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LA TRASMISSIONE DEL SAPERE TECNICO DAL MAESTRO
ALL’ALLIEVO: IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO TRA MEDIOEVO
ED ETÀ MODERNA
L’apprendistato è una delle principali modalità di trasmissione del sapere
tecnico, funzionava e funziona ancora oggi con modalità diverse. Non era
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l’unica, c’erano anche altre modalità, erano 4, alcune più forti e alcune più
deboli. L’apprendistato fa parte di quelle forti.
Siamo in una società medievale (che diventerà poi moderna). All’interno
del quadro di Ambrogio Lorenzetti si vedono le varie realtà che facevano
parte della società di allora, come le botteghe (fulcro di tecnologia ed
economia) dove troviamo il maestro affiancato dagli apprendisti (presenza
fondamentale).
IL RAPPORTO DI APPRENDISTATO NEL BASSO MEDIOEVO ED IN ETÀ
MODERNA
L’apprendista riceveva un rimborso spese perché quello che doveva
ricevere era una formazione di qualità e per questo motivo non avevo uno
stipendio; erano solitamente bambini di 12- 13 anni, a volte lo potevano
iniziare a 6 -7 anni. Vivevano con il maestro e con la sua famiglia,
diventava per il maestro una figlia/un figlio, si instaurava un rapporto di
famigliarità. Il maestro diventava pater familias.
Lo svolgimento di un periodo di apprendistato consente l’apprendimento
di un mestiere: il maestro, attraverso parole e gesti, trasmette il suo
sapere tecnico all’allievo, che di solito inizia il periodo di tirocinio in età
poco più che infantile. Al termine del percorso - di regola pluriennale -
l’apprendista possiede le capacità tecniche per esercitare la professione
con maestria e può diventare socio della corporazione nel pieno significato
del termine.
Accanto alla dimensione lavorativa, tra maestro e allievo si instaura anche
una dimensione relazionale dato che generalmente il discepolo durante il
suo periodo di tirocinio vive nella casa del maestro: al rapporto
professionale di affianca dunque un rapporto di natura familiare che
talvolta può assumere anche carattere conflittuale.
L’elemento decisivo dell’esperienza dell’apprendistato è l’inserimento
totale de famulo (allievo) nella bottega e nella famiglia del maestro, che
costituiscono una sorta di luogo geometrico, una dell’organizzazione del
lavoro, l’altra delle relazione sociali.
Era più utile osservare il maestro piuttosto che leggere e apprendere.
all’epoca non esistevano molti assistenti.
L’ASPETTO FONDAMENTALE DEL RAPPORTO: IL PROCESSO DI
FORMAZIONE
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Sulla base di documenti dei primi secoli dell’età moderna, sappiamo che
una cultura fondamentalmente empirica qual era quella
artigianale – saper fare più che conoscere – trovava nella trasmissione
diretta, attraverso le parole e i gesti, il suo mezzo più significativo. Oltre
all’addestramento vero e proprio, condotto sulla base dell’esempio, e che
puntava a perfezionare l’abilità manuale dell’apprendista e a
familiarizzarlo con il codice gestuale specifico della professione,
erano parte integrante del tirocinio il racconto di fatti e curiosità del
mestiere, di lavori particolarmente riusciti, di difficoltà superate con
trovate ingegnose.
È indispensabile tener conto che il sapere artigiano era un sapere
essenzialmente empirico, che si apprendeva soltanto per via pratica,
attraverso una lunga, anzi lunghissima, pratica della materia e dei
procedimenti necessari per trasformarla. Non esistevano forme di
apprendimento trasmesse dai libri e quindi accessibili a tutti coloro che
sarebbero stati in grado di leggere. La trasmissione delle conoscenze
avveniva per via diretta, da un artigiano già esperto ad un giovane
apprendista. Era un insegnamento che si esplicava per lo più oralmente,
ma che passava anche attraverso i gesti e le posture, in cui ciò che
contava era l’uso attento e guidato di tutti i cinque sensi e il
contatto con la materia nei suoi vari gradi di trasformazione.
Il maestro deve fornire un’insegnamento della prestazione di qualità
all’apprendista; nell’ottica che l’apprendista un giorno prendesse il suo
posto, specialmente se l’apprendista era di famiglia, un amico o
comunque una persona importante.
LA STIPULA DEL CONTRATTO
Di regola il contratto di apprendistato veniva redato dal notaio della
corporazione. Nel contratto erano indicate le condoni di lavoro e le
obbligazioni reciproche riservate al maestro e all’apprendista. Il contratto
doveva essere poi notificato all’arte di appartenenza che provvedeva a
verificarne la conformità alle disposizioni statuarie. Stipulavano il
contratto il maestro e il padre dell’allievo. Poteva essere meramente
verbale. Poteva essere anche in forma scritta.
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Esempio: Gli statuti della società delle quattro arti di Bologna (1380)
prevedevano che il contratto tra maestro e discepolo avesse una durata
biennale. Il contratto veniva redatto dal notaio della società. Una copia
dell’atto notarile era registrata in un apposito libro dell’arte. La società
delle quattro arti di Bologna comprendeva in realtà cinque arti: sellai,
guainai, spadai, scudai e pittori.
