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Ne deriva che i contratti di finanziamento a tasso variabile, proprio perché incorporano in sé un
meccanismo di adeguamento automatico ai tassi di mercato, sono normalmente immuni dal rischio
di usura sopravvenuta; a tale rischio sono, invece, naturalmente esposti i finanziamenti a tasso fisso
nei periodi in cui si assista alla discesa dei tassi di mercato. 7
L’espressione “usura sopravvenuta”, nell’ambito del dibattito dottrinale e giurisprudenziale, è,
invero, utilizzata per fare riferimento a due situazioni distinte: secondo una prima accezione, il
termine usura sopravvenuta, si utilizza in relazione alla vicenda afferente a quei contratti che
risultavano in corso al momento dell’entrata in vigore della L.108/1996, ma che erano stati stipulati
in un periodo precedente a tale legge.
Secondo l’altra accezione, invece, il termine usura sopravvenuta afferisce alla pretesa necessità di
procedere alla verifica di usurarietà delle condizioni contrattuali nel caso di tasso convenuto
originariamente in misura lecita ( ossia sotto soglia usura) ma che, per effetto di una sopravvenuta
variazione in diminuzione del tasso soglia, sia divenuto successivamente superiore al limite legale
rilevato di tempo in tempo. Sulla base di questa seconda accezione, pertanto, il problema dell’usura
sopravvenuta è destinato a venire in rilievo anche con riferimento ai contratti stipulati dopo l’entrata
in vigore della L.108/1996.
Come precisato dalla stessa giurisprudenza di legittimità il problema del trattamento dell’usura
sopravvenuta non viene, invece, in rilievo in relazione ai rapporti esauriti prima dell’entrata in
vigore della legge 108: con riferimento ad essi la pattuizione di interessi ultralegali è viziata da
nullità ( ex art.1418, 1° comma, c.c.) solo se sussistano gli elementi costitutivi dell’illecito penale
secondo il testo dell’art.644 c.p. anteriore alle modifiche di cui alla L.108/1996, ossia il vantaggio
usurario, lo stato di bisogno del soggetto passivo e l’approfittamento di tale stato da parte del
prestatore (Cass., sez.III, 3 aprile 2009, n.8138; Cass., sez. III, 17 luglio 2008, n.19698).
Venendo alla questione della cd. usura sopravvenuta, occorre sottolineare come già nel periodo
immediatamente successivo all’entrata in vigore della L.108/1996 si sia registrata, nell’ambito della
giurisprudenza di merito, una divergenza tra chi era favorevole all’applicazione della nuova
disciplina ai rapporti sorti anteriormente all’entrata in vigore di essa, ma ancora in corso di
esecuzione e quanti, invece, affermavano l’impossibilità di sostenere una tesi siffatta argomentando
a partire dalla realità del contratto di mutuo.
Si rilevava, in particolare, che, perfezionandosi il contratto di mutuo con la traditio e sorgendo
l’obbligazione del mutuatario istantaneamente ed una volta per tutte al momento della consegna del
denaro da parte del mutuante, il pagamento delle rate andava necessariamente ricostruito come
esecuzione di obbligazioni sorte in epoca anteriore all’emanazione della l.108/1996; ne derivava
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l’impossibilità di affermare il contrasto del contratto con una norma imperativa ( quella del 644 c.p.
nuova formulazione) successiva al momento del perfezionamento del contratto medesimo e,
conseguentemente, l’impossibilità di predicare la sanzione della nullità parziale o dell’integrazione
automatica ex lege ai sensi dell’art.1339 c.c.
Per quanto riguarda l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, i giudici della Suprema
Corte, all’indomani dell’entrata in vigore della più volte citata L.108/1996, si sono espressi in senso
favorevole all’applicazione di tale normativa ai rapporti sorti anteriormente ad essa ma ancora in
corso di esecuzione. Più precisamente, essi hanno affermato che la Legge 108, avrebbe dovuto
trovare immediata applicazione con riferimento “alla regolamentazione degli effetti ancora in
corso”, ossia “la corresponsione degli interessi”, afferenti ai contratti stipulati anteriormente alla sua
entrata in vigore; al giudice, pertanto, secondo questa impostazione, avrebbe dovuto riconoscersi il
potere-dovere di rilevare ex officio la nullità della clausola contente la pattuizione di interessi
divenuti usurari per effetto dell’entrata in vigore della nuova disciplina.
Il fondamento normativo di questa ipotesi interpretativa veniva rintracciato nell’ “ampia dizione
degli artt.1339 e 1419, 2° comma c.c.”: si sosteneva, infatti, l’idoneità del combinato disposto di tali
disposizioni a consentire non solo la sostituzione delle clausole volute dalle parti con altre
legislativamente imposte, ma, altresì, “la semplice eliminazione di clausole nulle senza alcuna
sostituzione”; il riconoscimento di questo ulteriore effetto veniva, a sua volta, fatto derivare dal
“maggior spessore della eteroregolamentazione nell’ambito della contrapposizione tra autonomia
contrattuale e imperatività della norma” ( Cass.civ., sez.I., 17 novembre 2000, n.14899; nello stesso
senso: Cass.civ., sez.III, 2 febbraio 2000, n.1126; Cass. civ., sez. I, 22 aprile 200, n.5286).
