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Incontro con le famiglie immigrate
La modalità relazionale che permette allo psicologo di conoscere la cultura delle famiglie immigrate
è una posizione di non conoscenza e curiosità, che prescinde dai propri pregiudizi. Ciò consente di
ridare competenza alla famiglia, superare gli stereotipi culturali e costruire una proficua alleanza di
i don’t know permette allo psicologo di conoscere la cultura dell’altro
lavoro. La posizione
attraverso i suoi racconti. Lo spazio terapeutico diventa una cultura terza, dove gli aspetti culturali
delle due parti diventano qualcosa di diverso. La cultura del paese di provenienza e la cultura
familiare del clinico incontrano la cultura degli individui immigrati. Indispensabile essere a
L’intervento
conoscenza del proprio quadro di riferimento e della propria visione del mondo.
psicologico è estremamente legato alla cultura in quanto molti presupposti alla base della
formazione sono decisamente occidentali. Un comportamento che si diagnostica come deviante
potrebbe essere culturalmente appropriato nel paese di provenienza della famiglia.
Un concetto fondamentale quando s’incontrano le famiglie immigrate è quello del mandato
familiare, cioè le aspettative della famiglia verso chi parte: talvolta per gli individui che emigrano
non è facile rispettarlo, soprattutto per minori stranieri non accompagnati. Individuo costretto a una
scelta di lealtà.
Il mediatore interculturale è una figura importante per agevolare il processo di integrazione tra
famiglia immigrata e società di accoglienza, favorendo la conoscenza reciproca di culture, valori,
tradizioni e sistemi sociali. Il suo obiettivo è di creare uno “spazio comune” dove i sistemi di valori
di due culture possano incontrarsi e coesistere. Ponte tra due culture, favorisce conoscenza
reciproca tra due culture, valori, tradizioni, dirittti, sistemi sociali. Conosce bene culture, regole,
leggi del paese di provenienza e di accoglienza. Svolge il suo lavoro mediante e dentro la relazione,
si pone come terzo in un sistema relazionale. Sviluppare in entrambe le parti la capacità di ascoltare
e aprirsi per creare uno spazio comune dove far coesestere e incontrare i valori delle due culture.
L’intervento del mediatore culturale si svolge su 4 piani:
- Culturale: il mediatore funge da fonte di conoscenza per gli interlocutori
- Informativo e orientativo: avvicinare e orientare gli immigrati ai vari servizi soprattutto se sono
appena arrivati.
- Linguistico e comunicativo: inteso come spiegazione di significati, non solo traduzione.
Rendere comprensibile ad entrambi ciò che stanno cercando di dirsi.
comprendere ansie e paure che derivano dall’incontro tra due mondi diversi.
- Relazionale e sociale:
Capire quello di cui i due interlocutori hanno davvero bisogno, sviluppando un aiuto nella
Relazione anche a livello emotivo, tentando di contenere le ansie e i conflitti che derivano
dall’incontro tra due mondi a volte molto diversi e sconosciuti tra loro. A questo livello il
mediatore può avere un ruolo importante proponendosi come strumento di cambiamento sociale,
ad esempio stimolando una riorganizzazione di un servizio come quello del sistema scolastico.
Processo migratorio
Non solo evento migratorio in sé ma un processo che inizia prima dello spostamento dal paese di
origine nel quale gli individui e le famiglie attraversano importanti cambiamenti. Ogni migrazione è
unica e legata alla storia personale, culturale, familiare, sociale: è proprio questa storia che
permetterà successivamente la partenza
L’emigrazione è un evento critico e destabilizzante dell’identità, a causa della separazione repentina
da tutti i punti di riferimento del paese d’origine, sia familiari che socio-culturali (sradicamento).
Le motivazioni che spingono una famiglia a migrare possono essere volontarie (accrescimento del
(sopravvivenza del nucleo). In quest’ultimo caso, sono cruciali le
livello economico) o involontarie
aspettative che la famiglia ripone nei membri coinvolti nel progetto migratorio. Il soggetto che
di un mandato familiare: far stare bene la famiglia d’origine, dal punto di vista
migra è depositario che emigri l’intera famiglia,
economico e sociale. Tuttavia, sia sia che emigri parte di essa,
l’emigrazione è sempre un evento familiare.
Nel processo migratorio possono essere individuate una serie di fasi:
consiste nell’ideazione del progetto migratorio.
Preparatoria:
Partenza: è associata a rituali carichi di emozioni contrastanti, tristezza dovuta al fatto che si
lasciano gli affetti e ciò che ha costribuito alla costruzione della propria identità.
Viaggio: percorsi brevi o lunghi e pericolosi
è un momento delicato, dal momento che l’immigrato, non essendo riconosciuto né
Arrivo:
nel luogo di arrivo né in quello di origine, si trova a vivere una doppia assenza di
cittadinanza (considerazione dell’immigrato come essere umano nella sua totalità e
complessità). Proseguimento della propria vita sociale e lavorativa.
Tutti i migranti subiscono una qualche forma di perdita, di dolore, di lutto. Ma ci sono elementi che
compensano la perdita: la speranza di un miglioramento economico, nuove libertà politiche, sociali
ed economiche ed nel caso in cui siano presenti figli, nuove opportunità educative. Emozioni
contrastanti: tristezza, gioia, sensazione di perdita e di riscatto.
