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Il dubbio e gli elementi costitutivi del reato
Per cui oggi il dubbio oltre che gli elementi costitutivi del reato può riguardare le esimenti e anche se riguarda gli esimenti si applica il principio del favor rei ed il giudice deve assolvere. Altra ipotesi di proscioglimento è la declaratoria di estinzione del reato ( lettura art.531 c.p.p ): l’art 531 del c.p.p è norma che continua a richiamare ove ce ne fosse bisogno il 2 comma dell’art.129 del c.p.p: anche qui il dubbio si estende alle cause di estinzione del reato, però questa è solo una specificazione che il legislatore ha voluto fare a scanso di equivoci perché mai si è dubitato in passato che il dubbio sulla causa del reato comportasse la condanna; l’unica ipotesi di dubbio che si trasformava in condanna era quella per esimenti. Invece, per tutte le altre situazioni di procedibilità o di estinzione del reato è sempre stato affermato che il dubbio comporta la sentenza ove non dovesse procedere. Per es. il
reato di costruzione abusiva, è necessario valutare se l'attività di costruzione è stata completata o interrotta. A partire da quel momento, inizia a decorrere il periodo di prescrizione del reato. Tuttavia, la determinazione del momento esatto in cui inizia la prescrizione può essere complessa e richiedere un'analisi dettagliata del caso specifico.reato va pronunciata sentenza di proscioglimento. Per cui si passa alla lettura dell'art. 533 del c.p.p riguardante la sentenza di condanna. Vi sono dei casi in cui il difensore e il P.M percepiscono il contenuto della sentenza ancor prima della lettura del dispositivo, e ciò avviene quando il giudice monocratico, anziché ritirarsi in camera di consiglio per scrivere il dispositivo resta nell'udienza. Per cui quando il giudice ritiene di dover decidere su questioni più semplici di cui ritiene già di essere sicuro, egli resta nella camera delle udienze, e ciò rappresenta un momento molto stressante per gli avvocati, perché essi ancora prima della lettura del dispositivo sanno se è sentenza di condanna o di proscioglimento, lo capiscono dal tempo che il giudice impiega nello scrivere il dispositivo. Poiché mentre il dispositivo proscioglimento è di poche righe, quello di condanna è più lungo, per cui quandoil giudice debba valutare la recidiva. In questo caso, la pena sarà aumentata in base alla gravità del reato commesso successivamente alla condanna precedente. Il giudice, durante la stesura della sentenza, può anche prendere in considerazione le circostanze attenuanti o aggravanti che possono influire sulla determinazione della pena. Ad esempio, se il reato è stato commesso in stato di necessità o in difesa legittima, potrebbe essere applicata una pena più lieve. Al contrario, se il reato è stato commesso con premeditazione o crudeltà, potrebbe essere applicata una pena più severa. In ogni caso, spetta al giudice valutare attentamente tutte le prove e le circostanze del caso per emettere una sentenza equa e giusta.in teoria si prospetti l'ipotesi della recidiva. Ma qui il problema è un altro, perché il giudice non poteva riconoscere recidiva? Perché la recidiva presuppone che i reati siano autonomi, se il reato è uno non si può applicare la recidiva all'ipotesi di reati continuati. Un appendice della sentenza di condanna è la condanna alle spese processuali, è un'appendice costante, nel senso che tutte le volte in cui l'imputato viene condannato si considera soccombente. Anche se nel processo penale come in quello civile si segue la soccombenza, nel senso che chi perde la causa paga le spese, però nel processo penale bisogna distinguere tra la soccombenza dell'imputato e la soccombenza delle parti private diverse dall'imputato, o dell'imputato stesso non in quanto parte del rapporto processuale penale, ma quale responsabile civile e quindi parte del rapporto processuale civile. Questa distinzione èimportante perché mentre nel caso in cui si tratta di condanna penale, la condanna alle spese è una conseguenza obbligatoria, automatica, perché tutte le volte in cui l'imputato viene condannato come imputato si considera automaticamente soccombente e quindi viene condannato. L'unica ipotesi in cui alla condanna penale non segue la condanna alle spese è il patteggiamento, per ragioni di politica criminale. La condanna per patteggiamento non evita il procedimento disciplinare, per questo il legislatore ha voluto considerare il patteggiamento come sentenza di condanna; però si evita la condanna alle spese per ragioni di politica criminale premiale, nel senso che ti invoglio a fare il patteggiamento perché così non vieni condannato alle spese, e non solo vi è questo premio, ma vi è anche l'altro premio della riduzione di un terzo e la nuova iscrizione al casellario giudiziario sempre però che si tratti di
