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PQ,I I
l’indice per diversi steps di
O
deformazione (mm di corsa). Possiamo quindi disegnare
PQ,I
una curva nel piano ( ; mm) per ogni simulazione a
μ diverso, come vediamo nella figura a fianco. Per vedere
che coefficiente hanno i vari lubrificanti basta creare la nostra curva utilizzando il lubrificante e vedendo a
quale curva di questo grafico "somiglia" di più; trovata questa possiamo approssimare il coefficiente di attrito
del lubrificante a quello corrispondente alla curva. Naturalmente il ring test va fatto sul materiale che su cui
dobbiamo lavorare, perché variando quello cambierà anche il relativo μ del lubrificante.
Per si intende un processo per deformazione plastica che consiste nel forzare l’uscita di un materiale
estrusione
attraverso un foro sagomato, per ottenere barre o trafilati di svariata forma. Cambiando la geometria del foro
è infatti possibile realizzare qualsivoglia forma. Si tratta di un processo realizzabile a diverse temperature, ma
tipicamente si lavora per estrusione a caldo. Possono distinguersi quattro tipologie di estrusione:
1) Estrusione diretta (a): il movimento di un punzone costringe il materiale ad estrudere dalla matrice,
esercitando una energica forza di compressione. Il punzone ed il materiale che estrude si muovono con
verso concorde. Il materiale scorre rispetto alle pareti, subendo quindi notevoli forze di attrito.
2) Estrusione inversa (b): il procedimento è simile al precedente, differenziandosi per il fatto che punzone e
materiale si muovono con versi discordi; in questo caso lo scorrimento del materiale rispetto alle pareti è
molto minore.
3) Estrusione idrostatica (c): la matrice viene riempita con un fluido attraverso il quale viene trasmessa la
pressione dal punzone al semilavorato, che viene così costretto ad uscire attraverso l’apertura della
matrice; la presenza del fluido annulla l’attrito tra materiale e pareti.
4) Estrusione per impatto: processo che si differenzia dall’estrusione inversa a causa dell’elevata velocità che
caratterizza i moto del punzone. L’estrusione è un processo stazionario: il flusso di
materiale avviene infatti in condizioni stazionarie, con
campi di tensioni e deformazioni costanti nel tempo.
Anche il carico richiesto alla macchina si mantiene
pressoché costante, variando di poco nel caso di
estrusione diretta, dove al procedere della lavorazione
diminuiscono le resistenze dovute alle forze di attrito
(diminuendo il materiale contenuto nella matrice, si
riduce anche la superficie di contatto tra matrice e
materiale). Generalmente Il processo di estrusione
diretta viene condotto impiegando matrici coniche; in
ogni caso, anche se si impiegasse una matrice
quadrata con angolo di 90°, il materiale crea
comunque un invito conico: si assiste infatti alla formazione di una zona morta di materiale che non partecipa
al processo di estrusione, con lo scorrimento del materiale che estrude su quello che rimane nella zona morta;
in questo caso le tensioni tangenziali all'interfaccia tra materiale che estrude e materiale della zona morta
raggiungono il valore limite τ . Per matrici coniche, l’angolo di interesse viene scelto sulla base di
0
considerazioni energetiche, minimizzando l’energia di deformazione richiesta per la lavorazione, che può
calcolarsi come la somma di tre termini: 9
Energia di deformazione ideale, necessaria per la riduzione del diametro del pezzo, con una sollecitazione
1 . monoassiale, ricavabile dal diagramma σ-ε.
Energia di distorsione, necessaria per causare la deviazione del flusso del materiale all'interno della
2 . matrice conica imprimendo sullo stesso un flusso conico e quindi distorcendo le fibre del materiale.
Energia necessaria per vincere le resistenze dovute all’attrito.
3 .
Tali termini sono dipendenti dall’angolo α di
conicità della matrice (Per la 3, per esempio,
diminuendo α aumenta l’attrito poiché aumenta la
superficie di contatto). Diagrammando le energie
coinvolte nel processo in funzione di α, ricaviamo
l’angolo che rende minima l’energia totale richiesta
(tipicamente 45-60°). Una sempice stima del carico
L
richiesto per l’estrusione diretta è ottenibile tramite
D-
L 0,8 1,2
la relazione , nella quale la pressione
D- D-
media vale . In
particolare ε è calcolabile come il logaritmo del rapporto tra la
tot
sezione iniziale del provino e quella finale (ovvero la sezione del
prodotto estruso). Nella figura a fianco è evidenziata la zona in cui
variano le tensioni e per la quale sorge la necessità di una σ ,
ave
calcolata come media integrale. Scriviamo dunque:
U
VWV
T → 9 1
D- D-
Nel caso in cui si volesse calcolare la tensione media per un pezzo che ha già subito una precedente
deformazione, la precedente non andrà bene, poiché non tiene conto dell’incrudimento del materiale; sarà
1
quindi necessario utilizzare la seguente: U
X
T Z' Z'
9 1
D- + '
+ ' + '
U
Y
dove ε indica la prima deformazione, mentre ε la deformazione totale subita dal provino; puntualizziamo
1 2
sul fatto che, andando a calcolare la , nella voce ε andrà inserita unicamente la seconda deformazione,
p ave tot
'+ + '
che varrà .Un altro valore importante per il processo di estrusione è la pressione radiale agente
L
sulla matrice: essa è valutabile come la somma della pressione necessaria per realizzare l’estrusione e della
%
tensione di flusso plastico del materiale (L ). Le principali problematiche che interessano il processo
di estrusione sono:
Pericolo di frattura della matrice
Errore sul diametro finale del pezzo a causa della deformazione elastica della matrice
Presenza di difetti interni al pezzo estruso
Ai primi due pericoli è possibile ovviare ricorrendo ad una adeguata lubrificazione e sottoponendo il pezzo a
ricottura eliminando l’incrudimento. La terza problematica interessa soprattutto la formazione di difetti
interni dalla caratteristica forma a freccia, chiamati che
central busting,
presentano un alto grado di pericolosità poiché sono rilevabile
solamente attraverso tecnologie a raggi X o apparecchiature ad
ultrasuoni. Questo fnomeno si verifica principalemente per bassi
valori sia di α che del rapporto di riduzione della sezione. Ciò perché
in tali condizioni la parte centrale del materiale non viene interessata
dalla deformazione plastica, e si può determinare uno stato di trazione
che provoca uno strappo a causa della differente velocità tra sezione di
ingresso e quella d’uscita (uno stato tensionale positivo favorisce la
formazione di microvuoti).
