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Che avrei a che fare io, banditore della pace, con una statua di Marte?”

Quello che conta moltissimo fra i committenti romani negli acquisti o anche nella scelta della

propria autorappresentazione è il soggetto rappresentato: un uomo come Cicerone che si presenta

come pacifico, non avrebbe mai comprato la statua di Marte, rifiuta le baccanti dionisiache e invece

vuole le statue di Muse, adatte a un intellettuale quale è lui, perché lui le vuole mettere in una

biblioteca; le baccanti non ci sarebbero mai state bene in una biblioteca, le Muse si, quindi sono i

soggetti che contano moltissimo. Il soggetto è ciò da cui si parte e il valore che si vuole esprimere è

strettamente connesso e in base a questo si sceglie la forma stilistica più adeguata.

L’arte romana, anzi già l'arte tardo ellenistica funzionano di fatto in questo modo.

Siamo partiti dal tentativo di Bianchi Bandinelli di raggiungere una definizione autonoma dell'arte

romana e dal problema dell'autonomia dell'arte romana e soprattutto dalla sua autonomia dall'arte

greca; la soluzione bipolare di Bianchi Bandinelli però non è più soddisfacente, infatti individuare

alcuni monumenti più autenticamente romani, coincidenti in particolare con la cosiddetta arte

plebea, non è una soluzione convincente, perché di fatto alcuni strumenti del linguaggio figurativo

che noi definiamo plebeo, come la prospettiva a volo d'uccello e la stessa frontalità e la gerarchia

delle proporzioni, si ritrovano anche in quella che dovrebbe essere arte colta.

In verità alla scelta del linguaggio figurativo e dipende più che altro dalla scelta dei cosiddetti stili

di genere, quindi dall'esistenza di formule stilistiche, di tipologie di narrazione, che vengono di

volta in volta scelte dagli artisti in funzione di ciò che vogliono comunicare.

Il linguaggio figurativo e le scelte stilistiche sono determinate di solito dalla necessità di

comunicazione; uno strumento plebeo come la prospettiva a volo d'uccello è particolarmente utile

quando qualcuno vuole esprimere, raccontare il resoconto di un’azione, di un fatto, quindi lo

troviamo nell'affresco pompeiano della rissa nell'anfiteatro, che è considerato il monumento

principe dell'arte plebea in pittura, ma troviamo anche nella collana traiana. Lo troviamo in questi

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due monumenti così diversi, uno privato e municipale e l'altro urbano e pubblico perché in realtà lo

scopo del gioco in entrambi i monumenti, in entrambi i committenti, è quello di raccontare, dare un

resoconto di un fatto, cioè la rissa nell'anfiteatro e le guerre daciche.

Quindi lo scopo dell'uso di questo strumento è quello di comunicare qualcosa, di fare un resoconto

nella maniera più efficace possibile; quindi è difficile accettare l'idea che esistano solamente due

poli nell'arte romana e che uno, quello plebeo, sia più romano dell'altro, ma ci troviamo ad avere a

che fare con una situazione molto più complessa. La definizione di Settis “un’arte al plurale” è

quella più convincente; questo riguarda non solo l'arte romana, ma anche l'arte di tutto l'impero in

cui dobbiamo pensare che il processo di romanizzazione interagisca diversamente con le culture

figurative locali, ma una cosa è il rapporto con l'arte greca, una cosa sarà il rapporto con le culture

figurative indigene della Britannia e dell'Hispania e così via.

Quindi abbiamo di fatto una pluralità di soluzioni a disposizione; in questa pluralità anche di stili di

genere è possibile osservare che ci sono monumenti diversi in cui scelte figurative diverse sono

scelte contemporaneamente (arco di Tito); queste scelte sono spesso determinate dal soggetto e dai

valori che si vogliono comunicare: se rappresento una processione ci si aspetterà che il ritmo di

questa processione sia un ritmo solenne, che si esprima la solennità del momento del sacrificio alla

divinità e per esprimere solennità il linguaggio figurativo usato è quello del classicismo, cioè quello

dell'arte classica rivissuta nel I secolo a.C.; se invece devo rappresentare una scena concitata, come

può essere una scena di battaglia, allora i riferimenti sono all'arte ellenistica; ovvero assistiamo alla

trasformazione dell'arte greca in una sorta repertorio dal quale l'artista può attingere liberamente

(ara pacis).

Il presupposto ideologico di questa libertà di fatto nella scelta dei modelli, che però hanno sempre

un significato ben preciso, è quel rapporto che si è creato tra soggetto, valori e forma stilistica che

ha studiato Holsher.

Nella cultura, nella società ellenistica del II­I secolo a.C., si afferma l'idea che si possa esprimere

tramite lo stile, la forma stilistica un valore; questa idea si afferma nei trattati di retorica per cui

anche lo stile di un testo può esprimere un valore, ma questa idea si applica anche all'arte: lo stile di

Fidia ha espresso determinati valori come la venerabilità e la sacrosanctitas una divinità, lo stile di

Policleto ha espresso il lato sovrumano, lo stile di Lisippo ha espresso la veritas.

