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Il ruolo del pubblico

PUBBLICOfi fi fi ì à ò é ff ì à ff ffò ì ù ò é fi fi ù ò éLa centralit da loro assunta ha comportato, soprattutto dagli ultimi decenni del Novecento, unaserie di cambiamenti all’interno delle istituzioni e, di conseguenza, nuove questioni da a rontare,in particolare in relazione al mutamento, per numerosit e tipologia, del pubblico.Il ruolo del pubblicoAbbiamo gi visto come le esposizioni di arte in realt esistano da molto tempo. Inizialmente peresse si sviluppano in stretta relazione con gli ambienti accademici e u ciali, rivolgendosi dunquead un pubblico limitato, aristocratico e competente, per lo pi composto da intellettuali e ricchicollezionisti.Con il passare degli anni, questi grandi eventi cominciano ad aprirsi ad un pubblico piindi erenziato di acquirenti e amatori.Nei primi decenni dell’Ottocento si amplia il pubblico borghese, che le istituzioni vogliono‘educare’: le esposizioni diventano dunque un fenomeno vissuto da un

numero sempre maggiore di persone e incentrato sulla produzione artistica contemporanea. L'artista

Tali importanti cambiamenti avvengono nel momento in cui si delinea con più precisione il pro lo dell'artista moderno, così come viene descritto da Balzac ne "Il capolavoro sconosciuto", in cui il protagonista, Frenhofer, incarna il mito dell'artista romantico.

Il fenomeno dei Salons

Di conseguenza, le manifestazioni espositive cominciano ad essere intese come un importante canale a disposizione degli artisti per far conoscere le loro opere e per venderle. Questo fenomeno si fa sempre più significativo a mano a mano che la figura dell'artista si emancipa dalla committenza, si libera e si rende autonoma: emblematico, in questo senso, il caso della Francia ottocentesca dei Salons.

Queste grandi esposizioni, da iniziale manifestazione della magnificenza del sovrano, si trasformano in occasioni per ammirare e acquistare opere d'arte per un emergente pubblico di appassionati d'arte.

Aristocratici e borghesi, no ad aprire le porte, nel corso dell'Ottocento, anche a un pubblico popolare. Il critico d'arte In questo contesto nasce la figura del critico, il quale inizialmente si configura come un intellettuale, un filosofo (come nel caso di Diderot), un letterato, che frequenta gli artisti e ne comprende il lavoro, spesso condividendone la poetica: esemplare il caso del poeta simbolista Charles Baudelaire. Il ruolo delle grandi esposizioni Se dunque da un lato artisti e intellettuali sviluppano una posizione alternativa e non istituzionale, dall'altro le mostre, che si diffondono sempre più nella seconda metà dell'Ottocento, si configurano come manifestazioni dal valore politico, simbolico ed economico, eventi internazionali in cui viene inserita anche l'arte (si pensi alle grandi esposizioni). La fortuna 'artistica' di queste manifestazioni ancora nel Novecento testimoniata, ad esempio, dall'Esposizione Internazionale di Parigi del 1937.

quando nel padiglione spagnolo era esposto uno dei capolavori di Picasso, Guernica. La nascita della Biennale di Venezia (1895) e il ruolo dell'Italia In un analogo tessuto culturale possibile collocare anche la nascita della Biennale veneziana nel 1895, che diviene subito il luogo privilegiato di discussione sulla recente unità italiana, attraverso la volontà di riunire per un ampio pubblico opere e artisti contemporanei provenienti da diverse realtà nazionali. Questa mostra perenne era dunque un luogo di confronto e di aggiornamento per gli artisti italiani e al tempo stesso conferiva a Venezia, e alla giovane Italia unita, un prestigio culturale e un riconoscimento internazionale, in cui un ruolo primario era ricoperto anche dall'aspetto commerciale. Le mostre come atti di dissenso: i salons 'alternativi' Nel corso dell'Ottocento si diede anche il fenomeno delle mostre organizzate dagli artisti in contrasto con le istituzioni, al fine di diffondere la loro ricerca o

quella dei colleghi, come nel caso delle esposizioni degli impressionisti.

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In questo modo, si evidenzia maggiormente il ruolo essenziale della esposizione come momento di conoscenza e di confronto all'interno e all'esterno del mondo artistico.

Dalla metà dell'Ottocento tale fenomeno conosce un significativo incremento, che porta alla nascita di spazi gestiti direttamente dagli artisti e di gallerie private.

Dalla fine dell'Ottocento il fenomeno di queste mostre 'anti istituzionali', organizzate dagli artisti o da persone competenti ma esterne agli ambienti ufficiali, cresce sempre di più, parallelamente al diffondersi delle gallerie private e dei collezionisti/mercanti, colti e raffinati. Basti pensare al Salon des Refusés o alla Secessione viennese (già analizzata in uno dei moduli precedenti), attraverso cui gli artisti d'avanguardia hanno potuto

mostrare i loro lavori al pubblico, senza censurare la propria poetica, come sarebbe accaduto in quelle ufficiali. Mostre come strumenti 'conoscitivi' per mercanti, collezionisti e artisti. L'esposizione resta uno strumento fondamentale dal punto di vista mercantile ma anche per fornire indicazioni e influire sul gusto del collezionismo privato, che gioca ormai un ruolo di prima importanza nel sistema dell'arte. Gli stessi artisti, attraverso questi eventi e meri, possono aggiornarsi sulle più innovative correnti della loro epoca. Basti pensare ai casi studio delle mostre americane ('291' e 'Armory Show'). Mostre di questo tipo hanno un carattere diverso rispetto alle grandi esposizioni della tradizione: infatti, è l'età delle avanguardie, il periodo in cui gli artisti cominciano a concepire le mostre come trascrizioni dirette dei loro modi, quindi non semplici rassegne ma mezzi adatti a presentare e comunicare la loro arte, oggetto in questa epoca storica.

