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Tutta l'argomentazione di Luigi De Marchi

muove da una visione materialistica ed evoluzionistica dell'uomo, che egli dà per scontata, tanto da parlare di "scimmia umana" e da non vedere nella cultura se non una continua variazione sul tema dello shock esistenziale: la scoperta della ineluttabilità della morte e la conseguente angoscia, mascherata sotto infiniti travestimenti ideologici.

In un certo senso, la sua diagnosi circa la condizione umana e la sua proposta, favorire la presa di coscienza che l'uomo deve imparare a vivere e a morire senza attendersi improbabili paradisi in cielo o in terra, ricorda per più aspetti quella del filosofo Salvatore Natoli, della quale ci siamo appena occupati (cfr. F. Lamendola, Etica del finito come neopaganesimo nella proposta di Salvatore Natoli, sul sito di Arianna Editrice). Entrambi, con diverse sfumature, propongono di costruire un'etica del finito che rompa per sempre con la tradizione culturale.

spirituale e religioso da cui proveniamo. Ma vi sono anche due aspetti che lo legano all'ontologia di Emanuele Severino (cfr. F. Lamendola, Gli immutabili, il niente, il caso nella filosofia di Emanuele Severino (anch'esso sul sito di AriannaEditrice). Il primo aspetto è quello relativo al giudizio totalmente negativo che viene espresso sull'interastoria della cultura: per Severino della cultura occidentale, per De Marchi della cultura umana in quanto tale; e che, con sbrigativa semplificazione, affastella e accomuna praticamente tutte le manifestazioni del pensiero religioso e politico, da Cristo a Marx, da Mussolini alla Conferenza di Bandung. Il secondo aspetto è quello relativo al senso di angoscia che dominerebbe l'uomo (rispettivamente, l'uomo occidentale o l'uomo tout-court), e che lo spingerebbe a elaborare risposte illusorie e paranoiche. Per Severino si tratterebbe di una angoscia del divenire dovuta all'oblio dell'essere e al senso.di Stato. Questa visione pessimistica dell'umanità e della sua storia è accompagnata da un'analisi critica delle istituzioni e delle ideologie che hanno dominato il mondo. La religione, secondo gli autori, è solo una risposta paranoica all'angoscia di morte, mentre i totalitarismi politici sono delle religioni laiche altrettanto fanatiche e pericolose. Questa prospettiva non lascia spazio a sfumature o compromessi, ma dipinge un quadro oscuro e ossessivo della condizione umana. La storia dell'Europa e del mondo è stata segnata da errori e orrori causati da queste risposte totalitarie e autodistruttive.degli anni Settanta e Ottanta. Lo spettacolo della storia umana è quello di un'unica, monotona alienazione che assume le forme della violenza eterodiretta (sadismo) o autodiretta (masochismo). Sempre e ovunque l'uomo, davanti all'incapacità di dominare l'angoscia di morte, pare non abbia saputo far di meglio che infliggere al suo prossimo o a se stesso le forme più variegate di violenza, fisica o psicologica, realizzando con le sue stesse mani una specie di inferno terreno. Fatto significativo, fra le minacce totalitarie prodotte dall'angoscia di morte De Marchi non sembra far rientrare quella della scienza e della tecnica odierne: il che, del resto, è in linea con la sua visione evoluzionistica e razionalistica, basata sull'idea di progresso. Al contrario, egli colloca esplicitamente l'ambientalismo contemporaneo tra le forme degli esecrati totalitarismi millenaristici, accanto al fascismo e al comunismo. Il pericolo per il nostro futuro,insight personale). Tuttavia, egli sostiene che è necessario affrontare questa realtà dolorosa e prendere coscienza della nostra responsabilità nel preservare l'ambiente naturale. In conclusione, De Marchi invita gli uomini a superare la mentalità strumentale e calcolante della scienza e della tecnica, e a abbracciare una prospettiva più umana e consapevole. Solo attraverso una profonda comprensione della nostra condizione finita e mortale, e attraverso la solidarietà e l'alleanza contro il dolore e la morte, possiamo sperare di preservare la bellezza del mondo e evitare la distruzione irreparabile della natura.si tratta di un approccio che si basa sulla teoria dell'evoluzione di Darwin. Darwin è stato affascinato da questo approccio perché permette di comprendere in modo coerente e persuasivo l'intero processo dell'evoluzione culturale umana, dalle sue origini paleolitiche fino ai giorni nostri, inclusi gli scenari apocalittici. Inoltre, questa teoria è in grado di spiegare le molteplici motivazioni religiose, sociali, demografiche, politiche e filosofiche che hanno caratterizzato l'evoluzione umana. In sostanza, si tratta di un richiamo alla filosofia della storia, che cerca di fornire uno schema interpretativo unitario per tutti i fatti umani. Come per Spengler e Toynbee, c'è la volontà di ridurre la molteplicità degli eventi umani all'unità, di delineare il significato dell'esperienza umana e, se possibile, prevederne gli sviluppi futuri. Tuttavia, a differenza di Spengler e Toynbee, questo approccio si basa sulla