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Differenze
• Sintomo psichiatrico del figlio
• Comportamento maltrattante
• Conflitto coniugale violento e manifesto (famiglia maltrattante), coperto e negato (famiglia psicotica)
• Alleanze esibite e ben definite (famiglia maltrattante), segrete e negate (famiglia psicotica)
• Dinamiche incestuose agite (famiglia maltrattante), non espresse (famiglia psicotica)
Oltre a ciò esistono dei fattori di rischio che agiscono in maniera sinergica:
FATTORI INDIVIDUALI
• Precedenti esperienze di abuso
• Personalità immatura
• Impulsività
• Tendenza delinquenziale
FATTORI SOCIO-CULTURALI
• Marginalità sociali
• Disoccupazione
• Mancanza di alloggio
• Povertà culturale
Nelle famiglie con incapacità genitoriale lo scopo è quello di richiamare un parente che si mostra disinteressato verso il genitore maltrattante. Il messaggio è chiaro: "non sono capace di allevare i miei figli, questo messaggio può essere rivolto:
• Al partner che abbandona
emotivamente il coniuge e si sottrae alle sue richieste di affetto, di vicinanza, di coesione. • alla nonna (cioè al genitore del genitore inadeguato), quando il maltrattamento è cronico, non appariscente e che si manifesta con grave trascuratezza o incuria, o quando si spera di ottenere una sorta di risarcimento al fatto che la madre stessa di lei si era poco occupata, per cui la nonna sente che il nipotino le offre la possibilità di realizzarsi come madre avendo fallito la prima volta. • ad un figlio, quando questi si è inserito nella coppia coniugale, mentre gli altri figli appaiono fuori dal gioco. Nelle famiglie con capro espiatorio si ha l'attiva partecipazione del maltrattato al mantenimento del gioco patogeno. Molto spesso il figlio che assume il ruolo di capro espiatorio mantiene dei legami con qualche membro della famiglia stessa. Tuttavia questo gioco può essere mantenuto anche dal maltrattato stesso che non è complice, ma vittima.causa delle sue proprie strategie (in parte dettate da motivi inconsapevoli, in parte da motivi comprensibili) sicuramente errate in quanto il bambino si aspettava di ottenere un altro risultato. La parte attiva è svolta dal "pulcino nero" nei casi in cui: - un patrigno e una figliastra sono spinti l'uno verso l'altro da una profezia di incesto che tutti, loro inclusi, congiurano per fare avverare - una situazione conflittuale violenta dei coniugi invita il figlio ad entrare in campo, schierandosi dalla parte del genitore che gli appare più debole - un genitore, nel caso di separazione, appare provocatoriamente più debole dell'altro, per cui il bambino si schiera con questo come difensore tradendo quindi l'altro genitore Gli autori hanno inoltre delineato 4 fasi che caratterizzano la dinamica della famiglia maltrattante: 1. all'inizio, in una situazione conflittuale, il figlio può essere visto come surrogato delconiugeed essere strumentalizzato per alleanze disfunzionali che si fanno e disfano con lo scopo dioffendere il partner o difendersi da lui: il bambino è ancora un semplice spettatore delbambino, anche se esprime il suo disagio attraverso reazioni di ansia e di irritabilità.
col perdurare del conflitto, il figlio è spinto ad entrare in campo ed a schierarsi dalla parte iuno dei genitori, generalmente quello che considera più debole e vittima del partner: ciò vieneaccolto dal genitore stesso che, senza accorgersene incoraggia questa inversione dei ruoli.
Nel caso in cui il conflitto non si risolva nella riconciliazione si possono avere altre soluzioni:ad es. uno dei partner può divenire pronto a separarsi visto l’appoggio emotivo del figlio,oppure può strumentalizzare il figlio come mezzo di scambio per negoziare una diversamodalità di rapporto con il partner con il conseguente insabbiamento dell’ammissione
diqualunque problema e di mantenere immutato il gioco. 3. il bambino che è ormai schierato con uno dei genitori, inizia ad agire la propria ostilità verso l'altro genitore esprimendo paura, rabbia, rancore ed ostilità; mentre in ambito extrafamiliare sarà irritabile, ansioso e distratto. 4. il bambino assume la posizione di istigatore attivo del maltrattamento: infatti i genitori non sono in grado di interpretare le risposte emotive e comportamentali (rabbia ed aggressività) del bambino come segnali connessi al conflitto di coppia per cui si lanciano accuse reciproche di incompetenza e incapacità per cui il bambino si sente tradito ed ha la frustrante sensazione di essere un semplice strumento nella lotta con i propri genitori, finendo per detestare entrambi: diventa così vittima e istigatore della violenza, protagonista attivo. Per quanto riguarda il genitore maltrattante, ciò che lo spinge inizialmente a esercitare la violenza sulfiglio è il timore di perdita e di abbandono: ciò non solo perché queste persone hanno vissuto reali esperienze di separazione dalla propria famiglia di origine, o perché hanno subito la minaccia di venire abbandonati dai propri genitori, ma anche perché percepiscono confusamente di essere esclusi dalla coalizione che si è stabilita tra il partner è il proprio figlio. Quindi tutti i membri della famiglia, non escluso il bambino, sono prigionieri di un gioco disfunzionale nel quale non possono evitare di giocare un ruolo attivo. Il nodo centrale del lavoro di terapia coatta è il difficile rapporto tra l'intervento di aiuto e l'intervento di controllo che all'inizio era relativo e casuale: infatti recentemente gli autori hanno messo appunto una diversa formula operativa che integra il lavoro dell'équipe incaricata dalla diagnosi e dalla terapia con il lavoro del servizio sociale territoriale incaricato del.controllo.La famiglia è al corrente di questa stretta collaborazione ciò per evitare una contrapposizione tra operatore "cattivo" (l'assistente sociale che ha allontanato i bambini) e operatore "buono" (il terapista che si adopera per restituirli alla famiglia). Questo compito di integrazione, definito dagli autori "mantenimento della presa in carico" è svolto dall'assistente sociale del Centro che con il suo lavoro permette di mantenere in carico la famiglia, in quanto mira ad impedirne la fuga, cooperando con gli altri servizi per il recupero della famiglia maltrattante tutelando nel frattempo il minore. Dopo anni di lavoro gli operatori si sono accorti che è impossibile fare uso di prescrizioni in quanto l'équipe non può costringere la famiglia ad obbedire ai compiti loro assegnati, anche perché questa ha mille modi per non attuarli. Tuttavia l'équipe ricorre in prima seduta
