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VALUTAZIONE

La fase della valutazione concerne il modo di ragionare del giudice, dunque, il momento formativo del giudizio, non più in sede di raccolta dei dati, ma in sede di costruzione degli argomenti valutativi ai fini della decisione. Bisogna quindi analizzare gli schemi di ragionamento utilizzati dal giudice. In sede logica si ritiene che gli esercizi di razionalità siano di tre tipi:
  • SCHEMA INDUTTIVO, che si distingue in induzione generalizzata ed induzione fondata su nesso probabilistico.
  • SCHEMA DEDUTTIVO, che è il passaggio da una premessa (affermazione generale) ad una conclusione (affermazione particolare) in termini di assoluta necessità (quindi non è di tipo probabilistico). Si tratta di un procedimento opposto rispetto a quello dell'induzione generalizzata, che pure ha una valenza logico-formale necessaria, ma all'inverso, nel senso che si passa da una serie di elementi particolari ad un concetto più generale, che però

deve essere necessariamente riconducibile a tutti gli elementi particolari.

SCHEMA ABDUTTIVO (detto anche alla Sherlock Holmes), che è un modo di ragionare in cui si parte da una intuizione non dimostrata e da questa si risale ad un fattore causante di quell'evento così come è stato intuito. Quindi, all'inizio non c'è un collegamento tra una premessa ed una conclusione attraverso una regola di ragionamento, ma la verifica del rapporto, probabilistico o necessario, tra il fattore causante e l'elemento che ha fatto sorgere l'intuizione avviene in un momento successivo: si risale prima alla causa del fenomeno, poi, in un momento successivo, per verificare se effettivamente quel fattore è causa di quel fenomeno, si applica lo schema induttivo o abduttivo, di tipo probabilistico o logico-formale.

Abbiamo accennato a questi tipi di ragionamento perché nel processo penale, siccome si ha a che fare con la raccolta di informazioni,

la si può poi utilizzare come premessa per ulteriori argomentazioni o deduzioni. Tuttavia, è importante tenere presente che le conclusioni raggiunte in modo probabilistico non sono definitive o assolute, ma sono soggette a revisione o modifica in base a nuove evidenze o informazioni. Per allargare le conoscenze in modo efficace, è quindi necessario adottare un approccio critico e aperto, valutando attentamente le prove disponibili e considerando anche alternative plausibili. Inoltre, è importante essere consapevoli dei limiti dell'induzione probabilistica e dell'abduzione, riconoscendo che non sempre è possibile ottenere una certezza assoluta. In conclusione, la formazione di un'argomentazione che consenta di allargare le conoscenze richiede un approccio probabilistico, basato su premesse e deduzioni che possono essere soggette a revisione. Questo approccio permette di acquisire nuove informazioni e di sviluppare una comprensione più approfondita di un determinato argomento.

sul profilo del fatto si possono poi effettuare anche delle deduzioni: cioè, rispetto ad un fatto che probabilisticamente si pone come premessa, si possono arrivare a fare delle deduzioni, che però devono essere semanticamente circoscritte entro quel fatto, cioè possono essere semplicemente delle ulteriori specificazioni di un profilo conoscitivo che è già stato appagato. Quindi, l'aspetto deduttivo è successivo rispetto al momento dell'allargamento delle conoscenze, che deve essere di tipo probabilistico.

Se questa è la situazione, e se il momento euristico, cioè il momento dell'allargamento delle conoscenze, nell'ambito del procedimento probatorio è nelle mani delle parti, vuol dire che l'attività probatoria che è nella disposizione delle parti è fondata o sull'induzione probabilistica o sull'abduzione, cioè, sostanzialmente, è fondata sempre su

Affermazioni che hanno una natura probabilistica e mai su affermazioni in cui le conclusioni sono di tipo necessario.
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Rispetto a questo impegno in chiave probabilistica che hanno le parti, il giudice, siccome dal punto di vista valoriale deve rimanere terzo, dovrebbe astenersi dal formulare in prima persona queste affermazioni di tipo probabilistico perché, altrimenti, andrebbe a cercare informazioni ed a ricostruire il fatto in prima persona.

In un'ottica accusatoria pura, il giudice dovrebbe limitarsi a decidere, fondando la sua decisione su una comparazione logico-formale tra le argomentazioni che hanno prodotto le parti, poiché la decisione non può essere fondata su un allargamento preliminare delle conoscenze ad opera dello stesso giudice.