Nel 2000, al precipuo scopo di risolvere la vexato quaestio dell’applicabilità della L.108/1996 ai
contratti stipulati anteriormente alla sua entrata in vigore, è stato adottato il D.L. 394/00 ( convertito
nella L.24/01) intitolato “Interpretazione autentica della L. 7/3/96 n.108”: all’art. 1 esso ha previsto
che “ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 cc, 2° comma, si intendono usurari
gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o
comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal loro pagamento”.
Si è, pertanto, stabilito che la valutazione di congruità del tasso deve essere riferita esclusivamente
all’epoca in cui è stato pattuito, non rilevando l’eventuale superamento successivo del tasso-soglia,
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dipendente dal ribasso di questo; la disposizione ha così risolto in senso negativo la questione
dell’applicabilità della L.108/1996 ai contratti stipulati anteriormente alla sua entrata in vigore, ma
ancora in corso di esecuzione, contraddicendo, così, l’indirizzo prevalente adottato, fino a quel
momento, dalla giurisprudenza di legittimità.
Con un orientamento non condiviso da parte della giurisprudenza di merito, i giudici della Suprema
Corte di Cassazione hanno ritenuto cha alla disposizione di interpretazione autentica poco sopra
citata dovrebbe esser riconosciuto lo stesso ambito di operatività dell’art. 1815 c.c. e, pertanto essa
si estenderebbe a tutti i contratti di credito ( Cass. civ, sez.I, 12 luglio 2007, n,15621).
Alcuni studiosi hanno, inoltre, affermato che il principio espresso all’art. 1, comma 1° del D.L.
394/2000, non avrebbe soltanto valore di norma transitoria, ma assumerebbe portata generale e
sarebbe, dunque, destinato ad operare anche, nei contratti stipulati successivamente all’entrata in
vigore della L.108/1996, quando l’interesse pattuito, legittimo al momento della convenzione, fosse
poi risultato usurario per effetto della diminuzione dei tassi-soglia successivamente rilevati.
All’indomani dell’emanazione della legge di interpretazione autentica, la giurisprudenza di
legittimità ha proceduto ad una revisione del suo precedente orientamento per allinearsi alle
indicazioni contenute nell’art. 1, 1° comma del D.L.394/00.
Essa ha, in particolare, affermato che nell’ipotesi in cui vengano in rilievo fattispecie anteriori
all’entrata in vigore della L.108/1996, la pattuizione di interessi sopra-soglia non è da ritenere “di
per sé viziata da nullità”, stante la possibilità per le parti di determinare un tasso d’interesse diverso
e superiore rispetto a quello legale con il solo limite dell’utilizzo della forma scritta ex art. 1284
c.c.. Alla stregua della nuova impostazione adottata, il negozio contenente la pattuizione di interessi
usurari dovrebbe esser considerato illecito solo nel caso di accertato contrasto dello stesso con l’art.
644 c.p. nella formulazione ante riforma e, pertanto, solo se e nella misura in cui ricorrano gli
elementi del vantaggio usurario, dello stato di bisogno del mutuatario e dell’approfittamento di tale
stato da parte del mutuante ( Cass.civ., sez. II, 13 maggio 2010, n.11632; nello stesso senso:
Cass.civ., sez.I, 13 dicembre 2010, n.25182).
Nel frattempo, tuttavia, nell’ambito della giurisprudenza di merito è maturato un clima di generale
insofferenza per l’intervento del D.L. 394: la constatazione dell’inidoneità delle prescrizioni in esso
contenute a rispondere alle esigenze di giustizia sostanziale si univano alla constatazione
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dell’incoerenza del D.L. con l’art. 644 ter c.p. che, nel disciplinare i tempi di prescrizione del reato
di usura, identifica il relativo dies a quo nel momento consumativo del reato consistente nell’ultima
riscossione degli interessi e del capitale ( e non nel momento della pattuizione degli interessi
usurari) .
Allo stesso tempo, tuttavia, i giudici di merito erano consapevoli di non poter procedere ad
applicare l’art. 1815, 2° comma c.c. agli interessi divenuti usurari dopo la stipulazione del contratto
di mutuo, stante il disposto legislativo di interpretazione autentica della l.108/1996; da ciò è
derivata la necessità di individuare serie di soluzioni alternative rispetto a quella dell’art. 1815, 2°
comma c.c. che, tuttavia, fossero in grado di soddisfare ugualmente le esigenze di giustizia
sostanziale esistenti in capo al mutuatario nelle ipotesi di cd. usura sopravvenuta.
Si inserisce in questo quadro la soluzione consistente nel ritenere affetta da nullità sopravvenuta la
clausola relativa agli interessi per la parte in cui questi superassero il tasso-soglia, con conseguente
sostituzione della clausola nulla ex art. 1419, 2° comma c.c., con il tasso soglia che si inserisce nel
rapporto negoziale in luogo del tasso negoziale ex art. 1339 c.c.. Ad analoghe esigenze di giustizia
sostanziale, era rivolta la soluzione consistente nella dichiarazione di inefficacia ex nunc delle
clausole divenute usurarie, conseguente ad una rilevazione del vizio su istanza di parte o ex officio
da parte del giudice. Altri giudici, invece, senza pronunciarsi espressamente sulla validità o
inefficacia delle clausole relative alla pattuizione, hanno applicato automaticamente la sanzione
consistente nella riduzione dei tassi eccedenti il tasso soglia.
Anche la Suprema Corte di Cassazione è tornata, recentemente, ad occuparsi della questione della
cd. usura sopravvenuta, tornando a riaffermare la rilevanza d