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MAOA
sistemi neuromodulatori). Il gene in questione è la (con polimorfismo presente
in gruppi diversi della popolazione), un enzima che di per sé metabolizza, rimuove, dei
neuromodulatori come la dopamina – serotonina. A seconda di quanta MAOA è
presente ci possono essere livelli di questi neurotrasmettitori più alti o più bassi. Erano
state fatte delle osservazioni circa il fatto che la MAOA potesse incidere
sull’aggressività, poiché in famiglie dove la MAOA era praticamente assente erano
stati osservati ripetuti casi di aggressività-violenza che sembrava quasi ereditata
(questo è stato il caso molto specifico di una famiglia olandese). Altri studi a favore
della MAOA erano quelli nel topo in cui si era simulata la condizione della famiglia
olandese ed effettivamente questi topi erano super aggressivi -> c’è qualche effetto
della MAOA. Altre spiegazioni del perché studiare la MAOA furono vari studi sugli
animali che indicavano come i maltrattamenti durante lo sviluppo potessero alterare
questi neurotrasmettitori direttamente collegati alla MAOA. L’idea è che, praticamente,
questi maltrattamenti infantili potessero essere identificati come una serie di eventi
che potessero portare a un disordine complesso con comportamenti antisociali ecc…
però, la domanda che si fece Caspi fu quella di vedere se la MAOA potesse avere un
ruolo nel discriminare gli individui vulnerabile e quelli resilienti. Degli studi avevano
notato che questo gene (denominato il gene guerriero), attraverso degli studi
sperimentali dove si provocavano apposta i soggetti, comportava un’iperattività nei
soggetti con bassi livelli di MAOA (in certe circostanze può essere anche vantaggioso).
La cosa interessante che legava la MAOA al maltrattamento infantile era il fatto che,
oltre alla MAOA, abbiamo un altro enzima che fa lo stesso lavoro che si chiama MAOB,
la prima però è presente durante il periodo dello sviluppo, mentre la seconda lo
precede. Quindi, se X ha bassi livelli di MAOA durante il periodo dello sviluppo questo
potrebbe sviluppare a un’iperattività agli stimoli durante lo sviluppo stesso. Sulla base
di queste considerazioni, Caspi fece uno studio.
- Ipotesi: il comportamento antisociale da adulti è predetto sulla base della
presenza di una condizione genetica predisponente (MAOA basso
funzionamento) che interagisce con un maltrattamento. I soggetti con ambedue
i fattori potevano ritrovarsi da adulti con comportamento antisociali. Caspi
utilizza uno studio fatto in nuova Zelanda in cui vennero esaminati un gruppo di
bambini e fatto un assessment per tutta la loro vita (nel 2002 avevano 26 anni);
si prova dunque ad avere una valutazione del fattore ambientale longitudinale e
anche dell’outcome (da adulti). Gli assessment vennero fatti a varie età e lo
studio si caratterizzò per test ripetuti durante i quali i soggetti tornavano
all’isola e addirittura ne venivano intervistati i genitori ed eventuali figli che
fossero venuti, fino a 3 generazioni. Le cose erano fatte in modo tale da favorire
la compliance con lo studio (non perdere soggetti per la strada). A 38 anni il
96% dei soggetti era rimasto fedele al progetto. Un vantaggio ulteriore di
questo studio è che non c’erano sostanzialmente (da un punto di vista dei criteri
di inclusione) malattie organiche conclamate o altro, era del tutto un campione
rappresentativo della popolazione. Una piccola percentuale dei bambini tra i 3 e
gli 11 anni avevano subito un maltrattamento severo, probabile maltrattamento
il 2%. La cosa che faceva Caspi, oltre all’assessment, era quella guardare che
tipo di polimorfismo della MAOA avevano questi soggetti per avere informazioni
di tipo genetico e venne fuori che avere la MAOA a minore o maggiore attività
non era predittivo dell’essere più o meno maltrattato, i bambini maltratti erano
equamente distribuiti tra i bambini ad alto MAOA e a bassa MAOA. L’importante
era vedere l’effetto finale dell’interazione. Si verifica che il maltrattamento sia
casuale rispetto al genotipo ma che l’outcome sia diverso da adulti. Caspi fece
attenzione anche alla misura di questo comportamento antisociale, usò diversi
tipi di informazione che andavano da diagnosi cliniche a test di personalità, ma
ebbe anche la possibilità di usare i record della polizia per sapere se X aveva
commesso un reato con lo scopo di mettere tutto insieme. Mettendo insieme
tutti questi 4 diversi tipi di informazione in un unico indice composito di
comportamento antisociale ottenne una certa relazione: se suddividiamo la
popolazione in soggetti senza maltrattamenti, con probabile maltrattamenti e
con severo e chiaro maltrattamento, praticamente quelli senza maltrattamenti
avevano questo indice uguale sia che avessero alta MAOA che bassa, non c’era
differenza dal punto di vista dell’outcome finale se non era intervenuto un
fattore ambientale. Se andiamo a vedere all’altro estremo, severo
quelli con bassa
maltrattamento, c’è una grande differenza significativa, ovvero
MAOA al comparire del maltrattamento aumentano la loro risposta mostrando il
comportamento antisociale. Mentre invece questa relazione era intorno alla 0
per quelli con alta MAOA. Se si mettevano insieme quelli con bassa MAOA e
quelli che avevano subito maltrattamento, di tutta la popolazione (maschi)
erano il 12%, ma il 44% di loro avevano avuto da fare con la polizia. Questo è
stato il primo lavoro che ha dimostrato l’interazione tra fattori genetici e
ambientali.