alle prescrizioni con lo scopo di focalizzare l'attenzione della famiglia su alcune aree problematiche di cui si ostina a negare l'esistenza. In definitiva lo strumento terapeutico principale che gli operatori ritengono utile consiste nel disvelamento del gioco che ha luogo nel corso di una seduta familiare, dove ogni membro del gruppo viene confrontato con una rivelazione circa l'intenzionalità coperta dalle proprie ed altrui strategie: ciascuno dei membri della famiglia tenderà infatti a rifiutare del disvelamento quanto sgradevole lo riguarda, mentre sarà soddisfatto di ciò che di sgradevole riguarda gli altri, per cui il terapista potrà ricevere da parte di ciascuno il materiale di conferma su diversi aspetti del proprio disvelamento. Oltre a ciò, gli operatori ritengono necessaria la definizione di chi convocare alla seduta: rispetto all'inizio della loro attività essi preferiscono utilizzare strategie terapeutiche.
Diversificate caso per caso, considerando la famiglia nelle sue tre generazioni scegliendo di volta in volta quale sia il livello generazionale sul quale risulti meglio lavorare.
Un obiettivo terapeutico fondamentale è quello di svincolare la coppia genitoriale dall'interferenza dei parenti, anche se solitamente le famiglie che si indirizzano ai centri di terapia familiare sono famiglie invischiate (per cui è utile definire i confini familiari) o disimpegnate (per cui è utile fare evolvere i legami invisibili con la famiglia d'origine, legami che interferiscono comunque con la formazione della coppia coniugale).
Solo una volta che sia iniziata l'opera di rassicurazione dei genitori, diventa opportuno allargare la convocazione alle famiglie estese, al termine del primo incontro.
Scegliendo di lavorare con la sola coppia coniugale, l'équipe dichiara la propria intenzione di valutare se essa sia in grado di elaborare e risolvere i propri legami con
Le famiglie estese, per fondare una relazione matrimoniale soddisfacente in cui i due partner potranno assumersi le proprie responsabilità genitoriali senza ricadere nel maltrattamento dei figli. Una formula alternativa è quella del congedo dei genitori quando questi sono giovanissimi e/o gravemente disturbati e della scelta dei nonni come co-terapisti in quanto appaiono più suscettibili di essere agganciati in un lavoro terapeutico che porti ad una modifica dei sintomi dei genitori, compresa l'inadeguatezza. Per liberare il bambino dal coinvolgimento nel gioco di coppia sono utili le sedute congiunte con i genitori perché puntano ad aiutare il bambino a comprendere come il suo sacrificio di mettere a repentaglio il rapporto con un genitore non raggiunga affatto l'effetto desiderato e che quindi la loro provvisoria lontananza da casa coincide con un lavoro che i genitori devono intraprendere con gli operatori per cambiare se stessi e la loro relazione.
coniugale e che quindi loro devono restare spettatori e non protagonisti attivi. Quindi l'obiettivo principale del terapista è quello di fare evolvere il gioco della coppia attraverso modalità più funzionali rappresentate sia da una profonda ricontrattazione del vincolo coniugale, sia da una separazione che approdi ad uno scioglimento del rapporto, sia al recupero delle competenze educative genitoriali. Questa esigenza di "salvare" la famiglia nasce dalla necessità di evitare che al trauma del maltrattamento si aggiunga per il bambino quello della perdita dei genitori. L'interesse dei bambini è maggiormente tutelato se i genitori vengono aiutati e seguiti affinché possa avvenire un cambiamento: la stessa riuscita del programma terapeutico a favore della piccola vittima è condizionato dal fatto che il bambino sappia che tutta la famiglia è aiutata e che sussiste una identica preoccupazione per lui come per i suoi.ei Dottori Rossi e Rossi, posso affermare che il problema della violenza domestica è molto diffuso e richiede una seria attenzione da parte della società. Secondo gli autori, la violenza all'interno della famiglia può assumere diverse forme, come abuso fisico, abuso psicologico e abuso sessuale. Questi comportamenti possono avere conseguenze devastanti per i membri della famiglia, in particolare per i bambini che crescono in un ambiente violento. Gli autori sottolineano l'importanza di riconoscere i segni di violenza domestica e di intervenire tempestivamente per proteggere le vittime. Inoltre, evidenziano la necessità di fornire supporto e assistenza alle famiglie coinvolte, al fine di rompere il ciclo della violenza e promuovere un ambiente familiare sano e sicuro. In conclusione, la lettura di "La famiglia maltrattante" è stata illuminante e mi ha fatto riflettere sull'importanza di combattere la violenza domestica. Spero che la società prenda sul serio questo problema e lavori insieme per creare un mondo in cui ogni famiglia possa vivere libera dalla violenza.