Quindi, il ragionamento del giudice può essere solo o di tipo deduttivo o di tipo induttivo generalizzatore; ma siccome quello induttivo generalizzatore non è possibile perché

L'induzione generalizzatrice si ha solo quando si hanno le classificazioni (nel senso che si risale da una specie al suo genere), e l'attività del giudice non è di tipo classificatorio ma serve a risolvere un dubbio, una questione concreta, va nello specifico, questa attività deve essere solo di tipo deduttivo, nel senso che le sue affermazioni in motivazione devono porre come premesse le informazioni che sono state raccolte dalle parti, anche se sempre sotto il suo controllo, ma poi la decisione deve essere frutto di un'attività deduttiva, di un'attività logico-formale, nel senso che egli deve stabilire quali sono, secondo i principi di identità e non contraddizione, le conclusioni che scaturiscono dalle premesse poste dalle parti. Quando c'è una contraddizione tra la premessa di una parte e quella dell'altra, lo scioglimento del dubbio, se deve avvenire sul piano informativo, può essere anche

sollecitato dal giudice, ma, dopo il momento di sollecitazione, la concreta attività ricostruttiva deve essere delle parti (quando parleremo dei poteri di ammissione di prove d'ufficio del giudice ci troveremo proprio di fronte a questo meccanismo, cioè al giudice che, anche se in teoria avrebbe solo un compito di analisi logico-formale, se ha bisogno di sciogliere un'alternativa dal punto di vista delle informazioni, ammette altre prove per poi affidarne l'acquisizione alle parti). Quindi, le conclusioni di carattere informativo devono essere sempre prodotte in ultima analisi dalle parti e recepite dal giudice quando ormai non ci sono più dubbi, cioè quando ormai non sono più contestate nemmeno dalle stesse parti. Si concretizza in un'attività. Se questo è il ragionamento, si può affermare che la valutazione argomentativa che poi viene palesata in sede di motivazione, ed esiste una regola sulla formazione della motivazione.

quella di cui all'art. 546 co.1 lett. e) cpp, che è la conferma di questo rapporto tra momento informativo e momento logico-deduttivo successivo.

Art. 546 co.1 lett.e: "(la sentenza contiene) la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, con l'indicazione delle prove poste a base della decisione stessa e l'enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie."

Se nella norma si legge che il giudice indica le prove poste a sostegno della decisione, vuol dire che non le costruisce lui, ma sono fornite dalle parti.

Il giudice deve inoltre indicare le ragioni di inattendibilità delle prove contrarie: anche qui, siccome è l'inattendibilità a dover essere palesata, significa che anche la prova contraria deve essere fornita dalla parte. Quindi, la valutazione di inattendibilità è una valutazione che si fa sulle premesse conoscitive.

Rispetto alle quali si opera semplicemente un'attività deduttiva (ades. se ormai è stato sciolto il dubbio su certe premesse, cioè che l'arma apparteneva ad un determinato soggetto, che quell'arma era all'origine dell'uccisione, che c'era un movente e che la persona in quel momento si trovava in quel posto, questa pluralità di indizi danno luogo ad una semplice attività deduttiva da parte del giudice sulle conclusioni); se, invece, il giudice operasse una premessa conoscitiva in maniera autonoma non sarebbe terzo.

Tuttavia, anche il risultato conoscitivo della ricostruzione indiziaria (ad es. Tizio ha ucciso Caio) deve essere fornito dalle parti, perché se queste si limitassero a porre le premesse (ad es. a dire che forse Tizio ha ucciso Caio perché ci sono degli indizi, ma che potrebbe anche essere vero il contrario), rimarrebbe un dubbio conoscitivo e il giudice dovrebbe prima andare a sciogliere il dubbio.

magari attraverso l'ammissione di una prova d'ufficio, nei casi in cui ciò è possibile visto che deve esserci sempre un collegamento tematico con le prove presentate dalle parti, dato il divieto di scienza privata del giudice, e poi devono essere le parti stesse ad arrivare alla conclusione conoscitiva. Rimane un dubbio sull'informazione, sia pure un dubbio collegato ad un possibilità eccezionale del verificarsi dell'evento in certo modo, il giudice deve prosciogliere ai sensi dell'art. 530 co. 2 cpp. Anche nell'art. 192 cpp si ritrovano delle regole di valutazione della prova. Queste sono delle regole metodologiche che rappresentano dei divieti di valutazione. Esse possono essere spiegate sia in rapporto al modello epistemologico della induzione (modello induttivo-sperimentale), sia in rapporto al modello dialettico-argomentativo. Nel primo comma dell'art 192 ("il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione

dei risultati acquisiti e dei criteri adottati") non c'è un divieto, ma semplicemente un dovere che si impone al giudice, e cioè il dovere di indicare in motivazione come è nato il risultato conoscitivo su un determinato fatto (qui non si parla del momento deduttivo, ma del momento informativo perché si parla di valutazione della prova).

Questa è una regola ovvia, perché corrisponde all'attività razionale del giudice; tuttavia, essa è ovvia oggi che vige il sistema del libero convincimento, ma non lo era in relazione ai sistemi cosiddetti della prova legale in cui, in rapporto alle premesse ricostruttive del fatto, che erano il risultato di un'attività euristica sul fatto, era il legislatore che stabiliva la conclusione conoscitiva. Quindi, questa regola, che sembra ovvia, tende in realtà a bandire il sistema della prova legale.

Nel comma 2, invece, troviamo un vero e proprio divieto di valutazione di

un determinato risultato conoscitivo come risultato certo da porre a premessa conoscitiva dell'attività deduttiva del giudice, se non a determinate condizioni. E'

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A.A. 2011-2012
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SSD Scienze giuridiche IUS/16 Diritto processuale penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher edlin57 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Procedura penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" o del prof Menna Mariano.