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Violazione di legge e vizio motivazionale

I profili di violazione di legge e vizio motivazionale vengono dal ricorrente ravvisati nel percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale, sull'asserito rilievo che la Corte stessa, pur avendo dato atto di un assoluto deficit probatorio nella ricostruzione della vicenda in questione, ha poi tuttavia ritenuto di poter ugualmente addivenire allapronuncia della penale responsabilità in capo al prof. L., in tal modo esprimendo un giudizio frutto di un evidente fraintendimento di principi logico-giuridici che governano la materia del nesso di causalità e fortemente ribaditi nelle statuizioni della Suprema Corte; in proposito il ricorrente ricorda in particolare la sentenza a Sezioni Unite, Franzese, osservando chi i criteri in essa indicati sarebbero stati disattesi dalla Corte distrettuale.

Con il ricorso, attraverso un analitico richiamo delle risultanze acquisite, si deduce altresì la violazione dell'art. 192 del codice di rito, atteso che la Corte...

d'Appello avrebbe fatto malgoverno delle regole di valutazione probatoriadettate da tale norma, avendo attribuito dignità di prova, all’esito di un processo asseritamente logico-deduttivo, adun quadro indiziario caratterizzato da evidenti connotazioni di equivocità, incompletezza e superficialità, e quindiassolutamente privo dei necessari presupposti della gravità, concordanza e precisione richiesti per legittimare unapronuncia di condanna; e la fragilità dell’apparato motivazionale adottato dalla Corte territoriale troverebbe ulterioreconferma, secondo quanto sostenuto nel ricorso, nello stridente contrasto tra la condanna del prof. L. el’assoluzione del dott. F.: sostanzialmente la Corte di merito avrebbe basato la sentenza di condanna a carico delprof L. su una imputazione riconducibile ad una mera responsabilità oggettiva del tutto estranea ai principi giuridiciche costituiscono i cardini del nostro diritto

penale.Con l'atto di gravame vengono infine mosse censure anche alla dosimetria della pena, ritenuta ingiustamente ed immotivatamente eccessiva, posto che la Corte d'Appello non avrebbe attribuito il dovuto rilievo alla eccezionalità dell'evento ed alla assoluta peculiarità dello svolgimento dei fatti, ed avrebbe nel contempo trascurato la personalità del prof L., da sempre impegnato con dedizione nella cura ed assistenza dei pazienti, ed insignito nel 2003 della medaglia d'oro conferitagli dal Presidente della Repubblica per i risultati conseguiti in campo scientifico e terapeutico.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per prima, in ordine logico, deve essere esaminata la censura concernente la questione circa l'ammissibilità dell'appello del Procuratore della Repubblica avverso la sentenza di primo grado con la quale il prof. L. era stato assolto.

La doglianza è priva di fondamenta come precisato dalla Corte d'Appello,

allorquando il Procuratore della Repubblica (il quale inizialmente aveva presentato ricorso per cassazione) propose appello, non era ancora decorso il termine per proporre una valida impugnazione. Orbene, in ordine alla possibilità di proporre impugnazione valida (comprensiva anche dell'enunciazione dei motivi) da parte del soggetto legittimato, dopo un primo atto di gravame, nonché di presentare distintamente ed in momenti successivi la dichiarazione di impugnazione ed i motivi a sostegno del gravame - ovviamente a condizione che non sia decorso il termine stabilito per l'impugnazione, e che non sia nel frattempo intervenuta una decisione di merito sull'impugnazione stessa (cfr., a tale ultimo riguardo, Sez. 5, n. 1638/92, Caporaso, RV. 192336) - si è ripetutamente pronunciata in senso positivo questa Corte dando vita ad un indirizzo interpretativo che può ormai definirsi assolutamente consolidato; quali sentenze conformi a tale

Orientamento si segnalano, “ex plurimis”, ed a titolo esemplificativo, le seguenti: Sez. 1, n.6029/00, Creanza, RV. 215328; Sez. 3, n. 7162/93, Freschi, RV 195151, secondo cui “è ammissibile l’impugnazione (nella specie ricorso per cassazione), quando, pur essendo stata presentata la sola dichiarazione di gravame senza motivi, l’atto venga rinnovato nei termini integralmente attraverso il deposito di un documento unico, contenente sia la parte dichiarativa, che quella argomentativa”; Sez. 4, n. 2759/93, Giannoccaro, RV.194098, secondo cui mentre continua a decorrere il termine per impugnare, la presentazione di un ricorso (invalido) non esaurisce il potere di impugnazione, che continua fino allo scadere del termine”. D’altra parte, in virtù del principio della conservazione degli atti e di quello di conversione dell’impugnazione (l’uno e l’altro più volte affermati in giurisprudenza ed avallati anche

