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Scientificità e artisticità vengono presentati come i poli estremi: l’arte è vista
come qualcosa che riguarda solo il “sensibile”, mentre la scienza viene intesa
come accumulazione e ordinamenti di esperienze estranee al campo
dell’immaginazione.
Tuttavia da un altro punto di vista scienza e arte non si contemplano come
categorie opposte, ma come due branchie specifiche del sapere.
La scienza applica principi astratti e leggi universali, ma il mondo
dell’architettura al contrario si compone di oggetti fisici caratterizzati dalla loro
particolarità e singolarità.
Ma le idee platoniche sono applicabili ad un numero indeterminato di oggetti
particolari e alludono a una comune natura o essenza, della quale tutti sono
partecipi.
In effetti tutto quanto può essere denominato da un sostantivo. I sostantivi
possono rimandare a contenuti universali, dato che sono applicabili a diversi
fatti particolari, ciascuno dotato di una propria individualità.
Attraverso questa analisi riconosciamo la presenza di tre grandi categorie:
1) gli elementi o parti dell’edificio
2) le relazioni formali tra questi elementi o parti
3) i tipi architettonici
Avremo dunque una nuova definizione di tipo architettonico, inteso come
principio ordinatore, secondo il quale una serie di elementi, governati da
precise relazioni, acquisiscono una determinata struttura.
Un’applicazione dell’epistemologia di Karl R.Popper
Popper ha stabilito quello che egli stesso definisce una epistemologia senza
soggetto conoscente, basata sull’esistenza di problemi, teorie, argomenti…
intesi come contenuti oggettivi del pensiero, indipendenti dagli stati mentali
del soggetto.
Questa distinzione tra soggettività e oggettività del pensiero conduce Popper a
formulare la teoria dei tre mondi:
1 il primo mondo è quello degli oggetti fisici
2 il secondo mondo delle esperienze soggettive
3 il terzo mondo degli enunciati e delle teorie in se stesse
Così diremo che appartengono al primo mondo architettonico tutte le opere di
architettura, siano esse costruite o progettate, cioè tutti gli oggetti fisici che
rappresentano il prodotto finito dell’attività architettonica.
Il mondo 2 architettonico è formato da tutti gli stati mentali, i processi di
elaborazione e gli atti del pensiero in senso oggettivo.
Infine il mondo 3 sarebbe costituito da tutti quei concetti ed enunciati che si
riferiscono all’architettura, unitariamente ai problemi che può creare il loro
sviluppo logico.
Nel nostro grafico l’architetto è visto come colui, che adoperando le proprie
facoltà mentali si sposta infaticabilmente da una riva all’altra, trasportando
materie prime da una sponda all’altra per trasformarle in manufatti.
Abbiamo quindi due corollari:
1) la stretta connessione che esiste tra progetto e analisi
2) l’errore radicale nel quale si incorre quando si pretende di separare la
teoria dalla pratica
Capitolo 2: Permanenza e trasformazione dei tipi
Classificazione e tipologia
Tipologia e classificazione non possono considerarsi metodi equivalenti in
senso stretto, dal momento che differiscono in modo sostanziale nelle strategie
e negli obiettivi. Se l’obiettivo di una classificazione è quello di stabilire le
differenze tra i fenomeni analizzati.
La tipologia: è impegnata soprattutto nella ricerca di similitudini o nessi
strutturali tra le cose.
I procedimenti classificatori conobbero il loro periodo di maggiore gloria nel
campo delle scienze naturali.
Così avviene nel campo dell’architettura, dove persino organismi molto
semplici e primitivi richiedono generalmente spiegazioni complesse. Infatti se il
tipo è un’idea nitida e precisa, raramente un edificio riproduce sono quell’idea.
Incroci tipologici
Due archetipi fondamentali della forma architettonica sono: lo spazio
direzionale e quello centrale.
Direzionalità e centralità, percorso e luogo sono due principi basilari
nell’organizzazione dello spazio fisico, che si ripropongono in modo ricorrente in
ogni epoca e cultura.
Il tipo direzionale della basilica per esempio si caratterizza per il suo snodarsi
progressivo lungo la linea orizzontale che, avanzando, va raccogliendo i diversi
elementi; mentre nel tipo centralizzato domina la componente verticale che si
innalza nel centro verso il vertice dell’edificio.
La forma e la sua utilità
L’architettura costituisce uno scenario dove possono svolgersi le attività
umane: questa è la sua utilità, intesa in senso lato.
Nella visione proposta da Hegel la forma architettonica integra tutti gli aspetti
particolari dell’uso e li traduce ad un livello superiore, definendo una finalità più
generale e comprensiva. Il senso della forma dunque non si esaurisce nel
soddisfacimento di una funzione, ma la ingloba e la supera, acquistando una
sua propria autonomia.
L’esperienza storica mostre con chiarezza che la forma è più duratura di
qualsiasi sua utilizzazione. Sono innumerevoli gli edifici e i luoghi che, nel corso
del tempo, hanno subito cambiamenti radicali nella loro utilizzazione, senza
che la struttura formale ne venisse alterata.