patteggiamento di condanna a non più di due anni. Questo beneficio è automatico legato al patteggiamento tradizionale, e non a quello allargato che è possibile fino a 5 anni e che comunque prevede la condanna alle spese. Questo per sottolineare la diversa natura del patteggiamento con la previsione di discipline diversificate. Nel caso di condanna civile, quindi di condanna del responsabile civile o dell'imputato quando è responsabile civile, la condanna alle spese così come avviene nel processo civile è subordinata all'eventuale giudizio di compensazione che il giudice può fare; nel processo civile il giudice non deve condannare automaticamente alle spese il soccombente, ma può compensare le spese. Ma la compensazione può essere totale o parziale per cui spetta al giudice valutare il grado di soccombenza. Questo principio della compensazione delle spese, lo si vedrà nell'art.541-42 del c.p.p viene esteso
anche nel processo penale, ma solo con riferimento ai capi civili della sentenza; perché la condanna penale comporta automaticamente alle spese processuali e di mantenimento del carcere. Occorre soffermarsi su quel capo della sentenza che è un capo autonomo e riguarda la condanna per la responsabilità civile. Qui occorre fare una sottolineatura che riguarda un divario tra codice e il prassi. Perché il codice vigente con riferimento alla condanna relativa all'azione civile, pone un principio generale che riguarda anche il momento precedente alla condanna, quale quello delle decisioni, nelle quali l'ultima parola spetta all'imputato e al suo difensore, ma ci sono anche le conclusioni della parte civile che deve determinare nelle sue conclusioni l'ammontare del danno. A questa norma si aggiunge l'art. 538 del c.p.p che impone al giudice penale di liquidare il danno, ma questo potere dovere del giudice di liquidare il danno si ricollega alladeterminazione del danno che fa la parte civile nelle sue conclusioni; perché se la parte civile non determina il danno, è ovvio poiché il giudice si trova nella difficoltà di determinare questo danno. Per cui il legislatore insiste su questo punto e precisa nel secondo comma dell'art.538 del c.p.p che se pronuncia condanna dell'imputato al risarcimento del danno, il giudice provvede altresì alla liquidazione, salvo che sia prevista la competenza di altro giudice. Per cui il legislatore si preoccupa di stabilire questo principio della liquidazione del danno perché ha un senso l'esercizio dell'azione civile nel processo penale come azione di risarcimento danno. La parte civile è legittimata ad esercitare l'azione per il processo penale nella misura in cui è portatrice della lesione di un diritto soggettivo dal quale è scaturito un danno, per cui nella misura in cui chiede un danno patrimoniale oMorale nel processo penale. Ma se questa è la ratio dell'esercizio dell'azione civile non ha senso quello che avviene spesso nella prassi, cioè che la parte civile nelle sue conclusioni chieda al giudice penale si una condanna generica al risarcimento del danno, ma al tempo stesso di rinviare al giudice civile per la liquidazione e la determinazione dell'ammontare del danno. Questa era la prassi vigente e legittimata dal codice abrogato, ma è una prassi che ancora continua, ma che non è legittimata dal vigente codice di procedura penale che fa obbligo alla parte civile di determinare il danno e fa obbligo al giudice penale di liquidare il danno alla stessa pena; perché in tanto si spiega questo appesantimento del processo penale con esercizio dell'azione civile in quanto vi sia un'economia processuale legata al risparmio di un autonomo processo civile. Perché se la parte e il giudice per competenza dopo aver condannato
genericamente al risarcimento del danno rinviano al giudice civile per la liquidazione del danno, significa che davanti al giudice civile si deve fare una nuova causa civile; allora che senso ha l'esercizio dell'azione civile? Questo è un punto che ha costituito sempre un motivo di grande divario tra l'esercizio dell'azione civile nella prassi ed esercizio dell'azione civile nel codice; anche perché il difensore della parte civile non si occupano quasi mai di determinarne l'ammontare, ciò crea una grossa lacuna nell'applicazione della norme del c.p.p. che impongono alla parte di determinare il danno e al giudice di liquidarlo. Invece qual è la scappatoia, la prassi? La prassi è quella della liquidazione di una provvisionale, siccome la parte civile non determina il danno e siccome il giudice non ha gli elementi per determinare il danno. Ci sono situazioni nelle quali diventa difficile, anche se non impossibile.he ha il giudice penale e le parti in sede penale sono gli stessi poteri di prova.