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III PARTE - PROFILI GENERALI
Le procedure decisionali appaiono riconducibili ai seguenti modelli:
A) PROCEDIMENTO DI ESECUZIONE (decisioni adottate dal giudice dell'esecuzione a norma dell'Art. 666 Cpp.
B) PROCEDIMENTO DE PLANO ex ART. 667, 4°c Cpp (decisioni adottate dal giudice dell'esecuzione, dal magistrato di sorveglianza o dal tribunale di sorveglianza a norma dell'Art. 667, 4°c Cpp).
C) PROCEDIMENTO TIPICO DI SORVEGLIANZA (decisioni adottate dal magistrato di sorveglianza o dal tribunale di sorveglianza a norma dell'Art. 678 Cpp).
D) PROCEDIMENTI SPECIALI O ATIPICI DI SORVEGLIANZA (decisioni adottate dal magistrato di sorveglianza o dal tribunale di sorveglianza all'esito di procedimenti speciali o atipici di sorveglianza).
E) DECISIONI INFORMALI (decisioni adottate senza formalità dal magistrato di sorveglianza o dal tribunale di sorveglianza).
Per quanto riguarda il punto A) Procedimento di Esecuzione (Art. 666 Cpp) è la procedura che...
Deve essere adottata dal giudice dell'esecuzione per l'emanazione di tutte le decisioni di sua competenza diverse da quelle che la legge consente siano adottate mediante il procedimento de plano ex Art. 667, 4° comma Cpp.
Si tratta di un procedimento in camera di consiglio caratterizzato dalla sola pubblicità interna (parti e difensori). Lo schema richiama quello previsto all'Art. 127 Cpp. Tuttavia da questo si differenzia:
- Per i casi e le forme della declaratoria di inammissibilità della richiesta (2° comma dell'Art. 666 Cpp);
- Per la necessaria presenza del PM e del difensore (4° comma dell'Art. 666 Cpp);
- Per la possibilità che sia disposta la traduzione dell'interessato che abbia fatto richiesta di essere ascoltato e sia detenuto al di fuori della circoscrizione del giudice dell'esecuzione (4° comma ult. part. Art. 666 Cpp);
- Per le regole concernenti l'attività di acquisizione della prova (5° comma Art.
666 Cpp; Artt.185-186 disp. Att. Cpp);5. Per talune regole specifiche dettate per l'infermo di mente (8°comma Art. 666 Cpp). 54Per quanto riguarda il punto B) facciamo riferimento alla Procedura de plano di cui all'Art. 667,4°comma Cpp. Questa è una procedura semplificata che il giudice dell'esecuzione e i giudici dellasorveglianza possono adottare in una serie di casi tassativamente previsti dalla legge.La struttura complessiva del procedimento è quella che caratterizza (nel processo di cognizione) ilrito monitorio (Art. 459 ss Cpp): il giudice decide senza formalità, lasciando che siano le parti ascegliere se accettare il verdetto oppure pretendere mediante la presentazione di un atto oppositivo, lacelebrazione di un'ordinaria udienza ex Art. 666 Cpp.Per quanto riguarda il punto C), Procedimento tipico di sorveglianza, è una procedura giurisdizionaleregolata dall'Art. 678, 1°comma Cpp mediante un rinvio di carattere
Generale alle forme del procedimento di esecuzione, dalle quali si discosta per taluni elementi di specialità risultanti dallo stesso Art. 678 Cpp. Il procedimento tipico di sorveglianza può svolgersi al cospetto del:
- Tribunale di sorveglianza
- Magistrato di sorveglianza
L'Art. 678 Cpp stabilisce che il tribunale di sorveglianza adotti il procedimento di cui trattasi nelle materie di sua competenza. Tale disposto va coordinato con l'Art. 236, 2° comma disp. Att. Cpp che in relazione alle materie di competenza del tribunale di sorveglianza ha sancito la perdurante vigenza delle disposizioni processuali della legge di ordinamento penitenziario (con la sola eccezione delle disposizioni processuali contenute nel capo II-bis del Titolo II della medesima legge).
Il carattere "aperto" della clausola contenuta nell'Art. 678, 1° comma Cpp fa sì, tuttavia, che l'adozione del procedimento tipico di sorveglianza debba ormai considerarsi la regola.
nelle norme di competenza, abbia la facoltà di adottare la procedura che ritiene più idonea al caso concreto. Il testo formattato con i tag HTML è il seguente:nelle materie di competenza del tribunale: il richiamo alle forme procedimentali di cui agli Artt. 666 e 678 Cpp è da ritenersi pertanto sottinteso in tutte le previsioni normative che, nell'attribuire una specifica competenza all'organo collegiale, nulla dicano in ordine alla procedura da adottare.
Il magistrato di sorveglianza è invece tenuto a decidere nel rispetto della procedura di cui agli Artt. 666 e 678 Cpp solo nelle materie espressamente indicate nello stesso Art. 678 Cpp, ossia nelle materie attinenti a:
- Rateizzazione e conversione delle pene pecuniarie;
- Remissione del debito;
- Ricoveri per infermità psichica sopravvenuta alla condanna;
- Esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata;
- In materia di misure di sicurezza e di dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere.
Deve dunque ritenersi che l'organo monocratico, in assenza di una specifica previsione nelle norme di competenza, abbia la facoltà di adottare la procedura che ritiene più idonea al caso concreto.
Normativa concernente la procedura da adottare, possa decidere senza formalità: a meno che la mancata inclusione di una determinata materia nell'elenco di cui all'Art. 678 Cpp possa considerarsi il frutto di una pura semplice omissione.
