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Il processo penale nell'ambito della giustizia penale
Il processo penale occupa, nell'ambito della giustizia penale, un ruolo particolarmente importante come dimostrato dall'art. 27 Cost. L'art. 27 è formato da un primo comma dedicato al principio della "colpevolezza", un secondo comma è dedicato al "processo" ed infine un terzo comma dedicato alla "pena". Il secondo comma evoca l'idea di processo, di sentenza e si collega strettamente al primo comma che esplica il principio della colpevolezza secondo cui è punibile solo colui il quale è rimproverabile per aver commesso il reato, solo colui il quale ha commesso il reato, dunque il processo deve concludersi solo sulla base di un accertamento positivo della responsabilità: esso deve fungere da garanzia ossia la pena deve essere inflitta solo a colui che realmente la merita ed è per questo che sono escluse le presunzioni. Il diritto penale può infliggere una pena solo attraverso lo strumento.
del processo. Ad esempio, l'articolo 575 del Codice di Procedura Civile afferma che "chiunque è punito", cioè chi uccide è punito dal giudice (che è complemento d'agente non espresso). Nel processo civile non funziona così, ad esempio, l'articolo 2043 del Codice Civile afferma che "è tenuto a risarcire", cioè lo può fare anche spontaneamente, l'intervento del giudice è sussidiario al non risarcimento spontaneo del danno, al contrario del penale in cui è sempre necessario l'intervento del giudice. Ma a quale processo bisogna far riferimento? Noi veniamo da una storia ultrasecolare in cui si sono susseguiti vari modelli di processo quali il modello inquisitore, prevalso nei secoli degli stati assoluti e poi superato dai modelli imposti dalla rivoluzione francese. In seguito a questa, vi sarà il modello processuale misto, nella quale però il principio inquisitorio prevaleva su quello accusatorio (diffuso quest'ultimo negli stati di common law). Dopo la fine dellaSeconda guerra mondiale si è presa consapevolezza di cosa significasse il trattamento degli individui a scapito dei suoi diritti fondamentali, ed è proprio con questo spirito che si può rispondere alla domanda che abbiamo posto, facendo innanzitutto riferimento ad una serie di norme costituzionali, tenendo presente però che inviolabile non vuol dire che il diritto non possa essere compresso, e che il termine inviolabile fa riferimento al nucleo duro del diritto, che è solo quello che non può essere violato, e questo nucleo duro altro non è che la "dignità personale", al contrario sistematicamente violata dall'esperienza totalitaria. (art 2 Cost "riconoscere"). Il processo cui facciamo riferimento è poggiato su una serie di principi: -art 2 Cost: da qui si ricava la possibilità di far derivare nuovi diritti fondamentali diversi da quelli già individuati. Ciò lo si nota soprattutto nel
tempo odierno, nel quale vengono riconosciuti diritti che non possono essere riconnessi a quelli classicamente riconosciuti.
Art. 13 Cost: la libertà personale è inviolabile ma comunque può essere compressa, se però attuata nel rispetto di determinate modalità e dietro autorizzazione del giudice: previsione di casi e modi da parte del legislatore e atto motivato dell'autorità giudiziaria in funzione di garanzia. Tra questo articolo e il secondo comma dell'art. 27 vi è una forte interazione. Il terzo comma dell'art. 13 può essere considerato come una vera e propria norma processuale trapiantata nella costituzione, per cui in casi di necessità ed urgenza la polizia può applicare provvedimenti che devono essere notificati entro 48 ore all'autorità giudiziaria che deve convalidarli (convalida=autorizzazione posticipata).