dell'epatite B alle sue azioni o omissioni. Secondo l'autorevole intervento delle Sezioni Unite di questa Corte, con la decisione n. 45371/01, Bonaventura, RV. 220221), l'iniziale ricorso del P.M. avrebbe comunque comportato la conversione del gravame in appello: il che è puntualmente avvenuto, avendo questa Corte, con ordinanza del 21/1/2003, disposto appunto la conversione del gravame in appello. Fondati risultano invece, nei termini che di seguito saranno precisati, gli ulteriori motivi di ricorso che, sul piano metodologico, ben possono formare oggetto di una globale valutazione, attenendo gli stessi sostanzialmente, e sia pure nella loro singola formulazione, alla denuncia di profili di violazione di legge e vizio motivazionale con riferimento, per un verso, alla individuazione della causa che determinò il diffondersi dell'epatite B tra i pazienti ricoverati nel reparto diretto dal prof. L., e, per altro verso - avuto riguardo alle condotte addebitate allo stesso prof. L. - alla riconducibilità dell'epatite B alle sue azioni o omissioni.dichiarare che "la prova del nesso causale richiede che la condotta omissiva sia stata idonea a determinare l'evento dannoso, ossia che, se la condotta omissiva non fosse stata posta in essere, l'evento non si sarebbe verificato" (Sez. 4, n. 4320/83). Tuttavia, la giurisprudenza più recente ha adottato un approccio diverso, affermando che il nesso di causalità non può essere stabilito sulla base di mere probabilità, ma deve essere dimostrato in maniera certa e diretta. In particolare, la Corte di Cassazione ha sostenuto che "la prova del nesso causale richiede che la condotta omissiva sia stata la causa necessaria ed esclusiva dell'evento dannoso" (Sez. 4, n. 371/92). Pertanto, per poter dimostrare il nesso di causalità in materia di colpa professionale medica, è necessario provare che la condotta omissiva del medico sia stata la causa diretta e unica dell'evento dannoso. Mere probabilità o possibilità di successo non sono sufficienti per stabilire il nesso causale. In conclusione, la giurisprudenza di legittimità ha adottato un approccio rigoroso nella valutazione del nesso di causalità in materia di colpa professionale medica, richiedendo una prova certa e diretta della relazione causale tra la condotta omissiva del medico e l'evento dannoso.affermare che "in tema di responsabilità per colpa professionale del medico, se può essere consentito il ricorso ad un giudizio di probabilità in ordine alla prognosi sugli effetti che avrebbe potuto avere, se tenuta, la condotta dovuta, è necessario che l'esistenza del nesso causale venga riscontrata con sufficiente grado di certezza, se non assoluta, almeno con un grado tale da fondare su basi solide un'affermazione di responsabilità, non essendo sufficiente a tal fine un giudizio di mera verosimiglianza" (Sez. 4, n. 10437/93). In tempi meno remoti la prevalente giurisprudenza di questa Corte ha costantemente posto l'accento sulle "serie e rilevanti (o apprezzabili) possibilità di successo", sull'"alto grado di possibilità", ed espressioni simili (così, Sez. 4, n. 1126/2000: nella circostanza è stata apprezzata, a tali fini, una percentuale del 75%).

Probabilità di sopravvivenza della vittima, ove fossero intervenute una diagnosi corretta e cure tempestive). Alla fine dell'anno 2000 la Suprema Corte in due occasioni (Sez. 4, 28 settembre 2000, Musto, e Sez. 4, 29 novembre 2000, Baltrocchi) ha poi sostanzialmente rivisto "ex novo" la tematica in questione procedendo a ulteriori puntualizzazioni. In tali occasioni è stato invero rilevato che "il problema del significato da attribuire alla espressione «con alto grado di probabilità».... non può essere risolto se non attribuendo all'espressione il valore, il significato, appunto, che le attribuisce la scienza e, prima ancora, la logica cui la scienza si ispira, e che non può non attribuirgli il diritto"; ed è stato quindi affermato che "per la scienza" non vi è alcun dubbio che dire "alto grado di probabilità", "altissima percentuale", "numero

“sufficientemente alto di casi”, voglia dire che, in tanto il giudicepuò affermare che una azione o omissione sono state causa di un evento, in quanto possa effettuare il giudiziocontrofattuale avvalendosi di una legge o proposizione scientifica che “enuncia una connessione tra eventi in unapercentuale vicina a cento”....”, questa in sostanza realizzando quella “probabilità vicina alla certezza”.

Successivamente (Sez. 4, 231112002, dep. 1O/6 Orlando) è stata sottolineata la distinzione tra la probabilitàstatistica e la probabilità logica, ed è stato evidenziato come una percentuale statistica pur alta possa non averealcun valore eziologico effettivo quando risulti che, in realtà, un certo evento è stato cagionato da una diversacondizione; e come, al contrario, una percentuale statistica medio-bassa potrebbe invece risultare positivamentesuffragata in concreto dalla verifica della insussistenza di

altre possibili cause esclusive dell'evento, di cui si è potuto escludere l'interferenza. E' stato dunque richiesto l'intervento delle Sezioni Unite in presenza del radicale contrasto che nel tempo si era determinato all'interno della giurisprudenza di legittimità tra due contrapposti indirizzi interpretativi in ordine alla ricostruzione del nesso causale tra condotta omissiva ed evento, con particolare riguardo alla materia della responsabilità professionale del medico-chirurgo: secondo talune decisioni, che hanno dato vita all'orientamento delineatosi più recentemente, sarebbe necessaria la prova che un diverso comportamento dell'agente avrebbe impedito l'evento con un elevato grado di probabilità "prossimo alla certezza", e cioè in una percentuale di casi prossima a cento; secondo altre decisioni sarebbero invece sufficienti "serie ed apprezzabili probabilità.

disuccesso” per l’impedimento dell’evento.

Le Sezioni Unite si sono quindi pronunciate con la sentenza Franzese già sopra citata, con la quale sono stati individuati i criteri da seguire perché possa dirsi sussistente il nesso causale tra la condotta omissiva e l’evento, e sono stati enunciati taluni principi che appare opportuno qui sinteticamente ricordare:

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Publisher
A.A. 2007-2008
17 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/16 Diritto processuale penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trick-master di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università della Sicilia Centrale "KORE" di Enna o del prof Di Landro Andrea.