Stroop erano evidenti già 50 anni prima in un lavoro di Cattel (1886) in cui lo studioso riportava che oggetti (e colori) richiedevano più tempo per essere denominati a voce alta che le corrispondenti parole per essere lette ad alta voce. Secondo lo studioso la lettura diventava un processo automatico perché ci si esercitava molto a praticarla nel corso della vita, mentre la denominazione di oggetti richiedeva uno sforzo volontario. La spiegazione piùriconosciuta (chiamata "corsa di cavalli") dell'effetto Stroop consiste nel fatto che sia il colore che la parola competono per avere accesso al sistema di risposta; la parola arriva prima perché, per un adulto non analfabeta, rappresenta un processo più automatico. Se c'è congruenza tra parola e colore si otterrà una facilitazione, al contrario la risposta sarà ritardata. In pratica elaborazioni più automatiche possono interferire con quelle meno automatiche, ma non viceversa. Questa spiegazione non sembrava tener conto, però, di altri fattori. Se, infatti, l'interferenza fosse dovuta alla relativa velocità di processamento e alla competizione di risposta, dare un vantaggio al colore avrebbe dovuto portare all'annullamento o addirittura all'inversione dell'effetto e alla facilitazione della denominazione del colore. Negli studi di Glaser e Glaser (1982) sulla variazione di sincronia tra stimoli (parola ecolore)emergeva che, concedendo un vantaggio al colore di alcune centinaia di millisecondi, non si otteneva alcun effetto di riduzione nel compito di denominazione del colore. L'interferenza quindi sarebbe dovuta al fatto che i due stimoli vengono elaborati da due sistemi diversi: il sistema semantico e il sistema lessicale. Il sistema semantico si occupa della rappresentazione dei significati, quello lessicale delle caratteristiche grafemiche e fonemiche delle parole. Quando si è di fronte a un'incongruenza tra colore e parola il sistema lessicale interferirebbe con quello semantico che verrebbe attivato in quanto la risposta che viene richiesta è di tipo semantico; ciò causerebbe un aumento dei tempi di risposta. Invece il compito di lettura del nome del colore non subisce alcuna interferenza sia quando gli stimoli sono incongruenti ("verde" scritto in rosso) o congruenti ("verde" scritto in verde), perché il sistema semantico non vieneattivato. Quindi secondo il ruolo di dominanza di Glaser e Glaser (1989), lo stimolo irrilevante (distrattore) interferisce solo se ha un accesso privilegiato al sistema rilevante per la risposta; dire che il colore è rosso vuol dire attivare dapprima il sistema semantico e in seguito il sistema lessicale per poter pronunciare la parola; mentre la lettura della parola non necessita che il distrattore (in questo caso il nome del colore) acceda al sistema semantico; si può infatti leggere una parola anche senza che a questa venga attribuito un significato. Verso la metà del secolo scorso si sviluppò in America una corrente detta New Look, interessata allo studio della percezione inconscia e degli stimoli subliminali (imput presentati per un tempo brevissimo - dell'ordine di una decina di millisecondi - che non permette un riconoscimento cosciente). Uno dei suoi scopi era quello di studiare se i processi dinamici come affetti, emozioni emotivazioni fossero presenti esuggerisce che le emozioni possono influenzare la percezione. I partecipanti all'esperimento sono stati sottoposti a uno stress emotivo e successivamente sono stati presentati loro degli stimoli visivi. Si è osservato che i partecipanti sotto stress tendevano a percepire gli stimoli in modo distorto rispetto a quelli che non erano stati sottoposti a stress. Un altro esperimento interessante è stato condotto da Loftus e Palmer (1974) sulle false memorie. I partecipanti hanno assistito a un filmato di un incidente stradale e successivamente sono stati interrogati sulla velocità dei veicoli coinvolti. Si è notato che la domanda posta agli individui influenzava la loro memoria dell'evento. Ad esempio, se la domanda conteneva il termine "collisione", i partecipanti tendevano a sovrastimare la velocità dei veicoli rispetto a quando veniva utilizzato il termine "incidente". Questi esperimenti dimostrano come le emozioni e le aspettative possano influenzare la percezione e la memoria. Sottolineano l'importanza di considerare il contesto emotivo e motivazionale in cui avviene la percezione e la memoria.consisteva nel presentare mediante un tachistoscopio (un proiettore che consente di mostrare stimoli di varia natura, parole o immagini, con tempi rapidissimi) parole neutre o parole tabù (parole con contenuti pesantemente negativi), variando la durata di prestazione finché il soggetto non fosse in grado di riconoscere la parola. Emerse che il tempo di riconoscimento delle parole tabù era più lungo delle parole neutre. Questo comportamento di risposta fu chiamato "difesa percettiva" perché i soggetti si sarebbero difesi dal contenuto emotivo negativo delle parole tabù rispetto alle parole neutre potesse essere dovuto, non tanto al riconoscimento della parola, quanto all'imbarazzo che i soggetti provavano nel pronunciarla davanti allo sperimentatore. I risultati emersi dalle ricerche del New Look domostravano l'esistenza di processi che, anche se non venivano definiti automatici a quell'epoca, lo potrebbero essere oggi, perché.comunque avvenivano senza sforzo e senza intenzione.CAPITOLO 5: le teorie principali.
Lo studio della percezione è iniziato molto prima che la psicologia si affermasse come scienza e dif