Perciò l’uso che si attribuisce all’architettura ha un carattere contingente e può
modificarsi anche se la forma resta sostanzialmente inalterata. Tale persistenza
di strutture formali è il fondamento del tipo.
Esiste inoltre una radicale discontinuità tra territorio dell’utilità e territorio
dell’architettura, una discontinuità che può essere colmata solo dalla forma.
Infatti, soltanto attraverso la forma l’architetto può rispondere alle legittime
richieste che gli presenta l’utilità, dato che una forma adeguata contiene già in
sé la questione della sua utilità.
Il sapere specifico dell’architettura non si riferisce tanto all’utilità degli oggetti,
quanto al senso delle forme. La questione dell’utilità, così come la si traduce
nelle molteplici attività dell’uomo, costituisce la condizione a priori affinchè
l’architettura si manifesti.
Tipo e luogo
Tipicità e unicità, tipo e luogo, appaiono così i termini di un processo dialettico
attraverso il quale l’architettura prende forma. Il tipo rappresenta la
dimensione generica, universale e astratta, mentre il luogo si identifica con gli
aspetti particolari, singolari e concreti.
È inoltre possibile che l’anima della città non sia altro che il riflesso di questa
straordinaria armonia che si stabilisce, a volte, tra tipo e luogo.
Capitolo 3: tipo e struttura
Critica all’approccio semiotico
L’accezione di struttura è un’accezione di vasta portata, che si riferisce a
ricerche di discipline molto diverse.
Tutti questi studi sono accomunati sotto la denominazione di strutturalismo.
Si può definire lo strutturalismo: come un metodo di analisi dei fenomeni
volto a determinare la struttura, nell’ipotesi che in essa risieda il loro principio
di formazione.
Il metodo strutturale: consiste nell’indagare la struttura comune a sistemi
diversi, che si presentano come eterogenei.
In vari campi del sapere, inclusa l’architettura, si è infatti posta la tendenza a
ridurre l’analisi strutturale all’uso delle categorie semiotiche (la semiotica:
può essere definita come la scienza generale di tutti i sistemi di
comunicazione). Ma il metodo strutturale non esaurisce il suo campo d’azione
nello studio della lingua, né deduce in modo esclusivo da questo i suoi
strumenti di lavoro.
Lo strutturalismo è infatti in prima istanza uno strumento di analisi formale e
relazionale, pertanto non deve essere confuso con i contenuti specifici delle
materie su cui opera.
Dal momento che l’aspetto comunicativo non è pertinente alla natura
dell’architettura, affrontare l’analisi di questa a partire dall’idea di
comunicazione può essere tutt’al più un curioso esperimento per il semiologo,
ma serve ben poco all’architetto.
In conclusione: Identificare forma e segno equivale ad ammettere
implicitamente la distinzione convenzionale tra la forma e il contenuto.
Il concetto di trasformazione in architettura
In primo luogo parlando di “sistema di trasformazione”, si sottolinea il fatto che
la struttura non è qualcosa di statico, inerte, chiuso in se stesso, ma una realtà
in perpetua formazione interessata da processi generativi capaci di incorporare
nella struttura nuove componenti, che la arricchiscano.
La possibilità teoria di incorporare nuovi elementi, nella struttura è in atto un
meccanismo di autoregolazione che assicura il mantenimento delle leggi e
delle proprietà che la caratterizzano.
Il concetto di trasformazione implica l’esistenza di un materiale originario,
una serie di elementi o componenti, dalla manipolazione dei quali si genera la
forma dell’oggetto.
Lo studio delle vicissitudini che alcuni monumenti hanno attraversato nel corso
del tempo, può aiutarci a chiarire il senso che attribuiamo al concetto di
trasformazione, un concetto che assumiamo non solo come categoria analitica,
ma anche come strumento di progetto.
Possiamo darne 3 esempi:
1) La moschea del Venerdì in Iran
2) Il convento di cristo a Tomar in Portogallo
3) La cattedrale di Siracusa
Il tipo come struttura elementare
Per Claude Lèvi-Strauss la struttura elementare costituisce il livello irriducibile
di ogni analisi strutturale. La struttura elementare sarebbe composta da 4
elementi:
la relazione di:
- consanguineità
- di alleanza
- di figliolanza
Questo atomo o struttura viene concepito come il materiale da costruzione di
sistemi più complessi, vale a dire che ogni sistema di parentela si elabora a
partire da questa struttura elementare, che si replica o si sviluppa mediante
l’integrazione di nuovi elementi.
I tipi architettonici non sono altro che strutture architettoniche elementari, che
costituiscono il livello ultimo dell’analisi strutturale.
Variazione, concatenazione, sovrapposizione: questi tre tipi di processi che ci
hanno consentito di caratterizzare le trasformazioni di alcuni monumenti, sono
nello stesso tempo procedimenti fondamentali in cui può articolarsi il progetto
architettonico.
Gli elementi e il tutto
Nell’ambito di questa modificazione dell’idea di tipo gioca un ruolo cruciale la
discussione sulla scomponibilità dell’architettura nelle sue parti integranti.
Durand pone l’accento sull