Di regola, lo statuto dell’arte stabiliva il numero massimo di allievi che un
maestro poteva avere, tendenzialmente uno o due (lo vietava la
corporazione averne di più). Il numero era limitato per due ragioni: da
un lato si voleva evitare l’aumento eccessivo di coloro che
potevano esercitare la professione, dall’altro lato si voleva
assicurare ai discepoli una formazione adeguata. Una formazione
affrettata e scadente, infatti sarebbe stata dannosa per l’allievo ma
sopratutto per la corporazione.
A VENEZIA: LA MAGISTRATURA DELLA GIUSTIZIA VECCHIA
La Repubblica di Venezia seguiva regole diverse, poiché il compito di
registrare i contratti era affidato alla magistratura della Giustizia
Vecchia (ufficio comunale) che effettuava la registrazione dopo aver
vagliato e controllato il loro contenuto.
A Venezia dunque la regolamentazione del mercato del lavoro era
concepita come una responsabilità di governo.
LO SVOLGIMENTO DEL RAPPORTO: GLI OBBLIGHI DEL MAESTRO
In capo al maestro di regola vi sono molteplici obbligazioni:
- Mantenere l’apprendista nella propria abitazione fornendogli
vitto alloggio e vestimento
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- In alcuni casi versare un corrispettivo in denaro a titolo di
salario, non obbligatorio. L’apprendista riceveva la formazione.
Poi dipendeva dall’allievo e dalla corporazione (es. ceto elevato
dell’allievo)
Insegnare i segreti del mestiere senza frode e al meglio delle
- sue possibilità: docere sine fraude et in toto suo posse. La
corporazione non impone regole precise in merito ai contenuti
della formazione: l’importante è che venga assicurata una
formazione adeguata. Il maestro quindi è libero di adottare il
metodo d’insegnamento che ritiene più opportuno
- Dare assistenza al discepolo malato
- Talvolta il maestro permette di dare al suo allievo al termine del
periodo di apprendistato una donazione che può consistere in
una fornitura di capi di vestiario, in una liquidazione di denaro
oppure nella consegna dei ferri del mestiere. Ciò esisteva anche
per permettere all’allievo di aprire la sua bottega
Accanto al rapporto professionale c’è anche un rapporto familiare. Il
maestro non è soltanto il capo-bottega ma nei confronti del suo allievo
agisce come un padre di famiglia (paterfamilias). In questa veste, il
maestro ha compiti educativi verso il suo discepolo e ha lo ius correctionis
ossia il diritto di usare mezzi di correzione come la frusta e la
cinghia.
LO SVOLGIMENTO DEL RAPPORTO: GLI OBBLIGHI DELL’ALLIEVO
Anche in capo all’apprensiva vi sono molteplici obbligazioni:
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- Imparare il mestiere con volontà
- Servire il maestro bene e fedelmente
- Eseguire tutti i servizi abituali nella bottega e nella casa del
maestro
- Non commettere frodi o furti ai danni del maestro
- Non assentarsi dal luogo di lavoro senza licenza del maestro
- Recuperare le giornate di lavoro perse per malattia o per altre
ragione
- Non abbandonare il maestro
- Non lavorare per altri
L’apprendista può lavorare per altri quando è il maestro stesso a
permetterlo. Il maestro infatti può decidere di affittare (di solito per
periodo di crisi e per far si che quindi il maestro riesca ad avere
un ulteriore entrata) il suo discepolo a dei colleghi per un determinato
periodo di tempo. Questa prassi introduce una certa flessibilità nel
sistema e consente al maestro di non dover mantenere manodopera
improduttiva nei periodi di stagnazione economica.
LA DURATA DEL RAPPORTO
Non vi è un’età precisa circa l’inizio del periodo di apprendistato. Di solito
l’allievo inizia il suo periodo di apprendimento in età poco più che infantile
fra i 12 e i 14 anni.
A volte anche ad un’età inferiore: 10, 8 o addirittura 7 anni.
L’apprendistato precoce può rispondere ad una precisa esigenza: la
famiglia del giovane non versa in buone condoni economiche e
non riesce a garantirgli nemmeno un’istruzione elementare,
quindi ha tutto l’interesse ad allontanare il fanciulli da casa per
alleggerire le spese che gravano sulla famiglia. L’apprendistato
precoce può essere una valida soluzione anche per chi è rimasto orfano
di padre o di entrambi i genitori e necessita quindi di un posto
dove vivere e mangiare.
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L’apprendistato peraltro può iniziare anche in età più avanzata. In
questo caso l’apprendista di solito inizia il periodo di apprendistato dopo
aver conseguito un determinato livello di istruzione oppure dopo
aver maturato altre esperienze di lavoro. In qualche caso gli
apprendisti più anziani mirano a conseguire un’ulteriore specializzazione
al fine di aumentare le loro possibilità di inserimento nel mondo del lavoro.
Non vi sono regole precise nemmeno in merito alla durata del rapporto:
dipende dalla complessità della professione svolta, dal prestigio della
corporazione, dagli usi locali e dal periodo storico preso in esame. A
Venezia, ad esempio, basta un anno di formazione per diventare
pescivendolo, cinque anni invece per diventare orefice.
A volte il maestro ha interesse a prolungare il rapporto con il
giovane che ha già concluso il periodo di apprendistato per poter
usufruire di un lavoratore esperto continuando a pagarlo come
apprendista: questa prassi, non è in linea con le