10
La trafilatura è un altro processo stazionario, simile all’estrusione, ma con sostanziali differenze. Mentre
nell’estrusione il materiale veniva spinto ad uscire dalla matrice, nella trafilatura il materiale viene “tirato”
mediante un’azione di trazione. Per questo motivo l’angolo di
conicità è di norma molto più piccolo rispetto all’estrusione (6°-8° in
genere). Si tratta stavolta di un processo svolto principalmente a
freddo, al fine di ottenere elevate caratteristiche meccaniche nel pezzo
lavorato (vengono realizzate per trafilatura fili d’acciaio o di rame
utilizzati per la costruzione di funi). I materiali utilizzati per il
processo sono caratterizzati da un elevato coefficiente di
incrudimento, al fine di evitare che possa verificarsi la rottura
durante il processo. Quest’ultima rappresenta uno dei principali problemi della trafilatura e dunque, nel
progettare tale lavorazione, sarà necessario analizzare le condizioni che possono portare a rottura. Partiamo
0 HI E-
dalla stima del carico necessario per realizzare la lavorazione, che vale , nella quale σ è la
z
tensione di trazione media agente sulla superficie di uscita, la quale può calcolarsi come segue:
1 2 cot ^ ln _
`
0 D- _ )
abcdef
Nella precedente μ è, come al solito, il coefficiente di attrito e σ ha lo stesso significato esposto nei paragrafi
ave
precedenti. Se i parametri di processo (quali rapporto di trafilatura A /A , α, μ) sono tali che la tensione
0 finale
agente sulla sezione d’uscita raggiunga il valore della tensione di flusso plastico Cε , il materiale già trafilato
n
continua a deformarsi fino a rompersi. La condizione limite cercata è quindi esprimibile come segue:
) gln h → 1 2 cot ^ ln ) gln h
0 D-
H H H
9 1
Al limite, sostituendo nella precedente l’espressione di σ , e operando alcuni passaggi, possiamo ottenere:
i'
ave
ln → 'ij klm n
1 2 cot ^
H H
dalla quale si evince come la massima riduzione che è possibile realizzare dipende da μ, e α. All’aumentare
n,
di aumenta la massima riduzione realizzabile, viceversa per μ. Dato che (per evitare la rottura) si lavora con
n
bassi valori del rapporto di riduzione e anche bassi valori di α, vi è un forte rischio di I carichi
central busting.
con cui si lavora sono certamente minori rispetto all’estrusione, motivo per cui si hanno minori pericoli di
usura e/o frattura della matrice. 11
Capitolo 3.
La laminazione è una lavorazione per deformazione plastica che permette di ridurre una od entrambe le
dimensioni della sezione trasversale di un solido prismatico mediante l’azione di due rulli, i quali ruotano con
la stessa velocità angolare ω ma con verso opposto. Si tratta pertanto della lavorazione che precede lo Sheet
forming. Si suole distinguere due diverse tipologie di laminazione:
Laminazione su tavola piana (flat nella quale le generatrici dei rulli sono quasi rettilinei, ed il
1 ) rolling),
processo è esclusivamente finalizzato alla riduzione dello spessore.
Laminazione entro scanalature chiuse (shape ove le generatrici dei rulli sono opportunamente
2 ) rolling),
profilate per ottenere ad ogni passaggio una variazione più complessa della geometria della sezione
trasversale del laminato.
Nel primo caso la lavorazione viene condotta prevalentemente a freddo, per ottenere laminati di piccolo
spessore, con spinte tolleranze dimensionali ed elevata finitura superficiale. Nei soli casi in cui si voglia
realizzare un’operazione di sgrossatura, il processo viene eseguito a caldo. Per quanto riguarda invece i
processi di laminazione entro scanalature chiuse, essi sono sempre condotti a caldo e consentono di ottenere
profilati di forma complessa quali quelli a doppio T, ad L e