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La psicologia come scienza del comportamento
Questa psicologia è nata per un problema epistemologico, ossia di fondamento della scienza.
Quando la psicologia moderna cominciò ad affacciarsi al mondo della scienza nella seconda
metà dell’800, si pose il problema di quale argomento trattare. Allora gli psicologi pensarono
di definire l’oggetto di studio. Così, Wundt propose come oggetto di psicologia quello che lui
chiamò esperienza immediata, ossia ciò che ciascun soggetto sente, pensa, percepisce, prova.
Data questa definizione, si pose il problema di come affrontarlo ed analizzarlo. Così, Wundt
introdusse il metodo dell’introspezione. Tuttavia, cominciarono a sorgere dubbi riguardo al
ciò che derivava dall’introspezione
fatto che fosse scientifico o meno. Era necessario, infatti,
rovesciare il percorso: bisogna partire dal metodo e, solo successivamente, arrivare
all’oggetto di dell’osservazione
analisi. Il metodo, quindi, sarà quello scientifico, universale,
Ma quale sarà l’oggetto
attraverso il quale più persone possono osservare lo stesso oggetto.
della ricerca, dunque? Sarà necessariamente il comportamento osservabile.
I comportamentisti, in seguito, così presentarono ciò che deve essere in grado di fare la
psicologia: “Dato uno stimolo, la psicologia deve predire la risposta, intesa come
ma anche “Di
comportamento osservabile”, fronte ad un certo comportamento, la psicologia
deve saper spiegare le cause che l’hanno prodotto”.
Lo stimolo è descritto sempre in termini fisici. La risposta, invece, deve essere definita in
termini fisiologici. Attenzione, però: questi psicologi NON si occupano in alcun modo della
fisiologia; questo punto è discriminante in maniera assoluta fra il progetto precedente e quello
che stiamo prendendo in considerazione adesso. Qui viene studiato il comportamento
osservabile, non la fisiologia di quest’ultimo.
E’ importante ricordare, inoltre, che tra lo stimolo e la risposta, è presenta la black-box, che è
l’uomo interno, il quale non è un oggetto di studio. Gli psicologi devono limitarsi a studiare
gli stimoli e le risposte e la relazione che fra questi intercorre.
Proprio in questa chiave, uno fra i temi privilegiati dai comportamentisti, è quello
dell’adattamento, dell’apprendimento.
che ruota intorno alla questione della motivazione
secondo il quale l’apprendimento e,
Fra i maggiori comportamentisti troviamo Thorndike,
quindi, il comportamento, è il risultato di prove ed errori. Questo costruì un labirinto in una
scatola e pose dentro un topo. L’animale comincia a cercare l’uscita: si muove, percorre il
alla fine, trova per caso l’uscita.
labirinto in tutti i sensi e, A questo punto Thorndike prende
nuovamente l’animale e lo rimette nel labirinto. A forza di errori, questi ratti percorrono il
labirinto con sempre maggior sicurezza e velocità, fino ad arrivare all’uscita. Sbagliando e
ripetendo le prove, avviene l’apprendimento. Ecco che Thorndike espone la prima legge, o
legge dell’effetto: “le risposte accompagnate o seguite da soddisfazioni tendono a ripetersi”;
siccome il ratto alla fine è contento di essere uscito, questo diviene motivante per
l’apprendimento. Da questo deriva la seconda legge, o “l’associazione
legge di frequenza:
stimolo-risposta che si ripete con maggior frequenza viene ricordata (o appresa) con
maggior facilità”.
Un altro grande comportamentista fu Watson. Questo, prendendo spunto da Ivan Pavlov,
e passato alla storia come “Watson
eseguì un esperimento con un bambino, chiamato Albert e
Questo bambino trovava piacere a giocare
il piccolo Albert”. con oggetti morbidi. Watson,
quando Albert si avvicina a questi oggetti, provoca forte rumore e spaventa il bambino.
Ripete quest’azione fino a che il piccolo Albert comincia a piangere alla sola vista degli
oggetti. Watson ha provocato quella che si chiama nevrosi artificiale: ha completamente
trasformato ciò che era un piacere in una fonte di sofferenza. Questo esperimento dimostra
come sia possibile determinare i comportamenti di un soggetto.
L’ultimo grande comportamentista fu Skinner, che ha teorizzato il condizionamento
operante, di secondo tipo o skinneriano. Skinner costruisce una gabbia, ponendo dietro una
leva. Premendo la leva, succede qualcosa (per esempio cade nella gabbia del cibo, oppure si
forma una piccola scossa elettrica). Skinner mette un topo nella gabbia, che esplora il nuovo
ambiente. Muovendo, ad un certo punto, PER CASO, sbatte contro la leva, che produce
l’effetto previsto. Ottenuto questo effetto Skinner prende il topo e lo tira fuori. Poco dopo lo
rimette dentro e, ripetendo questo meccanismo per 4 o 5 volte, alla fine il topo o correrà
velocemente verso la leva (se ha ottenuto il premio) o tenderà a scansare ad ogni costo la leva
(se ha ottenuto la scarica elettrica). Il punto cruciale di Skinner è, quindi, il rinforzo di un
Un premio provoca l’aumento di un
comportamento, che può essere positivo o negativo.
comportamento, mentre una punizione provoca una diminuzione di quest’ultimo. Importante
è notare come questo condizionamento non faccia leva su processi fisiologici, a differenza del
condizionamento pavloviano.