Art. 14 Cost: libertà domiciliare. Anche qui il legislatore impone previsione
dell'autorizzazione giurisdizionale e precise modalità. Esso ispira la normativa del legislatore in temi di perquisizioni, sequestri..-art 15 Cost: libertà di corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione. In questo caso la loro limitazione può avvenire solo con l'autorizzazione del giudice e non sono previsti interventi d'urgenza da parte della polizia. Questi diritti sono accumunati dal prevedere la duplice riserva: dell'autorizzazione del giudice e della previsione di casi e modi da parte della legge. Tali diritti fanno riferimento non solo agli imputati ma a tutti gli uomini. Altri diritti riguardano l'imputato: -art 24 Cost in particolare comma 2: "la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento" questa disposizione ha avuto un vero e proprio effetto per così dire esplosivo in quanto il precedente modello fascista prevedeva una fase iniziale in mano all'autorità giudiziaria,
un successivo intervento del p.m. il quale poteva fare lui l'indagine, c.d. "istruzione sommaria", se il caso era più complicato il p.m. chiedeva al giudice istruttore di istruire il caso con l'unico limite di avvertire il procuratore generale della corte d'appello passato un anno dalla sua istruzione. Il giudice istruttore poteva poi scegliere tra "proscioglimento istruttorio" o "rinvio a giudizio". Nelle fasi antecedenti al rinvio al giudizio la difesa era completamente tagliata fuori. Anche con l'art 24, mancando la Corte Costituzionale, il procedimento rimase sostanzialmente lo stesso. Per cui, a partire del 1955, il legislatore prima e poi la Corte Costituzionale, interverranno sul codice proprio alla stregua dell'art. 24 della Costituzione. Ovviamente tale garanzia non deve essere assecondata allo stesso modo in ogni stato e grado del procedimento. Ad oggi il tentativo di garantire le fasi iniziali del procedimento hareso complicata la fase iniziale del procedimento penale ed è per questo che si rivolse l'attenzione verso un altro modello processuale. L'articolo 25 della Costituzione, nel primo comma, è dedicato al processo penale. "Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito dalla legge", quindi non si può fissare il giudice se non prima del fatto, in quanto in caso contrario potrebbe sorgere il sospetto di aver scelto un giudice ad hoc. L'articolo 27 della Costituzione, al secondo comma, enuncia il principio della presunzione di innocenza/non colpevolezza. Esso ha due importanti ricadute: una sulle cosiddette "regole di giudizio" che riguardano l'attività decisoria del giudice: il giudice deve prendere la decisione in base alle prove che gli vengono fornite. Qualsiasi giudice, soprattutto se è responsabile e consapevole del ruolo che gli spetta, coltiva un dubbio fino alla fine, per cui solo con prove rocciose decide di dare ragione all'uno o all'altro. Taleregole intervengono quando il giudice non ha superato il proprio dubbio per cui in questo caso il legislatore fornisce al giudice la regole di giudizio cioè uno strumento con il quale egli può superare questo dubbio: il giudice deve sempre prendere una decisione. Nel processo penale la regola è quella di condannare oltre ogni ragionevole dubbio, per cui in caso di dubbio l'imputato deve essere prosciolto. La regola di giudizio è solo una delle strade per raggiungere l'assoluzione, le altre sono la totale assenza di prove contrarie e il bilanciamento di prove a favore e a sfavore dell'imputato. Esistono poi altre regole di giudizio coincidenti con momenti decisori diversi quale quella dell'art 125 delle disposizione o 425 del cpp. 530 comma 2 fa riferimento al giudice che deve decidere sulla colpevolezza o l'innocenza dell'imputato ed è questa la regola di giudizio coperta dall'art 27 della Cost: "ausilio del
legislatore al giudice nel caso di dubbio che persiste nonostante l'analisi delle prove". La seconda importante ricaduta riguarda le misure cautelari personali: l'art 13 da solo non soddisfa le esigenze della nostra costituzione. Il problema è che quando metto in carcere una persona sul presupposto che una persona verrà condannata ciò rappresenta un giudizio di colpevolezza anticipato che però va contro al principio di innocenza, principio che si concretizza anche in regole di comportamento: il colpevole non può essere trattato come l'imputato.