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INFEZIONE VIRALE
Per causare l’infezione virale, il virus deve innanzitutto infettare l’ospite, penetrando attraverso la cute e le
mucose. Una volta che riesce ad entrare deve replicarsi, e lo fa in cellule che risultano suscettibili. Una
cellula che permette la replicazione virale prende il nome di permissiva. Una volta formati i nuovi virus, essi
devono diffondersi o nello stesso sito di infezione oppure spesso passano in circolo e si diffondono anche
lontano dal sito di infezione primaria. Qualora l’infezione primaria non sia nell’area bersaglio propria del
virus, una volta che il virus raggiunge la cellula preferita, lì ha una nuova moltiplicazione. L’area bersaglio
può essere una parte localizzata, come ad esempio la congiuntiva per gli adenovirus, oppure può essere
generalizzata come il virus del morbillo. Alla fine, il virione formatosi deve uscire dalla cellula ospire per
andare a infettare altri ospiti. In questo modo il virus si assicura la propria sopravvivenza.
Le tappe dell’infezione virale.
ADSORBIMENTO: la prima tappa dell’infezione virale è l’adsorbimento, cioè il legame tra
l’antirecettore del virus e il recettore della membrana cellulare. Questa fase è indipendente dal
calore, dalla temperature, dal forte dispendio di energia, tanto che, visto che i virus non riescono a
distinguerli, tendono a legarsi anche a cellule morte oppure a frammenti di cellule. In questa fase il
virus si lega con l’unica condizione di trovare il recettore adeguato.
PENETRAZIONE: Una volta che c’è stato l’ancoraggio al recettore, il virus deve essere riportato
all’interno della cellula. Avviene la fase della penetrazione, che dipende dalla cellula, poiché richiede
un intervento attivo da parte della cellula e quindi deve avvenire a condizioni di temperatura
ottimali per la cellula e richiede da parte della cellula un dispendio di energia. La cellula ospite non
sa di avere all’interno il virus e dato che svolge un egual procedimento per le sostanze nutritizie,
pensa di essersi portata dentro qualcosa di utile. Il meccanismo di penetrazione avviene con due
modalità differenti:
Endocitosi per i virus nudi.
Il virus aderisce alla superficie della cellula perché combaciano recettore e antirecettore. La
cellula lo interna lizza perché forma un vacuolo, rivestendolo con la membrana e
portandolo all’interno. La membrana del vacuolo raggiunge poi l’appartato del Golgi o il
reticolo endoplasmatico con cui si va a fondere, liberando il virus dentro la cellula. A
questo punto è necessario disgregare le proteine del capside mediante delle proteasi, in
modo tale che si liberi il genoma virale e inizi la replicazione assieme al genoma della
cellula.
Fusione per i virus rivestiti.
La fusione può avvenire con due meccanismi diversi a seconda del tipo di virus: i virus con
il loro pericapside, dove sono presenti gli antirecettori, che riconoscono i recettori della
membrana, si legano: nella prima modalità (fusion from without), il pericapside si fonde con
la membrana poiché hanno la stessa struttura e si libera il nucleo capside subito dentro la
cellula. Anche in questo caso devono intervenire le proteasi che disgregano il capside per
liberare il genoma. Questo è il meccanismo più semplice, perché il secondo meccanismo,
che è tipico del virus influenzale, consiste in un misto tra i due meccanismi precedenti. Il
virus con pericapside si ancora alla superficie tramite i suoi antirecettori e con tutto il
pericapside viene fagocitato all’interno di un vacuolo. La differenza con questo meccanismo
(fusion from within) è che ad un certo punto si fondono insieme la membrana del
pericapside e la membrana del vacuolo, lasciando liberare facilmente il materiale genetico.
DENUDAMENTO O SPOLIAZIONE: la tappa successiva consiste nella rimozione del capside
con liberazione del genoma virale nel citoplasma. Intervengono delle proteasi che semplicemente
disgregano il capside. Inizia così la fase di eclissi, cioè che non si vede più il virus con le sue
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componenti principali ma ci sarà in giro solo il suo materiale genetico che presto darà luogo a
nuove particelle virali. Appena il materiale genetico si libera, con vari meccanismi fa in modo che la
cellula ospite lo duplichi e sintetizzi le sue proteine.
REPLICAZIONE: una volta liberato il materiale genetico, inizia la replicazione: il materiale
genetico contiene delle parti che codificano per delle proteine chiamate strutturali, che andranno a
formare fisicamente il nuovo virus, ma anche le proteine con funzione enzimatica, che
parteciperanno alla formazione del nuovo virus.
ASSEMBLAGGIO: una volta che la cellula ospite ha prodotte le proteine strutturali del nuovo
virus, essi devono essere assemblati: si deve riformare il capside e ci deve essere all’interno di esso
il materiale genetico.
LIBERAZIONE: a questo punto i virus sono pronti per uscire e essere liberati. I virus nudi escono
rompendo la cellula ospite, i virus con pericapside fuoriescono per gemmazione, lasciando una
cicatrice alla cellula ospite.
I batteriofagi
I batteriofagi sono dei virus che infettano solo i batteri. Parassiti dei batteri, sono costituiti da materiale
genetico rivestito da proteine. La differenza è che nel genoma hanno delle basi diverse, come ad esempio
presentano l’uracile al posto dell’adenina, presente nel DNA.
