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Questi momenti in cui l’uomo non riconosce più sé stesso diventano momenti privilegiati

dell’autoritratto contemporaneo.

o)Il perturbante dello specchio nel Dr Jekyll e Mr Hyde.

A proposito del perturbante collegato al rapporto tra Jekyll e Hyde lo specchio diventa un

elemento fondamentale sia psicologicamente che narrativamente. Vari segnali anticipano

l’importanza dello specchio nel racconto. Lo specchio era parte integrante del laboratorio

di Jekyll e questo stupisce sia Pool che Utterson (pag. 116). Jekyll confesserà nel diario

che lo specchio gli serviva a documentare e osservare gli esperimenti di scissione. La

prima trasformazione avviene solo quando riesce effettivamente a specchiarsi perché

solo allora prende coscienza del cambiamento identificandosi con l’immagine altra (pag.

117). Lo specchio rende possibile ed oggettiva la metamorfosi, senza di esso

quest’ultima non sarebbe oggettivata. Quando J. Si sveglia per la prima volta nei panni di

Hyde non se ne rende conto finché non si specchia. Qua inizia il perturbante: lo specchio

che gli aveva garantito il successo della scissione ora ne sancisce il fallimento.

L’identificazione è totale e J. È costretto a introiettare ed accettare come propria

quell’immagine mostruosa che finora aveva sempre cercato di allontanare. Lo specchio

perde la funzione di sdoppiamento e gli rivela che i due doppi non sono altro che la

stessa persona. Ed è un’identificazione oggettivata dallo specchio, dunque non vi è più

alcun ritorno. E quello stesso specchio mostrerà, nell’ultima riflessione di Jekyll la morte:

presa l’ultima pozione infatti il dottore non vede più il suo volto, non si riconosce perché

è segnato dal travaglio interiore (pag 117).

p) Maupassant, “Le Horlà” e lo specchio.

Il racconto Le Horlà ci fornisce un esempio suggestivo a proposito del rapporto tra lo

specchio e il farsi e disfarsi dell’identità. Il narratore è in crisi di identità perché si sente

via via sempre più spossessato del suo Io dalla presenza incombente di questo essere

che piano piano assume il controllo su di lui. La scena interessante è quando ancora una

volta è lo specchio a dare un volto a questa entità invisibile che sta minacciando

l’integrità del suo Io. Il protagonista ha la notizia di questa entità dallo specchio hemlich

di casa sua (dalla quale non ci si aspettano brutte sorprese!): la sua immagine viene

inghiottita dall’altro. L’altro si impone come negazione dell’Io in quanto si frappone tra lui

e lo specchio cancella la sua immagine: il personaggio vede nello specchio il vuoto, che

è il vuoto lasciato dal suo Io (pag. 118, 119).

q)Artur Schnitzler, “il ritorno di Casanova”.

È un esempio inquietante: lo specchio rivela a Casanova di essere ormai invecchiato e

che la sua antica bellezza è tramontata.

Tornando a Venezia dopo l’esilio Casanova si ferma a Mantova da un suo amico dove

rivede la moglie dell’amico, Amalia con cui aveva avuto una relazione breve ma intesa.

Nonostante l’uomo sia invecchiato lei lo vede con la solita bellezza di allora: questo ci fa

capire come la percezione del volto di un uomo sia fortemente condizionata dalle

aspettative e dai sentimenti di chi osserva. Ma Casanova è già stato colpito

dall’indifferenza con cui lo ha accolto Marcolina, che un tempo era stata tanto felice di

vederlo, pertanto ha già davanti a sé la sua decadenza fisica (pag. 119,120). Il primo

riferimento che troviamo a uno specchio è quando, dopo essersi invaghito di Marcolina,

Casanova incontra il giovane Lorenzi, una specie di suo doppio perché bello giovane e

senza scrupoli com’era stato lui; il suo guardarsi allo specchio è da mettere in relazione

con quell’altro specchio di lui che è Lorenzi (pag. 120). Arriva la scena dello specchio.

Casanova scopre che Lorenzi è l’amante di Marcolina e si chiude in camera pervaso dalla

sconfitta. La rivelazione arriva quasi casualmente ma è prolungata da una specie di

teatralizzazione mimica dove forse si mette in scena il bisogno di punizione di Casanova

che si auto tormenta continuando a guardarsi (pag. 120). L’altra scena dello specchio è

anche più interessante: Casanova è riuscito a portare a letto Marcolina con l’inganno, ma

il mattino dopo indugia troppo a letto e viene svelato da un raggio di luce così la donna

capisce di aver scopato non con Lorenzi ma con Casanova, il quale in quel momento si

specchia negli occhi della donna e si vede come si immagina lo debba vedere lei. Ma

questo specchiarsi è ancora più rivelatore del suo esser vecchio e dell’effetto che questo

suscita agli altri. Identificandosi negli occhi di Marcolina trasforma il suo orrore in

vergogna (pag. 121).

r) Virginia Woolf “la signora nello specchio”.

In questo racconto lo specchio è di nuovo visto come oggetto rivelatore, che da un lato

congela la realtà circostante impedendo lo scorrere del tempo, dall’altro ci mostra la

verità uccidendo la nostra immaginazione che tende ad abbellire le cose con un

rassicurante lavoro di fantasia. La Woolf inoltre aveva dichiaratamente un brutto

rapporto con gli specchi che fa risalire a un episodio accadutole da bambina: un suo

fratello la fece oggetto di abusi sessuali proprio davanti a uno specchio nell’ingresso di

casa sua, e per tutta la sua vita ebbe un rapporto conflittuale con il proprio corpo (pag.

