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Proteine, enzimi Mb e Hb, carboidrati e lipidi Pag. 1
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Le proteine hanno una struttura tridimensionale con quattro livelli di

organizzazione, caratterizzati da legami diversi: La struttura primaria è

caratterizzata da legame peptidico, gli amminoacidi sono in sequenza nella catena

polipeptidica e i gruppi peptidici sono incernierati da legami N-Cɑ e Cɑ-C. Sono, inoltre,

presenti un’estremità N-terminale e una C-terminale.

La struttura secondaria è caratterizzata da legami a H tra gruppi –NH e –C=O di

gruppi peptidici diversi, che ripiegano nello spazio la catena polipeptidica. Essa può

essere ad alfa-elica, a foglietto beta, e a ripiegamenti inversi. La prima è la più

comune ed è dovuta alla formazione di legami a H tra il –C=O di un gruppo peptidico e

l’H di un –NH di un gruppo peptidico distante 3 residui; le catene laterali si trovano

all’esterno dell’elica. La seconda è dovuta alla formazione di legami a H tra il –C=O di

un gruppo peptidico e l’H di un –NH di un gruppo peptidico molto distante, con le

catene polipeptidiche che si allineano. I ripiegamenti inversi o angoli β cambiano

la catena polipeptidica, sono di due tipi, costituiti da 4 residui amminoacidici e

stabilizzati da legame a H tra gruppi peptidici dei residui 1 e 4.

La struttura terziaria descrive la posizione nello spazio di tutti i suoi atomi ed è

caratteristica delle proteine globulari. Essa è stabilizzata da interazioni tra catene

laterali di residui amminoacidici come ponti disolfuro, legami a H, interazioni

ioniche, dipolo-dipolo, idrofobiche e di van der Waals. La struttura terziaria

ripiega le strutture secondarie, se presenti e tali ripiegamenti sono detti motivi

strutturali. I polipeptidi con più di 200 residui sono organizzati in unità indipendenti

dette domini, che hanno funzioni strutturali, funzionali, catalitiche e regolatorie.

La struttura quaternaria si osserva quando diverse catene polipeptidiche a struttura

terziaria si associano. È stabilizzata dagli stessi legami della struttura terziaria, tranne

i ponti disolfuro. Le catene sono dette sub unità, possono essere identiche o diverse

e si dispongono asimmetricamente.

Le proteine fibrose sono ricche di elementi con struttura secondaria e fungono da

supporto fisico o di protezione. La struttura fibrosa si ottiene per formazione di un

protofilamento, in cui si instaurano interazioni deboli tra le estremità C-terminale ed

N-terminale di ogni dimero avvolto; i protofilamenti dimerizzano formando le

protofibrille che, associate a quattro, formano le microfibrille. Le proteine fibrose

sono cheratina e collageno: la prima compone strati epidermici esterni e appendici

come pelle, capelli e unghie; il secondo, invece, compone tessuti connettivi, come

ossa, denti, cartilagine e tendini. La cheratina può essere ɑ e β. L’ɑ-cheratina è molto

resistente allo stress fisico, ha due alfa-eliche avvolte una intorno all’altra e tenute

insieme da interazioni idrofobiche; la β-cheratina è più rigida, ha strutture β, con

catene laterali di Gly, Ala e Ser. Il collageno ha fibre insolubili resistenti alla tensione,

tre catene polipeptidiche si avvolgono una sull’altra generando una tripla elica

stabilizzata da legami a H. Mioglobina ed emoglobina

Le proteine che legano l’O sono Mb, che conserva l’O nei tessuti, ed Hb, che trasporta

l’O dai polmoni ai tessuti periferici. L’O si lega reversibilmente a queste proteine, ma

nessuna delle catene laterali dei loro amminoacidi può interagire con esso. Tale

funzione è svolta da ioni di metalli di transizione, essenzialmente ferro. Mb ed Hb

contengono oltre alla porzione polipeptidica un gruppo prostetico EME, localizzato

in una tasca idrofobica e costituito da una struttura ad anello, la proto porfirina, a

cui è legato un atomo di ferro in stato d’ossidazione ferroso a sei legami di

coordinazione. L’O si lega all’atomo di ferro del gruppo EME.

La Mb è un polipeptide di 153 residui amminoacidici che lega l’O presente nei tessuti

muscolari dei mammiferi e contiene una molecola di EME. La catena polipeptidica è

ripiegata in otto segmenti ad α-elica collegati da ripiegamenti. La sua funzione

dipende dalla sua capacità di legare l’O e di rilasciarlo quando necessario. L’O legato

alla Mb aumenta in modo iperbolico all’aumentare dell’O totale, pertanto in

condizioni fisiologiche oltre il 90% delle molecole di Mb sono ossigenate. La Mb

conserva l’O, rilasciandolo quando è scarso nei tessuti e facilita il suo trasporto nel

muscolo.

Quasi tutto l’O trasportato è legato all’Hb nei globuli rossi, che sono piccole cellule che

originano da cellule staminali precursori dette ematoblasti. I globuli rossi trasportano

l’Hb disciolta nel loro citosol a una concentrazione molto elevata. L’interazione dell’Hb

col 2,3-bisfosfoglicerato è un esempio di regolazione allosterica. L’O legato

all’Hb aumenta all’aumentare dell’O totale, ma la saturazione segue andamento

sigmoidale: l’O è legato con affinità sempre più alta e in maniera cooperativa dalle

diverse sub unità. Alla pressione di O del sangue arterioso, Mb ed Hb sono quasi

completamente sature; alla pressione di O del sangue venoso, Mb è completamente

satura mentre Hb è satura a metà. Pertanto mentre la saturazione di Hb dipende dalla

variazione di pressione di O, la Mb è quasi sempre satura. L’Hb ha una struttura

quaternaria che consente alle 4 subunità di influenzarsi tra loro. In condizioni

fisiologiche il legame di O all’Hb è regolato da diversi fattori: gli effettori che

stabilizzano la forma tesa con rilascio di O e viceversa; BPG; diminuzione di pH e

aumento di ioni H; aumento di CO2. Questi effetti promuovono il rilascio dell’O

(effetto Bohr): nei muscoli in attiva contrazione si genera acido lattico che abbassa

il pH promuovendo il rilascio del 10% in più di O da parte dell’Hb.