Questo naturalmente ebbe un grande impatto su tutti gli studi precedenti. Tutti gli
studi genetici che avevano cercato il “gene del”, è chiaro che se non tenevano in
considerazione aspetti ambientali potevano avere una diluizione dell’effetto. Allo
stesso tempo, la stessa cosa si può dire a chi studiava i fattori ambientali. Un altro
commento, è che tutti gli studi che cercavano il gene della patologia in pratica
partivano dal presupposto che la predisposizione genetica fosse un qualcosa di
malato, predisponente in senso negativo, questo approccio considera invece la cosa in
modo più neutrale (varianti protettive dello stesso fattore genetico in determinate
condizioni ambientali). [Noradrenalina serotonina, dopamina].
Caspi, nel secondo studio, andò a valutare la depressone cercando di studiare se
eventi avversi che avvengo al di fuori dello sviluppo possono agire da fattore
ambientale nei termini dell’instaurarsi della depressione. Il discorso è analogo a prima,
ci sono eventi di vita stressanti, perdite… e sappiamo che questo è effettivamente un
fattore di rischio per lo sviluppo della depressione, ma non sappiamo perché alcuni ne
escono bene e altri no. In questo studio Caspi usò il gene 5-HT (–serotonina- -T –
trasportatore della serotonina), la quale codifica la proteina che sta sulla membrana
dei neuroni e che fa da riciclaggio del neurotrasmettitore (a oggi sono i bersagli di
moderni antidepressivi). L’idea è che bloccando il trasportatore, siccome non viene
ricapitata, la serotonina stia di più in giro. Anche in questo caso lo stesso gene può
essere presente più o meno nei soggetti, alcuni ne hanno uno con sequenza più corta
(s) che comporta meno trasportatore. Per l’allele lungo (l), l’idea è quella di partire dal
polimorfismo per vedere l’interazione gene ambiente. Degli studi sull’animale
prevedevano topi che mancavano o di uno o di entrambi gli alleli dei trasportatori
della serotonina e questi davano una risposta allo stress esagerata. Mentre i topi
normali andavano ad esplorare, quelli senza trasportatore non ci andavano, erano
bloccati. Queste manipolazioni erano state fatte direttamente sui topi, naturalmente in
loro non si verificano polimorfismi in questo gene. In altri studi sulla scimmia troviamo
lo stesso polimorfismo, si può dunque studiare la variabilità genetica, e praticamente è
stato visto che si può vedere che la risposta dello stress della scimmia “ss” è diversa
in condizioni di stress rispetto alla condizione normale -> “ss” è un fattore che
amplifica la risposta alla situazione stressogena. Altri studi che guardano alla risposta
peer rearing:
allo stress avevano analizzato il è la condizione in cui i cuccioli crescono
senza la mamma. In questo allevamento tra pari la risposta allo stress era molto
pronunciata. Questo esperimento andò a vedere come l’effetto del peer rearing
influisse sul comportamento: confrontando quelli allevati dalla mamma con quelli
allevati tra di loro e le varie tipologie genetiche, si va da adulti a dargli uno stressor. Si
va dunque a fare la misurazione della risposta ormonale. Quelli cresciuti dalla madre,
con uno stress delicato non avevano una gran risposta, anche da un punto di vista
ormonale. Tra quelli allevati tra pari c’era invece una tendenza a rispondere di più e
non solo, a seconda del polimorfismo, nel caso degli “sl”, questi rispondevano di più. Il
genotipo “ll” moderava la riposta al peer rearing permettendo un maggior controllo
della risposta allo stress. Nel caso di allevamento materno sl/ll non influiva
praticamente sulla risposa allo stress.
Questi studi sono anche utili per cercare dei substrati fisiologici a queste cose, quale
alterazione cerebrale, dove convergono l’interazione del fattore ambientale e di quello
genetico. Se si fa uno studio di neuroimaging per l’attivazione dell’amigdala durante la
somministrazione di stimoli “facce” a contenuto emotivo pauroso rispetto a facce
tranquille, questo è un classico protocollo che genera un’attivazione dell’amigdala. Si
può vedere che i soggetti con allele “s” hanno una maggior reattività a livello
dell’amigdala indipendentemente dal fattore ambientale, un effetto diretto del gene.
Essere più reattivi all’ambiente esterni può essere un bene o un rischio.
Caspi, per vedere se il 5-HTT interagiva con l’ambiente, fece una lista di eventi
negativi di vario tipo (salute, economico…) e ne registrò il numero e la reazione agli
stessi in soggetti adulti (21-26esimo anno di età): il 30% dei soggetti non avevano
subito eventi negativi, il 15% avevano subito più di 4 eventi negativi. La presenza di
questi eventi negativi non era correlata al fattore genetico: gli eventi negativi si
distribuivano a caso, il punto era come i soggetti reagivano al fattore ambientale. Il
soggetto più vulnerabile, di fronte all’evento avverso, dovrebbe avere più facilità a
sviluppare depressione; al contrario, per i resilienti, a parità di evento non dovrebbero
sviluppare de