teoria dell'evoluzione di Darwin.DeMarchi non si accontenta di una interpretazione unitaria dei fatti storici, egli cerca anche la moderna pietra filosofale che gli permetta una interpretazione unitaria di tutti i principali fattipsichici, spirituali e culturali: dalle pitture rupestri dei neanderthaliani alle più recenti avanguardie artistiche, dai riti sciamanici degli uomini del paleolitico alle moderne idolatrie della storia elaborata da Hegel Marx, Lenin e Hitler. Il minimo che si possa obiettare a questo tipo di filosofia è che, se la storia del pensiero umano non è stata che una serie di errori, di alienazioni, di reazioni inconsulte a un paranoico terrore della morte, per quale mai ragione si dovrebbe accordare maggior fiducia all'ennesimo annuncio di salvezza, all'ennesima ricetta per il paradiso in terra? Certo, De Marchi non parla di paradisi, anzi protesta contro ogni nevrosi paradisiaca; ma che altro è, in realtà, la sua proposta di costruire un mondo ove gli uominisiano finalmente solidali tra loro, vengano banditi l'odio e la violenza, e il progresso sia posto interamente al servizio della felicità umana? Non solo: per realizzare un simile obiettivo, De Marchi propone di fare piazza pulita di ogni idea o progetto "totalitario", sia trascendente che immanente, intendendo con tale espressione ogni pretesa di risposta salvifica totale al disagio della condizione umana. Ebbene, si potrebbe mai immaginare una proposta più totalitaria di questa? Si tratta, infatti, di una proposta che getta fra i rifiuti della storia più o meno tutto quello che l'uomo ha pensato, sentito e realizzato negli ultimi trentamila anni della sua vicenda, bandando come sogni patetici e funeste illusioni tutte quelle cose che gli hanno dato coraggio, fede, speranza e amore - insieme, è vero, a manifestazioni d'intolleranza e prevaricazione. Come per Natoli, l'obiettivo finale di De Marchi è una gigantesca mutazione antropologica.la costruzione di una umanità radicalmente rinnovata sia nella sfera affettiva che in quella intellettiva; una umanità che riparta da zero, facendo tabula rasa di valori, codici e pratiche fino a qui considerati buoni e giusti, se non addirittura sacri. Traspare una nietzschiana volontà d'inversione di tutti i valori: un atto di audacia suprema che trasformi il "buono" in "cattivo", e viceversa. Buone sono state, sino ad ora, la rinuncia, la rassegnazione, l'espiazione; e, al tempo stesso, l'intolleranza, l'aggressività, la violenza ideologica (ma possono essere vere entrambe le cose, contemporaneamente?). Ora tutto ciò deve diventare cattivo, e occorre sostituirlo con la lucida accettazione della condizione mortale, con la collaborazione reciproca, con la solidarietà, il desiderio e l'amore nei confronti dei propri simili. In fondo, è la vecchia filosofia dei Lumi che fa capolino dalle riflessioni diDe Marchi: il vecchio mito è una Ragione che rischiarerà per sempre le tenebre in cui l'uomo è vissuto finora, e in cui truffatori e preti malvagi, dittatori e crudeli incantatori di folle, l'hanno relegata, mettendola in ceppie vanificando la sua aspirazione alla libertà dalla paura, dal bisogno e dal dolore. E, alla fine di questo "rischiaramento" di kantiana memoria, l'umanità bambina diverrà finalmente adulta, e potrà incamminarsi verso le magnifiche sorti e progressive. Vale comunque la pena di riprendere il testo di De Marchi e di esaminarlo brevemente, per evidenziarne gli aspetti che, a nostro parere, risultano poco convincenti. Poiché i punti sono ben diciotto, non li esamineremo tutti ma ci fermeremo al sesto. Diversamente, finiremmo per ripeterci e per annoiare il lettore; rimandiamo perciò, per una valutazione complessiva di tutti i diciotto punti, a quanto già detto sopra. 1. L'intuizione improvvisa,e poi continuamente rinnovata e rimossa, del destino di morte riservato a lui stesso e a tutti i suoi simili più cari, provocò nell'uomo primordiale una reazione di terrore e di panico, da me definita di shock esistenziale, che sta alla base della nascita e di molti sviluppi della cultura umana, se per cultura s'intende non la semplice produzione di manufatti (che del resto è riscontrabile anche a livello animale) ma la produzione di idee, fantasie, miti, credenze, riti, costumi. Ma chi è questo "uomo primordiale" di cui parla De Marchi? Non è un uomo storicamente definibile, quanto piuttosto un'astrazione del pensiero. Non esiste la minima prova che questo essere primordiale, questa "scimmia" umana, abbia subito lo shock esistenziale in questione. Ancora più ipotetica è l'affermazione che l'intera cultura umana sia un prodotto derivato da un tale shock. 2. Questo trauma esistenziale primario, infatti,produsse una rimozione totale e una negazione immediata della morte, che assunsero la forma di fantasie (poi cristallizzate in credenze) disop
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
11 pagine
SSD Scienze mediche MED/25 Psichiatria

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psichiatria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Cedro Clemente.