Condizionamento Pavloviano Fisiologico
Condizionamento Skinneriano Non fisiologico
Che cos’è, dunque, la psicopatologia, dal punto di vista comportamentista?
E’ l’apprendimento di un comportamento sbagliato. Che cosa consegue da questa ipotesi?
1. I soggetti, ancora una volta, sono il risultato delle esperienze che fanno. (Primato
dell’esperienza, empirismo).
Il soggetto risulta essere passivo. E’ possibile fare del soggetto
2. ciò che crediamo
opportuno.
3. Si parla sempre di stimoli e risposte.
Dunque siamo molto vicini al progetto di psicologia come scienza naturale; tuttavia, è
importante ricordare come qui ci interessi unicamente il modo per controllare un
comportamento, mentre non si analizzano le basi neuro-fisiologiche del comportamento
stesso. Psicologia come scienza del rapporto soggetto/mondo
In questo progetto gli interrogativi nascono molto tempo fa (primi del ‘500 e del ‘600) ad
opera della fisica meccanica (Copernico, Galileo, Newton): questi ci spiegano come, in
realtà, il mondo non funzioni nel modo in cui a noi appare. A volte, la percezione che il
soggetto ha del mondo è completamente errata, quasi capovolta. Questo sconvolgimento della
“come può lo spirito ingannare la ragione?”.
visione del mondo pone molti interrogativi:
Questa domanda viene, poi, ripresa da alcune teorie psicologiche qualche secolo dopo:
“perché ci inganniamo? Perché la mente inganna la ragione?”.
Molti psicologi, vedremo, baseranno la loro concentrazione su un ulteriore fatto molto
importante: la quantificazione. In altre parole, per fare scienza bisogna quantificare i dati
della osservazione e della sperimentazione: il mondo, infatti, risponde alla ragione
matematica.
Cartesio propone la concezione della scissione mente/corpo. La mente (spirito) è la cosiddetta
res cogitans (cosa pensante), mentre il corpo la res extensa (cosa estesa, misurabile). Il
corpo, dunque, è una macchina misurabile e non può essere oggetto di studi metafisici. Al
contrario, la res cogitans, non essendo misurabile, non fa parte degli studi scientifici: resta,
infatti, in mano ai filosofi o ai teologi.
Attorno alla meta dell’800, “la
ad opera di Fechner, nasce la teoria della psicofisica:
psicofisica è l’esatta teoria dei rapporti fra l’anima e il corpo, fra il mondo fisico e psichico”.
In altre parole, Fechner vuole matematizzare sia i rapporti che ci sono fra l’anima e il corpo
sia i rapporti che intercorrono fra mondo fisico e psichico.
di matematizzare quell’aspetto che Cartesio aveva
Fechner, dunque, insiste sulla possibilità questa, infatti, è l’unico
eliminato. Ma in che modo? Fechner si focalizza sulla sensazione:
possibile legame fra mondo psichico, corpo e mondo.
Ecco che Fechner spiega: “Le minime differenze percettibili sono una funzione lineare
dell’intensità dello stimolo” (soglia differenziale). Per esempio, se teniamo su una mano un
peso di 30g e sull’altra uno di 31g, avvertiamo una differenza di peso fra i due. Se, invece,
avessimo un peso di 30g e un peso di 30.5g, non saremmo capaci di percepirne la differenza.
Se raddoppiamo il peso, spiega Fechner, raddoppiamo anche l’intervallo. In altre parole, se
la differenza, sull’altra mano il
avessimo su una mano un peso di 60g, per poter apprezzare
peso deve essere almeno di 62g. Ecco che, per Fechner, esiste una stretta relazione
l’intensità di stimolazione e l’intensità della sensazione concomitante. E’,
quantitativa fra
quindi, possibile calcolare che effetto avrà sulla sensazione umana ciascuna stimolazione
“S=K dove
fisica, tramite questa formula: log R+C”, S è la soglia differenziale o la
è l’intensità dello stimolo;
sensazione soggettiva correlata a misure oggettive (R, C, k); R C è
una costante di integrazione; k è una costante dipendente dalla modalità sensoriale (se è la
vista avrà un valore, se è l’udito avrà un altro valore, ecc.). Per sviluppare questa equazione
Fechner aveva bisogno di un punto di riferimento, cioè aveva bisogno di conoscere quale
fosse il valore minimo di intensità di uno stimolo percepibile, dal lui definita come soglia
La soglia assoluta, secondo Fechner, è definita come “la
assoluta. più piccola intensità di
all’interno di
uno stimolo che provoca una risposta sensoriale”. Il nostro mondo è compreso
certe soglie percettive, proprie della nostra specie. Fechner, quindi, ci propone una doppia
matematizzazione: del dato e della metodologia.
La teoria della detezione (detection) del segnale
La teoria della detezione del segnale riguarda:
1. Le proprietà statistiche del segnale. Normalmente, tutti i segnali si stagliano su un
rumore di fondo. Come si può vedere dal grafico, il problema consiste nel distinguere
il segnale dal rumore di fondo.
2. La teoria statistica della decisione: la
percezione del segnale è una decisione
dell’osservatore, che dipende dalle informazioni
precedenti, dall’informazione portata dallo
stimolo stesso, dalle proprietà discriminative del
canale sensoriale e dalle conseguenze della
decisione. Prendiamo in analisi un esempio, per
capire