Di radicali mutamenti destinati a cambiarne profondamente lo statuto. Caso di studio: grande mostra surrealista del 1938 a Parigi (già ripercorsa in uno dei moduli precedenti).

Mostre come strumento politico

In Italia, in quegli anni si manifesta un fenomeno che evidenzia il carattere autoreferenziale della mostra, come nel caso della Mostra della rivoluzione fascista allestita a Roma nel 1932. Una mostra politica che risulta interessante per le modalità espositive, inedite in Italia, basate su un uso massiccio della fotografia e del fotomontaggio.

Italian Art 1200-1900

Una mostra di maestri del Rinascimento a Londra e la propaganda fascista

Il regime fascista utilizzò come strumento propagandistico anche gli antichi maestri. Il caso più eclatante è quello della Mostra di Arte Italiana antica di Londra, inaugurata il 1 gennaio 1930, che celebrava, attraverso l'esposizione dei grandi maestri del Rinascimento italiano, l'italianità, parola che Mussolini utilizzò costantemente nelle lettere.

Scritte per costringere i collezionisti e i musei riluttanti a prestare i loro dipinti. Per il commissario generale dell'esposizione, Ettore Modigliani, direttore di Brera per vent'anni, l'organizzazione di questa mostra, molto osteggiata, non fu un compito facile, soprattutto per le tensioni che scatenò nel mondo dell'arte. Dagli Uffizi arrivarono a Londra opere come La Nascita di Venere di Botticelli e il Dittico Montefeltro di Piero della Francesca, dal Bargello il David di Donatello, la Tempesta di Giorgione dalla collezione del principe Giovanelli (che nel 1932 venne poi venduta al Comune di Venezia e oggi si trova alle Gallerie dell'Accademia), la Crocifissione di Masaccio da Napoli, ecc. La mostra fu un successo di pubblico. Aperta dalle 9.30 alle 19 fu visitata da quasi 540.000 persone e la data di chiusura fu prorogata di due settimane. Degli oltre 600 dipinti esposti, ben più della metà erano stati prestati da collezioni pubbliche o private. Un quarto dei

trasforma in un'esperienza interattiva, coinvolgendo attivamente il visitatore. La mostra di quadri presentava opere provenienti da diverse collezioni, principalmente dal Regno Unito, dagli Stati Uniti e da vari paesi europei come Francia, Germania, Austria e altri. L'allestimento era principalmente cronologico, ma i capolavori spettacolari del Quattrocento e del Cinquecento erano esposti insieme nel salone centrale. Una stanza era dedicata ai maestri dell'Ottocento come Signorini, Fattori e Costa, mentre si notava un totale disinteresse verso i maestri del Sei e Settecento, i quali stavano subendo una rivalutazione critica, dimostrando una mancanza di coerenza nelle scelte e nell'allestimento (Haskell 2008). Le mostre nella seconda metà del Novecento hanno visto la nascita del mestiere di curatore. L'idea stessa di una mostra è diventata qualcosa di molto diverso rispetto alle esposizioni ottocentesche. Ora è diventato un luogo in cui le opere acquisiscono un significato, agendo in relazione allo spettatore e al momento presente. In alcuni casi, l'esposizione si trasforma in un'esperienza interattiva, coinvolgendo attivamente il visitatore.

trasforma in un’installazione.è flff fi à ùà à é à è ò ò ffi fi à ò à à è ffi ffi à è fi ffi fi à ffi ù à ff ò ùùù

La mostra diventa cos un avvenimento collocato in uno spazio e in un luogo precisi, che esalta le relazioni tra le opere attraverso i nessi storici e critici. Una mostra è essa stessa un prodotto culturale creata da un curatore. Questo termine inizialmente non indica una figura professionale, come ora, ma un ruolo, interpretato da critici professionisti e storici dell’arte.

Esporre opere d’arte è un modo di studiarle, di riflettere sui loro caratteri, e si traduce nella possibilità di parlare delle opere con le opere stesse. Una mostra di questo tipo è, da un lato, l’esposizione delle opere degli artisti, dall’altro la materializzazione, come abbiamo già avuto modo di vedere nel corso delle lezioni, di una idea, in pratica di un progetto curatoriale. Infatti, dagli anni settanta si impone la figura del critico-curatore.

che nel corso del tempo diventerà una figura professionale autonoma, una figura chiave per la trasformazione della mostra in un atto culturale. Nei musei, nelle sedi espositive pubbliche e nelle gallerie si realizzano esposizioni basate su un progetto preciso e con un taglio specifico, capaci di consacrare la nascita di gruppi e movimenti. Emblematiche le vicende di due rassegne di capitale importanza: la Biennale di Venezia e Documenta di Kassel. Documenta ricostruisce, con le sue prime edizioni, la storia artistica del Novecento, non per nazioni, ma sulla base di movimenti e protagonisti, con un allestimento che suggerisce la lettura dell'opera in relazione al contesto culturale. Nel 1972 vi è dunque una novità importante: l'introduzione di un tema, di un taglio e di curatori in grado di svilupparlo. Documenta affida a Harald Szeeman, sotto la cui direzione essa diventa una mostra tematica che accompagna lo spettatore in una lettura 'guidata' delle opere. Sulla base di questa scelta Formattazione del testo

Di fondo, possibile conside

Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
55 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/04 Museologia e critica artistica e del restauro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Gaiars99 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pratiche curatoriali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Parma o del prof Veratelli Federica.