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MODELLO BIOGENETICO:
PRO: la schizofrenia è una malattia come le altre; i pazienti non sono responsabile dei propri
sintomi, diminuzione della colpa
CONTRO: aumento della convinzione di inguaribilità (“è nato così”), incremento dei pregiudizi di
imprevedibilità e pericolosità, aumento emarginazione.
Si assiste ad un passaggio da un modello “BIO-PSICO-SOCIALE” (impossibilità di guarire”) ad un
modello “BIO-BIO-BIO: enfasi su componenti genetiche e biochimiche, scarsa rilevanza alle
circostanze ambientali (es. esperienze traumatiche).
Epidemiologia: esiste concordanza nel riscontrare la schizofrenia tra le diverse culture e
localizzazioni geografiche; non vi sono differenze legate al sesso; è stata osservata maggiore
incidenza del disturbo nelle classi sociali meno agiate, dato non considerato attendibile a causa
delle deriva sociale. Per quanto riguarda gli eventi stressanti e il disturbo non vi sono dati
attendibili, anche se tali evenienze possono assumere ruolo significativo se c’è vulnerabilità di
base
Accanto all’intervento psicoeducativo integrato sono previsti programmi di social skills training per
favorire l’assunzione di abilità sociali, il recupero e il miglioramento di esse; si ricorre a centri
diurni, strutture residenziali e alloggi protetti a seconda del livello di intensità del programma
riabilitativo.
L’ICDH (INTERNATIONAL CLASSIFICATION OF IMPAIRMENTS, DISABILITIES AND
HANDICAPS) distingue tra:
- Malattia: condizione fisica o mentale di deviazione dallo stato di salute, descrivibile con
segni e sintomi.
- Menomazione: perdita di una struttura o funzione anatomica/fisiologica/psicologica.
- Disabilità: riduzione o perdita della capacità di effettuare un’attività normale.
- Handicap: situazione di svantaggio sociale, conseguente a menomazione e/o disabilità,
che limita o impedisce l’adempimento di un ruolo normale per un dato individuo in funzione
di età, sesso e fattori culturali e sociali.
CRITICHE ALL’ICDH: le conseguenze sulla vita di una persona di una malattia possono essere
diverse a parità di diagnosi sulla base degli interventi socio-sanitari riabilitativi; l’ambiente può
essere una barriera ma anche una risorsa; “Handicap” ha assunto nel linguaggio comune
connotazioni negative, individuando più una condizione della persone (“handicappato”) che una
condizione di svantaggio sociale.
ICF
Classificazione internazionale del funzionamento, disabilità e salute. Ha un’accezione positiva
volta alle funzioni e alle capacità dell’individuo piuttosto che ai suoi limiti. Mette al centro della
valutazione il lato positivo, cioè il funzionamento; non descrive ciò che non va, ma funzioni e abilità
che ciascuno ha. Dà una visione globale della persona e non della malattia.
I domini in essa descritti sono:
- PARTE 1- FUNZIONAMENTO E DISABILITA’: Le componenti sono funzioni e strutture
corporee (al posto del termine hadicap (ICDH) si introduce “partecipazione”, individuando
così un concetto per cui ambienti diversi avranno un impatto diverso sulla persona in
difficoltà; “partecipazione” tratta del coinvolgimento di una persona in una situazione di vita,
rappresenta la prospettiva sociale del funzionamento; le funzioni corporee sono le funzioni
fisiologiche o psicologiche dei sistemi corporei; le strutture corporee sono le parti
anatomiche del corpo come gli organi, gli arti e i loro componenti) attività e partecipazione
(attività: esecuzione di un compito o di un’azione da parte di un individuo, rappresenta la
prospettiva individuale del funzionamento). I costrutti della parte 1 sono capacità (abilità di
eseguire un compito o azione) e performance (ciò che un individuo fa nel suo ambiente
attuale)
- PARTE 2 - FATTORI CONTESTUALI: fattori ambientali ( aspetti del mondo esterno che
formano il contesto di vita di un individuo e come tali hanno un impatto sul funzionamento) ,
fattori personali (fattori correlati all’individuo quali età, sesso, classe sociale, non
attualmente classificati nell’ICF, ma che gli utilizzatori posso inserire nelle loro applicazioni
della classificazioni). I costrutti della parte 2 sono facilitatori o barriere nei fattori ambientali
(fattori che mediante la loro presenza/assenza limitano il funzionamento e creano disabilità)
È stata elaborata dall’OMS nel 2001. In essa il funzionamento è visto come legato alla salute, la
quale è espressa in maniera diversa e a seconda del contesto di vita, delle opportunità e della
maturazione psicologica dell’individuo. La valutazione del funzionamento deve specificare il
contesto di vita: molte persone “disabili” in un ambiente non lo sono/sarebbero in ambiente
diverso; guardare all’ambiente in questa chiave suggerisce scenari di vita possibile (“come
sarebbe la vita della persona se qualcosa nel suo ambiente, prima che nel suo corpo, fosse
diverso?”).
La disabilità è vista come interazione tra salute e ambiente sfavorevole. Riconosce all’ambiente
favorevole la capacità di modificare il funzionamento.
