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TECNOLOGIA

MECCANICA

Processi per asportazione di truciolo

Riccardo Scimeca – Claudio Scimeca

Capitolo 1.

Le lavorazioni per asportazione di truciolo comprendono tutti quei processi nei quali il componente desiderato

è ottenuto tramite asportazione di materiale da un semilavorato di geometria più semplice. In una generica

operazione di questo tipo è sempre possibile distinguere tre moti fondamentali: il il

moto di taglio, moto di

(o e il Descriviamo quest’ultimi nelle principali lavorazioni

avanzamento di alimentazione) moto di registrazione.

per asportazione di truciolo:

In un processo di tornitura il moto di taglio è rotatorio ed è posseduto dal pezzo montato tra mandrino e

contropunta, il moto di avanzamento è traslatorio ed è compiuto dall’utensile, ed infine il moto di

registrazione comprende tutte quelle operazioni con le quali viene registrata la posizione dell’utensile

rispetto al pezzo e stabilita la quantità di sovrametallo da asportare. Al moto di taglio è associata una

velocità di taglio definita come la velocità periferica del pezzo in rotazione e calcolata mediante la

πDN/1000

relazione V = espressa in metri/minuti, nella quale N è la velocità di rotazione (espressa in

numero di giri al minuto) e D è il diametro del pezzo espresso in millimetri. Il moto di avanzamento è

descritto dal parametro ricavabile dal moto di taglio mediante appositi cinematismi

avanzamento per giro a,

ed espresso in millimetri/giri. Il moto di registrazione è invece individuato dal parametro profondità di

che per una cilindratura, per esempio, determina l’entità della riduzione del raggio.

passata p,

In un processo di fresatura il moto di taglio, ancora rotatorio, è conferito all’utensile, mentre il moto di

alimentazione è posseduto dal pezzo.

In altri processi quali limatura e piallatura il moto di taglio è rettilineo. Nel primo caso il moto è posseduto

dall’utensile, viceversa nel secondo. Nei processi ora accennati il moto di avanzamento è anch’esso

rettilineo, avviene lungo la direzione normale al taglio ed è posseduto dall’utensile (tranne in alcune

limatrici).

I processi per asportazione di truciolo possono distinguersi in o Nei

processi di forma processi per generazione.

primi la forma del componente lavorato è principalmente determinata dalla geometria dell’utensile (ad

esempio l’esecuzione di ruote dentate, per le quali l’utensile dovrebbe ricopiare la forma del vano tra i denti).

I secondi invece comprendono tutte quelle lavorazioni per le quali la forma del pezzo ottenuto è determinata

dall’inviluppo di tutte le posizioni assunte dall’utensile nel moto relativo utensile-pezzo. Per esempio al

tornio, avendo a disposizione la medesima coppia utensile-pezzo, può ottenersi un cilindro o un cono

dipendentemente dalla direzione secondo cui si fa spostare l’utensile rispetto all’asse di rotazione del pezzo.

Essendo gli utensili gli esecutori del taglio, essi sono sempre dotati

di almeno uno spigolo tagliente. Nel caso di tornitura per esempio,

l’utensile possiede anche un tagliente secondario, ma l’azione di

taglio è essenzialmente svolta dal tagliente principale. L’azione di

un utensile monotagliente può facilmente dedursi pensando ad un

cuneo che si sposta rispetto al pezzo in lavorazione e che, a causa

della sua velocità e dell’esistenza dello spigolo tagliente, determina

una frattura nel materiale del pezzo e costringe il truciolo a scorrere

sulla superficie del dell’utensile. Un monotagliente è

petto

caratterizzato da due piani fondamentali: il sopracitato petto, ed il

piano affacciato sulla superficie del pezzo dalla quale è già

fianco,

stato asportato truciolo. La geometria di un siffatto utensile necessita quindi di due soli parametri:

γ,

L’angolo di spoglia superiore atto a definire l’inclinazione del petto

1 ) α,

L’angolo di spoglia inferiore atto a definire l’inclinazione del fianco

2 ) 1

α

È evidente che deve essere > 0°. Prendendo in esame un

utensile da tornitura, questi avrà un fianco principale

prospiciente la superficie da lavorare, un fianco secondario che

si affaccia sulla superficie già lavorata e ovviamente il petto.

Secondo le norme si utilizzano quali riferimenti per definire un

utensile attraverso i suoi parametri la giacitura parallela al

piano di appoggio e lo stelo dell’’utensile. In questo caso

concentriamo l’attenzione su tre angoli: L’angolo di spoglia superiore γ, e l’angolo di

spoglia inferiore α, ottenuti proiettando il tagliente

principale secondo una giacitura parallela al piano

di riferimento ed operando una sezione

perpedicolare alla proiezione del tagliente

principale sul piano di riferimento;

L’angolo di inclinazione del tagliente

principale rispetto all’asse dell’utensile .

Di minore importanza dal punto di vista applicativo

ma pur sempre necessari per la completa definizione

dell’utensile sono l’angolo λ di inclinazione del

tagliente principale rispetto alla giacitura di

riferimento e gli angoli relativi al tagliente

secondario α’ e ’, che rispettivamente indicano l’angolo di spoglia inferiore del tagliente secondario e l’angolo

di inclinazione del medesimo tagliente rispetto all’asse dell’utensile.

