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Premodernità, modernità, postmodernità
Analisi durkheimiana
Durkheim ha occupato gran parte delle sue analisi all’organizzazione
sociale nell’età moderna. Il sociologo francese non ha una visione
organicistica e meccanica della società, ma crede che essa abbia una
dimensione spirituale. Quest’ultima è definita coscienza collettiva, un
insieme di norme e valori dominanti all’interno di un gruppo. È solo con la
nascita della stessa che si forma la società.
L’opera fondamentale di Durkheim è La divisione del lavoro sociale, in cui
si sofferma sul cambiamento sociale. Il sociologo nota come,
nell’antichità, tutti erano più o meno capaci di svolgere lo stesso tipo di
lavori: caccia, raccolta e cucina. È una società con una coscienza collettiva
molto forte, caratterizzata dalla solidarietà meccanica (proprio perché
tutti erano competenti nelle stesse sfere d’azione), basata su rapporti di
consanguineità. Con l’aumento demografico e la formazione di una
società più complessa, anche il lavoro inizia a cambiare e ramificarsi in
diversi settori. Una forte divisione del lavoro ha generato la solidarietà
organica, che si fonda su legami professionali. In altre parole, con una
società più complessa, ogni individuo diventa dipendente da ciò che
l’altro produce, proprio perché ne ha bisogno e, non essendo competente
in materia, non è capace di realizzarlo. Ma, dal momento che le persone si
occupano di questioni differenti, non necessariamente condividono gli
stessi valori. Inevitabile conseguenza è l’indebolimento della coscienza
collettiva.
Il capolavoro di Durkheim è, però, Il Suicidio. Lo studioso non si occupa
delle motivazioni che spingono un individuo a suicidarsi, ma del suicidio
come problema collettivo e delle correnti suicidogene (momenti in cui c’è
un aumento esponenziale del numero dei suicidi). Possiamo distinguere
tre tipi di suicidi:
1. Suicidio egoistico, visto come incapacità di limitare le proprie
pulsioni.