Con l'entrata in vigore del codice di procedura penale nel 1988, il procedimento di sorveglianza di cui agli Artt. 666 e 678 Cpp ha sostituito il procedimento di sorveglianza disciplinato nel capo II-bis del Titolo II della legge di ordinamento penitenziario (Artt. 71, 71-bis, -ter, -quater, -quinquies, -sexies ord. Penit.).
La disciplina del vecchio procedimento di sorveglianza offriva all'interessato un corredo garantistico diverso, talora in melius, talora in peius, rispetto a quello attualmente attribuito al medesimo soggetto dagli Artt. 666 e 678 Cpp. L'interessato ad esempio aveva la facoltà di partecipare personalmente alla discussione, ovunque fosse detenuto o internato e nel caso di dichiarazione
diinammissibilità della richiesta di instaurazione del rito, aveva facoltà di proporre opposizione allo stesso giudice procedente, con l'obbligo per quest'ultimo di dare corso al procedimento di sorveglianza: per contro, il ricorso per cassazione contro l'ordinanza che definiva il procedimento era consentito solo per violazione di legge e il termine per la presentazione del ricorso era di soli 10 gg dalla comunicazione del provvedimento. Dunque questione complessa è la vigenza della attuale disciplina. L'Art. 236, 2° comma disp. Att. Cpp ha statuito che dopo l'entrata in vigore del codice del 1988 avrebbero dovuto ritenersi ancora vigenti le sole disposizioni processuali della legge di ordinamento penitenziario diverse da quelle contenute nel capo II-bis del Titolo II della legge di ordinamento penitenziario. L'impressione è che i riformatori intendessero sancire l'integrale sostituzione del vecchio procedimento tipico disorveglianza. La norma di coordinamento, tuttavia, esordisce con la clausola nelle materie di competenza del tribunale di sorveglianza: di qui il dubbio che le disposizioni di cui al capo II-bis del Titolo II della legge penitenziaria possano trovare ancora applicazione nei procedimenti di competenza del magistrato di sorveglianza. Nella disciplina del procedimento per reclamo di cui all'Art. 14-ter ord. Penit. è tuttora contenuta la seguente norma di chiusura: per quanto non diversamente disposto si applicano le disposizioni del capo II-bis del Titolo II (Art. 14-ter, 4° comma ord. Penit). Nessun dubbio che nei procedimenti di competenza del tribunale di sorveglianza destinati a celebrarsi con il rito di cui all'Art. 14-ter, il rinvio debba oggi essere inteso come indirizzato alla disciplina del procedimento di sorveglianza di cui agli Artt. 666 e 678 Cpp. Laddove sia il magistrato di sorveglianza a decidere nelle forme di cui all'Art. 14-ter, si potrebbe invece pensare.Che il rinvio debba intendersi come indirizzato alla disciplina degli Artt. 71 ss ord. Penit. A tale conclusione è pervenuta la giurisprudenza, portando così ad affermare:
- che l'amministrazione penitenziaria sarebbe tuttora legittimata a proporre ricorso per cassazione avverso i provvedimenti adottati dal magistrato di sorveglianza ex Art. 14-ter sui reclami di detenuti o internati riguardanti le materie di cui all'Art. 69, 6° comma ord. Penit.
- che nei procedimenti conseguenti ai suddetti reclami andrebbe sempre consentito il pieno contraddittorio, comportante la partecipazione all'udienza camerale dell'interessato a norma dell'Art. 71-bis, 1° comma ord. Penit.
Simili conclusioni, tuttavia, non convincono per almeno due ragioni:
- L'Art. 236, 2° comma disp. Att. Cpp si riferisce alle sole materie di competenza del tribunale di sorveglianza. Infatti ha la funzione di ridimensionare la portata dell'Art. 678, 1° comma Cpp.
Nella parte in cui impone genericamente all'organo collegiale il rispetto del procedimento tipico di sorveglianza nelle materie di sua competenza: la norma coordinatrice serve dunque a chiarire che esistono ancora materie nelle quali il tribunale giudica forme diverse da quelle previste dagli Artt.666 e 678 Cpp.
Estesa nelle materie di competenza del magistrato di sorveglianza, la regola sarebbe stata, invece, priva di scopo, dal momento che l'Art. 678, 1° comma Cpp enumera tassativamente le materie nelle quali l'organo monocratico giudica nelle forme del procedimento tipico, senza mettere minimamente in dubbio la perdurante vigenza della disciplina speciale nelle altre materie.
In tal senso si può dire che nelle materie di competenza del magistrato di sorveglianza continuano ad osservarsi le disposizioni processuali della legge di ordinamento penitenziario, fatte salve, altrettanto ovviamente, le disposizioni di cui al capo II-bis del Titolo II, da ritenersi.
implicitamente abrogated all'Art. 678 Cpp, che riferisce la disciplina del nuovo procedimento di sorveglianza a tutte le materie di competenza dell'organo monocratico già enumerate dall'Art. 71 ord.penit.2. Il rinvio alle norme del capo II-bis del Titolo II contenuto nell'Art. 14-ter ord.penit. vale solo per quanto non diversamente disposto dallo stesso Art. 14-ter. Ne deriva che la norma di cui all'Art. 71-bis, 1° comma ord.penit. non sarebbe applicabile ai procedimenti di competenza del magistrato di sorveglianza destinati a celebrarsi con le forme di cui all'Art. 14-ter neppure ove si ritenesse la suddetta norma ancora vigente in virtù del disposto dell'Art. 236, 2° comma disp. Att. Cpp. Per quanto riguarda il punto D), Procedimenti speciali o atipici di sorveglianza, esistevano già nella legge di ordinamento penitenziario accanto al "vecchio" procedimento tipico di sorveglianza. La sopravvivenza di tali formeLa competenza procedimentale è stata espressamente ribadita, con riferimento alle materie di competenza del tribunale di sorveglianza, dall'Art. 236, 2° comma.