122).

Comunque nel racconto la tecnica è molto visiva, quasi cinematografica. Il nucleo de

racconto è uno specchio in una casa di campagna durante una giornata estiva. Lo

specchio “fotografa” sia una parte interna della stanza sia una parte del giardino. C’è la

prima contrapposizione tra la mutevolezza della scena e la fissità dello specchio (pag.

123). La casa è di una bella e ricca signora, Isabella Tyson di cui però si sa poco. Si può

solo immaginare la bellezza interiore della donna, bella già di aspetto. La signora è nel

giardino in questa prima parte dunque lontana dallo specchio. Si può dunque solo

immaginare la storia della donna; nel frattempo lo specchio ci mostra il postino che

lascia delle lettere sul tavolo, forse anch’esse in grado di dirci qualcosa su questa donna.

Finalmente la signora entra nel campo visivo dello specchio; per un attimo continuiamo a

vederla come ce la immaginiamo, ma poi arriva improvvisa la rivelazione: non è affatto

affascinante e priva anche culturalmente di qualsiasi spessore. Lo specchio ci rivela la

fragilità della nostra costruzione. E la rivelazione avviene quasi come in una fotografia, è

un qualcosa di visivo, e su questo insiste molto anche la Woolf (pag. 123,124). La signora

nello specchio è come Moscarda un corpo vuoto. Ma in Pirandello l’Io sopravviveva anche

se spezzettato in centomila, mentre in questo caso non sopravvive un accidenti.

Quest’idea trova anche un corrispettivo visivo: basti pensare ai manichini di De Chirico.

s)Virginia Woolf “il vestito nuovo”.

Gli specchi giocano di nuovo un ruolo importante. Mabel è una bella donna che per

andare alla festa dell’amica Mrs Dalloway si fa fare un vestito apposta. Il risultato le

piace ed è convinta di fare una bella figura ma non appena arrivata alla festa si sente

fuori posto. Questo senso di oppressione ce l’aveva avuto fin da bambina e ora la storia

del vestito non fa altro che rimetterla in evidenza. Ma vediamo gli specchi; ce ne sono

ben 4: Quello dalla sarta dove si vede bella ed entusiasta, Quello che le viene offerto nel

guardaroba all’arrivo alla festa dove inizia a capire che qualcosa non va, Quello in fondo

alla sala dove realizza che effettivamente non va bene e Lo specchio rotondo che riduce

tutti alle dimensioni di bottoni da scarpa o girini.

Quale specchio rivela la verità? Nel momento dello sconforto Mabel pensa che la verità

sia quella cdell’inadeguatezza. Non possiamo escludere che le cose stessero così; come

dice Freud nel suo saggio sul lutto nelle fasi depressive la nostra capacità introspettiva si

affina e ci fa raggiungere livelli profondi della conoscenza di sé. Ma la verità è relativa e

niente ci da la certezza che Mabel fosse vista dagli altri come effettivamente goffa e

provinciale. Ma riguardo il rapporto con la nostra immagine, il racconto suggerisce che

noi ci vediamo come pensiamo che gli altri ci vedano. Ma la nostra immagine non ha

spessore, ma è solo l’eco di un qualcosa immaginato che risale all’adolescenza e che non

trova conferme reali. Nel laboratorio della sarta Mabel è in un contesto narcisistico

supportato anche dalla presenza della sarta, la quale però non costituisce uno spettatore

reale che possa darle l’immagine oggettiva di sé, poiché resta quasi inglobata nella sfera

del suo narcisismo (pag. 126). Nel salotto di Mrs Dalloway manca l’aspetto narcisistico.

Forse l’ultimo specchio citato è quello che con un processo di ridimensionamento

conferisce alle cose le giuste proporzioni e rende il senso della vanità delle passioni

umane e dell’incomunicabilità tra le persone. È uno specchio che parla della vanitas

rerum cioè dell’inconsistenza delle nostre emozioni (pag. 127).

t)Virginia Woolf “Orlando”.

a volte la rivelazione dello specchio non porta al perturbante. È quanto accade ad

Orlando quando si scopre una donna (pag. 127). A parte la fantasia che è lecito galoppi

nei romanzi, si tocca spesso verità profonde in particolare a proposito di quella libertà

libera e polivalente che è la sessualità umana. Un altro passo comunque nel romanzo va

analizzato perché evidenzia nuovamente la potenza rivelatoria dello specchio. Davanti

allo specchio si consuma il piacere della scoperta della propria bellezza, un piacere che

anticipa quello successivo: mostrarsi al pubblico. È significativo notare però come il

processo narcisistico della donna che si contempla davanti allo specchio mentre si

aggiusta i capelli, il trucco ha comunque bisogno di immaginare il supporto narcisistico di

un ammiratore (pag. 128). In un secondo momento avviene il confronto con la propria

immagine nuova, ma non è accolta con il perturbante, ma anzi, in maniera festosa.

Ancora più significativo il fatto che Orlando alla fine abbandoni per un attimo le vesti

femminili per riprendere in mano quelle di quando era un ragazzo (pag. 129).

4.Autoritratto e fotografia.

La fotografia sembra esprimere nel modo più diretto l’aspirazione dell’uomo

all’autoritratto perché sembra fissare

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Publisher
A.A. 2013-2014
48 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/04 Museologia e critica artistica e del restauro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Darcy di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dell'arte e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Ferrari Stefano.