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Medium / Media (parola latina per origine e declinazione, plur. media)
Nella teoria della comunicazione, la parola designa ogni strumento utilizzato per elaborare,
trasmettere, ricevere, conservare messaggi. Sono media quindi sia apparecchi tecnici, come ad
esempio il telefono o la televisione, sia pratiche umane basate sull'uso di funzioni corporee, come la
parola parlata e il gesto. Il termine medium usato in questa accezione equivale all’italiano “mezzo
di comunicazione”, ma con qualche sfumatura di differenza: prima di tutto, l'espressione “mezzo di
comunicazione” indicava in origine tutti gli strumenti atti a mettere in connessione più persone o
più luoghi, inclusi quelli che oggi definiremmo “mezzi di trasporto”; in secondo luogo, la parola
“medium”, che deriva dal dibattito sociologico soprattutto anglosassone (di qui la tendenza diffusa
alla pronuncia inglese mìdium, o all'uso di media al singolare secondo la tradizione francese), è
carica di una tradizione teorica che non viene necessariamente evocata con il termine “mezzo di
comunicazione”.
Tipi di media
Data la vastità del concetto, numerose sono le proposte di classificazione. La più antica è
probabilmente quella che distingue mass media o mezzi di comunicazione di massa da mezzi di
comunicazione interpersonali: i primi sono strumenti che un unico emittente usa per raggiungere
una pluralità potenzialmente illimitata di destinatari (dalla stampa al cinema e poi nel Novecento la
radio e la televisione); i secondo sono strumenti utili allo scambio di messaggi alla pari (come la
posta e poi il telefono). Più di recente ai mass media sono stati contrapposti i personal media,
ovvero strumenti che non si limitano a ricevere una comunicazione o a consentire uno scambio ma
permettono un'eleborazione e rielaborazione continua da parte dell'individuo-utente. Capostipite di
questa categoria è naturalmente il personal computer, medium anomalo in quanto può “simulare”
gran parte delle forme di comunicazione esistenti, comportandosi di volta in volta come libro e
come lettore di musica, come macchina da scrivere e come televisore; ma sono personal media
anche il videogame e il telefono cellulare, e non casualmente visto che si tratta comunque di
apparecchi di derivazione informatica, che presentano le caratteristiche di fondo, magari
semplificate, di un computer.
Un'altra distinzione, classica ma molto discussa, è quella introdotta da Marshall McLuhan, che
oppone (con una terminologia presa a prestito dal jazz) i media “caldi” ai media “freddi”: quelli del
primo tipo convogliano messaggi compiuti saturando generalmente un senso soltanto, al massimo
l'insieme di vista e udito; quelli del secondo un messaggio che deve essere completato o chiuso dal
ricettore, e che generalmente tocca insieme diversi sensi (sinestesia: una parola che McLuhan è
stato fra i primi a mettere in circolo nel dibattito culturale degli anni Sessanta). Sono “caldi” ad
esempio in generale i mezzi legati alla scrittura o alla stampa, e nel campo dei media sonori il disco
e (più contraddittoriamente) la radio. Sono freddi la conversazione e il telefono, l'universo
elettronico e la televisione. Sebbene la teoria dei media dello studioso canadese sia tuttora assai
controversa (questo riguarda non solo la distinzione tra caldi e freddi ma anche la tesi citatissima e
spesso poco compresa per cui nella comunicazione umana il medium prevale sul contenuto, ovvero
“il medium è il messaggio”) l'intuizione di fondo per cui la comunicazione elettronica introduce un
rapporto tra l'umanità e i suoi mezzi differente rispetto al passato sta entrando nel senso comune.
Un concetto complesso
La definizione precisa del concetto di medium, comunque, è tuttora assai problematica, e non solo
per i significati che il termine assume in contesti teorici differenti ma in parte contigui alla teoria
della comunicazione (ad esempio, il teorico della percezione J. J. Gibson, nel suo influente “An
Ecological Approach to Visual Perception”, usa il termine “medium” per definire gli ambienti come
atmosfera terrestre e acqua dove si svolge la vita, contrapponendoli all'idea astratta di “spazio”): si
tratta di un concetto per più versi scivolosoa. per la pluralità delle accezioni in cui viene usato anche
nello specifico della teoria della comunicazioneb. per la tensione generalmente irrisolta tra le
implicazioni tecnologiche e quelle socio-culturali del concetto.Per quanto riguarda la pluralità delle
accezioni, basta in effetti richiamare alla mente i diversi usi che facciamo, nel parlare corrente, di
termini come radio e cinema, televisione e stampa. A seconda dei contesti, il significato passa dalla
descrizione di una tecnologia (“la stampa venne rivoluzionata dall'introduzione della linotype”, “il
cinema diventò sonoro dal 1927”) al riferimento a fenomeni sociali radicati nelle abitudini (“ascolto
la radio solo in macchina”, “al cinema si deve stare in silenzio”), al riferimento a vere e proprie
istituzioni (“la stampa è libera”, “occorre promuovere il cinema italiano”) o in qualche caso a
oggetti e luoghi (“il quaderno è sopra la radio”, “ci troviamo davanti al cinema”). Un simile