La struttura caratteristica del batteriofago presenta:
Una testa poliedrica, altro non è che il capside icosaedrico (20 facce triangolari).
Una coda, attaccata alla testa, rivestita da una proteina elastica e contrattile che serve per
agganciare la cellula ospite. Serve per penetrare la membrana della cellula ospite e rilasciare il
materiale genetico.
Ciclo replicativo di un batteriofago.
Il ciclo è assolutamente identico a quello di un virus che parassita gli animali: il virus riconosce la cellula
ospite, penetra all’interno, si riproduce, si replica tramite i meccanismi biochimici della cellula ospite (nel
caso del batteriofago di un batterio) e alla fine i nuovi fagi si liberano per lisi, spaccando la cellula batterica.
Come unica differenza, la cellula batterica, la contrario delle cellule animali, ha la parete cellulare, un
rivestimento rigido. Prima di liberarsi, il batteriofago deve, con delle proteine proprie, bloccare la sintesi
del nuovo peptidoglicano e deve disgregare il vecchio. Tale è il ciclo litico del batteriofago.
Può capitare però che alcuni batteriofagi (lambda di e. coli), formano il DNA che si va ad integrare nel DNA
del batterio e li rimane silente sottoforma di pro-fago. Per il batterio, la forma si lente di batteriofago,
rappresenta un vantaggio: pare che esso protegga il batterio da ulteriori infezioni da parte di altri fagi e per
ogni specie batterica esistono almeno dieci fagi in grado di parassitare un batterio. Un batterio con un
profago all’interno, resiste e sopravvive meglio nel suo ambiente.
I prioni
I prioni sono degli agenti infettanti costituiti esclusivamente da proteine. Determinano le encefalopatie
spongiformi, poiché nel tessuto nervoso si vengono a formare dei vacuoli che danno l’aspetto di una spugna.
Le proteine prioniche:
Sono resistenti agli antivirali,
sono molto simili alle proteine della cellula ospite, tanto che non determinano infiammazione e non
creano risposta anticorpale; non vengono riconosciute come proteine non self.
Sono libere di provocare danni
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Attualmente non esistono farmaci contro le proteine prioniche né si hanno casi di guarigioni spontanee.
La prima encefalopatia conosciuta è la scrapie, un’infezione che colpiva le pecore, causando atassia
(progressiva perdita della coordinazione muscolare), tremori e un intenso prurito.
Dal 1986 un’altre encefalopatia importante è rappresentata da BSE (encefalopatia spongiforme bovina), che
ha come caratteristica il fatto di essere riuscita a fare il salto di specie, riuscendo ad infettare l’uomo tramite
il consumo di carni infette. Nell’uomo determina la nuova variante della malattia Creutzefeldt-Jacob, che
interessa il sistema nervoso e si manifesta con demenza, declino delle capacità motorie e cognitive e
soprattutto ha un decorso letale (non c’è cura), che può essere anche abbastanza rapido (dopo 38 mesi dalla
comparsa dei sintomi si può anche morire).
Culture cellulari
Per studiare, ma anche per scopi diagnostici, o per la produzione dei vaccini, è necessario coltivare i virus.
Mentre è molto facile coltivare i batteri, per i virus è un po’ più complicato perché essendo dei parassiti
endocellulari obbligati hanno bisogno di culture cellulari dove crescere. Esse si dividono in:
Colture primarie = derivano da organi di animali molto giovani o da feti umani trattati con enzimi
proteolitici (tripsina). Gli enzimi disgregano la struttura dell’organo e fare in modo che si possano
ottenere le singole cellule. Le singole cellule hanno le caratteristiche proprie dell’organo da cui
derivano. Tali colture possono essere utilizzate per pochissimo tempo, perché dopo un paio di
infezioni da parte del virus, le cellule muoiono (anche senza l’infezione muoiono). Per questo motivo
si tenta di fare delle linee un po’ più persistenti.
Linee diploidi o semicontinue, che derivano da fibroblasti, cellule non molto differenziate. Tali linee
riescono a sopravvivere per una decina di passaggi. Le cellule vengono fatte crescere in delle
fiasche, contenitori di plastica, e viene messo un terreno di coltura che deve dare nutrimento alla
cellula. Dopo la moltiplicazione si arriva a formare un monostrato confluente: le cellule confinano
l’una con l’altra. Alcune cellule crescono una sopra l’altra ma generalmente si arriva ad una
condizione invivibile e cominciano a morire. Per evitare ciò, il monostrato viene staccato con la
tripsina dal supporto in cui è cresciuto e le cellule da una vengono passare in tre fiasche, dando
altro spazio per crescere. Dopo una decina di passaggi, le cellule perdono la loro capacità
replicativa.
Linee continue, cellule neoplastiche, ovvero cellule tumorali, cellule modificate con la capacità di
riprodursi illimitatamente. Vengono utilizzate in laboratorio più spesso delle altre linee. Vengono
utilizzati i tumori del collo dell’utero, della vescica. Per alcuni virus oppure per la produzione di
vaccini, si utilizza l’uovo embrionato di pollo.
Risposta antivirale
Per i virus, oltre alla risposta immunitaria vista precedentemente con i batteri, c’è un’altra risposta innata e
non specifica, ovvero quella della produzione dell’interferone. L’interferone
Si forma dietro uno stimolo ben preciso, ovvero l’in