Enzimi

Gli enzimi (E) sono macromolecole deputate alla catalisi di reazioni biologiche: essi

aumentano la velocità di reazione, sono specifici e possono essere regolati. Si

identificano aggiungendo il suffisso –asi alla reazione catalizzata o al composto su cui

agisce. Visto il loro numero elevato, si identificano in tre modi diversi: nome

tradizionale, che è breve per l’uso comune, nome sistematico, che identifica la

reazione, numero di identificazione univoca. Ci sono sei classi di reazioni principali

indicate con numeri arabi: 1 ossidoriduttasi col trasferimento di elettroni sotto forma

di ioni idruro o atomi di H; 2 transferasi, con trasferimento di gruppi funzionali; 3

idrolasi, con idrolisi; 4 liasi, con eliminazione di doppi legami; 5 isomerasi, con

isomerizzazioni; 6 ligasi, con formazioni di legami dopo idrolisi di ATP. Sono poi

indicate delle sottoclassi e delle sotto-sottoclassi con lo stesso criterio. Infine si

aggiunge un numero che identifica l’E specifico.

Il composto su cui agisce l’E è detto substrato (S) ed è specifico. La parte di E che

interagisce col S è il sito attivo o catalitico, che può già presentare la forma adatta

al suo accomodamento, cioè è complementare (teoria della chiave-serratura di

Fischer). Secondo Koshland, dopo l’interazione, l’E può subire un cambio

conformazionale che stabilizza il legame col S. L’interazione è mediata da legami

reversibili deboli tra atomi del sito attivo dell’E e il S (complementarità

elettrostatica).

Spesso gli E sono aiutati da molecole che partecipano alla reazione, distinte in base al

legame con esso in cofattori, coenzimi e gruppi prostetici. Cofattori e coenzimi si

legano all’E con interazioni deboli, i gruppi prostetici sono legati covalentemente. La

presenza del cofattore è essenziale per l’attività dell’E; il complesso enzima-

cofattore è detto oloenzima ed è attivo, l’E senza cofattore è detto apoenzima ed è

inattivo. Si forma un complesso enzima-substrato (ES), successivamente

trasformato in prodotto (P), il quale si dissocia dall’E, che diventa libero e può essere

riutilizzato per la catalisi successiva. La catalisi enzimatica può essere: acido-base,

covalente, favorita da ioni metallici, elettrostatica, di prossimità e

orientamento, favorita dal legame del complesso di transizione.

La cinetica enzimatica studia la velocità delle reazioni enzimatiche, che dipende

dalla concentrazione di S. Man mano che il S è convertito in P bisogna definire la

velocità iniziale (V₀) della reazione: a concentrazioni basse di S, V₀ aumenta quasi

linearmente con l’incremento di S; ad alte concentrazioni di S, l’aumento di V₀ è meno

evidente. In questa regione più piatta della curva, la velocità di reazione si avvicina a

quella massima (Vmax). La curva che esprime la relazione tra S e V₀ è espressa

dall’equazione di Michaelis-Menten: V₀= Vmax (S)/Km + S. L’equazione mette in

relazione V , Vmax e S, tutti correlati dalla costante di Michaelis-Menten (Km),

0

che è la concentrazione di S a cui la velocità di reazione è metà di quella massima.

L’efficienza catalitica è il modo di funzionamento di un E, che tiene conto sia di Km

che di Vmax. Essa si calcola dividendo la costante catalitica (Kcat) per Km. Per

calcolare invece Kcat si divide Vmax per il totale dell’enzima (Etot). Kcat è detta

anche numero di turnover ed è il numero di volte che la reazione è catalizzata da

ogni sito attivo dell’E. Per ricavare Km e Vmax dalla velocità di reazione si usa

l’equazione di Linewaver-Burk: 1/V₀ = Km/Vmax x 1/S + 1/Vmax.

Le reazioni a due S sono le più comuni e possono essere: a spostamento singolo o

sequenziali, in cui i due S si legano all’E per generare il P e possono avere

meccanismo ordinato o casuale; a spostamento doppio o ping pong, in cui un

gruppo funzionale è trasferito dal primo S all’E a cui si lega covalentemente; si

dissocia quindi il primo P; si lega il secondo S, a cui l’E trasferisce il gruppo funzionale;

è rilasciato il secondo P.

L’attività enzimatica è influenzata da temperatura, pH, forza ionica, modifiche

covalenti, inibitori e attivatori. Un aumento della temperatura aumenta l’attività

enzimatica. La maggior parte degli E hanno valore di pH a cui la loro attività è

massima e quindi ogni sua variazione influenza lo stato di ionizzazione di gruppi che

partecipano alla catalisi. Gli inibitori riducono l’attività enzimatica legandosi

reversibilmente all’E e influenzandone l’affinità per il S e il numer

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
4 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/10 Biochimica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sasi_1234 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biochimica generale e umana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Napoli - Parthenope o del prof Arcone Rosaria.