accumulo di significati non è casuale. I media sono insieme fatti tecnici e fatti culturali, fatti sociali
e fatti psicologici, e sono generalmente radicati nelle abitudini e nella vita quotidiana.La teoria dei
media può cercare di “scegliere” uno dei diversi significati, come fa ad esempio quasi sempre la
sociologia della comunicazione, che tende a trattare la tecnologia come fattore esogeno e gli aspetti
culturali come dominio di altre discipline; oppure può cercare di individuare la logica profonda che
lega tra loro, nell'uso sociale, questi diversi aspetti, una logica inevitabilmente storica
Tecnologia e società
Il problema più delicato, in questo quadro, riguarda il rapporto tra gli aspetti tecnici dei diversi
media e le pratiche sociali che vi sono connesse. Secondo una tradizione teorica radicata nella
nostra cultura, si tratterebbe di due universi differenti, oggetto di diverse discipline, e legati a
distinte dinamiche. Così, secondo l'interpretazione sociologica prevalente della televisione (e anche,
sia pure in modo più sfumato, secondo l'interpretazione di Raymond Williams) il processo che diede
luogo negli anni Venti-Trenta allo sviluppo delle tecniche meccaniche e poi elettroniche di
trasmissione dell'immagine non sarebbe diventato socialmente significativo se non
successivamente, quando una “domanda” sociale di spettacolo a domicilio avrebbe tradotto quelle
tecniche in realtà socioculturale di successo. Così, d'altra parte, la dinamica che, dagli anni Sessanta
a questa parte, sta producendo ogni anno e nove mesi un raddoppio della potenza di calcolo e di
elaborazione dei processori sarebbe condizione materiale dello sviluppo dell'informatica diffusa ma
non ne sarebbe condizionata a sua volta.Sempre secondo questo modo di pensare, tecnologia e
società sarebbero due entità capaci ovviamente di influenzarsi a vicenda, ma che debbono essere
tenute ben distinte pena altrimenti il cadere nel “determinismo tecnologico”, cioè nell'erroneo modo
di pensare per cui la tecnologia in quanto tale cambia la società. In realtà la distinzione tra tecnica e
società è di per sé frutto di una forzatura (che discende probabilmente dalla tradizione prima
cristiana e poi cartesiana della separazione tra materia e spirito): nessun fatto tecnico è concepibile
se non come frutto di processi sociali e come proiezione oggettuale di concetti e idee cioè di fatti
culturali; nessuna società, tanto meno la nostra, è concepibile senza includervi gli strumenti che usa.
Tanto più gli strumenti che connettono tra loro le persone: i media, appunto.
Pensiero centrato sul libro “Understanding Media” di Marshall McLuhan
Prendiamo in esame una citazione tratta dal libro di Marshall McLuhan “Gli strumenti del
comunicare”: “tutti i media sono metafore attive in quanto hanno il potere di tradurre l'esperienza in
forme nuove”. Partendo dal fatto che parola metafora derivante dal greco (“metaphèrein) significa
trasportare, possiamo dire che ogni forma di trasporto non soltanto porta, ma traduce e trasforma il
mittente, il ricevente e il messaggio. I media dunque traducono non questo o quel messaggio, ma
l'esperienza in quanto tale. L'obiettivo di McLuhan è risvegliare l'umanità contemporanea dal
“torpore narcisistico”, ovvero da una sorta di addormentamento tecnologico che ci rende
inconsapevoli di quanto siamo direttamente coinvolti nelle attività di comunicazione di cui
crediamo invece di fruire come semplici spettatori. Alla base del pensiero dello scrittore canadese
troviamo una distinzione fondamentale proposta più volte all'interno del volume; quella che separa i
media “caldi”, propri dell'alfabetismo e dell'età della stampa poi, ai media “freddi”, che nascono
con la stessa umanità e ritrovano una centralità oggi, come per esempio la parola. È una distinzione
che nasce a sua volta dall'opposizione (propria degli anni Cinquanta) tra il jazz hot e quello cool; il
primo tipo di jazz è costituito da variazioni sincopate su una linea melodica che rimane
sostanzialmente stabile, mentre il secondo tipo di jazz, quello cool, mette al centro
l'improvvisazione attraverso la quale la musica nasce dallo scambio dei musicisti tra loro, con il
pubblico e con le sue reazioni. Nel linguaggio di McLuhan per hot si intende un qualcosa di
sostanzialmente chiuso, un messaggio che è completo in sé, mentre per cool si intende un qualcosa
che è aperto, un messaggio dunque incompleto attraverso il quale dobbiamo essere noi bravi a
completarlo, a chiuderlo. Per quanto riguarda i media caldi c'è un emittente che agisce ed un
destinatario che reagisce, mentre per quanto riguarda i media freddi c'è un gioco continuo di
reazioni reciproche.
Come ci sono media caldi e media freddi, esistono epoche calde ed epoche fredde. Le epoche hot,
calde, strutturate, sono le epoche “dell'agire senza reagire”; questo modello si rifà al libro e alla
scuola; l''epoca hot richiede poca partecipazione da parte del pubblico e si concentra su un organo
sensoriale alla volta. Questo tipo di supporto non richiede infatti alcuna interpretazione perché
fornisce tutte le informazioni necessarie per comprendere ciò che ci vuole comunicare (alcuni
esempi di media