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Definizione dell'obiettivo da raggiungere
Stabilire e visualizzare la situazione ideale o risolta aiuterà a definire gli step necessari per realizzarla. È difficile capire quale strada percorrere se il punto di arrivo non è stato deciso. È importante che l'obiettivo finale stabilito sia SMART, ovvero:
- Specific (specifico)
- Measurable (misurabile)
- Achievable (realizzabile)
- Relevant (rilevante)
- Time bound (con una precisa durata o scadenza)
Alcune tecniche utili sono:
- Mood board: comporre una con immagini, fotografie e parole chiave che rappresentano la situazione ideale
- La tecnica del "fare finta": fingere di aver già raggiunto l'obiettivo, così da visualizzare come sarà la situazione una volta risolto il problema
Analisi delle tentate soluzioni, ovvero le soluzioni già sperimentate da altri: sono adeguate e replicabili al caso? È importante ricordare che ogni situazione è diversa dall'altra.
Per potrebbe fallire cui una soluzione di successo se applicata in un contesto differente. In caso vi sia la necessità di personalizzare le soluzioni di successo o di trovarne di nuove si può ricorrere alla tecnica del brainstorming. Attenzione alle soluzioni paradosso, ovvero a quelle strategie che appaiono efficaci quando invece peggiorano il problema. Ad esempio, evitare di parlare in pubblico perché si ha paura non risolve il problema. Potrebbe anzi alimentare la paura stessa.
2. Azioni controproducenti:
Stabilire cosa non fare: individuare le che porterebbero a un peggioramento della situazione attuale o ad un allontanamento dall'obiettivo.
5. Considerare l'effetto farfalla: "Si dice che minimo battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo." Secondo questa teoria una piccola modifica delle condizioni iniziali può avere grandi ripercussioni su tutta la situazione e stravolgere completamente il.
risultato finale. Nel caso del problem solving, la soluzione ad un problema può avere ripercussioni positive e/o negative su altri elementi, più o meno correlati. Può quindi comportare dei benefici secondari (oltre a quelli principali derivati dall'aver risolto il problema) ma anche degli effetti collaterali. È importante prima di procedere confrontarli perché effetti collaterali significativi potrebbero causare l'insorgere di nuove problematiche, magari peggiori di quelle appena risolte. Esempio banale: dimagrire quando si è sovrappeso può comportare l'effetto collaterale di dover restringere i propri abiti, ma i benefici sulla salute sono tali da poter tranquillamente trascurare questo inconveniente. 6. Dividere le grandi sfide in piccoli step: questa fase viene dal detto "Come si mangia un elefante? Si mangia un boccone alla volta." Significa che anche i problemi più grandi, per quanto sembrino insormontabili, possono essere affrontati dividendo in piccoli passi.Si possono risolvere in piccoli, da affrontare uno per volta. Ritroso, 7. Tecnica dello scalatore: stabilire il percorso a dalla cima alla base, ovvero definire il piano d'azione partendo dal punto finale a quello iniziale. 3. Ribaltamento di prospettiva Questo aiuta a pianificare al meglio le proprie mosse, perché evita di bruciare le tappe per la fretta di giungere a destinazione. Lavoro individuale o in gruppo? Se il lavoro viene svolto individualmente, è bene chiedere un parere esterno, così da evitare di essere offuscati dalle proprie convinzioni. Se il lavoro viene svolto in gruppo, si hanno più punti di vista a un accordo, disposizione ma è bene trovare una soluzione ottimale per tutti. Il problem solving applicato al design Il maestro Bruno Munari nell'opera "Da cosa nasce cosa" (1981) descrive una procedura simile a quella del problem solving, che il progettazione di prodotti. Le principali fasi previste sono: Definizione 1.1. Identificazione del problema;
2. Scomposizione del problema in parti più piccole;
3. Raccolta e analisi dei dati;
4. Creatività per elaborare le possibili micro-soluzioni;
5. Combinazione e sperimentazione delle possibili micro-soluzioni individuate;
6. Elaborazione dei modelli (possibili soluzioni finali);
7. Verifica e selezione dei modelli (in base a funzionalità e validità);
8. Disegni costruttivi ufficiali;
9. Prototipi;
10. Prodotto finale.
Il metodo di Munari segue fasi precise e ordinate ma non pretende di essere definitivo: è comunque flessibile, adattabile alle varie situazioni e aperto a miglioramenti.