Un’ importante caratteristica per un utensile da taglio è il materiale di cui è composto. Questo perché un

utensile deve possedere elevata durezza, capacità di mantenerla ad alte temperature, e tenacità. Infatti il lavoro

dissipato per provocare la deformazione del truciolo e quello generato per attrito a causa dello strisciamento

del truciolo sul petto degradano quasi integralmente in calore, producendo un notevole aumento di

temperatura dell’utensile. L’incremento di temperatura è tanto maggiore quanto più elevata è la potenza

utilizzata per il taglio (industrialmente si registrano temperature comprese tra gli 800 e i 1000 °C). In definitiva,

i materiali da taglio devono possedere elevata durezza superficiale e capacità di mantenerla a caldo, resistenza

ai fenomeni di usura, stabilità chimica anche ad elevate temperature, capacità di resistere a sollecitazioni

impulsive e shock termici. Agli inizi dell’industria meccanica la scelta del materiale per gli utensili risultò

quasi obbligata: gli acciai temprati erano i materiali più duri (65 HRC), e per quanto concerne la diminuzione

di durezza con l’aumento delle temperature, quest’ultimo non era ancora un fattore importante date le basse

velocità disponibili. Il primo passo avanti venne fatto da Taylor, con l’introduzione degli ovvero

acciai rapidi,

acciai che raggiungevano un tenore di carbonio di 1% massimo, con un forte tenore di tungsteno (inizialmente

9%, poi fino a 18%), e un tenore di cromo tra il 4 e il 5%. Questi nuovi acciai permettevano di lavorare a velocità

più elevate. Gli acciai rapidi si evolsero in acciai (HSS: High Speed Steel) con l’aggiunta di cobalto

super-rapidi

nella misura del 5-12%, con i quali era possibile lavorare sino a 600°C mantenendo una buona durezza. Circa

il 40-50% dei materiali oggi utilizzati per la fabbricazione degli utensili da taglio è costituita da acciai rapidi o

super-rapidi, nonostante siano noti materiali di caratteristiche migliori (quali metalli duri, duri rivestiti, e

ceramici); tali materiali però presentano ancora alcune difficoltà di applicazione nel settore degli utensili di

forma complessa o di piccolo diametro. I metalli duri sono materiali da taglio costituiti da particelle dure

cementate con un legante. Le particelle dure sono tipicamente carburi metallici, quali carburo di tungsteno

(WC), carburo di titanio (TiC), e altri; il legante principalmente utilizzato è il cobalto. La materia prima da cui

si ricava un metallo duro è normalmente un concentrato di minerale di W, dal quale si ottiene la polvere di

tungsteno mediante riduzione in idrogeno. Questa viene miscelata con del nerofumo e infornata (a 1700°C),

in modo che W si combini con il carbonio, formando il carburo di tungsteno. La polvere di WC così ottenuta

viene mescolata con il legante. È poi necessario ridurre la porosità; si esegue una prima pressatura e si passa

al processo di sinterizzazione (crea un forte legame tra particelle dure e legante), formato dalle seguenti fasi:

2

1. Preriscaldamento per eliminare l’umidità residua ed eventuali altre sostanze volatili

2. Riscaldamento sino a temperature prossime a quelle di fusione del componente con T di fusione più bassa

3. Raffreddamento

Il metallo duro ottenuto con WC e cobalto raggiunse elevatissima durezza e resistenza, tuttavia la modesta

stabilità chimica del WC causava problemi di usura sul peto dell’utensile. Furono allora aggiunti altri carburi

come il TiC e TaC (carburo di tantallio). I carburi metallici sinterizzati raggiungono tipicamente valori di

durezza compresi tra i 70 e i 75 HRC, che si mantengono fino a 1000°C. I metalli duri si suddividono in (ISO):

• Categoria P: metalli duri adatti per la lavorazione di materiali che producono un truciolo lungo e continuo

(acciai al carbonio, acciai inox, ghise malleabili). In P ricadono i metalli duri in cui sono presenti, oltre al

WC e il cobalto, anche il TiC e TaC e il carburo di niobio (NbC).

• Categoria K: metalli duri adatti per la lavorazione di materiali che producono un truciolo corto e

discontinuo (in generale materiali non ferrosi). In K ricadono i metalli duri formati dai soli WC e cobalto.

• Categoria M: metalli duri adatti per la lavorazione di materiali difficili (materiali resistenti ad alte

temperature). Ricadono in M metalli duri con buona percentuale di TiC per resistere all’usura.

Il metallo duro è inoltre caratterizzato da un numero distintivo da 1 a 50: ai numeri più bassi (1-10) corrisponde

una elevata resistenza all’usura ed una modesta tenacità, viceversa ai numeri più alti (40-50). Le prestazioni

dei carburi sintetizzati sono state notevolmente migliorate mediante il rivestimento dei metalli duri con uno o

più sottili strati di carburi. Il primo esperimento fu l’aggiunta di un sottile strato di TiC, grazie al quale fu

posibbile raggiungere velocità di taglio più elevate; infatti, a parità di V, si ottene un incremento della durata

del tagliente. Con questa innovazione è possibile superare il tradizionale punto debole dei metalli duri: il

contrasto inconciliabile tra durezza e resistenza all’usura con la tenacità (oggi il 70% delle lavorazioni di

tornitura e i

Dettagli
A.A. 2014-2015
17 pagine
2 download
SSD Ingegneria industriale e dell'informazione ING-IND/16 Tecnologie e sistemi di lavorazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher RiccardoScimeca di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Tecnologia meccanica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Di Lorenzo Rosanna.