Il funzionamento è visto come risultato dell’interazione tra persone e ambiente; l’ambiente può
agire come facilitatore (ogni fattore ambientale che può modificare in positivo il funzionamento di
una persona in una determinata attività) o come barriera (ogni fattore ambientale che limita il
funzionamento e amplifica le disabilità di una persona, quale l’assenza di tecnologie di supporto,
come un computer non adattato). Nessuna persone è in grado di funzionare in modo autonomo al
di fuori dell’interazione con l’ambiente: l’interdipendenza è condizione tipica dell’esistenza umana.
Tiene conto delle condizioni di partenza, non tutti possono raggiungere lo stesso livello di
funzionamento.
La riabilitazione massimizza la salute (aumenta il benessere), l’intervento clinico minimizza la
malattia (ridurre i sintomi). La riabilitazione psicosociale favorisce il raggiungimento di un
funzionamento indipendente in persone con compromissioni o disabilità dovuti a disturbi mentali: si
propone di aiutare queste persone a scegliere dove vivere, lavorare, studiare con il minimo aiuto.
VA-DO: Il Vado è specificamente orientato ad approccio cognitivo-comportamentale, ma
usufruibile per tutti i tipi di intervento riabilitativo. Il Vado è apparentemente “tecnicistico” ma
rispecchia in realtà il bisogno di mettere in opera quelle che Saraceno definisce “competenze
parentali” (capacità di ogni buon genitore).Si fonda sulla convinzione che in realtà limiti e risorse
di “normali” e non, sono diversi per quantità ma non per qualità. Pertanto l’ apprendimento non
differisce qualitativamente (salvo maggior pazienza e resistenza alla frustrazione quando ci si
rivolga a malati psichiatrici).
Criteri fondamentali del VADO:
a) DEFINIZIONE DELL’OBIETTIVO GLOBALE che consiste sostanzialmente nel definire con
gli utenti dove e come vorranno vivere (col maggior grado di autonomia possibile) entro
2/3 anni e cosa intenderanno fare nello stesso lasso di tempo.
Tale obiettivo globale pertanto è variabile e da riposizionarsi periodicamente (Scuola di
Boston, Anthony ecc.).
b) valorizzazione di quelle abilità e abitudini (coltivate in situazione di ricovero ospedaliero o
simili) che risulteranno più utili alle persone una volta reinserite nella società.
c) È fondamentale la concreta applicazione di abilità e abitudini apprese nella vita reale e la
costante verifica di ciò.
Scopi
- valutazione del paziente
- definizione, pianificazione e conduzione del programma riabilitativo individualizzato
- definizione obiettivi e verifica.
Il manuale è composto di 2 parti, la prima verte sulla valutazione delle abilità la seconda sulla
definizione di obiettivi. Definisce gli obiettivi di un programma riabilitativo individuale per avere una
vita autonoma. Si cerca di individuare le aree in cui attivare un programma riabilitativo. La parte VA
valuta 28 componenti su 4 aree principali attraverso l’intervista VF (intervista di valutazione del
Funzionamento).
Il VF è un’intervista da somministrare al paziente e ne va presentato lo scopo (rilevazione non
solo dei problemi e delle limitazioni ma anche di capacità e interessi, anche pregressi ) e
assicurata la privacy, creando la miglior relazione possibile.
dimostrare partecipazione (guardare in viso, fare cenni di assenso. Dire spesso”si, già,
- capisco…”)
usare ascolto attivo (domande di chiarimento; riassunto di quanto capito e richiesta di
- conferma:”Se ho capito bene…” ecc.).
Chiedere esempi concreti (“mi aiuti a capire meglio, cioè ecc”).
- Se la persona divaga o è troppo prolissa dire “…interessante ma ne parliamo alla fine ecc”
-
VF suggerisce domande per ogni area (ovviamente da proporre con criterio elastico : es. evitare
ripetizioni ecc.)Possibilità di elaborare domande diverse ad hoc. Per le ABILITA’ ESERCITABILI (in
base al contesto) : valutare le abilità effettive e non quelle potenziali. Per le ABILITA’ NON
ESERCITABILI ( A CAUSA DEL CONTESTO) cercare di valutarne le potenzialità (es. se uno, in
assenza di cucina, saprebbe secondo noi cucinare se fosse in un contesto adeguato).
Le 28 componenti sono raggruppate per semplicità in quattro aree:
1) cura di sé e dell’ambiente,
2) rapporti familiari e sociali,
3) attività produttive e socialmente utili, Riguarda lavoro (retribuito o retribuibile in
qualsiasi altro contesto, o di utilità agli altri quale ad es. il volontariato ecc.)Definire se
protetto o in ambiente normale. V. ruolo nella costruzione di autostima (es. studio)
4) comportamento aggressivo e disturbante
Dopo la valutazione i punteggi vengono collocati sulla scala FPS (scala di funzionamento
personale e sociale) che ha un valore compreso tra 1 e 100 con range di 10 punti per le varie
fasce. Più il valore è basso più si ha una compromissione grave. Questa scala tiene conto di quello
che la persona sa fare o saprebbe fare da sola, senza l’aiuto o supervisione di altri. Per valutare il
livello di disfunzione nelle varie aree occorre tenere conto di sei punteggi: assente, lieve (solo i
familiari notano la disfunzionalità), evidente ma non marcato (tutti lo notano ma non compromette il
funzionamento), marcato (funzionamento compromesso in una determinata area), grave (difficoltà
che rende la persona incapace di svolgere un ruolo in quell&rsqu