Critica ai termini di derivazione coloniale come integrazione, adattamento, assimilazione,
minoranza, inserimento, più che parlarci dei problemi dell’immigrato, ci informano sui problemi
della società di approdo e delle sue posizioni di fronte agli immigrati.
Prima e seconda generazione
Nascita e allevamento dei figli nel paese di accoglienza o ricongiungimento con essi dopo un
periodo di lontananza. dell’evento migratorio.
Le relazioni genitori-figli incontrano diverse difficoltà dovute alla gestione
I genitori immigrati si trovano a dover affrontare la gestione dei figli in una cultura diversa, che
implica notevoli stress dal punto di vista socio-economico (precarietà del lavoro e delle abitazioni,
difficoltà linguistiche, mancanza di sostegno della famiglia estesa, educazione dei figli in un
contesto diverso). Fare i genitori vuol dire trasmettere valori, credenze, culture familiari e sociali,
che già nel paese di nascita è un compito difficile. Nel paese di accoglienza è ancor più difficile,
poiché i genitori possono sentirsi spaesati. La migrazione costringe ad un collegamento tra due
realtà sociali differenti: la cultura d’origine e il nuovo contesto. Aspetti cruciali per la riuscita di
questo compito solo l’atteggiamento dei genitori verso il paese di accoglienza e la gestione dei
rapporti con le famiglie d’origine.
Molto spesso questi genitori vengo privati della loro competenza genitoriale dal sistema sociale del
paese di accoglienza. Essi si scontrano con un cambiamento drastico nei ruoli di genere: ad esempio
sotto il profilo economico, molte donne immigrate diventano coloro che sostengono maggiormente
la propria famiglia. Nella società ospitante è difficile educare i figli con gli strumenti della cultura
d’origine, si ricorrerà agli strumenti della cultura ospitante. Indebolimento del ruolo genitoriale.
Manacato riconoscimento qualifiche genitori in ambito lavorativo. Lavori di qualifica inferiore,
perdita di status e immagine sociale precedentemente acquisiti. Divario acculturazione genitori e
figli. L’adattamento dei bambini è molto rapido, esposti a cultura d’accoglienza tramite film,
musica, televisione, gruppi di pari.
I figli non si ritrovano nelle regole e nei valori del paese di provenienza dei genitori essendo
cresciuti in un paese diverso con una cultura diversa ed in un gruppo di pari che appartiene al paese
d’accoglienza. La migrazione costringe ad un collegamento tra le due realtà sociali diverse: quello
della cultura d’origine e del nuovo contesto. Questa esperienza è mediata da molti fattori quali il
genere, la classe sociale, l’età e le credenze religiose.
Sentimenti ambivalenti dei genitori, cercano di integrarsi ed adattarsi alla nuova cultura ma allo
stesso tempo cercano di proteggere i figli da influenze non appropriate secondo la società di
provenienza. Nuovi problemi che non facevano parte della vita familiare prima dell’immigrazione:
barriera linguistica soprattutto. In molte società la responsablità del bambino non è solo dei genitori
“ci vuole un villaggio per crescere un bambino”. Coi bambini di seconda generazione può
verificarsi un inversione di ruolo: figli diventano traduttori dei genitori, aiutandoli e mediando
atttraverso la lingua in molte situazioni.
Soprattutto per le seconde generazioni, può rivelarsi complicato far coincidere due esigenze
contrastanti: l’adottare una cultura in casa (se i genitori non si adattano alla nuova cultura) ed
un’altra a scuola. Il miglior adattamento delle seconde generazioni al paese d’accoglienza può
generare un estraneamento progressivo dalla famiglia e dai valori della cultura d’origine. In breve,
queste generazioni si trovano a vivere una difficoltà di appartenenza tra cultura d’origine e
ospitante: essi occupano una posizione intermedia fra i valori familiari e quelli della società
ospitante.
Tale difficoltà è amplificata dalla visione cristallizzata che i genitori immigrati possono avere del
loro paese d’origine. L’idealizzazione dell’appartenenza è il fenomeno per cui la prima generazione
conserva un’immagine positiva e cristallizzata del proprio paese, non più coincidente
di immigrati
con la realtà. Ciò causa un rifiuto del nuovo, al fine di difendere la propria identità culturale e
mantenere un senso di continuità. Può generare attriti tra genitori e figli, la prima generazione
trasmette cultura e miti familiare provenienti da inconsapevoli cristallizzazioni che per i figli sono
più stridenti e inaccettabili. Così, la prima generazione incontra il rischio di una rottura nella
dei valori: l’integrazione sociale dei figli, infatti, può essere vista
trasmissione intergenerazionale
come un tradimento alla lealtà familiare. La trasmissione generazionale di miti familiari derivanti da
cristallizzazioni inconsapevoli può generare attriti tra genitori immigrati e figli, portando questi
ultimi ad attuare un taglio emotivo, ovvero una negazione delle proprie radici al fine di favorire il
processo di assimilazione della nuova cultura. I bambini oscillano tra due poli, quello della memoria
e quello del desiderio: talvolta cercano di cancellare la l