Questo rapporto fondamentale si può applicare nella pratica artistica in maniera tale che quando

un'artista deve rappresentare un determinato soggetto, può decidere di rappresentare, insieme a quel

soggetto, anche un valore e quindi scegliere la forma che meglio esprime quel valore: per

rappresentare Giove, devo esprimere la sua sacrosantità e a questo punto utilizzerà come modello

stile di Fidia; se devo rappresentare Dioniso, se devo esprimere la sensualità del giovane dio ebbro

del thiasos, farò riferimento a modelli più prassitelici

Quindi si crea questo sistema di valori che connette il soggetto rappresentato, il valore espresso e la

forma artistica; questo contraddistingue di fatto l'arte romana, ma non è un'idea romana, ma si

afferma tra il II­I secolo a.C. nella trattatistica greca, infatti la troviamo nel trattato “Sullo stile” che

in realtà è un trattato di retorica di Demetrio. Quindi di fatto già la trattatististica ellenistica e la

pratica artistica ellenistica che ha trasformato l'arte greca precedente in una sorta di repertorio al

quale cui attingere (nel gruppo di gruppo di Damofonte di Messene vediamo bene la compresenza

di linguaggi figurati in funzione del messaggio che si vuole comunicare) ed è molto importante per

capire l'arte romana capire che si crea questo sistema che collega di fatto soggetto, valore e forma.

Questo non consente di affermare l'autonomia dell'arte romana perché di fatto gli artisti in età

romana non fanno che usare l'arte greca come repertorio.

Nel mondo classico, sia greco sia romano, non è che esista un libero mercato in cui l'artista produce

un'opera e la vende, non solo perché è costosissimo ad esempio fare un bronzo, e quindi occorreva

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un committente; quindi l’idea di libero mercato esiste solo in maniera relativa, anche se certamente

le botteghe potevano produrre delle cose che poi trovavano un acquirente.

Di fatto in questo sistema che collega il soggetto, il valore e la forma, possiamo dire che i due primi

elementi, cioè il soggetto e il valore erano di fatto decisi dal committente (nel mondo romano

questo è molto più evidente rispetto al mondo greco) che decide sia il soggetto, cioè cosa

rappresentare, che il valore, cioè che significato ha il soggetto rappresentato, e due queste scelte

sono fatte in funzione della destinazione dell'opera, cioè in funzione di quello che vuole comunicare

l'opera, se si tratta di un momento pubblico o privato, infatti una cosa è arredare la propria villa in

campagna, una cosa è decidere l'arredo statuario di un tempio.

Nella sua lettera, Cicerone, parlando del suo procacciatore d'arte, rifiuta delle statue di baccanti che

lui conosce, che sono molto belle, ma che non si adattano alla sua immagine; Cicerone preferisce

delle statue di Muse, anche perché egli vuole arredare la sua villa come se fosse una sorta di

ginnasio, quindi privilegiando delle espressioni di valore culturale che trovino una perfetta

concretizzazione nella immagini delle Muse e non in quelle delle baccanti che esprimono altro,

infatti esprimono l'ebbrezza, la sensualità, esprimono altri valori che a Cicerone non interessano.

Inoltre egli aggiunge che non sarebbe mai adatta alla sua figura di grande pacificatore la statua di

Marte perché la statua di Marte era la statua di un dio della guerra e a lui questo non interessa, non è

coerente con la sua propaganda, la sua immagine, le sue esigenze di autorappresentazione; quindi in

questo caso il committente, Cicerone, nella sua villa sceglie il soggetto e i valori che devono essere

espressi tramite il programma figurativo della villa, in funzione della destinazione dell'opera; in

questo caso possiamo pensare alla sua villa in campagna.

Quindi il ruolo del committente è sempre fondamentale; ma qual è lo spazio che viene lasciato

all'artista? Una volta chiarito il soggetto e il valore in funzione della destinazione dell'opera, l'artista

potrà, in base alla sua cultura figurativa e alla sua bravura, attingere dal repertorio dei modelli greci

la forma più adeguata, non solo la forma stilistica, ma anche l'iconografia, il modello più adeguato

ad esprimere le esigenze del committente.

Nell’ara pacis la scena del Lupercale era stato scelto di rappresentare il momento della scoperta dei

due gemelli, alle spalle di questa scelta c’era la volontà di rappresentare Enea da una parte, Romolo

e Remo dall'altra, la volontà di rappresentare i progenitori e i primordi della città di Roma ed è un

programma decorativo che si ricollega strettamente ad Augusto, discendente di Enea da una parte,

ma anche di Romolo e soprattutto nuovo Romolo, infatti il nome di Augusto contiene la radice

stessa di auspicium e il primo augur è stato lo stesso Romolo; quindi per rappresentare Enea da una

parte e anche per rappresentare Marte che scopre Romolo è chiaro che i valori che devo esprimere

solo i valori di venerabilità superiore alla norma, quindi la forma prescelta non può che essere una

forma classica e l'artista è riuscito a interpretare benissimo queste esigenze della propaganda, della

costruzione della propria immagine anche da parte di Augusto tramite le opere che commissionava.

L’ara pacis è un perfetto manifesto dell'arte augustea, dell'idea dell'aurea aetas, di tutta una serie di

concetti che noi conosciamo dalla lettura del carmen saeculares di Or

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Publisher
A.A. 2017-2018
37 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/07 Archeologia classica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher veroavalon84 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archeologia e storia dell'arte romana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Cadario Matteo.